Tumore prostatico primario e recidivante: efficace crioterapia moderna

16 Lug 2006 Oncologia
La crioterapia di terza generazione costituisce un’alternativa sicura alla chirurgia radicale per il tumore prostatico primario e ricorrente. La procedura oggi implica una guida ecografica transrettale, cateteri per il riscaldamento dell’uretra e l’uso di sondini e gas per il riscaldamento. I vantaggi nei confronti della chirurgia radicale comprendono una pi? breve degenza ospedaliera ed una minore morbidit?, il che consente di prendere in considerazione pazienti pi? anziani e meno sani che ricercano una terapia curativa. I dati del presente studio, tuttavia, sono basati su un monitoraggio piuttosto breve, ed ? necessaria un’osservazione pi? prolungata per determinare la durevolezza della risposta e pertanto la probabilit? di cura.

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Tumore prostatico: screening non riduce mortalit

27 Mag 2006 Oncologia
Nell’ambito dello screening per il tumore prostatico, l’applicazione del test del PSA o dell’esame rettale digitale (DRE) non riduce la mortalit?. Fra gli studi sull’efficacia dello screening per il tumore prostatico, la presente indagine si distingue per la focalizzazione sulla mortalit? quale esito e per l’uso di metodi rigorosi per l’identificazione dei test di screening. La scarsa chiarezza dei benefici dello screening ? evidenziata anche dalla variabilit? delle raccomandazioni editate dalle organizzazioni mediche. Gli uomini trarrebbero beneficio dallo screening soltanto se un tumore potenzialmente dannoso venisse scoperto e trattato prima che divenisse metastatico, e ci? non avviene abbastanza spesso perch? lo screening di uomini sani possa funzionare. La questione comunque ? ben lungi dall’essere conclusa. Il test del PSA non ? certamente perfetto, ed ? possibile che lo screening porti danni come benefici: i benefici comprendono il potenziale dell’aumento della sopravvivenza per alcuni uomini, mentre i danni comprendono potenziali effetti collaterali correlati al trattamento, fra cui incontinenza ed impotenza, per terapie che potrebbero essere inefficaci o non necessarie. Infine, va ricordato che i risultati falsi positivi sono correlati a stress ed ansia.
(Arch Intern Med 2006; 166: 38-43)

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Linfoma non-Hodgkin: Alcune malattie autoimmuni aumentano il rischio

25 Mag 2006 Oncologia
Alcune malattie autoimmuni sembrano aumentare il rischio di linfoma non-Hodgkin: in particolare, artrite reumatoide, sindrome di Sjogren, LES e morbo celiaco appaiono connessi al rischio di linfoma, ma non altrettanto le altre malattie autoimmuni ed infiammatorie. La determinante chiave alla base di questo aumento del rischio sembra essere un’infiammazione grave e prolungata. Tutte e quattro le malattie sopra indicate sembrano connesse ad un tipo particolare di linfoma non-Hodgkin, ossia il linfoma a grandi cellule B diffuso: ci? potrebbe implicare un meccanismo patogenetico comune, come per esempio la stimolazione antigenica cronica. E’ importante tenere presente l’aumento del rischio in questi pazienti, ed imparare ad identificare quelli a maggiore probabilit? di sviluppo di linfoma.
(J Natl Cancer Inst 2006; 98: 51-60)

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Aumentato rischio di tumore alla tiroide dopo melanoma cutaneo

19 Mag 2006 Oncologia
Studi molecolari hanno identificato ricorrenti mutazioni BRAF sia nel melanoma cutaneo che nei tumori della tiroide.

E? molto probabile che questi due tumori siano connessi attraverso un comune meccanismo patogenetico.

Ricercatori del Massachusetts General Hospital di Boston hanno valutato le possibili associazioni tra questi due tumori geneticamente correlati.

E? stato calcolato il rapporto di incidenza standardizzata ( SIR ) per il tumore della tiroide tra i pazienti sopravvissuti al melanoma cutaneo e per il melanoma cutaneo nei sopravvissuti al tumore della tiroide.

I dati sono stati ricavati dal database Surveillance Epidemiology and End Result ( SEER ) del National Cancer Institute.

Tra il 1973 ed il 2000 ci sono stati 73.274 casi di melanoma cutaneo e 27.138 casi di tumore alla tiroide.

I Ricercatori hanno riscontrato un aumento del rischio di tumore della tiroide di 2.17 volte dopo diagnosi di melanoma cutaneo.

Il rischio di tumore alla tiroide ? risultato pi? alto nei maschi e nei primi 3 anni dopo la diagnosi di melanoma cutaneo.

E? stato osservato anche un rischio di melanoma cutaneo tra i pazienti sopravvissuti al tumore della tiroide, tuttavia l?aumento ? stato di scarsa entit?.

I pazienti con tumore della tiroide, sottoposti a radioterapia, hanno presentato un aumento del rischio di successivo melanoma cutaneo del 57%.

Questo studio ha documentato l?esistenza di un forte di rischio unilaterale di tumore della tiroide dopo melanoma cutaneo.

Goggins W et al, Int J Cancer 2006; 118: 185-188

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Tumore alla mammella – Tamoxifene: ” Dr Jekill e Mr Hyde ” ?

18 Mag 2006 Oncologia
Studi clinici prospettici hanno dimostrato che il trattamento adiuvante con Tamoxifene riduce il rischio annuale di morte nelle donne con carcinoma mammario invasivo di circa il 15% nell’arco di 10-15 anni.

Tutte le pazienti con tumore alla mammella invasivo dovrebbero assumere il Tamoxifene ?

Il Tamoxifene trova giustificazione solo nelle donne i cui tumori esprimono il recettore per l’estrogeno ( ER ).

Tuttavia anche tra le donne con tumore alla mammella ER-positivi, solo il 40-50% trae beneficio dal trattamento con Tamoxifene.
Questo sta ad indicare che un’alta percentuale di tumori ER-positivi sono resistenti al Tamoxifene.

Il Tamoxifene non ? scevro da effetti indesiderati ed occasionalmente ? associato a grave tossicit?.

Il fatto che il Tamoxifene non ? efficace in tutti i tumori ER-positivi pu? trovare spiegazione nella biologia dei recettori per gli estrogeni e di altri recettori degli ormoni steroidei.

Il Tamoxifene non ? un “anti-estrogeno”, ma un SERM ( selective estrogen receptor modulator ).

I SERM presentano attivit? sia agoniste che antagoniste, in base al tipo di recettore per l’estrogeno, alfa o beta.
Inoltre il legame con ER ? influenzato dal co-attivatore e dal co-repressore.

E’ quindi possibile che il Tamoxifene possa agire come agonista in alcuni carcinomi mammari ormone-dipendenti.

Studi in vitro hanno dimostrato che linee cellulari tumorali, la cui crescita ? inizialmente inibita dal Tamoxifene e da altri SERM, sono stimolate a crescere dopo lunga esposizione a basse concentrazioni di Tamoxifene.

Qual ? il meccanismo molecolare alla base della diversit? d’azione del Tamoxifene ?

Lo studio di Shou et al ( J Natl Cancer Inst 2004; 96: 926-935 ) mostra che il Tamoxifene si comporta come un agonista a livello delle cellule tumorali mammarie , che esprimono alti livelli del co-attivatore AIB1 e di HER-2.

E’ dimostrato che i pazienti, i cui tumori iperesprimono HER-2, trattati con Tamoxifene hanno una maggiore incidenza di recidive e di mortalit? rispetto a coloro che non assumono questo farmaco.

Il Gefitinib ( Iressa ), un inibitore EGFR, che agisce inibendo HER-2, ? in grado di ripristinare l’attivit? antitumorale del Tamoxifene.

Recenti studi hanno indicato che gli inibitori dell’aromatasi potrebbero essere pi? efficaci del Tamoxifene nei confronti dei tumori alla mammella ormone-dipendenti.

Questi farmaci comprendono: Anastrozolo ( Arimidex ), Letrozolo ( Femara ), Exemestane ( Aromasin ).

Gli inibitori dell’aromatasi, che impediscono la trasformazione dei precursori ad estradiolo, non presentano la tipica tossicit? del Tamoxifene e di altri SERM ( trombosi, carcinoma dell’utero ), ma piuttosto quella della deplezione dell’estrogeno ( osteoporosi, fratture ossee ).

Hayes DF et al, J Natl Cancer Inst 2004; 96: 895 – 897

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Melanoma maligno: ruolo prognostico della survivina

6 Mag 2006 Oncologia
Elevati livelli di survivina in pazienti con melanoma metastatico che hanno ricevuto un vaccino antitumorale polivalente sono associati ad una riduzione della sopravvivenza. Allo stesso modo, una ridotta espressione di tale proteina ? correlata ad un significativo aumento della sopravvivenza stessa. La survivina e la livina sono due membri della famiglia proteica degli inibitori dell’apoptosi, e possono facilitare la progressione aggressiva del tumore e la resistenza alla terapia. Ulteriori studi potrebbero confermare il ruolo di questa proteina inibitrice dell’apoptosi quale potenziale marcatore moleccolare surrogato di progressione metastatica dei melanomi.
(Int J Cancer 2005; 117: 1032-8)

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Letrozolo pi? efficace del Tamoxifene nelle donne in postmenopausa con tumore ma

1 Mag 2006 Oncologia
L?inibitore dell?aromatasi Letrozolo ( Femara ) ? un farmaco per il trattamento del tumore della mammella metastatico pi? efficace del Tamoxifene.

I Ricercatori del Breast International Group ( BIG ) hanno confrontato il Letrozolo con il Tamoxifene come trattamento adiuvante per il carcinoma mammario ER-positivo nelle donne in postmenopausa.

Lo studio BIG 1-98 ? uno studio randomizzato di fase III che ha messo a confronto diversi regimi di terapia adiuvante nelle donne in postmenopausa affette da tumore alla mammella positivo per il recettore degli estrogeni: Letrozolo, Letrozolo seguito da Tamoxifene, Tamoxifene, e Tamoxifene seguito da Letrozolo.

Lo studio ha riguardato 8.010 donne.

Di queste 4.003 sono state assegnate al gruppo Letrozolo e 4.007 al gruppo Tamoxifene.

Il periodo osservazionale medio ? stato di 25.8 mesi.

Sono stati presentati solamente i dati relativi al trattamento in monoterapia.

Nel corso del periodo di follow-up si sono verificati 351 eventi recidivanti nel gruppo Letrozolo e 428 nel gruppo Tamoxifene, con una sopravvivenza libera da malattia a 5 anni, stimata, dell?84% e dell?81.4%, rispettivamente.

Rispetto al Tamoxifene, il Letrozolo ha ridotto in modo significativo il rischio di evento recidivante ( hazard ratio, HR = 0.81; p = 0.003 ) e soprattutto il rischio di recidive a distanza ( hazard ratio = 0.73; p = 0.001 ).

Tra le pazienti trattate con Tamoxifene ? stata osservata una maggiore incidenza di tromboembolismo, tumore endometriale e sanguinamento vaginale, mentre le donne che hanno assunto il Letrozolo hanno presentato una pi? alta incidenza di eventi a livello scheletrico e a livello cardiaco , oltre all?ipercolesterolemia.

Lo studio ha dimostrato che nelle donne in postmenopausa con tumore alla mammella ER+, il trattamento adiuvante con Letrozolo ? risultato pi? efficace del trattamento con Tamoxifene nel ridurre il rischio di malattia recidivante.

BIG 1-98 Collaborative Group, N Engl J Med 2005; 353: 2747-2757

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Letrozolo pi? efficace del Tamoxifene nelle donne in postmenopausa con tumore ma

1 Mag 2006 Oncologia
L?inibitore dell?aromatasi Letrozolo ( Femara ) ? un farmaco per il trattamento del tumore della mammella metastatico pi? efficace del Tamoxifene.

I Ricercatori del Breast International Group ( BIG ) hanno confrontato il Letrozolo con il Tamoxifene come trattamento adiuvante per il carcinoma mammario ER-positivo nelle donne in postmenopausa.

Lo studio BIG 1-98 ? uno studio randomizzato di fase III che ha messo a confronto diversi regimi di terapia adiuvante nelle donne in postmenopausa affette da tumore alla mammella positivo per il recettore degli estrogeni: Letrozolo, Letrozolo seguito da Tamoxifene, Tamoxifene, e Tamoxifene seguito da Letrozolo.

Lo studio ha riguardato 8.010 donne.

Di queste 4.003 sono state assegnate al gruppo Letrozolo e 4.007 al gruppo Tamoxifene.

Il periodo osservazionale medio ? stato di 25.8 mesi.

Sono stati presentati solamente i dati relativi al trattamento in monoterapia.

Nel corso del periodo di follow-up si sono verificati 351 eventi recidivanti nel gruppo Letrozolo e 428 nel gruppo Tamoxifene, con una sopravvivenza libera da malattia a 5 anni, stimata, dell?84% e dell?81.4%, rispettivamente.

Rispetto al Tamoxifene, il Letrozolo ha ridotto in modo significativo il rischio di evento recidivante ( hazard ratio, HR = 0.81; p = 0.003 ) e soprattutto il rischio di recidive a distanza ( hazard ratio = 0.73; p = 0.001 ).

Tra le pazienti trattate con Tamoxifene ? stata osservata una maggiore incidenza di tromboembolismo, tumore endometriale e sanguinamento vaginale, mentre le donne che hanno assunto il Letrozolo hanno presentato una pi? alta incidenza di eventi a livello scheletrico e a livello cardiaco , oltre all?ipercolesterolemia.

Lo studio ha dimostrato che nelle donne in postmenopausa con tumore alla mammella ER+, il trattamento adiuvante con Letrozolo ? risultato pi? efficace del trattamento con Tamoxifene nel ridurre il rischio di malattia recidivante.

BIG 1-98 Collaborative Group, N Engl J Med 2005; 353: 2747-2757

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Letrozolo pi? efficace del Tamoxifene nelle donne in postmenopausa con tumore ma

1 Mag 2006 Oncologia
L?inibitore dell?aromatasi Letrozolo ( Femara ) ? un farmaco per il trattamento del tumore della mammella metastatico pi? efficace del Tamoxifene.

I Ricercatori del Breast International Group ( BIG ) hanno confrontato il Letrozolo con il Tamoxifene come trattamento adiuvante per il carcinoma mammario ER-positivo nelle donne in postmenopausa.

Lo studio BIG 1-98 ? uno studio randomizzato di fase III che ha messo a confronto diversi regimi di terapia adiuvante nelle donne in postmenopausa affette da tumore alla mammella positivo per il recettore degli estrogeni: Letrozolo, Letrozolo seguito da Tamoxifene, Tamoxifene, e Tamoxifene seguito da Letrozolo.

Lo studio ha riguardato 8.010 donne.

Di queste 4.003 sono state assegnate al gruppo Letrozolo e 4.007 al gruppo Tamoxifene.

Il periodo osservazionale medio ? stato di 25.8 mesi.

Sono stati presentati solamente i dati relativi al trattamento in monoterapia.

Nel corso del periodo di follow-up si sono verificati 351 eventi recidivanti nel gruppo Letrozolo e 428 nel gruppo Tamoxifene, con una sopravvivenza libera da malattia a 5 anni, stimata, dell?84% e dell?81.4%, rispettivamente.

Rispetto al Tamoxifene, il Letrozolo ha ridotto in modo significativo il rischio di evento recidivante ( hazard ratio, HR = 0.81; p = 0.003 ) e soprattutto il rischio di recidive a distanza ( hazard ratio = 0.73; p = 0.001 ).

Tra le pazienti trattate con Tamoxifene ? stata osservata una maggiore incidenza di tromboembolismo, tumore endometriale e sanguinamento vaginale, mentre le donne che hanno assunto il Letrozolo hanno presentato una pi? alta incidenza di eventi a livello scheletrico e a livello cardiaco , oltre all?ipercolesterolemia.

Lo studio ha dimostrato che nelle donne in postmenopausa con tumore alla mammella ER+, il trattamento adiuvante con Letrozolo ? risultato pi? efficace del trattamento con Tamoxifene nel ridurre il rischio di malattia recidivante.

BIG 1-98 Collaborative Group, N Engl J Med 2005; 353: 2747-2757

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Sperimentati in Italia gli interventi di perfusione ipertermia-antiblastica, una

30 Apr 2006 Oncologia
Molto promettenti sono risultati i primi interventi italiani di perfusione ipertermica-antiblastica per curare situazioni inoperabili di tumore al fegato. L?Ospedale di Padova ha, a partire dal 2003, sperimentato infatti questa innovativa tecnica, ampiamente praticata dallo statunitense National Cancer Institute di Bethesda. Sinora tre pazienti donne con metastasi al fegato si sono sottoposte ad intervento di perfusione isolata dell?organo epatico, condotto dall?equipe di Mario Lise dell?ospedale padovano: in un primo caso si ? registrata una regressione del tumore fino al 75%, mentre negli altri due casi si ? riscontrata una necrosi tumorale pressoch? completa. In tutti e tre i casi si trattava di donne le cui aspettative non avrebbero, in fase pre-intervento, superato i 6-9 mesi di vita: ?alla luce dei risultati ottenuti su questi pazienti – ha spiegato Lise – possiamo affermare che ci sono delle nuove prospettive nella cura di questo tipo di tumori, nonostante il fatto che la tecnica sia ancora da ritenere sperimentale. Chi ? colpito da tumori al fegato in stadio di metastasi o in situazione di incurabilit? trova certamente un punto di riferimento a cui rivolgersi, anche nel nostro Paese?. Questo tipo di operazione viene condotta su pazienti con tumori in fase metastatica che non reagiscono n? a chemioterapie n? a farmaci, e che non risultano operabili con normali tecniche d?intervento. Attraverso l?isolamento dei vasi sanguigni che irrorano il fegato ? che viene poi riscaldato fino a raggiungere i 42 gradi ? si consente una completa separazione del circolo epatico dal resto dell?organismo; in tal modo ? possibile attuare una perfusione mediante altissime concentrazioni di farmaci senza intossicare l’organismo.

MFL Comunicazione – 16/01/2006

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