T? verde contro Alzheimer, corea di Huntington e Parkinson

Rilanciamo un articolo tratto da ?La Stampa Benessere? online.

Una nuova scoperta dei ricercatori del Boston Biomedical Research Institute presso l’Universit? della Pennsylvania apre la strada a nuove cure pi? efficaci contro le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, la corea di Huntington e la malattia di Parkinson. Una sostanza contenuta nel t? verde agirebbe in combinazione con un’altra nel distruggere gli amiloidi, le placche proteiniche che si ritengono coinvolte nella distruzione dei neuroni. Lo studio ? stato pubblicato sulla rivista “Nature Chemical Biology”.

Agiscono in sinergia, come una squadra ben affiatata, e riescono a sconfiggere gli amiloidi ? le placche proteiniche che si ritengono coinvolte nella distruzione dei neuroni nel cervello.
Ed ? grazie a una nuova scoperta dei ricercatori del Boston Biomedical Research Institute (BBRI) presso l’Universit? della Pennsylvania che si potranno aprire nuove vie nella ricerca di cure pi? efficaci contro malattie degenerative come l’Alzheimer, la corea di Huntington e la malattia di Parkinson.

Cos? come riportato dalla rivista scientifica “Nature”, il dr. Martin Duennwald ? co-autore dello studio ? ha dichiarato che ?Questi risultati sono significativi, perch? ? la prima volta che una combinazione di prodotti chimici specifici ? riuscita a distruggere diverse forme di amiloidi allo stesso tempo?.
Precedentemente, il dr. Duennwald aveva dimostrato come l’esposizione a sostanze chimiche come l’EGCG e DAPH-12 utilizzati separatamente inibissero la produzione di amiloidi nel lievito.
In questo nuovo studio, i ricercatori hanno esposto all’EGCG due diverse strutture di amiloidi ? una debole e una forte – prodotte nel lievito. Dai risultati ottenuti per? si ? evidenziato come l’EGCG agisse unicamente contro la struttura pi? debole di amiloidi e non contro la seconda, pi? forte, che si era addirittura pi? rafforzata.
Ma la scoperta pi? interessante si ? avuta quando gli amiloidi sono stati esposti alla combinazione di EGCG e DAPH-2; in questo caso si ? verificata la totale dissoluzione di tutte e due le strutture, debole e forte.
Commentando i nuovi risultati il dr. Duennwald ha detto che, nonostante siano necessari studi pi? approfonditi per comprendere appieno gli effetti di queste due sostanze sugli amiloidi, questo studio apre nuove e interessanti porte verso terapie che possano contrastare direttamente e specificatamente gli amiloidi coinvolti nelle malattie del cervello.
(lm&sdp)

Source: lo studio ? stato pubblicato sulla rivista “Nature Chemical Biology”.

Fonti:
Roberts BE, Duennwald ML, Wang H, Chung C, Lopreiato NP, Sweeny EA, Knight MN, Shorter J. A synergistic small-molecule combination directly eradicates diverse prion strain structures. Nat Chem Biol. 2009 Dec;5(12):936-46. Epub 2009 Nov 1.

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Donne con infertilit? secondaria: ruolo dell?infezione da Chlamydia trachomatis

Un gruppo di ricercatori indiani ha condotto uno studio prospettico per valutare il ruolo della Clamidia ( Chlamydia trachomatis ) nell?infertilit? secondaria.

Sono state studiate per la presenza passata o presente di Chlamydia trachomatis 40 donne con infertilit? secondaria e 30 donne sane con gravidanza a termine, di et? simile.
Le donne con infertilit? secondaria sono state arruolate come pazienti nello studio, le donne sane sono state considerate gruppo di controllo.

Con il saggio ELISA ? stata identificata la presenza di immunoglobuline G ( IgG ) per la Clamidia, e un titolo uguale o superiore a 1:320 ? stato considerato positivo.
Sono stati raccolti tamponi endocervicali per coltura su linee cellulari McCoy trattate con Cicloesimide, e il saggio ELISA ? stato utilizzato per identificare l?antigene della Clamidia. ? stata effettuata anche una isterosalpingografia per valutare la perviet? delle tube.

Era attesa una differenza nella prevalenza di infezione da C. Trachomatis nelle donne non fertili del gruppo di studio e in quelle fertili del gruppo controllo.

Gli anticorpi IgG sono risultati presenti nel 55% delle donne con infertilit? secondaria mentre la positivit? ? stata rilevata nel 5,5% dei controlli.

L?occlusione delle tube si ? manifestata nel 63,6% dei casi positivi per anticorpi anti-Clamidia. La sensibilit? degli anticorpi IgG anti-Clamidia come marcatore diagnostico di infertilit? ? stata del 72,7% e la specificit? del 44,4%.
Il 77,2% dei casi positivi per gli anticorpi IgG anti-Clamidia era sintomatico.

Una storia ostetrica sfavorevole ? stata riscontrata nel 72,7% dei casi.
L?infezione attiva ? stata riscontrata nel 30% dei casi con il 3,3% di infezione in corso nel gruppo controllo.

In conclusione, la prevalenza di infezioni da Clamidia nel passato ? risultata statisticamente significativa nelle donne con infertilit? secondaria cos? come quella di infezioni in corso.
La ricerca di anticorpi IgG si ? rivelata un metodo efficace e non invasivo per l?identificazione di Clamidia.
Lo screening di donne con infertilit? secondaria per C. Trachomatis ? fortemente raccomandato per poter attuare interventi terapeutici precoci.

Malik A et al, Fertil Steril 2009; 91: 91-95

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Maggior rischio di tumore del polmone con la rimozione chirurgica delle ovaie

4 Gen 2010 Oncologia

Le donne che si sottopongono ad isterectomia subiscono, spesse volte, anche l?asportazione di entrambe le ovaie.

Ricercatori dell?University of Montreal in Canada, hanno scoperto che le donne, a cui viene asportato chirurgicamente l?utero e sono sottoposte ad ooforectomia, presentano un rischio di tumore polmonare quasi 2 volte maggiore, rispetto alle donne che conservano le ovaie.
Inoltre, queste pazienti vanno incontro ad un aumento del rischio di insorgenza di malattia cardiaca.

Questi risultati concordano con le conclusioni del Nurses?Health Study.

Anche in menopausa, le ovaie sono in grado di produrre estrogeni, seppure in quantit? ridotte.
E? stato osservato che oltre al cuore, gli estrogeni siano in grado di proteggere i polmoni, dove sono stati individuati recettori estrogenici.

Il fumo rappresenta la causa principale di sviluppo di carcinoma del polmone, tuttavia altri fattori possono svolgere un ruolo nel facilitare l?azione dei carcinogeni prodotti dalla combustione della sigaretta.
Nelle donne questi fattori potrebbero essere ormonali.

Lo studio ha esaminato 422 donne a cui era stato diagnosticato un tumore al polmone tra il 1996 e il 1997; i dati sono stati confrontati con quelli di 577 donne che non erano state sottoposte ad asportazione delle ovaie ( gruppo di controllo ).

Di contro, le donne sottoposte ad ooforectomia, oltre che ad isterectomia, hanno una minore probabilit? di sviluppare cancro al seno, ed ovviamente un carcinoma ovarico.

Fonte: International Journal of Cancer, 2009

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Regressione dello spessore intima-media carotideo: Niacina superiore ad Ezetimibe

Il trattamento aggiuntivo alla monoterapia con statine con l?obiettivo di modificare il profilo lipidico pu? comprendere la terapia di combinazione tesa ad aumentare i livelli di colesterolo HDL o ad abbassare ulteriormente i livelli di colesterolo LDL.

Per verificare la validit? dei due approcci sono stati arruolati pazienti con malattia coronarica o a rischio di coronaropatia, che erano da lungo tempo in trattamento con una statina, e che avevano raggiunto livelli di colesterolo LDL sotto i 100 mg/dl ( 2.6 mmol per litro ) e livelli di colesterolo HDL inferiori a 50 mg/dl per gli uomini o 55 mg/dl per le donne ( 1.3 o 1.4 mmol per litro, rispettivamente ).

I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere Niacina a rilascio prolungato ( dosaggio target: 2.000 mg/die; Niaspan ER ) oppure Ezetimibe ( 10 mg/die; Ezetrol, Zetia ).

L?endpoint primario era rappresentato dalla differenza tra i gruppi nel cambiamento, rispetto al basale, dello spessore dell?intima-media dell?arteria carotide comune dopo 14 mesi.

Lo studio ? stato interrotto precocemente, sulla base dell?efficacia, dopo un?analisi prespecificata condotta su 208 pazienti, che avevano completato lo studio.

Il livello medio di colesterolo HDL nel gruppo Niacina ? aumentato del 18.4%, a 50 mg/dl ( p<0.001 ), e il livello medio di colesterolo LDL nel gruppo Ezetimibe si ? ridotto del 19.2%, a 66 mg/dl ( 1.7 mmol per litro ) ( p<0.001 ). La terapia con Niacina ha ridotto in modo significativo il colesterolo LDL e i trigliceridi; Ezetimibe ha ridotto il colesterolo HDL e i trigliceridi. Rispetto ad Ezetimibe, la Niacina ha mostrato una maggiore efficacia riguardo al cambiamento nello spessore intima-media carotideo nell?arco dei 14 mesi. ( p=0.003 ), con una significativa riduzione sia nel valore medio ( p=0.001 ) dello spessore intima-media sia in quello massimale ( p minore o uguale a 0.001 per tutti i confronti ). In modo paradosso, le maggiori riduzioni nei livelli di colesterolo LDL in associazione al trattamento con Ezetimibe sono risultate associate, in modo significativo, ad un aumento dello spessore dell?intima-media dell?arteria carotide ( R=-0.31; p<0.001 ). L?incidenza di eventi cardiovascolari maggiori era pi? bassa nel gruppo Niacina che nel gruppo Ezetimibe ( 1% versus 5%; p=0.04 mediante test del chi-quadrato ). Lo studio ha dimostrato che l?impiego di Niacina extended-release, in associazione ad una statina, causa una significativa regressione dello spessore intima-media carotideo, e che la Niacina ? superiore ad Ezetimibe. Taylor AJ et al, N Engl J Med 2009; Published online

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Eiaculazione prematura, una comune disfunzione sessuale

L?eiaculazione prematura ? una comune disfunzione sessuale negli uomini, ed ? associata a stress per gli uomini stessi e le loro partner.

I fattori alla base dell?eiaculazione precoce non sono ben definiti, ma la serotonina ( 5-idrossitriptamina , 5-HT ) svolge un importante ruolo a livello del sistema nervoso centrale nei complessi meccanismi di regolazione coinvolti nell?eiaculazione.

Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina ( SSRI ), come Fluoxetina ( Prozac ), Paroxetina ( Seroxat ), Sertralina ( Zoloft ), e gli antidepressivi triclici Clomipramina ( Anafranil ), aumentano il controllo eiaculatorio e ritardano l?eiaculazione negli uomini affetti da eiaculazione prematura.

Poich? questi farmaci per il loro profilo farmacocinetico trovano indicazione elettiva nel trattamento cronico dei disturbi psichiatrici, il loro impiego nell?eiaculazione precoce potrebbe non essere appropriato, proprio per l?uso episodico richiesto dall?eiaculazione prematura.

E? in sviluppo la Dapoxetina per il trattamento dell?eiaculazione precoce.
La domanda di autorizzazione alla commercializzazione ? stata tuttavia respinta dall?Agenzia Federale statunitense, FDA, nel 2005. Alla base ci sarebbero problemi di sicurezza, poich? la Dapoxetina ? un inibitore della ricaptazione della serotonina.
Sono stati valutati gli inibitori delle 5-fosfodiesterasi per la loro azione anestetica livello topico.

Giuliano F, Hellstrom WJ, BJU Int 2008; Epub ahead of print

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Paracalcitolo: nuova frontiera nella nefroprotezione

L’analogo della vitamina D Paracalcitolo, somministrato per via orale, potrebbe rappresentare la nuova frontiera nella nefroprotezione, almeno nei pazienti con diabete di tipo 2 con patologia renale cronica (CKD) da lieve a moderata e gi? sottoposti al trattamento con un ACE-inibitore e/o un sartano, specificatamente finalizzato, oltre che al controllo della pressione arteriosa eventualmente necessario, alla riduzione del rischio di degenerazione della funzionalit? renale. A segnalarlo, confermando le indicazioni di diversi trial precedenti, sono i risultati preliminari del VITAL (Selective Vitamin D Receptor Activator (VDRA) for albuminuria lowering study in type 2 diabetic nephropathy; D. de Zeeuw, R. Agarwal, M. Amdahl, D. Andress, P. Audhya, D. Coyne, T. Garimella, H.-H. Parving, Y Pritchett, G. Remuzzi, E. Ritz), studio internazionale randomizzato e controllato, in doppio cieco, intrapreso per verificare la possibilit? di contrastare l’evoluzione della nefropatia diabetica attivando in modo selettivo i recettori della vitamina D e riducendo, in questo modo, l’albuminuria residua (The Selective Vitamin D Receptor Activator for Albuminuria Lowering (VITAL) Study: Study Design and Baseline Characteristics; Lambers Heerspink HJ et al. Am J Nephrol 2009; 30:280-86). I dati preliminari del VITAL sono stati presentati durante il recente congresso dell’American Society of Nephrology (ASN), tenutosi a San Diego dal 27 ottobre al 1? novembre 2009.?In particolare, dei 281 soggetti coinvolti, nei trattati con Paracalcitolo capsule per 24 settimane ? stata osservata una riduzione media del rapporto albumina/creatinina urinario (RACU) superiore del 15% rispetto ai controlli. L’azione favorevole ? risultata di tipo dose-dipendente, con un maggior vantaggio per il gruppo che assumeva 2 microg/die di Paracalcitolo (RACU -18% vs placebo; p = 0,053) rispetto a coloro che ne ricevevano soltanto 1 microg/die (RACU -11% vs placebo; p = 0,229). La riduzione aggiuntiva dell’albuminuria veniva progressivamente meno tra 30 e 60 giorni dall’interruzione del trattamento a riprova che l’effetto osservato era legato alla terapia con l’attivatore dei recettori della vitamina D. ?Si tratta di un risultato importante perch? ? noto che per riduzioni dell’ordine del 20% del RACU si ottiene un apprezzabile rallentamento nell’evoluzione della nefropatia?, sottolinea Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Scienze farmacologiche Mario Negri di Bergamo. ?La protezione offerta da Paracalcitolo ? tanto pi? significativa poich? va a sommarsi a quella derivante dalla terapia di base con ACE-inibitori e/o sartani, insufficiente per un’ampia quota di pazienti, e potrebbe rivelarsi vantaggiosa anche per soggetti non diabetici con nefropatie di natura diversa?.

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L’infiammazione nell’ipertensione essenziale

L’infiammazione cronica ? un fattore chiave nell’inizio, progressione e implicazioni cliniche delle malattie cardiovascolari, inclusa l’ipertensione essenziale. Il processo flogistico consiste in una complessa interazione tra cellule infiammatorie, che porta all’espressione di molecole di adesione, citochine, chemochine, matrici di metalloproteasi e fattori di crescita. Ormai ? certo che in questo processo ? coinvolto il Sistema Renina Angiotensina (RAS), soprattutto tramite l’aumentata produzione locale di Angiotensina II (Ang II). L’Ang II aumenta la permeabilit? vascolare, partecipa al reclutamento delle cellule infiammatorie ed alla loro adesione all’endotelio attivato, regola la crescita delle cellule e la fibrosi. Un’ipotesi patogenetica possibile ? che l’Ang II, attivata dal SNS, provochi prima una vasocostrizione renale seguita poi da infiammazione tubulo- interstiziale, reclutamento di T linfociti, macrofagi, generazione di Ang II locale e ROS (Reactive Oxigen Species). Ci? porta ad un danno pre-glomerulare e ad una alterazione del bilancio vasocostrizione/vasodilatazione con ritenzione di sodio. I ROS sono implicati in ogni stadio dell’infiammazione, attivando multiple molecole di segnale intracellulari e fattori di trascrizione associati con le risposte infiammatorie, come il fattore nucleare kappa B e l’activator protein-1. Ma non ? solo l’Ang II ad essere implicata nei processi infiammatori vascolari: altri componenti, come l’aldosterone e/o i recettori mineralcorticoidi, inducono la produzione di ROS. ? probabile anche un ruolo dell’Endotelina 1 (ET1) come importante mediatore dell’infiammazione cronica e di crescente interesse si sta rivelando il rapporto tra ET1 e ROS. Anche se non ? ancora chiaro se l’evento iniziale sia l’ipertensione o lo stress ossidativo, questi dati potranno avere un importante impatto sulle future strategie terapeutiche.

Androulakis et al. Cardiology in Review (2009;17: 216-221)

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Pareri sull’utilit? preventiva della mammografia

Il tumore della mammella rappresenta il tumore pi? frequente nella donna; ogni anno nel mondo viene posta diagnosi di questa patologia in 1 milione di donne e oltre 500.000 sono le morti ad essa correlate. Nelle ultime 2 decadi si ? registrata una lieve, ma reale riduzione della mortalit? per cancro mammario, verosimilmente connessa ad una diagnosi pi? precoce e ad un miglioramento delle terapie.

A met? novembre 2009 la US Preventive Services Task Force (USPSTF) ha licenziato un aggiornamento delle linee-guida per lo screening del cancro mammario (Ann Intern Med 2009; 151: 716), contenente 2 raccomandazioni assai controverse, fonte di successive violente polemiche: 1) eliminazione della mammografia come test standard per le donne in et? compresa tra 40 e 49 anni (in considerazione del minor beneficio presente in questa fascia di et?) 2) esecuzione della mammografia con cadenza biennale ( e non annuale) dopo i 50 anni, per via del medesimo outcome clinico registrato con i 2 differenti ritmi di esecuzione. ? In realt? vi ? consenso che lo screening mammografico riduce la mortalit? da cancro mammario nell’et? compresa tra 40 e 74 anni; vi ? ancora ampio spazio per migliorare l’educazione sanitaria e limitare le disparit? di accesso ai servizi preventivi; ? noto che la mammografia ? gravata sia da falsi negativi (in particolare nei tumori della mammella estrogeno-recettori negativi) che da falsi positivi (con overdiagnosi, fonte di ulteriori accertamenti e stress).?L’American College of Radiology ha aspramente criticato la policy adottata dal USPSTF, interpretandola come una forma di razionamento delle risorse dedicate alla prevenzione ed un passo indietro nella lotta contro il tumore della mammella possibile fonte di morti evitabili.??Pi? equilibrato ? stato il commento apparso on line il 25 novembre u.s. sul New England Journal of Medicine, a firma di Partridge AH e Winer EP, che conclude con la considerazione che lo screening mammografico non ? di per s? ‘proibito’ nelle donne tra i 40 ed i 49 anni, ma va valutato in base ai rischi personali presenti considerando i pi? limitati benefici assoluti in questa fascia di et?. Vengono auspicate nuove metodiche di biologia molecolare e studi di associazione con il genoma per individuare con maggiore precisione i soggetti a rischio pi? elevato che possono giovarsi di misure preventive personalizzate.

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Implicazioni nell’uso nella TAC

In virt? della crescente accessibilit? agli esami e dei continui progressi tecnologici, l’utilizzo della TC nella diagnostica clinica ? significativamente aumentato negli ultimi anni. Molti ricercatori hanno espresso preoccupazioni circa le dosi crescenti di radiazioni ionizzanti a cui sono sottoposti i pazienti durante l’esecuzione di questi esami. Tuttavia, poco si conosce su che cosa pensino i pazienti a questo riguardo.

E’ stato recentemente pubblicato sugli Archives of Internal Medicine uno studio condotto da Caoili EM e collaboratori, del Dipartimento di Radiologia dell’Universit? del Michigan – Ann Arbor, volto a valutare il grado di conoscenza da parte dei pazienti circa le dosi di radiazioni ed i rischi connessi all’esecuzione di un esame TAC. Sono stati distribuiti oltre 750 questionari, ricevendo una risposta nel 38% dei casi. I pazienti coinvolti nell’indagine erano prevalentemente di sesso maschile (57%) ed avevano una et? media di 56 anni. La maggior parte aveva un grado di istruzione medio o elevato. La maggior parte dei soggetti intervistati (83%) aveva discusso con il medico le indicazioni all’esame TAC, ricevendo una spiegazione esauriente e con una perfetta comprensione di quanto spiegato. Tuttavia nei casi in cui l’esame non era stato discusso, 1/3 dei pazienti dichiarava di non averne compreso minimamente le indicazioni. Pur avendo consapevolezza che l’esame TAC ? fonte di radiazioni ionizzanti, la maggior parte dei soggetti intervistati non conosceva per nulla l’entit? della dose assorbita n? i rischi connessi. Comunque oltre il 40% dei soggetti esprimeva il desiderio di conoscere meglio il rapporto tra utilit? dell’esame e rischio ad esso correlato. Nello studio si ? documentato un trend di continua crescita nel coinvolgimento dei pazienti nelle decisioni mediche che li riguardano; ci? coinvolge principalmente i soggetti pi? giovani, con livello di istruzione pi? elevato e di sesso femminile.

Caoili EM et al. Archives of Internal Medicine 2009; 169: 1069

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Stenosi della renale: rivascolarizzare ? inutile

Nei pazienti con malattia nefrovascolare aterosclerotica, la rivascolarizzazione percutanea delle arterie renali presenta gravi rischi oltre a non aver offerto prove di un effettivo beneficio clinico. ? questo l?esito dello studio Astral (Angioplasty and stenting for renal artery lesions), condotto su 806 pazienti randomizzati a ricevere la terapia medica da sola (tipicamente statine, antiaggreganti piastrinici e antipertensivi) oppure associata alla rivascolarizzazione e i cui risultati sono stati pubblicati sul New England journal of medicine (2009; 361: 1953-1962). L?outcome primario era la funzione renale, valutata dal reciproco dei livelli serici di creatinina. Quelli secondari: pressione arteriosa, tempo intercorso fino al verificarsi di eventi maggiori renali e cardiovascolari, mortalit?. Follow-up mediano: 34 mesi. Durante un periodo di cinque anni, il tasso di progressione della disfunzione renale ? apparso pi? contenuto (e quindi favorevole) nel gruppo rivascolarizzazione rispetto all?altro (95% Ci: -0,002 a -0,13; P = 0,06). Inoltre, il tasso medio serico di creatinina ? risultato di 1,6 micromoli/l inferiore nel primo gruppo rispetto al secondo. Non si sono rilevate tra i due gruppi differenze significative relative alla pressione sistolica, mentre quella diastolica decresceva meno nei rivascolarizzati rispetto agli altri. I due gruppi, infine, avevano tassi simili di eventi renali, eventi cardiovascolari maggiori e morte (hazard ratio: 0,97, 0,94 e 0,90, rispettivamente). Gravi complicanze legate alla rivascolarizzazione, infine, si sono verificate in 23 pazienti, inclusi due decessi e tre amputazioni di dita o arti.
Fonte: New England journal of medicine

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