Tumore al seno, al Sud resta bassa l’adesione allo screening

18 Dic 2011 Oncologia

Aumenta il numero delle donne che riesce a sconfiggere il tumore al seno: a 5 anni dalla diagnosi sopravvive l’85% delle pazienti, anche se nelle regioni del Sud Italia la mortalità resta ancora alta. La differenza si riflette anche nel tasso di adesione allo screening mammografico che è molto basso: il 37,9% al Sud, a fronte dell’88,9% al Nord e del 76,6% al Centro. Sono questi alcuni dei dati raccolti dal progetto Impatto, promosso dall’Osservatorio Nazionale Screening e presentati al II meeting internazionale sui nuovi farmaci per questa patologia, organizzato dall’Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena di Roma. Nel quadro disegnato dagli esperti, risulta che nelle regioni settentrionali, nelle aree in cui esiste un programma di screening, circa il 50% dei tumori viene scoperto in fase precoce rispetto al 30% del meridione. «A partire dal 2007, tutte le regioni hanno avviato un progetto di screening mammografico» ha spiegato Francesco Cognetti, direttore di Oncologia medica A all’Ire «ma attualmente, l’estensione effettiva è solo del 69,2%, con grandi differenze tra le aree geografiche». Aumentare l’offerta attiva e migliorare l’informazione, sono le direttrici lungo le quali orientare l’azione dei prossimi anni, perché, dicono gli esperti, riuniti a Roma, il calo della mortalità è il frutto della convergenza di due fattori: l’aumento delle diagnosi precoci che individuano il tumore in una fase iniziale e la più ampia disponibilità di farmaci. Gli oncologi italiani hanno anche lanciato un allarme su alcuni casi, per ora, «confinati numericamente», in Italia di carenza dei farmaci oncologici ad alto e basso costo negli ospedali. «Abbiamo riscontrato alcuni scricchiolii» dice Cognetti «sulla disponibilità di farmaci, per il trattamento dei tumori ovarici, della mammella ed ematologici». Ma a preoccupare gli oncologi è anche la carenza di quelli che agli ospedali costano poco: «per oncologici a bassissimo costo e per farmaci usati in caso di trapianto in pazienti ematologici» specifica .

 455 total views

Tumore polmonare, inefficace lo screening radiografico

7 Dic 2011 Oncologia

Tra i diversi tipi di tumori, quello al polmone rappresenta la principale causa di decessi nel mondo. Si è a lungo ipotizzato che uno screening regolare attraverso radiografia del torace potesse costituire un’efficace strategia di prevenzione. Ma un ampio studio condotto negli Stati Uniti indica che uno screening annuale non riduce il tasso di mortalità di questo tumore. Nell’ambito del trial Plco (Prostate, lung, colorectal and ovarian), sono stati sono stati inclusi 154.901 soggetti di età compresa tra i 55 e i 74 anni. La metà dei partecipanti è stata assegnata in modo randomizzato al gruppo sperimentale ed è stata sottoposta per quattro anni consecutivi a radiografia toracica in uno dei dieci centri ospedalieri statunitensi che hanno aderito alla ricerca. Gli individui inseriti nel gruppo di controllo hanno invece ricevuto le normali cure mediche. La sperimentazione è avvenuta tra il 1993 e il 2001, con un successivo follow-up durato tredici anni o comunque fino al 2009, da quando si è iniziata l’analisi dei dati raccolti. I risultati – comunicati dal board coordinato da Martin M. Oken dell’università del Minnesota, a Minneapolis – hanno evidenziato che l’incidenza cumulativa di cancro al polmone è stata di 20,1 su 10.000 per anno-persona nel gruppo sperimentale, con 1.213 decessi, contro il 19,2 e 1.230 decessi del gruppo di controllo. In sostanza non è stata osservata nessuna differenza significativa dal punto di vista statistico.

JAMA, 2011; 306(17):1865-73

 436 total views

Metastasi di ca ovarico, il target è un carrier di acidi grassi

6 Dic 2011 Oncologia

Grande e piccolo omento, le due pliche formate dal peritoneo viscerale, sono caratterizzati da una presenza consistente di adipociti e sono spesso sede di metastasi dei tumori addominali, in particolare del carcinoma ovarico. I dati epidemiologici lo indicano come il sesto più frequente cancro femminile a livello mondiale, ma la sua mortalità è elevata. Uno studio condotto da un team dell’università di Chicago, guidato da Kristin M. Nieman, indica che gli adipociti forniscono acidi grassi che portano a una rapida crescita tumorale. Gli autori hanno mostrato che gli adipociti promuovono homing, migrazione e invasione delle cellule del tumore ovarico e che le adipochine, in particolare l’interleuchina-8 (Il-8), mediano queste attività. La co-coltura di adipociti e di cellule tumorali ha portato al trasferimento diretto di lipidi verso queste ultime, promuovendo – in vitro e in vivo – la crescita del tumore. Inoltre si sono osservati fenomeni di lipolisi negli adipociti e di â-ossidazione nelle cellule cancerose, che hanno indotto i ricercatori a ritenere che gli adipociti forniscano energia per la crescita tumorale. I ricercatori hanno infine identificato il coinvolgimento in questo processo di una proteina che lega gli acidi grassi, la Fabp4, che si candida così a possibile bersaglio terapeutico. L’inibizione di questa proteina ha comportato infatti una riduzione del trasferimento di nutrienti verso le cellule neoplastiche.

Nat Med, 2011 Oct 30. [Epub ahead of print]

 468 total views,  1 views today

Statura e cancro

9 Nov 2011 Oncologia

Le persone alte corrono un maggiore rischio di ammalarsi di qualsiasi tipo di cancro, ma non sono chiari i motivi di questa predisposizione, i suoi collegamenti con i vari siti tumorali e/o con  fattori come il fumo o lo stato socioeconomico. In seguito a ciò alcuni ricercatori inglesi – in un ampio studio prospettico effettuato nel Regno Unito che ha coinvolto più di 1 milione di donne di media età ed in una metanalisi di studi prospettici – hanno cercato di fare il punto su queste associazioni. Le donne studiate facevano parte di una coorte di donne di età media senza precedenti di cancro ma seguite per l’incidenza di cancro e su 1.297.124 donne incluse nello studio si sono verificati  97.376 casi di tumore. Il RR per il cancro è stato di 1.16 (95% CI 1.141.17; p<0.0001) per ogni 10 cm di altezza in più e questo è valso per quasi tutte le localizzazioni tumorali esaminate. In più è risultato indipendente dai fattori socioeconomici e da fattori quali BMI, alcool, attività fisica, età del menarca, numero di gravidanze, età del primo figlio, età menopausale o terapia ormonale (FIGURA). Ma è stato significativamente più basso (p<0.0001) nelle donne fumatrici piuttosto che nelle donne che non avevano mai fumato. O meglio, nelle donne fumatrici i tumori collegati col fumo non sono risultati strettamente legati all’altezza. In una metanalisi eseguita su altri 10 studi prospettici non si sono evidenziate sostanziali differenze tra Europa, Nord America, Australia e Asia. Anche questo studio quindi conferma che l’incidenza del cancro aumenta con la statura, aumenta per quasi tutti gli organi colpiti ed è simile anche in popolazioni molto diverse. Se si considera che in Europa la statura aumenta di circa 1 cm ogni 10 anni, questo potrebbe tradursi in un aumento del cancro del 10-15% rispetto ad una situazione in cui la statura dovesse rimanere costante. 

Green J et al. The Lancet Oncology 2011; 12: 785 – 794

 502 total views,  1 views today

Cancro del pancreas: un recente aggiornamento su Lancet

9 Nov 2011 Oncologia

Numerosi passi avanti sono stati fatti nella conoscenza della biologia del cancro del pancreas e nella gestione del paziente affetto da questa patologia. Fattori di rischio per questa malattia sono in primis il fumo e l’anamnesi familiare di neoplasia del pancreas (con un incremento da 9 a 32 volte a secondo del numero dei consanguinei affetti), cui si associano diabete, obesità, gruppo sanguigno non O, etnia afroamericana, dieta ricca in grassi e in proteine animali, infezioni da helicobacter pylorii e parodontopatie. Il cancro del pancreas è la quarta causa di morte per neoplasia negli USA. Il numero dei pazienti affetti e dei deceduti per questa patologia è in progressivo aumento, mentre per altri tipi di tumore, la mortalità è in declino. Abbiamo evidenze scientifiche che dimostrano come lo screening nei familiari di primo grado dei pazienti con neoplasia del pancreas possa identificare precocemente la presenza di precursori non invasivi. Il 10% circa dei pazienti con età ≥ 50 anni e con tre familiari affetti da tumore del pancreas, presenta una neoplasia riconoscibile all’esame endoscopico. La CT trifasica con ricostruzione in 3 dimensioni è il miglior test diagnostico iniziale per il cancro del pancreas. Malgrado un miglioramento nella diagnosi e nella terapia, solo il 4% dei pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi. La sopravvivenza è decisamente migliore nei tumori localizzati, suscettibili di completa rimozione chirurgica (l’unica reale chance di cura), sfortunatamente l’80-85% dei pazienti si presenta con malattia già avanzata. Per questi pazienti la mediana di sopravvivenza è di 3-6 mesi nella malattia metastatica e di 9-15 mesi nei soggetti con malattia localmente avanzata. Sappiamo come questa neoplasia presenti una risposta non soddisfacente alla maggior parte dei chemioterapici e oltre a ciò non è disponibile una terapia di seconda linea per questo tumore. Un altro aspetto importante è che i pazienti con cancro del pancreas sono gestiti meglio se seguiti da un team multidisciplinare che include oncologi, chirurghi, gastroenterologi, radiologi, patologi, terapisti del dolore, dietisti, assistenti sociali e quando necessario esperti di cure terminali. È necessario quindi proseguire nella ricerca dei fattori che contribuiscono allo sviluppo e alla progressione di questa malattia. 

Vincent A. The Lancet 2011; 378 (9791): 607 – 620

 773 total views

Tumori orofaringei Hpv-correlati: incidenza e sopravvivenza

9 Nov 2011 Oncologia

L’incidenza dei tumori orofaringei Hpv-correlati negli Usa è in drastico aumento: tra il 1988 e il 2004 si è registrato un incremento del 225%, con un passaggio da 0,8 a 2,6 casi per 100.000 residenti. Contestualmente si è ridotta l’incidenza dei tumori orofaringei Hpv-negativi, passata da 2 casi a 1 per 100.000 residenti. È il risultato di uno studio – condotto da Anil K. Chaturvedi, del National cancer institute statunitense, e colleghi – che ha evidenziato anche come l’aumento della sopravvivenza nei pazienti affetti da tumore orofaringeo sia in parte riconducibile proprio alla maggiore diffusione di neoplasie Hpv-correlate. Il team, infatti, ha preso in considerazione la prognosi per le due tipologie di tumori (Hpv-positivi e negativi) analizzando i dati relativi a tutti i casi riportati in tre registri oncologici tra il 1984 e il 2004, corrispondenti a  271 pazienti. Per i tumori Hpv-positivi si è evidenziata una sopravvivenza mediana 6 volte maggiore rispetto a quella degli Hpv-negativi (131 mesi contro 20). Nel corso degli anni, inoltre, si è rilevato un aumento significativo della sopravvivenza per le neoplasie Hpv-positive, al quale non ha fatto riscontro un analogo miglioramento in quelle negative al Papillomavirus. Secondo gli autori, se non si registreranno cambiamenti in questo andamento, entro il 2020 l’incidenza dei tumori del cavo orale e del faringe Hpv-positivi potrebbe superare quella del cancro della cervice uterina.

J Clin Oncol, 2011 Oct 3. [Epub ahead of print]

 524 total views

Cancro colorettale: screening in fasce d’età distinte per genere

7 Nov 2011 Oncologia

Sembra esserci un’importante differenza tra l’età di insorgenza degli adenomi e dei carcinomi colorettali nei due sessi, con un anticipo di circa dieci anni negli uomini. I dati provengono da uno studio di coorte condotto in Austria da Monika Ferlitsch dell’università medica di Vienna e collaboratori su 44.350 soggetti partecipanti a un programma nazionale quadriennale di screening colonscopico. Si sono riscontrati adenomi nel 19,7% dei casi, adenomi avanzati nel 6,3% e carcinomi nell’1,1%, con valori di Nns (number needed to screen, numero medio di persone che è necessario sottoporre a screening in un dato periodo per prevenire un decesso) rispettivamente pari a 5,1, 15,9 e 90,9. Il genere maschile è apparso significativamente associato a una maggiore prevalenza di neoplasie: 24,9% vs 14,8% nel caso degli adenomi; 8,0% vs 4,7% in quello degli adenomi avanzati; 1,5% vs 0,7% considerando i carcinomi. La prevalenza degli adenomi avanzati negli individui di età compresa tra i 50 e i 54 anni è risultata del 5% negli uomini ma solo del 2,9% nelle donne, con Nns pari, nell’ordine, a 20 e 34. Si è invece evidenziata la mancanza di una differenza statisticamente significativa tra la prevalenza e i Nns degli adenomi avanzati nei maschi di 45-49 anni e le donne di 55-59 anni (3,8% vs 3,9% e 26,1 vs 26). Queste fasce di età, distinte per genere, sembrano dunque poter sostituire la raccomandazione usuale di effettuare lo screening colonscopico intorno ai 50 anni in entrambi i sessi, rendendolo più efficace.

JAMA, 2011; 306(12):1352-8

 451 total views

Metastasi epatiche da ca colorettale, meglio neoadiuvare

17 Set 2011 Oncologia

Nel trattamento delle metastasi epatiche colorettali resecabili l’aggiunta della chemioterapia neoadiuvante alla sola chemioterapia postoperatoria potrebbe essere favorevole dal punto di vista del rapporto costo/efficacia in quanto permetterebbe di evitare la resezione del fegato nei pazienti che non rispondono all’approccio neoadiuvante. In ogni caso l’aspettativa di vita ottenuta impiegando le due diverse strategie terapeutiche ? molto simile. ? la conclusione di una ricerca – condotta da Giorgio Ercolani, dell’unit? di Trapianto di fegato e multiorgano dell’universit? di Bologna, e colleghi del medesimo ateneo – secondo cui i valori di aspettativa di vita osservati ricorrendo alla chemioterapia perioperatoria sono di 54,56 mesi contro i 52,56 mesi con l’uso della sola chemioterapia postoperatoria, mentre i mesi di vita aggiustati per la qualit? (Qalm) passano, rispettivamente, da 39,33 a 37,84. La chemioterapia perioperatoria, inoltre, determina un aumento dei costi totali ma, considerando la sopravvivenza attesa a 3 anni libera da recidive e il costo della resezione epatica, l’approccio perioperatorio appare pi? favorevole sotto il profilo costo/efficacia rispetto a quello solo postoperatorio, anche se le differenze in media del rapporto costo/efficacia risultano piccole. Il rapporto incrementale costo/efficacia, infine, mostra una relazione inversa con il costo della resezione epatica perch? quanto maggiore ? il costo di quest’ultima, tanto maggiore ? il risparmio dovuto ai pazienti che diventano inoperabili durante la terapia neoadiuvante.

Eur J Cancer, 2011 Jun 6. [Epub ahead of print]

 445 total views,  1 views today

Mortalit? da ca polmonare ridotta da screening

15 Set 2011 Oncologia

Lo screening con Tc a basse dosi di radiazioni riduce la mortalit? per cancro polmonare. ? questo l’esito di uno studio effettuato su 53.454 persone ad alto rischio per la patologia oncologica in 33 centri statunitensi dal National lung screening trial research team. I partecipanti sono stati assegnati, in modo casuale, a due gruppi di screening (comprensivo di tre esami, uno all’anno, tra l’agosto del 2002 e l’aprile del 2004) effettuato con Tc a basse dosi (n=26.772) oppure mediante Rx torace a singola proiezione posteroanteriore (n=26.732). I dati relativi ai casi e ai decessi per cancro polmonare sono stati raccolti fino al dicembre 2009. L’aderenza allo screening ? stata alta: pi? del 90%. Il tasso di esami positivi ? stato del 24,2% nel gruppo Tc e del 6,9% in quello Rx, ma il 96,4% e il 94,5% dei test positivi, rispettivamente, alla Tc e all’Rx sono risultati falsi positivi. L’incidenza di cancro polmonare ? stata di 645 casi per 100.000 anni-persona nel gruppo Tc a basse dosi, rispetto a 572 casi per 100.000 anni-persona nel gruppo Rx (rapporto tra tassi: 1,13). Si sono avuti 247 decessi per cancro polmonare per 100.000 anni-persona nel gruppo Tc contro le 309 morti per 100.000 anni-persona in quello Rx, corrispondenti a una riduzione relativa della mortalit? da cancro polmonare mediante Tc a basse dosi del 20,0%. Anche il tasso di morte per tutte le cause ? risultato diminuito del 6,7% nel gruppo Tc rispetto a quello Rx.

N Engl J Med, 2011 Jun 29. [Epub ahead of print]

 330 total views,  1 views today

Ca mammario in premenopausa: s? a zoledronato

12 Set 2011 Oncologia

Nelle pazienti con tumore mammario allo stadio precoce in terapia con anastrozolo o tamoxifene l’aggiunta di acido zoledronico migliora la sopravvivenza libera da malattia. Non si riscontrano differenze in termini di sopravvivenza libera da malattia tra le pazienti che ricevono anastrozolo e tamoxifene ma le pazienti trattate solo con anastrozolo mostrano una sopravvivenza globale inferiore. Emergono quindi benefici persistenti in seguito all’aggiunta di acido zoledronico alla terapia endocrina nelle donne in premenopausa con cancro mammario allo stadio iniziale. Questi i risultati dello studio Abcsg-12, un’indagine randomizzata coordinata da Michael Gnant dell’Austrian Breast and Colorectal Cancer Study Group di Vienna su 1.803 donne in premenopausa con cancro mammario positivo ai recettori estrogenici allo stadio I-II: lo studio ha confrontato efficacia e sicurezza di anastrozolo (1 mg al giorno) o tamoxifene (20 mg al giorno) con o senza acido zoledronico (4 mg ogni 6 mesi) per 3 anni. Dopo un follow-up mediano di 62 mesi, sono stati riportati 186 eventi: 53 nelle 450 pazienti in trattamento solo con tamoxifene, 57 nelle 453 pazienti trattate solo con anastrozolo, 36 nelle 450 pazienti in terapia con tamoxifene e acido zoledronico, e 40 nelle 450 donne che hanno ricevuto anastrozolo e acido zoledronico. Quest’ultimo farmaco ha ridotto il rischio di eventi globali (hazard ratio, Hr: 0,68) sebbene la differenza non abbia raggiunto la significativit? statistica nei bracci tamoxifene (Hr: 0,67) e anastrozolo (Hr: 0,68), valutati separatamente. L’acido zoledronico non influenza significativamente il rischio di morte. Inoltre, non si registrano differenze in termini di sopravvivenza libera da malattia fra i pazienti trattati solo con tamoxifene rispetto a quelli cui ? stato somministrato solo anastrozolo, ma la sopravvivenza globale era peggiore con anastrozolo versus il solo tamoxifene (Hr: 1,75). I trattamenti sono stati generalmente ben tollerati e non sono stati riportati casi di insufficienza renale o osteonecrosi della mandibola.

Lancet Oncol, 2011;12(7):631-41

 392 total views

1 4 5 6 7 8 34

Search

+
Rispondi su Whatsapp
Serve aiuto?
Ciao! Possiamo aiutarti?