Tumori testicolari solitari: efficace terapia ultrasonica transcutanea

25 Ago 2006 Oncologia
L’emissione di ultrasuoni focalizzata ad elevata intensit? (HIFU) seguita da irradiazione pu? curare i tumori testicolari solitari. L’ablazione tumorale tramite HIFU era gi? stata utilizzata in precedenza per curare altre lesioni maligne, fra cui carcinomi prostatici e renali, ma il presente studio ? il primo a riportarne l’uso per la terapia del tumore testicolare. La susseguente irradiazione ? necessaria ad assicurare l’eradicazione di ogni possibile cellula carcinomatosa in situ. Nonostante questi dati incoraggianti, comunque, sono necessari ulteriori studi prospettici randomizzati che paragonino la HIFU con la chirurgia conservativa per determinare il ruolo futuro di questo approccio minimamente invasivo.

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Tumore cervicale: carica Hpv determina rischio

23 Ago 2006 Oncologia
La quantificazione della viremia da Hpv tipo 16 e 18 tramite prelievi cervicali pu? aiutare a determinare il rischio di tumore cervicale in alcune pazienti. Un’elevata carica da Hpv potrebbe essere usata quale fattore predittivo di persistenza dell’infezione, il che ? di importanza critica nello sviluppo tumorale. I test di quantificazione dell’Hpv 16 e 18 non possono sostituire la colposcopia, e non sono sufficienti ad indicare una terapia per il tumore, ma questo approccio porta informazioni complementari nelle pazienti al di sopra dei 30 anni. Se usato in caso di Pap-test anomalo, il test che porta a rivelare un’elevata carica virale pu? portare il medico a prestare particolare attenzione nell’effettuare la colposcopia.

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IPB E CARCINOMA DELLA PROSTATA: IL CONSENSUS PANEL DELL’EUROPEAN ASSOCIATION OF

22 Ago 2006 Oncologia
Il carcinoma della prostata rappresenta una delle principali cause di mortalit? per tumore. A livello dell’Unione Europea i dati EUCAN ( Cancer Incidence, Mortality and Prevalence in the European Union) del 1998 riportano un’incidenza ed una mortalit? di carcinoma della prostata standardizzata per et? rispettivamente di 67,55 casi e di 25,5 casi per 100.000, con i tassi pi? alti concentrati nei paesi nordeuropei come Germania, Francia e Regno Unito. In Italia i casi documentati nel 1998 sono stati 21.056 (60,97/100.000) e i decessi 9470 (26,41/100.000).

Questi dati sottolineano la dimensione dei costi umani della malattia e dei potenziali benefici di una strategia di prevenzione efficace. Il cambiamento delle abitudini alimentari per prevenire il carcinoma della prostata ? stato studiato approfonditamente ed ? disponibile una vasta letteratura sul tema.

La possibilit? di un approccio farmacologico alla prevenzione ? stato recentemente oggetto di un Consensus meeting, tenutosi sotto l’egida della European Association of Urology, a cui hanno partecipato un gruppo di esperti internazionali in campo urologico. Il documento finale esprime una dichiarazione di consenso sui risultati dello Studio di Prevenzione del Cancro della Prostata (Prostate Cancer Prevention Trial) e fornisce precise raccomandazioni sulle implicazioni cliniche di tali risultati.

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Una chance in pi? nel carcinoma mammario avanzato

16 Ago 2006 Oncologia
La notizia. Si ? tenuta recentemente a Milano l?ottava edizione della ?Milan Breast Cancer Conference?, congresso internazionale sulle terapie del tumore della mammella. Tra i vari temi discussi, l?ormonoterapia ha senz?altro avuto un posto rilevante. Negli ultimi tempi, infatti, questo tipo di terapia ha subito profondi cambiamenti: l?uso sempre pi? frequente e affermato in terapia adiuvante (nella fase precoce del carcinoma della mammella) degli inibitori dell?aromatasi in postmenopausa ha creato la necessit? di avere nuove opzioni da poter utilizzare nella fase avanzata del tumore, quando si evidenzia un numero sempre pi? grande di fenomeni di resistenza sia a tamoxifene, l?antiestrogeno per eccellenza, che agli inibitori stessi.

Approfondimento. In quest’ambito Angelo Di Leo, responsabile dell’Unit? di Oncologia medica dell’Ospedale di Prato, ha presentato fulvestrant, il capostipite di una nuova classe di antiestrogeni con un diverso meccanismo d?azione rispetto al tamoxifene, in grado di determinare un blocco recettoriale completo con conseguente eliminazione di qualsiasi attivit? agonista, presente invece con tamoxifene. Questa nuova molecola ? in grado, legandosi ai recettori per gli estrogeni, di provocarne una modificazione e successivamente la distruzione riducendone cos? i livelli presenti nella cellula in modo persistente. L?effetto di fulvestrant ? triplice:

? si lega in modo selettivo al recettore per gli estrogeni (maggiore rispetto al tamoxifene),

? inibisce le funzioni AF1 e AF2 coinvolte nel processo di trascrizione,

? accelera la distruzione del recettore (fenomeno di downregulation),

portando in questo modo al blocco della trascrizione.

Di Leo ha inoltre presentato i risultati degli studi clinici di fase III di confronto tra fulvestrant e anastrozolo, inibitore dell?aromatasi non steroideo, in donne in postmenopausa con carcinoma della mammella in fase avanzata gi? trattati con ormonoterapia. Fulvestrant si ? dimostrato efficace almeno tanto quanto anastrozolo sia in termini di beneficio clinico che in tempo alla progressione, la cui mediana ? risultata di 5,5 mesi con fulvestrant e 4,1 con anastrozolo ad un follow-up mediano di 15 mesi (p=0,45). Ha inoltre presentato i nuovi studi in corso con questo farmaco disegnati anche in base alle nuove acquisizioni sui fenomeni di resistenza a tamoxifene e agli inibitori dell?aromatasi che comprendono:

? studi di confronto e di associazione con un inibitore dell?aromatasi,

? studi con dosi maggiori di fulvestrant,

? studi di associazione con ?targeted therapies?,

? studi in adiuvante.

Con fulvestrant viene data un?ulteriore possibilit? di posticipare l?uso della chemioterapia, migliorando cos? la qualit? di vita delle pazienti ormonoresponsive con carcinoma della mammella in fase avanzata.

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Mononucleosi e linfoma di Hodgkin

14 Ago 2006 Oncologia
Esiste una correlazione tra mononucleosi da virus di Epstein-Barr e successivo sviluppo di linfoma di Hodgkin? (Ann Hematol 2006, 85: 463-8).
Statisticamente, da uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine nel 2003, ? stato stimato un rischio di sviluppare un linfoma di Hodgkin dopo mononucleosi nell’ordine di 1 caso su 1000. Il virus di Epstein-Barr (EBV) sembra avere un ruolo nella patogenesi e nella prognosi del linfoma di Hodgkin.
Il virus di Epstein-Barr ? un herpes-virus che infetta oltre il 90% degli adulti, si trasmette tramite la saliva e le secrezioni orofaringee ed ? l’agente eziologico responsabile della mononucleosi infettiva.
La mononucleosi infettiva pu? presentarsi in forma asintomatica o con faringite lieve, caratteristica dei neonati e dei bambini, o in forma tipicamente sintomatica, comune nei giovani-adulti dopo un periodo di incubazione di 4-6 settimane, con febbre, faringite, linfoadenopatie soprattutto laterocervicali, epato-splenomegalia, astenia.
La diagnosi si pone mediante il rilievo sierologico degli anticorpi specifici anti EBV IgM ed attualmente non esiste un trattamento antivirale specifico.
Il linfoma di Hodgkin (LH) rappresenta il 25% di tutti i linfomi, l’1% di tutte le neoplasie maligne, mostra un’incidenza di 8000 nuovi casi/anno che corrisponde nel mondo occidentale a 3 nuovi casi per 100.000 abitanti con una mortalit? che si attesta attorno a 0,55 per 100.000 abitanti. LH colpisce prevalentemente i giovani-adulti in pi? del 40% dei casi con un picco d’incidenza maggiore tra i 15-30 anni e un secondo picco tra i 60-74 anni d’et?.
Clinicamente il linfoma di Hodgkin pu? presentarsi in forma di variet? A (asintomatico) o variet? B (febbre o febbricola, sudorazioni profuse, calo ponderale, prurito sine materia), all’esame obiettivo si notano linfoadenomegalie asimmetriche, soprattutto in sede laterocervicale (90%), e nei giovani-adulti anche in sede mediastinica (76%) o lomboaortica (49%).
All’esame obiettivo si presentano delle masse linfonodali indolenti, tendenzialmente riunite in pacchetti, duro-lignee, ipomobili sui piani profondi e superficiali, con cute sovrastante solitamente normale.
Localizzazioni extranodali possono essere quelle polmonari, mediastiniche (con reperto di tosse secca e dispnea) anche di notevoli dimensioni ?bulky? (diametro 6 cm) ed epatiche. Infiltrazione ossea e osteomidollare pu? essere presente da diffusione del linfoma rispettivamente per continuit? o per via ematogena.
La diagnosi ? istologica sulla biopsia linfonodale che identifica la tipica cellula di Reed-Sternberg. Il LH pu? presentare 4 sottotipi cellulari: sclerosi nodulare 50-70%, cellularit? mista 15-35 %, prevalenza linfocitaria 5% e deplezione linfocitaria 4%.
La stadiazione segue la classificazione in 4 stadi di Ann-Arbor (tabella 1) e viene stabilita attraverso diverse indagini strumentali quali RX torace, TC, ecografia addominale, Scintigrafia ossea, PET, Biopsia ossea, Biopsia Linfonodale.
La terapia del linfoma di Hodgkin si basa su vari schemi di radioterapia, chemioterapia e radiochemioterapia; l’85% dei pazienti ? curabile. L’impostazione della terapia viene stabilita valutando i fattori prognostici e lo stadio della malattia (tabella 2). La terapia deve comunque essere aggressiva fin dall’inizio, soprattutto se coesistono fattori prognostici sfavorevoli (Tabella 3). Nel 35% dei casi si osservano ricadute. La percentuale di guarigione dei pazienti allo stadio I e II ? circa del 90%, mentre allo stadio III e IV si ? in grado di ottenere una sopravvivenza libera da malattia a 5 anni del 60-70%.
Relazione tra EBV e LH
La partecipazione di EBV nella patogenesi del linfoma di Hodgkin (LH) ? stata suggerita da diversi studi. E’ stata identificata una infezione latente da EBV nel 41 % dei casi di LH.
La cellula di Reed-Stenberg (HRS) espone una forma di tipo-II di stato latente con l’espressione virale dell’antigene limitata all’antigene nucleare di EBV (EBNA) 1, proteina latente della membrana LMP1 e LMP2 cos? come i trascritti dell’ EBV-RNA codificato EBER1 ed EBER2.
LMP1 ? il maggior effettore del cambiamento cellulare virus-indotto. Gli effetti di trasformazione di LMP1 e la sua elevata espressione nella cellula di Reed-Stenberg dei Linfomi di Hodgkin EBV-associati implicano un ruolo per questa proteina nella patogenesi di Linfomi di Hodgkin EBV-positivi e suggeriscono importanti differenze biologiche nei LH che possono essere dipendenti dalla condizione di EBV.
Molti studi riportano un effetto prognostico significativo dell’infezione da EBV in sottogruppi di LH:
? Enblad et al hanno dimostrato in pazienti con linfoma di Hodgkin che la positivit? ad EBV ? correlata con una sopravvivenza minore rispetto ai pazienti EBV-negativi.
? Jarret et al. h anno dimostrato la relazione et?-dipendente tra EBV e linfoma di Hodgkin, osservando una sopravvivenza aumentata per i pazienti EBV-negativi se paragonati con gli EBV-positivi, limitatamente ai pazienti con et? avanzata.
? Flavell et al . hanno riportato invece che la positivit? a EBV era correlata ad una prognosi favorevole, limitatamente alle categorie dei maschi e giovani adulti.
? Altri studi su coorti pi? grandi hanno dimostrato una correlazione negativa fra lo status di EBV e la sopravvivenza generale, specialmente in pazienti in stadio avanzato e variet? a sclerosi nodulare.
? I pazienti EBER-positivi paragonati con gli EBER-negativi, con linfoma di Hodgkin, avevano pi? probabilit? di presentare il sottotipo a variet? mista (56,5% vs 24,2%, P=0,014). I linfomi di Hodgkin EBER-positivi hanno presentato una maggiore prevalenza di stadi avanzati (stadio III+IV) al momento della diagnosi (73,9% vs 45,5%, P=0.034).
? I pazienti EBER-negativi o LMP1-negativi hanno presentato sopravvivenza pi? favorevole rispetto ai pazienti EBER-positivi o LMP1-positivi in un gruppo d’et? superiore a 25 anni.
Conclusioni
I pazienti con LH pi? giovani (et? < 25 anni) con infezione latente da EBV tendono ad avere una maggiore sopravvivenza, mentre i pazienti meno giovani (et? >25 anni) con infezione da EBV tendono ad avere una minore sopravvivenza.
Va rilevata la tendenza generale ad una sopravvivenza minore per i pazienti EBER-positivi. La ridotta sopravvivenza dei pazienti EBER-positivi potrebbe essere dovuta alla pi? alta frequenza di fattori prognostici quali il sesso maschile, l’et? avanzata, lo stadio avanzato ed i sintomi B in questo sottogruppo di pazienti. La positivit? per EBER ? stata infatti osservata pi? frequentemente nel sottotipo a cellularit? mista (MC) e negli stadi avanzati.
L’infezione da EBV ? associata ad una variet? di disordini linfoproliferativi, come il linfoma di Burkitt, linfoma periferico a cellule T e linfoma di Hodgkin.
La cellula di Reed-Stenberg mostra una forma di latenza di tipo II con espressione di EBER e LMP1. Considerando la forte espressione di LMP1 nella cellula di Reed-Stenberg, ? probabile che LMP1 sia un fattore patogenetico del linfoma di Hodgkin EBV-positivo.
LMP1 funziona come recettore essenzialmente attivato del TNF e molti degli effetti di trasformazione fenotipica e di crescita di LMP1 sono il risultato della sua capacit? di attivare una variet? di vie di segnali, includendo NF-kB. L’attivazione di NF-kB ? una caratteristica della cellula di Reed-Stenberg con conseguente sovraespressione osservata in cellule di linfonodi infiltrate dal linfoma di Hodgkin.
Krappmann ed al riportano una implicazione di NF-kB sia nell’induzione della proliferazione cellulare che nell’inibizione dell’apoptosi nelle cellule di Reed-Stenberg. Cos?, considerando l’influenza delle proteine latenti di EBV ed il loro ruolo potenziale nel corso e nelle caratteristiche della malattia, potrebbero essere importanti per lo studio di nuove terapie mirate.
In conclusione, sembra che l’infezione latente da EBV sia associata a caratteristiche cliniche specifiche del linfoma di Hodgkin ed i pazienti con linfoma di Hodgkin EBER-positivo tendano ad una sopravvivenza generale minore.

Fonti bibliografiche
? HARRISON, PRINCIPI DI MEDICINA INTERNA – IL MANUALE – 16? EDIZIONE , 2005, Mc Graw-Hill, pp. 330-333; 579-582.
? ROBBINS & COTRAN, LE BASI PATOLOGICHE DELLE MALATTIE , 2005, pp. 686-690.
? S. TURA, LEZIONI DI EMATOLOGIA , Societ? Editrice Esculapio, 2003, pp. 352-362.
? A.R. BIANCO, MANUALE DI ONCOLOGIA CLINICA , 2003, Mc Graw-Hill pp. 211-219.

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LA FDA HA AUTORIZZATO L?USO DEL VACCINO ANTI HPV NEGLI STATI UNITI PER LA PREVEN

5 Ago 2006 Oncologia
L’infezione genitale con i tipi 16 e 18 di HPV ? identificata come la causa del 70% dei carcinomi della cervice ed i tipi 6 ed 11 sono responsabili del 90% delle verruche genitali. Questi quattro tipi di Human Papilloma Virus (HPV) sono anche responsabili delle alterazioni cellulari che danno luogo a letture ?alterate? del Pap test. Il carcinoma della cervice uterina ? una delle principali cause di cancro nella donna, con una mortalit? annua di circa 288.000 donne in tutto il mondo.

Lo scorso 8 Giugno la FDA statunitense ha approvato l’uso del vaccino della Merck & Co., Inc. nelle donne dai 9 ai 26 anni per la prevenzione del carcinoma della cervice, lesioni precancerose (CIN ? Neoplasia Cervicale Intraepiteliale) di grado 2/3 e adenocarcinoma in situ, lesioni precancerose vulvari (VIN ? Neoplasia Vulvare Intraepiteliale) di grado 2/3, e lesioni precancerose vaginali (Neoplasia Vaginale Intraepiteliale (VaIN) di grado 2/3 causate da HPV di tipo 16 e 18. Il vaccino ? stato autorizzato all’uso anche per la prevenzione dei condilomi e delle lesioni cervicale di basso grado (CIN 1) causate da HPV dei tipi 6, 11, 16 e 18.

L’efficacia del vaccino ? stata dimostrata in quattro studi clinici randomizzati controllati con placebo in doppio cieco di fase II e III. Gli studi hanno coinvolto globalmente 20.541 donne fra i 16 e i 26 anni. Le partecipanti agli studi sono state seguite con follow-up fino cinque anni dalla data di arruolamento.

Il 1 Giugno il vaccino ? stato approvato in Messico. Sono in corso domande di registrazione presso le agenzie regolatorie di 5 continenti ed includono paesi quali Argentina, Australia, Brasile, Unione Europea, Nuova Zelanda, Singapore e Taiwan.

Il 29 Giugno Merck & Co., Inc. ha annunciato che l’Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) del Centers for Disease Control (CDC), ha espresso con parere unanime la raccomandazione di vaccinare con GARDASIL le ragazze e le donne dagli 11 ai 26 anni. Le raccomandazioni dell’ ACIP, un comitato di 15 esperti nel campo delle immunizzazioni che fornisce consulenza al CDC, pur non essendo vincolanti per i programmi di vaccinazione obbligatoria dei singoli stati dell’unione, vengono abitualmente implementati dalle autorit? sanitarie degli stati.

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Tumori tiroidei aumentano rischio secondo tumore primario

2 Ago 2006 Oncologia
Dopo essere sopravvissuti ad un tumore della tiroide, il rischio di un secondo tumore primario ? aumentato circa del 30 percento; molti tipi di tumore primario, inoltre, risultano associati ad un aumento del rischio di susseguente tumore tiroideo. L’aumento dell’incidenza ed il miglioramento della prognosi dei tumori tiroidei , cos? come anche la loro maggiore prevalenza nei bambini, suggeriscono che secondi tumori primari sono sempre pi? probabili. I medici dovrebbero dunque mantenere un elevato indice di sospetto, sia per i secondi tumori primari a livello di una gran variet? di siti nel seguire pazienti trattati primariamente per un tumore della tiroide, sia per eventuali secondi tumori primari della tiroide stessa, soprattutto nei sopravvissuti a tumori infantili. (J Clin Endocrinol Metab 2006; 91: 1819-25)

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Tumore prostatico: urologi determinano uso terapia ormonale

29 Lug 2006 Oncologia
Il fatto se la deprivazione androgenica venga o meno applicata nei pazienti con tumore prostatico dipende ampiamente dall’urologo curante piuttosto che dalle caratteristiche del tumore o del paziente. Le variazioni sostanziali nella frequenza dell’uso della deprivazione androgenica da un urologo all’altro solleva il dubbio che questa terapia non vfenga usata in modo appropriato. I medici di base dovrebbero considerare con attenzione la scelta dell’urologo per i propri pazienti, dato che l’urologo ? un importante fattore determinante del modo in cui il paziente sar? gestito. La sfida per gli urologi sta nell’offrire a soggetti ad alto rischio con tumori potenzialmente letali la deprivazione androgenica precocemente nel decorso del trattamento, e nell’evitare i rischi non necessari che ne deriverebbero negli uomini con malattie indolenti a basso rischio. (J Natl Cancer Inst 2006; 98: 802-3 e 839-45)

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Tumori infantili: menopausa precoce comune nelle sopravvissute

27 Lug 2006 Oncologia
Le donne sopravvissute a tumori infantili presentano un rischio lievemente maggiore di menopausa precoce rispetto alle altre. La menopausa prematura, definita come cessazione del ciclo prima dei 40 anni, ? senza dubbio causata dal trattamento antitumorale in questi casi. I rischi maggiori derivano da trattamenti che implicano sia radiazioni che agenti alchilanti, la cui pericolosit? per ovaie e testicoli ? ben nota. Nel corso del presente studio ? stato rilevato anche un legame fra linfoma di Hodgkin e menopausa precoce, il che ? sorprendente soprattutto perch?, alla luce dei trattamenti applicati, non vi sono ragioni evidenti alla base di questo fenomeno. In generale, comunque, non ? sempre possibile ridurre le dosi del trattamento per contenere questo genere di rischio. L’approccio generale per il trattamento delle donne sopravvissute a tumori infantili consiste in larga parte nelle consulenze, guidate da test volti ad accertare l’avvicinarsi della menopausa: le donne dovrebbero pianificare le gravidanze di conseguenza. Esse inoltre dovrebbero essere avvisate dei possibili rischi sanitari della menopausa, anche perch? attualmente non sono disponibili mezzi testati, efficaci e sicuri per ritardarla. (J Natl Cancer Inst 2006; 98: 890-6)

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Tumore cervicale: conveniente screening con test riflesso Hpv

21 Lug 2006 Oncologia
Quanto meno nell’ambiente militare, un protocollo di screening caratterizzato da citologia basata sui liquidi e sul test riflesso dell’Hpv delle cellule atipiche ogni due anni rappresenta un metodo conveniente per il rilevamento dei tumori cervicali. Il presente studio serve da modello per giustificare i costi indiretti dell’assistenza sanitaria, come quelli dei salari e della lontananza dal lavoro nell’analisi del rapporto costo/beneficio. I suoi risultati potrebbero anche essere generalizzabili ai sistemi sanitari in generale, e specificamente alle organizzazioni che forniscono assistenza medica ed assorbono l’impatto economico del continuare a garantire benefici economici ad impiegati che consumano risorse sanitarie. Il test dell’Hpv ? infatti l’approccio pi? efficace, ma anche il pi? costoso, ed il test riflesso ogni due anni risulta il pi? conveniente se si tiene conto dei costi indiretti.

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