Ruolo chemio adiuvante nel ca gastrico resecabile

28 Giu 2010 Oncologia

Dopo resezione completa di cancro gastrico, il beneficio della chemioterapia adiuvante basata sulla somministrazione di fluorouracile, a lungo oggetto di discussione, trova conferma dagli esiti di una metanalisi dei risultati di 17 trial clinici, per un follow-up mediano di pi? di 7 anni. Il lavoro, pubblicato su JAMA, ? frutto dell’attivit? del gruppo Gastric (Global Advanced/Adjuvant Stomach Tumor Research International Collaboration) che ha confrontato, nell’ambito di studi clinici randomizzati controllati, l’esito della chemio adiuvante con la sola chirurgia. Sono stati registrati 1.000 decessi tra i 1.924 pazienti assegnati ai gruppi chemioterapia e 1.067 morti tra i 1.857 soggetti trattati con la sola chirurgia. La chemioterapia adiuvante ? risultata associata a un beneficio statisticamente significativo in termini di sopravvivenza globale (HR 0,82) e libera da malattia (HR 0,82). Inoltre la sopravvivenza globale a 5 anni ? aumentata dal 49,6% al 55,3% nella popolazione in trattamento adiuvante. Sempre in relazione alla sopravvivenza non ? emersa invece alcuna eterogeneit? significativa? fra i trial clinici o tra i diversi regimi chemioterapici utilizzati (monochemioterapia, chemioterapia combinata con derivati del fluorouracile, mitomicina C, e altre terapia escluse le antracicline). La metanalisi porta quindi un ulteriore argomento a supporto della chemio adiuvante nei pazienti con cancro gastrico resecabile: l’obiettivo ? quello di ridurre la mortalit? per recidiva di malattia, ancora attestata, a seconda delle casistiche, tra il 50 e il 90%.

JAMA, 2010; 303(17):1729-1737.

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Sintomi addominali, due test migliori per la celiachia

Tra i pazienti che afferiscono alla medicina generale con sintomi addominali, e che nella maggior parte dei casi non risulteranno affetti da celiachia, occorre evitare esami diagnostici inutili: in tal senso occorre ribadire che i test per la ricerca degli anticorpi IgA anti-transglutaminasi tissutale e anti-endomisio sono dotati di elevate specificit? e sensibilit?. ? quanto risulta da una revisione sistematica della letteratura disponibile fino al dicembre 2009 su Medline ed Embase a partire rispettivamente dal gennaio 1966 e dallo stesso mese del 1947, effettuata da Danielle van der Windt e collaboratori dell’Arthritis research Uk National primary care centre dell’universit? di Keele, nello Staffordshire (Regno Unito). Gli studi selezionati, nei quali emergeva una prevalenza di morbo celiaco non superiore al 15%, si riferivano esclusivamente a pazienti adulti con sintomi addominali non acuti. In totale l’analisi si ? basata su 16 studi, per un totale di 6.085 pazienti. Gli otto studi che hanno preso in considerazione i test per gli anticorpi IgA anti-endomisio hanno evidenziato nel complesso una sensibilit? pari a 0,90 e una specificit? di 0,99. Per quanto riguarda invece sensibilit? e specificit? dei test per gli anticorpi IgA anti-transglutaminasi tissutale, valutate in sette studi, i valori si sono attestati rispettivamente su 0,89 e 0,98. I test degli anticorpi IgA e IgG anti-gliadina hanno ottenuto risultati molto variabili, specialmente sotto il profilo della sensibilit?, il cui valore spazia in un range compreso tra 0,46-0,87 e 0,25-0,93, rispettivamente. Gli autori segnalano infine che, in un recente studio, i peptidi deamidati della gliadina hanno mostrato una buona specificit? (≥0,94) anche se l’evidenza nella popolazione target considerata dalla review ? ancora limitata.

JAMA, 2010; 303:1738-46

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Anticorpi TgAb e rischio di cancro tiroideo

La misurazione degli anticorpi antitireoglobulina (TgAb), insieme all’analisi dei fattori di rischio e ai livelli di tireotropina (TSH), ?pu? fornire informazioni aggiuntive utili a predire la malignit? di noduli tiroidei citologicamente indeterminati. ? la conclusione alla quale ? giunto un team di ricercatori della Divisione di Endocrinologia e Metabolismo del Collegio medico dell’Universit? Cattolica coreana di Seul. Sono state analizzate retrospettivamente le cartelle cliniche di 1.638 pazienti con noduli tiroidei valutati mediante citologia da agoaspirato con ago sottile sotto guida ecografica. La presenza di un fenomeno autoimmunitario ? stata determinata misurando i TgAb e gli anticorpi antiperossidasi tiroidea (TpoAb). L’outcome finale, per decidere se la malattia fosse benigna o maligna, si ? basata su una combinazione di informazioni citologiche e istologiche. I noduli maligni hanno fatto registrare una frequenza pi? elevata di positivit? ai TgAb (30,8% vs. 19,6%, p<0,001) e di elevazione dei livelli di Tsh (2,5?2,8 mlU/LL vs. 2,1?2,0 mlU/L, p=0,021) rispetto alle formazioni benigne. Il tasso di positivit? ai TpoAb, invece, non ? stato pi? evidente nei noduli maligni, sebbene sia i TpoAb sia i TgAb fossero ben correlati con i valori di TSH e di tiroidite autoimmune (AIT) diagnosticata istologicamente. All'analisi multivariata, una positivit? ai TgAb ? apparsa associata in modo significativo con il cancro della tiroide (OR=1,61) insieme a livelli di Tsh nel terzile superiore del range di normalit? (OR=1,72) e al si sopra dello stesso range (OR=1,98). Per la prima volta, dunque, si dimostra che la positivit? al test dei TgAb rappresenta un elemento predittivo indipendente di malignit? di un nodulo tiroideo, insieme alla misurazione del Tsh e senza dover tenere conto della presenza di una AIT. Thyroid, 2010 May 14. [Epub ahead of print]

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L’asma annuncia meno rischi di ca ovarico

Non ? la prima volta che viene segnalata un’associazione inversa tra allergia e sviluppo di alcuni tipi di tumore. In questo contesto una nuova correlazione ? ora emersa grazie a uno studio esplorativo caso-controllo effettuato sui dati degli ospedali della Florida, relativi all’anno 2001, da Wafic Elmasri, ginecologo del Texas Tech University Health Science Center, Foster School of Medicine di El Paso, Stati Uniti, insieme ai suoi collaboratori. I casi presi in considerazione riguardano 1.582 donne con diagnosi di cancro ovarico alla dimissione. I dati sono stati incrociati con quelli di due popolazioni di controllo: 4.744 donne con diagnosi di frattura degli arti superiori e 21.830 donne con diagnosi principale di infarto acuto del miocardio. Le odds ratio sono state aggiustate per et?, razza/etnia, stato assicurativo, obesit? e fumo. ? stato cos? possibile evidenziare un’associazione inversa con l’asma per il cancro ovarico. Le donne con diagnosi di cancro ovarico avevano una probabilit? di essere asmatiche inferiore rispetto alla popolazione con frattura (Or aggiustata: 0,70) o con infarto miocardico (Or aggiustata: 0,62). In base ai dati della Florida, quindi, sembra che le donne asmatiche siano esposte a un rischio pi? basso di sviluppare cancro ovarico rispetto alle donne non asmatiche.

Arch Environ Occup Health 2010; 65: 101-5

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Triptano con buon profilo di tollerabilit

Frovatriptan, triptano impiegato sia per la profilassi a breve termine (Stp) sia per il trattamento acuto (At) dell’emicrania mestruale (Mm), ? caratterizzato da un buon profilo di tollerabilit?. Il dato scaturisce da una nuova analisi dei dati di 5 studi clinici precedentemente pubblicati: si tratta di 2 studi At di fase III in acuto (uno randomizzato e placebo-controllato e uno in aperto, non comparativo, della durata di 12 mesi) e 3 studi Stp di fase IIIb (due randomizzati, in doppio cieco e controllati con placebo, uno in aperto, non comparativa, riferito a 12 cicli). Gli eventi avversi (Ae) sono risultati globalmente di grado leggero o moderato (studi At: 82,3-90,0%; studi Stp: 78,9-89,5%). Nello studio At randomizzato, che ha previsto l’impiego di frovatriptan 2,5 mg o sumatriptan 100 mg o placebo per ogni attacco, le percentuali di Ae probabilmente o possibilmente correlati al trattamento sono risultate pari a 27,3%, 33,4% e 14,8% nei pazienti dei gruppi frovatriptan, sumatriptan e placebo, rispettivamente. Non sono state osservate differenze significative tra i due triptani per quanto riguarda lo stato di analgesia sostenuta senza Ae a 4-24 ore o la risposta analgesica sostenuta senza Ae a 2-24 ore o 4-24 ore. Nei due studi randomizzati che hanno valutato la terapia Stp per la Mm le donne hanno ricevuto frovatriptan 2,5 mg per 6 giorni nel periodo perimestruale, con una dose iniziale di 2 o 4 compresse al giorno 1 seguite da 2,5 mg del farmaco una o due volte al giorno. L’impatto degli eventi avversi varia in base allo schema posologico: Ae sono stati riportati nel 57,8% dei pazienti ai quali ? stato somministrato frovatriptan due volte al giorno e nel 63,4% dei soggetti che hanno ricevuto il farmaco una volta al giorno. Il dato va confrontato con quanto rilevato nel gruppo placebo, dove gli AE sono stati registrati nel 62,8% dei casi. Un risultato sottolineato dagli autori a conclusione del loro studio ? che non sono state evidenziate consistenti differenze negli Ae riportati dai pazienti con potenziale rischio cardiovascolare o correlati all’impiego di contraccettivi estrogenici.

Gend Med 2010; 7: 88-108

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Tos richiede attenzione con l’obesit

La terapia ormonale sostitutiva (Tos) nelle donne obese in post-menopausa richiede un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio e, qualora la terapia trovi indicazione, ? opportuno utilizzare gli estrogeni alla dose minima efficace. Queste e altre importanti raccomandazioni sono state formulate in un position statement dell’Emas (European menopause and andropause society), frutto di una review della letteratura e di una consensus tra gli esperti. Il documento, che porta la prima firma di Irene Lambrinoudaki, ginecologa dell’Aretaieio Hospital, Universit? di Atene, richiama l’attenzione sulla necessit? di valutare caso per caso il rischio cardiovascolare, tromboembolico e di tumore al seno. Un corretto inquadramento del profilo di rischio – ricordano gli autori – consente di valutare meglio l’opportunit? della terapia ormonale, di cui peraltro sono stati accertati i benefici sulla sintomatologia, sulla qualit? di vita e sul rischio osteoporosi. Fondamentale il riscorso alle dosi minime efficaci di estrogeni che corrispondono a 0,300-0,400 mg/die di estrogeni coniugati equini, 0,5-1 mg/die di estradiolo orale o 25-50 mug di estradiolo somministrato per via transdermica. Per quanto riguarda invece i progestinici, pur in assenza di studi clinici randomizzati, le indagini osservazionali indicano che il progesterone o il diidrogesterone micronizzati comportino un miglior profilo di rischio di cancro mammario. Mancano dati di studi randomizzati che confrontino i vari progestinici in relazione al tromboembolismo venoso (Vte): gli studi osservazionali, per?, suggeriscono che i derivati dei pregnani o il progesterone micronizzato garantiscano una riduzione del rischio Vte nelle donne in post-menopausa che assumono la Tos. Infine, il position statement rileva un preciso razionale a sostegno della via di somministrazione transdermica degli ormoni nelle donne obese perch? associata a un minor rischio di VTE rispetto alla somministrazione orale.

Maturitas. 2010 Apr 29. [Epub ahead of print]

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Mammografia sotto i 40 d? falsi positivi

Nelle donne di et? inferiore a 40 anni avviate a screening mammografico si osservano alti tassi di falsi positivi, di richiami dopo l’indagine e di esami addizionali d’imaging. Il tasso di identificazione del tumore al seno risulta invece basso. Questa la conclusione di un’analisi effettuata su 6 registri statunitensi del Breast Cancer Surveillance Consortium da Bonnie Yankaskas, University of North Carolina at Chapel Hill, e collaboratori. Tra le 73.335 donne di et? compresa tra 35 e 39 anni sottoposte allo screening il tasso di richiamo ? piuttosto elevato (12,7%) con una sensibilit? del 76,1% e una specificit? dell’87,5%: il tasso di identificazione ? pari a 1,6 tumori ogni mille mammografie. Nelle donne pi? giovani incluse nello studio, ovvero quelle di et? compresa tra 18 e 24 anni, non ? stato individuato alcun tumore a fronte di 637 mammografie effettuate. Per le mammografie diagnostiche, il tasso di identificazione aggiustato per et? arriva invece a 14,3 tumori ogni mille mammografie, con una sensibilit? dell’85,7% e una specificit? dell’88,8%. Gli autori definiscono “poor performance” il risultato ottenuto tra le donne di 35-39 anni, che rappresentavano la maggior parte di quelle sottoposte a screening nella casistica esaminata. Estrapolando i dati, si calcola che in una popolazione teorica di 10mila donne di 35-39 anni avviate a screening, 1.266 donne sarebbero ulteriormente controllate, 1.250 avrebbero un falso-positivo mentre verrebbero identificati 16 tumori.

J Natl Cancer Inst. 2010 May 3. [Epub ahead of print]

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Le donne italiane bevono sempre di pi?

La diffusione del consumo di alcol nel nostro Paese rimane stabile, ma quello che cresce e preoccupa maggiormente ? l’abitudine a bere fuori pasto, un modello comportamentale che ci avvicina ai Paesi dell’Europa del Nord. Il dato arriva dall’ultima rilevazione Istat “L’uso e l’abuso di alcol in Italia” relativa all’anno 2009. In particolare, il “binge drinking”, cio? il consumo di sei o pi? bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione, riguarda sempre pi? i minorenni, che in molti casi si avvicinano alle sostanze alcoliche gi? a partire dagli 11 anni, con una percentuale doppia nei maschi rispetto alle femmine. Tra le fasce d’et?, i comportamenti pi? a rischio si registrano negli over 65 e nei giovani di et? compresa tra i 18 e i 24 anni. Ma ? tra le donne che si registrano i dati pi? preoccupanti: le donne italiane bevono sempre di pi?. La percentuale di bevitrici lontano dai pasti registra un incremento del 23,6% contro il 6,2% dei maschi, mentre fortunatamente decresce del 24,4% quella delle consumatrici abituali.

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Sieropositivit? femminile da affrontare

Le donne sieropositive in Italia potrebbero essere quasi 50mila, e il condizionale ? d’obbligo perch? un’alta percentuale di persone con il virus dell’Aids non sa di esserlo. ? questo uno dei tanti dati emersi dal convegno “Donna e Hiv” promosso dall’associazione “Donne in rete”, durante il quale sono state affrontate molte problematiche che riguardano le donne e come vivono la malattia. Prima fra tutte, la difficolt? di confidare al partner il proprio stato. Ma anche la paura di comunicarlo a colleghi di lavoro, nonostante la legge garantisca a chi ? sieroposito di poter beneficiare di permessi per malattia o di richiedere l’invalidit?. Per non parlare poi del desiderio di maternit?, che in molti casi rimane un sogno che viene riposto nel cassetto. Quello che colpisce di pi?, comunque, ? come avviene l’infezione. ?In quattro donne sue dieci? sostiene Antonella D’Arminio Manforte, del centro Malattie infettive del San Paolo di Milano ?le donne vengono contagiate dal partner abituale, e nel 37% dei casi sono anche a conoscenza della sua sieropositivit?? C’? quindi bisogno di un nuovo approccio culturale e clinico alla malattia, che troppo spesso vede il sesso “debole” emarginato e stigmatizzato ancor pi? di quanto avviene nel maschio. ?Si potrebbe iniziare coinvolgendo pi? donne nei trial per la sperimentazione dei nuovi farmaci? ci tiene a precisare D’Arminio Manforte. ?Oggi, soltanto il 30% dei soggetti inseriti nei programmi di ricerca ? composto da donne?.

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Sigo: sessualit? inconsapevole tra i giovani

Peggio di noi soltanto i turchi. E’ questo il quadro desolante di un sondaggio promosso dalla Societ? italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) per valutare la conoscenza dei giovani italiani sulla sessualit? in rapporto ai loro coetanei europei. Quello che preoccupa davvero sono due dati su tutti: disinformazione sui contraccettivi e mancanza di precauzioni nei confronti delle malattie sessualmente trasmissibili. Sotto i 19 anni, uno su quattro non usa alcun tipo di anticoncezionale durante il rapporto sessuale. Conseguenza inevitabile ? il numero di gravidanze tra le teenager, che sfiora ogni anno quota diecimila, e l’impennata di vendite della “pillola del giorno dopo”, che ha registrato la ragguardevole cifra di 370mila unit? lo scorso anno. A questo si aggiunge il rischio di malattie che si trasmettono con le relazioni sessuali, con numeri preoccupanti che riguardano la crescita di trasmissione di Aids tra i giovanissimi. Ma da chi attingono informazioni sulla sessualit? i ragazzi italiani? Dall’indagine condotta dalla Sigo, un posto rilevante lo occupano televisione e internet, con tutti i rischi del caso, a cui si aggiungono domande dirette rivolte a fratelli, sorelle e insegnanti. Ed ? proprio dalla scuola che i giovani vorrebbero attingere informazioni affidabili in campo sessuale. ?Il 64% degli studenti sarebbe felice che in classe si parlasse di educazione sessuale? sottolinea Giorgio Vittori, presidente della Sigo ?mentre il 44% gradirebbe discuterne in famiglia con i genitori?.

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