Radioterapia utile con le metastasi vescicali

22 Nov 2007 Oncologia

La radioterapia risulta utile solo in pochi pazienti con tumore vescicale che presentano compressione midollare metastatica (MSCC). E’ importante non considerare i pazienti con MSCC come un gruppo omogeneo di pazienti, ma trattarli individualmente. Diversi tumori primari sono associati a comportamenti biologici diversi ed ad una prognosi differente sugli esiti funzionali, sul controllo locale delle MSCC e sulla sopravvivenza. Dati gli scarsi esiti funzionali ottenuti con la sola radioterapia nei pazienti con tumore vescicale e MSCC, l’indicazione per la chirurgia preoperatoria dovrebbe essere meno restrittiva in questo sottogruppo di pazienti. (Urology 2007; 69: 1081-5)

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Minor rischio di tumore alla prostata per gli uomini che riducono il proprio pes

3 Nov 2007 Oncologia

L?obesit? ? associata a tumore della prostata, aggressivo. Tuttavia, il ruolo del cambiamento di peso corporeo non ? mai stato esaminato.

Uno studio, condotto da Ricercatori dell?Epidemiology and Surveillance Research dell?American Cancer Society di Atlanta, negli Stati Uniti, ha esaminato l?indice di massa corporea ( BMI ) ed i cambiamenti di peso in relazione allo sviluppo di tumore prostatico.
Lo studio ha riguardato 69.991 uomini partecipanti al Cancer Prevention Study II Nutrition Cohort che hanno fornito i dati su altezza e peso corporeo nel 1982 e nel 1992 ( momento dell?arruolamento ).

Nel corso del periodo di follow-up sono stati documentati 5.252 tumori alla prostata.

Riguardo ai dati forniti nel 1992, l?indice di massa corporea ? risultato inversamente associato al rischio di tumore alla prostata di basso grado, non-metastatico ( rate ratio, RR = 0.84 ).

Il BMI ?, invece, risultato positivamente associato al rischio di carcinoma prostatico ad alto grado, non-metastatico ( RR = 1.22 ) e al rischio di tumore della prostata metastatico o fatale ( RR = 1.54 ).

Gli uomini che hanno perso pi? di 4.9 kg tra il 1982 e il 1992 hanno presentato una riduzione del rischio di tumore prostatico ad alto grado ( RR = 0.58 ), rispetto agli uomini che hanno mantenuto lo stesso peso corporeo.

L?obesit? aumenta il rischio di tumore della prostata pi? aggressivo.

Secondo gli Autori, gli uomini che riducono il proprio peso corporeo possono diminuire il rischio di carcinoma prostatico.

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Tumori ginecologici: linfedema arti inferiori comune nelle sopravvissute

26 Ott 2007 Oncologia

Una significativa proporzione di donne sopravvissute a tumori ginecologici sviluppa linfedema degli arti inferiori. Quest’ultimo rappresenta uno degli effetti collaterali pi? disabilitanti del trattamento chirurgico e radioterapico di questi tumori: per molti di essi, la dissezione linfonodale ? parte integrante del trattamento del tumore e della stadiazione chirurgica, e questa procedura ? stata associata allo sviluppo di linfedema. Le donne a rischio di linfedema potrebbero trarre beneficio da istruzioni ed informazioni sui primi segni e sintomi precoci della comparsa di questo disturbo, e da informazioni su dove rivolgersi in proposito. (Cancer 2007; 109: 2607-14)

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Carcinoma alla mammella: il passaggio ad un inibitore dell?aromatasi migliora la sopravvivenza

10 Ott 2007 Oncologia

La superiorit? degli inibitori dell?aromatasi di nuova generazione rispetto al Tamoxifene ( Nolvadex ) nel trattamento adiuvante del carcinoma mammario in fase precoce ? emersa da diversi studi clinici randomizzati.
Tuttavia, finora non tutti gli studi hanno mostrato benefici sulla mortalit?.

E? stata compiuta un?analisi pooled ( congiunta ) di due studi clinici prospettici, randomizzati.
In entrambi gli studi, le donne che erano state precedentemente trattate con Tamoxifene per 2 o 3 anni sono state assegnate in modo casuale a continuare ad assumere Tamoxifene oppure a passare per altri 2-3 anni ad Aminoglutetimide ( Orimeten ) o ad Anastrozolo ( Arimidex ).

Agli studi hanno preso parte 828 donne in postmenopausa, nella maggior parte dei casi con tumore ER-positivo e linfonodo-positivo.
Di queste, 415 hanno continuato ad assumere Tamoxifene e 413 sono passate ad Aminoglutetimide o ad Anastrozolo.

La mortalit? per tutte le cause ( hazard ratio, HR = 0.61; p = 0.007 ) e la mortalit? specifica per il tumore alla mammella ( HR = 0.61; p = 0.025 ) si sono ridotte in modo significativo passando ad un inibitore dell?aromatasi.

Nessun aumento della mortalit? non correlata al carcinoma mammario ? stato registrato nelle donne che sono passate ad assumere un inibitore dell?aromatasi.

L?analisi multivariata ha mostrato che l?et? delle pazienti, la dimensione del tumore, il trattamento allocato, lo stato linfonodale sono rimasti predittori indipendenti di mortalit?.

Gli Autori hanno concluso affermando che il passaggio ad un inibitore dell?aromatasi dopo 2 o 3 anni di trattamento con Tamoxifene ha migliorato in modo significativo la sopravvivenza rispetto alla continuazione per altri 2-3 anni della terapia con Tamoxifene.

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Tumore a cellule renali, metastatico: Sunitinib pi? efficace dell?Interferone al

29 Set 2007 Oncologia

In due studi non controllati, Sunitinib ( Sutent ) ha mostrato di essere attivo nei pazienti con carcinoma a cellule renali, metastatico.

Uno studio, coordinato da Ricercatori del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York ha confrontato Sunitinib con Interferone alfa.

Lo studio ha riguardato 750 pazienti con tumore a cellule renali, precedentemente non trattati. che sono stati assegnati in modo casuale a ripetuti cicli di 6 settimane di Sunitinib ( ad un dosaggio di 50 mg per os una volta die, per 4 settimane, seguite da 2 settimane senza trattamento ), oppure a ricevere Interferone alfa ( ad un dosaggio di 9 MU per via sottocutanea 3 volte a settimana ).

L?end point primario era rappresentato dalla sopravvivenza libera da progressione della malattia, mentre gli end point secondari comprendevano la percentuale di risposta obiettiva, la sopravvivenza generale, gli outcome ( risultati ) riportati dal paziente e la sicurezza.

La sopravvivenza mediana libera da progressione ? risultata significativamente pi? lunga nel gruppo Sunitinib ( 11 mesi ) piuttosto che nel gruppo Interferone alfa ( 5 mesi ) ( hazard ratio, HR = 042; p < 0.001 ). Sunitinib era anche associato ad una pi? alta percentuale di risposta obiettiva rispetto all?Interferone alfa ( 31% versus 6%; p < 0.001 ). La proporzione dei pazienti con fatica, correlata al trattamento di grado 3 o 4 ? risultata significativamente maggiore nel gruppo trattato con Interferone alfa, mentre la diarrea era pi? frequente nel gruppo Sunitinib ( p < 0.05 ). I pazienti nel gruppo Sunitinib hanno presentato una qualit? di vita significativamente migliore rispetto ai pazienti nel gruppo Interferone alfa ( p < 0.001 ). Lo studio ha dimostrato che la sopravvivenza libera da progressione era maggiore e la percentuale di risposta era pi? alta nei pazienti con carcinoma a cellule renali metastatico trattati con Sunitinib rispetto a quelli che hanno ricevuto Interferone alfa.

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PSA e Prognosi del Tumore della Prostata

14 Set 2007 Oncologia

Il procedimento diagnostico rappresenta un processo decisionale complesso in cui il medico deve considerare i risultati dei test, i sintomi, l’aspetto del paziente e l’intuizione definendo singole ?probabilit? a posteriori? in un processo incerto e parziale che si realizza in modo informale e intuitivo. Per un prevalente scetticismo verso le complesse manipolazioni matematiche e un bisogno di semplicit? e chiarezza spesso nei medici prevale la tendenza a dicotomizzare i risultati dei test diagnostici, ovvero considerarli positivi o negativi per il rischio considerato.
La divisione dei risultati in due categorie per decidere se fare una biopsia per il tumore della prostata ha rappresentato la modalit? prevalente di utilizzo del Antigene Prostatico Specifico (PSA) fin dalla sua introduzione, generando sovradiagnosi in un rilevante numero di casi. Tutto questo ha portato ad una diversa modalit? d’impiego del PSA valutando il suo cambiamento percentuale nel tempo (PSA velocity) con lo scopo di discriminare le neoplasie prostatiche evolutive e letali da quelle indolenti che potranno essere tranquillamente ignorate dal medico.
Gli urologi del Johns Hopkins School of Medicine di Baltimora hanno condotto uno studio, pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute , in cui sono stati analizzati i valori di PSA velocity ottenuti da una analisi retrospettiva del monitoraggio del PSA eseguito in 980 uomini per un periodo di 39 anni nell’ambito del Baltimore Longitudinal Study of Aging. Tra tutti i soggetti studiati 856 non presentavano cancro alla prostata, 104 erano portatori di una neoplasia prostatica, ma erano vivi o morti per altra causa e 20 erano deceduti per cancro della prostata. La popolazione studiata ? stata stratificata per il PSA velocity in diversi gruppi nei quali ? stato calcolato il Rischio Relativo (RR) di mortalit? e la sopravvivenza specifica per cancro della prostata. Una PSA velocity ≤35ng/ml/anno, misurata 10-15 anni prima della diagnosi (quando la maggior parte dei livelli di PSA erano < 4,0ng/ml) ? risultata associata sia ad una maggiore sopravvivenza specifica per cancro della prostata dopo 25 anni che ad un minor rischio relativo di morte per cancro della prostata.

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Test PSA raccomandato negli uomini anziani con ematuria persistente

11 Set 2007 Oncologia

Il tumore prostatico viene rilevato in un’elevata percentuale di uomini di et? compresa fra 50 e 79 anni con ematuria persistente, e pertanto questi soggetti dovrebbero essere automaticamente sottoposti a test del PSA.
Probabilmente per? non vi ? alcuna connessione diretta fra ematuria e tumore prostatico, dato che comunque il tasso di rilevamento risulta pi? elevato nei soggetti con ematuria microscopica che in quelli con ematuria macroscopica.
Secondo alcuni, il test del PSA dovrebbe essere applicato sia in presenza che in assenza dell’ematuria.
Vanno dunque effettuati studi prospettici su popolazioni non selezionate per determinare se l’ematuria sia un fattore di rischio di tumore prostatico.

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Linfomi: esposizione al sole aumenta il rischio

30 Ago 2007 Oncologia

L’esposizione a radiazioni ultraviolette dal tempo trascorso al sole aumenta il rischio di linfomi non-Hodgkin nelle donne. Era gi? stato suggerito che l’aumento dell’esposizione a raggi ultravioletti potesse essere almeno in parte responsabile dell’incremento osservato nell’incidenza dei linfomi di questo tipo. Le donne con la maggiore esposizione al sole fra le nove del mattino e le tre del pomeriggio presentano un aumento del rischio del 70 percento rispetto a quelle meno esposte. L’incremento del rischio, comunque, sembra variare sulla base del sottotipo di linfoma considerato. Sono ora necessari ulteriori studi per accertare se la suscettibilit? genetica possa o meno modificare la correlazione fra esposizione al sole e rischio di linfoma non-Hodgkin. (Am J Epidemiol 2007; 165: 1255-64)

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Terapia mieloablativa allontana il linfoma

25 Ago 2007 Oncologia

La terapia mieloablativa con trapianto di midollo osseo autologo durante una seconda o susseguente fase di remissione garantisce una libert? prolungata dalle recidive nei pazienti con linfoma follicolare. In assenza di studi schiaccianti di fase III ed alla luce dei progressi nel campo dell’immunoterapia, la terapia mieloablativa non ? di impiego comune in questi pazienti. Il presente studio suggerisce comunque che questa terapia potrebbe garantire la libert? prolungata dalle recidive, ma non ? noto al momento se questo trattamento sia rilevante o necessario, oppure se strategie pi? innovative lo renderanno ridondante. (J Clin Oncol 2007; 25: 2554-9)

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Terapia dei tumori colorettali avanzati

23 Ago 2007 Oncologia

Nei pazienti con tumori colorettali avanzati e non curabili, due nuovi studi mettono in discussione il principio secondo cui il trattamento massimo tollerabile debba essere sempre utilizzato come terapia di prima linea: i risultati di entrambi gli studi infatti fanno rilevare che rispetto alla chemioterapia combinata, quella sequenziale con gli stessi farmaci non compromette la sopravvivenza e riduce la tossicit?. Vi sono comunque ancora prove a supporto della terapia combinata iniziale quale pietra angolare del trattamento del tumore colorettale metastatico, almeno per la maggior parte dei pazienti. Sono necessari fattori prognostici e predittivi convalidati, come quelli genomici, per definire quali siano i pazienti in cui vale la pena di applicare una terapia pi? intensiva, ed idealmente anche il trattamento da usare. Fino ad allora sar? necessario massimizzare i benefici per ciascun paziente con un approccio basato sulla prognosi e sulla presentazione della malattia. (Lancet 2007; 370: 105-7, 135-42 e 143-52)

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