Incidenza di cancro nelle donne e moderato consumo di alcol

2 Dic 2010 Oncologia

Se si esclude il tumore del seno, sono poche le informazioni disponibili circa l?effetto di un moderato consumo di alcol, o di particolari tipi di alcol, sul rischio di cancro nelle donne.

Un totale di 1.280.296 donne di mezza-et? nel Regno Unito arruolate nel Million Women Study sono state seguite per cancro incidente.

Modelli di regressione di Cox sono stati utilizzati per calcolare i rischi relativi aggiustati per 21 tumori in siti specifici in accordo con la quantit? e il tipo di bevanda alcolica consumata.

Un quarto della coorte ha riferito di non bere alcol; il 98% delle donne che consumavano alcol ha consumato meno di 21 bicchieri a settimana, con un consumo medio di 10 grammi ( 1 bicchiere ) di alcol al giorno per le bevitrici.

In un follow-up medio di 7.2 anni si sono verificati 68.775 casi di cancro.

Un aumentato consumo di alcol ? risultato associato a un aumentato rischio di cancro della cavit? orale e della faringe ( aumento per 10 g/die = 29%; P per la tendenza <0.001 ), esofago ( 22%; P per la tendenza = 0.002 ), laringe ( 44%; P per la tendenza = 0.008 ), retto ( 10%; P per la tendenza = 0.02 ), fegato ( 24%; P per la tendenza = 0.03 ), seno ( 12%; P per la tendenza <0.001 ) e cancro totale ( 6%; P per la tendenza < 0.001 ). Tendenze simili sono state osservate nelle donne cha bevevano solo vino e in quelle cha consumavano anche altri tipi di alcol. Per i tumori nell?alto tratto respiratorio e digestivo, il rischio associato all?alcol ? risultato confinato alle fumatrici con un effetto scarso o nullo dell?alcol sulle donne che non avevano mai fumato e sulle ex-fumatrici ( P per eterogeneit? <0.001 ). Maggiori livelli di consumo di alcol sono risultati associati a una diminuzione del rischio di tumore della tiroide ( P per la tendenza = 0.005 ), linfoma non-Hodgkin ( P per la tendenza = 0.001 ) e carcinoma renale ( P per la tendenza = 0.03 ). In conclusione un consumo, basso o moderato, di alcol nelle donne aumenta il rischio di alcuni tipi di tumore.
Per ogni bicchiere aggiuntivo consumato regolarmente ogni giorno, si stima che l?aumento di incidenza fino a 75 anni per 1.000 donne nei Paesi sviluppati sia di circa 11 per il tumore del seno, 1 per il tumore della cavit? orale e della faringe, 1 per il tumore del retto e 0.7 ciascuno per i tumori di esofago, laringe e fegato, per un eccesso totale di circa 15 tumori ogni 1000 donne fino a 75 anni.

Allen NE et al, J Natl Cancer Inst 2009;101: 296-305

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Rischio di tumore e impiego del telefono cellulare

1 Dic 2010 Oncologia

Studi caso-controllo hanno riportato risultati non-concordanti circa l?associazione tra uso di telefoni cellulari e rischio di cancro.

Ricercatori del National Cancer Center di Goyang nella Repubblica di Corea, hanno valutato questa associazione attraverso una meta-analisi basata sui dati di letteratura.

Dei 465 articoli che rispettavano i criteri di selezione iniziali, sono stati inclusi nell?analisi finale 23 studi caso-controllo che hanno coinvolto 37.916 partecipanti ( 12.344 casi e 25.572 controlli ).

Rispetto all?utilizzo raro o nullo del telefono cellulare, la meta-analisi su 23 studi ha mostrato un odds ratio( OR ) per l?uso generale ? stato pari a 0.98 per i tumori maligni e benigni.

Tuttavia, ? stata osservata un?associazione positiva significativa ( effetto dannoso ) in una meta-analisi random di 8 studi utilizzando la modalit? in cieco, mentre ? stata osservata un?associazione negativa ( effetto protettivo ) in una meta-analisi a effetti fissi di 15 studi non utilizzando la modalit? in cieco.

Un uso del telefono cellulare uguale o superiore a 10 anni ? risultato associato al rischio di tumori in 13 studi che riportavano questa associazione ( OR=1.18 ).

Inoltre, questi risultati sono stati osservati anche in analisi di sottogruppo in base alla qualit? metodologica dello studio.

L?utilizzo della modalit? in cieco e la qualit? metodologica sono risultati fortemente associati al gruppo di ricerca.

In conclusione, questo studio ha evidenziato che esiste una possibile prova del legame tra uso del telefono cellulare e aumento del rischio di tumori.
Tuttavia, servono studi prospettici di coorte in grado di fornire prove pi? certe a sostegno di questa associazione.

Myung SK et al, J Clin Oncol 2009; 27: 5565-5572

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Stent espandibili sicuri in ostruzione intestinale

11 Nov 2010 Oncologia

L’impiego di stent metallici autoespandibili si rivela un metodo sicuro ed efficace per alleviare i sintomi dell’ostruzione intestinale, nei pazienti con cancro del colon che richiedono un trattamento palliativo, o come ponte all’intervento chirurgico. Nei casi di ostruzione maligna del grande intestino l’applicazione dello stent migliora la qualit? di vita nei pazienti in terapia palliativa e riduce morbidit? e mortalit? prematura conseguente alla chirurgia d’emergenza. Una piccola percentuale di pazienti va incontro a ri-occlusione, ma ci? non ha effetti sulla mortalit? prematura. Questo ? il verdetto di uno studio retrospettivo condotto in due centri inglesi da Malcolm West e Robert Kiff del St. Helens and Knowsley teaching hospitals e Whiston hospital Nhs trust (Merseyside) su 27 pazienti sottoposti all’applicazione dello stent come ponte al trapianto (sei casi) o come procedura di palliazione (21 casi). Inizialmente l’intervento ? stato coronato da successo tecnico in 26 pazienti su 27 (96%). Su questi 26, si ? ottenuto il successo clinico in 24 casi (92%). Cinque pazienti (21%) hanno lamentato una ri-occlusione dello stent e in un paziente si ? verificata la migrazione del dispositivo (4%). Si ? avuto un solo caso (4%) di perforazione correlata alla procedura. Infine, tra i 19 pazienti trattati con finalit? palliative in cui ? stato ottenuto il successo clinico, 17 (89%) erano ancora vivi a 30 giorni, 13 (68%) a 90 giorni e 10 (53%) dopo 180 giorni. Il periodo medio in cui lo stent ha permesso di mantenere aperto il lume intestinale, si ? attestato su 195 giorni.

J Gastrointest Cancer, 2010 Jul 2. [Epub ahead of print]

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Mortalit? per ca prostatico dimezzata da Psa

10 Nov 2010 Oncologia

Nell’arco di 14 anni, grazie allo screening del Psa (prostate-specific antigen), ? stato possibile abbattere di quasi la met? la mortalit? per cancro prostatico. Il risultato, scaturito dall’esperienza di G?teborg, si affianca all’osservazione di un rischio sostanziale di sovra-diagnosi e di un alto numero di persone da trattare, simile a quello dei programmi di screening per il cancro mammario. Il beneficio della strategia, comunque, ? confrontabile con altri programmi di screening oncologici. Lo studio di popolazione svedese, firmato da Jonas Hugosson dell’Accademia Sahlgrenska dell’Universit? di G?teborg, e collaboratori, ha previsto la randomizzazione, nel 1994, di uomini nati tra il 1930 e il 1944 in un gruppo avviato a screening del Psa ogni due anni e in un gruppo di controllo non invitato allo screening. Dei 9.952 soggetti randomizzati per lo screening, 7.578 si sono sottoposti alla misurazione del Psa almeno una volta. Durante un follow-up mediano di 14 anni, la diagnosi di cancro prostatico ? stata posta in 1.138 uomini del gruppo screenato (incidenza cumulativa 12,7%) e in 718 persone del gruppo di controllo (8,2%), per una hazard ratio pari a 1,64. Al quattordicesimo anno, la riduzione del rischio assoluto di morte per cancro della prostata si ? attestata sullo 0,40% (dallo 0,90% nel gruppo di controllo allo 0,50% nel gruppo sottoposto a screening). Il rapporto tra tassi (rate ratio) di morte per tumore prostatico, rispetto al gruppo di controllo, era pari a 0,56 e 0,44 rispettivamente nel gruppo screening e in coloro che si sono effettivamente sottoposti al test. In totale, per prevenire una morte per cancro prostatico, ? stato necessario invitare allo screening 293 uomini e porre 12 diagnosi.

Lancet Oncol, 2010 Jun 30. [Epub ahead of print]

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Raccomandazioni Ieo sul trattamento tumore al seno

3 Nov 2010 Oncologia

IEO – Istituto Europeo di Oncologia – Milano
Direttore Unit? di Diagnostica e Chirurgia in Senologia
Universit? degli Studi di Milano

La Mbcc rappresenta uno dei quattro eventi scientifici mondiali che trattano di tumore della mammella con la peculiarit? di avere sempre delle riunioni plenarie e di trattare questo tipo di patologia a 360?. Al centro dell’attenzione quest’anno l’innovazione nelle cure e nella ricerca, a partire dalle ultime scoperte nel campo della genetica a quelle della prevenzione primaria, fino alle ultime metodiche radiologiche per l’anticipazione diagnostica. Per arrivare, infine, a definire i traguardi raggiunti in chirurgia, anatomia patologica, biologia molecolare e radioterapia. Essenziali i nuovi approcci terapeutici di trattamento medico, sempre pi? mirati e personalizzati, meno aggressivi e tossici; nel rispetto della qualit? di vita delle pazienti. Durante la Mbcc sono state presentate in un elegante opuscolo le “IEO Breast Cancer Treatment Recommendations”, che i medici lettori di Doctornews33 potranno scaricare o sfogliare su Internet. L’IEO ? il primo Istituto al mondo per numero di casi di tumore della mammella e per numero di casi trattati all’anno, e quindi a buon titolo sta redigendo delle raccomandazioni sui vari argomenti della patologia tumorale del seno attraverso un percorso, che v? dalla prevenzione primaria ai nuovi approcci terapeutici, come l’ormai assodata chirurgia conservativa per la mammella e per l’ascella (con la biopsia del linfonodo sentinella), alla nuova metodica della nipple sparing mastecomy, che grazie all’utilizzo della radioterapia intraoperatoria consente un ottimo risultato estetico. Radioterapia intraoperatoria utilizzata, ormai routinariamente con diverse modalit? di somministrazione, nella chirurgia conservativa col grande vantaggio di evitare alla paziente lunghi e spesso costosi periodi di trattamento dopo la chirurgia. Nuovi trattamenti di medicina nucleare (avidinization) e medici sono in fase di studio in protocolli internazionali con l’obiettivo di migliorare la gi? alta probabilit? di guarigione, ma garantendo alla paziente il massimo della qualit? di vita.

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Tumore alla prostata, quale prevenzione?

25 Ott 2010 Oncologia

La campagna promossa dai dicasteri della Salute e delle Pari opportunit? per la prevenzione del tumore della prostata va immediatamente sospesa. A chiederlo sono alcune societ? scientifiche della medicina generale (Assimefac, Csermeg) e dell’area specialistica (Associazione italiana epidemiologica, Societ? italiana per la qualit? nell’assistenza sanitaria, Associazione per la ricerca sull’efficacia dell’assistenza Sanitaria – Centro Cochrane italiano). I motivi sono riassunti in una lettera aperta indirizzata ai ministri Ferruccio Fazio e Mara Carfagna: ?Poich? allo stato attuale delle conoscenze non esistono interventi di prevenzione primaria del tumore alla prostata? si legge nella missiva ?una propaganda al pubblico nei termini in cui ? condotta, ? discutibile scientificamente ed eticamente?. La preoccupazione dei medici, in sostanza, ? che la campagna finisca per incrementare la domanda di test per la diagnosi precoce. ?Due grandi studi controllati pubblicati nel marzo 2009 sul New England Journal of Medicine? ricorda al riguardo la lettera ?hanno documentato che i danni di questo screening possono essere maggiori dei benefici. Persino negli Usa, dove il test ha avuto grande diffusione, i pi? determinati fautori hanno rivisto le loro posizioni invitando alla prudenza?.
Il rischio ? “medicalizzare” troppo
Lo screening del tumore prostatico, ricordano ancora le associazioni firmatarie, non ? paragonabile a quello mammografico n? tanto meno a quello della cervice uterina, ?ed ? ammissibile solo a seguito di una decisione presa sulla base di un colloquio personale tra medico e paziente, con una corretta informazione sui possibili benefici e sui possibili danni in cui pu? incorrere chi vi si sottopone?. Il test, infatti, pu? rivelare la presenza di forme tumorali che invece per aggressivit? ed evoluzione non renderebbero necessario il trattamento terapeutico, tra i cui rischi ci sono impotenza sessuale e incontinenza urinaria. ?Da un punto di vista di sanit? pubblica? ? quindi la conclusione della lettera ?c’? unanime consenso internazionale sull’inopportunit? e dannosit? di promuovere l’uso di qualsiasi test in persone che non abbiano sintomi?. Di qui, pertanto, la richiesta che i firmatari rivolgono ai due dicasteri: ?Oltre alla sospensione della campagna cos? com’? formulata? le societ? scientifiche auspicano ?l’adozione sistematica di un metodo di consultazione di operatori (medici di famiglia, epidemiologi, specialisti, esperti di sanit? pubblica), di rappresentanti dei cittadini) e degli organi tecnici del Servizio sanitario implicati, sia a livello centrale (Sistema nazionale linee guida, Osservatorio screening eccetera) sia a livello regionale?.

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Aumentato rischio di tumore del pancreas associato agli acidi grassi alimentari

14 Ott 2010 Oncologia

Una precedente ricerca che ha messo in relazione i grassi alimentari, un fattore di rischio modificabile, con il tumore del pancreas non si ? rivelata conclusiva.

Ricercatori del National Cancer Institute ( NCI ) a Bethesda negli Stati Uniti, hanno analizzato in modo prospettico l?associazione tra assunzione di grassi, sottotipi di grassi e fonti alimentari di grassi, e tumore pancreatico esocrino nel National Institutes of Health -AARP Diet and Health Study, uno studio di coorte condotto su 308.736 uomini e 216.737 donne che hanno completato un questionario nel 1995-1996.

Gli hazard ratio sono stati calcolati utilizzando modelli di regressione proporzionale del rischio di Cox.

Nel corso di un periodo osservazionale medio di 6.3 anni, 865 uomini e 472 donne hanno ricevuto diagnosi di tumore pancreatico esocrino ( 45.0 e 34.5 casi per 100.000 persone-anno, rispettivamente ).

Dopo aggiustamento per variabili multiple e la combinazione di dati per uomini e donne, il rischio di tumore del pancreas ? risultato direttamente collegato all?assunzione di grasso totale ( quintile pi? alto verso quintile pi? basso: 46.8 vs 33.2 casi per 100.000 persone-anno; HR=1.23; P per trend = 0.03 ), grasso saturo ( 51.5 vs 33.1 casi per 100.000 persone-anno; HR=1.36; P per trend < 0.001 ) e grasso monoinsaturo ( 46.2 vs 32.9 casi per 100.000 persone-anno; H =1.22; P per trend = 0.05 ), ma non grasso polinsaturo. Le associazioni sono risultate pi? forti per il grasso saturo da fonti alimentari animali ( 52.0 vs 32.2 casi per 100.000 persone-anno; HR=1.43; P per trend < 0.001 ); in particolare, l?assunzione da carne rossa e latticini ? risultata associata in modo statisticamente significativo a un aumento del rischio di tumore del pancreas ( HR=1.27 e 1.19, rispettivamente ). In conclusione, in questo ampio studio prospettico di coorte, i grassi alimentari di origine animale sono risultati associati a un aumento del rischio di cancro del pancreas. Thi?baut AC et al, J Natl Cancer Inst 2009;101: 1001-1011

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Melanoma, il “Pascale” all’avanguardia in Italia

8 Ott 2010 Oncologia

I cosiddetti ?colletti bianchi? sono la categoria professionale che negli ultimi anni ha fatto registrare il maggior numero di casi di melanoma, un tumore della pelle particolarmente aggressivo. Il motivo? Si espongono al sole solo quando vanno in vacanza, e per troppe ore consecutive, scottandosi e accumulando nel corso degli anni pericolose lesioni sulla pelle. Un punto di riferimento per il trattamento di questa malattia ? l?Istituto Nazionale Tumori di Napoli Fondazione ?G. Pascale?, un vero e proprio fiore all?occhiello della sanit? campana. Non solo. Infatti il 20% dei pazienti curati nella struttura partenopea, uno su cinque, viene da altre Regioni. ?Trattiamo circa 400 casi di melanoma l?anno ? spiega il prof. Nicola Mozzillo, Direttore del Dipartimento Melanoma e Tessuti Molli del Pascale -. Le nuove diagnosi sono 150, fortunatamente sempre pi? in fase precoce. ? un tumore che colpisce persone giovani, di et? compresa tra i 40 e i 50 anni.
Grazie alle campagne di informazione abbiamo sensibilizzato la popolazione sull?importanza di sottoporsi a esami di screening?. L?incidenza della malattia ? cresciuta ad un ritmo superiore a qualsiasi altro tipo di tumore (+30% nell?ultimo decennio), ad eccezione delle neoplasie del polmone nelle donne. Ogni anno in Italia si registrano circa 7000 nuove diagnosi, di cui 400 in Campania, e 1500 decessi. Per fare il punto sugli ultimi trattamenti luned? 28 giugno Napoli ospiter? il convegno ?Immunoterapia e melanoma?(Hotel Alabardieri, dalle 9.30 alle 18). ?Oggi, per la prima volta dopo 30 anni ? afferma il prof. Paolo Ascierto, Direttore dell?Unit? di Oncologia Medica e Terapie Innovative del Pascale -, assistiamo a una svolta nella terapia di questa forma di cancro. I trattamenti personalizzati, che agiscono su bersagli specifici, possono rivoluzionare l?approccio al melanoma. In particolare, ipilimumab, ? un anticorpo monoclonale con un meccanismo d?azione ?rivoluzionario?. Agisce, infatti, al livello delle cellule del sistema immunitario, attraverso un meccanismo target che rimuove i ?blocchi? della risposta immunitaria antitumorale?. Attualmente la molecola ? utilizzata in Italia solo per uso compassionevole: il Pascale ? uno dei centri che ha guidato la sperimentazione in Italia. ?Ricerca, terapia e assistenza al malato a 360 gradi – sottolinea il prof. Aldo Vecchione, Direttore Scientifico del Pascale – caratterizzano da sempre il lavoro dei medici. I nostri ricercatori lavorano in laboratori e strutture molto avanzate per cercare le risposte pi? adeguate e personalizzate a seconda del paziente. Il nostro obiettivo non ? solo quello di trasformare una malattia che ha un impatto devastante in una patologia cronica, ma di riuscire a superare lo stadio della cronicizzazione per giungere a quello della definitiva guarigione?.

Fonte: Istituto Nazionale Tumori di Napoli Fondazione ?G. Pascale”

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Associazione tra cancro della prostata e infezione da Trichomonas vaginalis

1 Ott 2010 Oncologia

Uno studio caso-controllo ha mostrato che la presenza di anticorpi contro Trichomonas vaginalis, una comune infezione non virale trasmessa per via sessuale, ? positivamente associata alla successiva incidenza di tumore della prostata.

Ricercatori della Harvard School of Public Health di Boston, negli Stati Uniti, hanno confermato queste osservazioni in una popolazione indipendente e hanno messo in relazione lo stato sierico per gli anticorpi contro Trichomonas vaginalis con l?incidenza del tumore prostatico e con la mortalit? legata alla malattia.

Uno studio caso-controllo ? stato condotto all?interno del Physicians’ Health Study, che ha coinvolto 673 casi e 673 controlli, per i quali erano disponibili campioni di plasma.

Seppur non significativa dal punto di vista statistico, l?associazione tra stato di sieropositivit? per Trichomonas vaginalis e rischio generale di carcinoma della prostata ( OR=1.23 ) ? risultato simile a quello riportato in precedenza.

Inoltre, la sieropositivit? ? risultata associata a un aumento statisticamente significativo del rischio di carcinoma della prostata extraprostatico ( OR = 2.17 ) e di cancro con potenziale progressione a metastasi ossee o a morte specifica per carcinoma della prostata ( OR = 2,69 ).

In conclusione, questo ampio studio prospettico caso-controllo ha fornito un ulteriore supporto a favore dell?associazione tra stato di sieropositivit? per gli anticorpi contro Trichomonas vaginalis e rischio di cancro della prostata con associazioni statisticamente significative per il rischio di tumore della prostata extraprostatico e per tumori della prostata clinicamente rilevanti e potenzialmente letali.

Stark JR et al, J Natl Cancer Inst 2009; 101: 1406-1411

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Oncogeni, tiroidite e cancro tiroideo

30 Set 2010 Oncologia

Si ampliano le conoscenze sulle interrelazioni tra oncogeni, tiroidite e cancro tiroideo, grazie anche agli studi dell’unit? di Endocrinologia della Fondazione policlinico di Milano e del dipartimento di Scienze mediche del locale ateneo. ? noto che gli oncogeni dei tumori tiroidei sono in grado di indurre la formazione di un microambiente infiammatorio protumorigeno. Su questa base i ricercatori del capoluogo lombardo hanno voluto studiare pi? a fondo il carcinoma papillare della tiroide (Ptc), associato a fenomeni di autoimmunit?. Sono stati analizzate le caratteristiche cliniche e molecolari e le espressioni di geni correlati all’infiammazione di pazienti affetti da Ptc, con o senza tiroidite associata (gruppo A, n=128 e gruppo B, n=215). Non si sono registrate differenze significative sotto il profilo clinico e prognostico tra i due gruppi, ma il background genetico era molto diverso, con l’oncogene Ret/Ptc1 maggiormente rappresentato nei pazienti con Ptc associata ad autoimmunit? e il Braf(V600E) pi? presente in quelli con sola Ptc. Un riarrangiamento Ret/Ptc ? stato riscontrato anche nel 41% dei tessuti tiroidei infiammati ma non neoplastici, controlateralmente ai tumori con mutazioni sia Ret/Ptc sia Braf. L’espressione dei geni codificanti per CCL20, CXCL8 e l-selectina ? stata significativamente maggiore nei campioni di Ptc rispetto a quelli di tessuto tiroideo normale. Al contrario, le tiroiditi hanno mostrato livelli di espressione di l-selectina anche superiori a quelli del Ptc, ma i valori di CCL20 e CXCL8 erano paragonabili a quanto rilevato nel tessuto normale. Ricapitolando: esiste un differente retroterra genetico tra Ptc a seconda che sia associata o meno un’autoimmunit?; lo stretto legame tra Ret/Ptc1 e tiroidite evidenzia il ruolo decisivo dell’oncoproteina nella modulazione della risposta autoimmune; infine, studi preliminari indicano una maggiore presenza di molecole infiammatorie nei Ptc, suggerendo una relazione proinfiammatoria e non autoimmune tra tiroidite e cancro mammario.
Clin Endocrinol, 2010; 72(5):702-8

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