Diabete 2, complicanze associate a depressione

ndividui diabetici con disturbi depressivi maggiori sono esposti a un elevato rischio di complicanze micro e macrovascolari. Si tratta dei risultati di uno studio pubblicato su Diabetes Care. In particolare, alcuni ricercatori del Group Health Research Institute di Seattle hanno reclutato, tra il 2000 e il 2002, 4.623 individui affetti da diabete di tipo 2 che sono, poi, stati sottoposti a valutazione tra il 2005 e il 2007. Dopo le opportune correzioni per precedenti problemi e per parametri demografici e clinici, stati depressivi maggiori sono risultati associati sia a un aumento del rischio di outcome microvascolari, quali cecit?, malattia renale allo stadio terminale, amputazioni e morte per insufficienza renale (hazard ratio= 1,36) sia a un incremento di eventi macrovascolari, comprendenti infarto miocardico, ictus e morte cardiovascolare (Hr= 1,24). “Solo chiarendo i meccanismi di tale correlazione sar? possibile ideare e realizzare interventi idonei a ridurre il rischio di gravi complicanze in pazienti con problemi depressivi” ha commentato Elizabeth H.B. Lin, principale autore dello studio. (L.A.)

Diabetes Care 2009, Nov 23. [Epub ahead of print]

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Anemia falciforme, migliora il trapianto di midollo

Anche per gli adulti affetti da anemia falciforme si potr? probabilmente ricorrere, tra non molto tempo, al trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche senza il rischio di effetti tossici e di malattia del trapianto contro l’ospite (Gvhd). A sottolinearlo sono i risultati di uno studio apparso di recente su New England Journal of Medicine, riguardanti la messa a punto di uno specifico protocollo in questi pazienti. In particolare, 10 individui, di et? compresa tra 16 e 45 anni, con anemia falciforme severa, sono stati sottoposti a irradiazione totale e al trattamento con alemtuzumab, prima del trapianto di cellule CD34+, e alla somministrazione di sirolimus al termine di quest’ultimo. Dopo un follow-up medio di 30 mesi, tutti i pazienti sono rimasti in vita e nove hanno mostrato un innesto stabile che ? stato in grado di revertire il fenotipo patologico, con una percentuale di linfociti CD3+ e di cellule CD14+15+ del 53,3?8,6% e 83,3?10,3%, rispettivamente. I livelli di emoglobina prima del trapianto di midollo e al termine del follow-up sono risultati pari a 9,0?0,3 e 12,6?0,5 g/dL rispettivamente. Sindrome da astinenza da narcotici, polmonite e artralgia, questi i principali eventi avversi. (L.A.)

Nejm 2009, 361:2309-2317

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Pi? infertilit? con alcune terapie anticancro

17 Dic 2009 Oncologia

Gli uomini sopravvissuti a diagnosi di cancro e sottoposti ad alcuni trattamenti oncologici sono pi? frequentemente colpiti da infertilit?. Questi i risultati di uno studio apparso di recente su Journal of Clinical Oncology. L’indagine che ha riguardato 6.224 individui, di et? compresa tra 15 e 44 anni, inclusi nel Childhood Cancer Survivor Study. In breve, attraverso specifici questionari riguardanti il tipo e la durata delle terapie anticancro a cui i partecipanti erano stati sottoposti, Daniel M. Green e collaboratori del Department of Epidemiology and Cancer Control, St Jude Children’s Research Hospital di Memphis hanno riscontrato una ridotta fertilit? negli uomini colpiti da tumore rispetto a 1.292 sani (hazard ratio= 0,56). A contribuire maggiormente a tale riduzione sono risultate le terapie con dosi di radiazioni superiori a 7,5 Gy somministrate a livello testicolare (hr= 0,12); quelle con elevate dosi di algenti alchilanti o con ciclofosfamide (hr= 0,42) e, infine, trattamenti con procarbazina (or= 0,48) (L.A.).

J Clin Oncol. 2009 Nov 30. [Epub ahead of print]

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Urolitiasi pediatrica, segni chiave spesso assenti

16 Dic 2009 Pediatria

Normalmente un dolore al fianco, ematuria e disuria sono considerati segni di urolitiasi nei bambini, ma una nuova ricerca, condotta alla Seconda universit? di Napoli, dimostra che in molti ragazzi con calcolosi renale si manifestano dolori atipici. Lo studio ? stato condotto su 100 pazienti di et? compresa tra 3 e 18 anni con dolore addominale ricorrente e urolitiasi e 270 controlli. Risultati: 53 pazienti non avevano storia di disuria o grossa ematuria e solo 35 avevano ematuria alla prima visita; 41 sono stati valutati per urolitiasi soltanto per una storia familiare di calcolosi renale associata a dolore addominale ricorrente. Da due a 28 mesi prima della diagnosi di urolitiasi, 37 pazienti erano stati sottoposti a ultrasuonografia che non aveva rivelato calcoli renali. 69% dei soggetti pi? giovani di 8 anni d’et? aveva dolore addominale centrale o diffuso. Sulla base dei riscontri dello studio, Cesare Polito, prima firma, conclude che “la possibilit? di urolitiasi dovrebbe essere sempre considerata nei bambini con dolore addominale ricorrente che hanno una storia familiare di urolitiasi e/o attacchi di dolore infrequenti, anche quando mancano disuria ed ematuria, e nei pi? giovani anche quando il dolore non ? laterale”. (A.Z.)

Pediatrics. 2009 Dec;124(6):e1088-94. Epub 2009 Nov 9.

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La vitamina D, dalle ossa al cuore

La carenza di vitamina D non favorisce solo l?osteoporosi, ma anche le patologie cardiovascolari. Lo sostiene uno studio condotto seguendo per un anno pi? 27.000 persone dai 50 anni in su, che ha dimostrato come nelle persone con deficit di questa sostanza il rischio di malattie cardiovascolari e morte pu? aumentare fino all?80 per cento. ?Coloro che avevano valori molto bassi di vitamina nel sangue avevano il 77 per cento di probabilit? in pi? di morire, del 45 per cento in pi? di sviluppare una patologia coronarica e del 78 per cento di avere un ictus rispetto a coloro che avevano livelli ematici normali di vitamina? spiega Heidi May, dell?Intermountain Medical Center. ?Non sappiamo se c?? un legame diretto di causa ed effetto ma ? probabile che ci sia un legame meno forte anche quando la carenza ? meno grave?. Si aspettano gli esisti di due grandi trial attualmente in corso, ma secondo gli esperti gi? fin d?ora si pu? dire che il ruolo della vitamina D nelle malattie di cuore ? maggiore di quello di altri integratori. Non ? raro trovare chi ne ? carente, soprattutto tra chi non si espone mai al sole.

Fonte: Scientific sessions dell?American Heart Association, Orlando, Florida

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Patologie mentali e consenso informato: che fare?

Con l?instaurarsi di patologie mentali irreversibili ed ingravescenti, come la difettualit? psicotica, la demenza, ? possibile dare seguito e corso ad eventuale consenso o dissenso informato? Se lo domanda un editoriale pubblicato dalla Rivista di Psichiatria.
La perdita delle facolt? mentali da parte di un soggetto in via transitoria o definitiva, parziale o totale, impone la presenza immediata di una figura responsabile familiare o istituzionale che comunque tuteli e garantisca non solo gli interessi economici, ma anche e soprattutto quelli morali, al fine di rendere certo il diritto al consenso, ma anche e forse soprattutto quello al dissenso. ? facile intuire come il passaggio consenso informato> dissenso informato> consenso negato sia brevissimo pur nella sua enormit? di effetto. Il Comitato Nazionale per la Bioetica istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha affermato: ?Una persona, nel pieno possesso delle proprie facolt? mentali esprime la sua volont? o incarica terzi di eseguire la sua volont? in ordine ai trattamenti ai quali vorrebbe o non vorrebbe essere sottoposto, nell?eventualit? in cui, per effetto del decorso di una malattia o di traumi improvvisi, non fosse pi? in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso informato?.
Due le grandi obiezioni:
1. la prima di ordine generale che riguarda l?attualit? del consenso. Viene infatti considerato non attuale il consenso, qualunque consenso, dato non in prossimit? del motivo per il quale ? ritenuto necessario. Sarebbe come dire che il consenso non ? valido ora per allora, ma solo ora per ora, che apre una voragine, faticosamente da poco tempo, superata per quanto riguarda la donazione di organi.
2. la seconda obiezione ? relativa alle malattie mentali. Infatti il concetto di pieno possesso delle proprie facolt? mentali impone:
a. La definizione di ?pieno possesso delle proprie facolt? mentali?? in funzione del consenso informato.
b. La moltitudine di precisazioni e distinguo tra pieno possesso e possesso parziale, pur tuttavia ancora sufficiente e possibile per esprimere consenso o dissenso informato. Pu? equivalere alla capacit? di testare?
c. In quale momento della vita, da parte di chi e come, il pieno possesso delle facolt? mentali deve essere dichiarato presente e certificato? Ed ancora deve essere certificato sempre e per tutti oppure solo per alcuni pu? essere considerato implicito e invece deve essere certificato solo nei casi controversi o dubbi?
d. Quali patologie (psichiatriche e psicologiche) debbono e possono essere incluse o escluse dal concetto di pieno possesso delle facolt? mentali relativamente solo alla salute e/o al consenso ed in quale momento dal loro verificarsi e/o dal loro scemare, come nel caso di un intervento terapeutico, possono considerarsi ripristinate?
e. Nel caso di malattie organiche non mortali fuori dal cervello (malattie dismetaboliche, SLA, etc?), quali sono quelle da considerare in grado o non in grado di alterare il ?pieno possesso delle proprie facolt? mentali? e quali tra quelle mortali, sempre fuori dal cervello? Ed una persona, che viene a conoscenza di avere una malattia mortale, deve essere considerata con immutato possesso delle proprie facolt? mentali anche in assenza di patologie psichiatriche o psicologiche dichiarate? Ed egualmente la presenza di una malattia mortale all?interno del cervello, anche se non altera apparentemente le facolt? mentali, in che misura il possesso delle facolt? mentali pu? essere considerato presente nella persona?
f. In corso di malattia mentale la persona pu? cambiare idea ed esprimere parere difforme rispetto a quanto dichiarato in precedenza quando era ancora in possesso delle proprie facolt? mentali a quale momento si deve dare credito? Si deve considerare valido e informato il consenso dato prima della malattia mentale e smentito dopo, in corso di malattia, quando la persona non ? pi? in possesso delle proprie facolt? mentali? Perch? se questo ? vero deve poter essere vero anche il contrario e cio? la possibilit? di esprimere consenso anche in assenza e dopo la perdita delle facolt? mentali.

Relativamente al solo consenso informato, in corso di malattie mentali, questa problematica risulta parzialmente risolta e superata soltanto per quanto riguarda il ricovero e la cura con espropriazione del diritto. Infatti quando accade che si determini un?alterazione della coscienza di malattia, per cui la persona aderisce e crede ai propri sintomi allucinatori e/o persecutori e/o di disperazione e/o di rovina e quindi si oppone e contrasta alla loro identificazione patologica e per la quale si rende necessaria sia la tutela mediante un ricovero anche quando rifiutato, sia la necessit? di imporre delle cure anche contro la sua volont?, interviene, in tal senso, l?istituto giuridico del TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) previsto con la Legge 18 maggio 1978 n.180. Questa modalit?, che transita attraverso una garanzia ed un percorso sanitario (due medici diversi, uno proponente, uno disponente) ed una garanzia e percorso istituzionale (Sindaco e Giudice Tutelare), in verit? non rappresenta quasi mai il malato, nella sua dignit? di persona, perch? nei suoi confronti viene messa in atto la tutela medica senza tener conto della tutela psicologica e morale precedente la malattia. Tutto questo ? stato recepito e parzialmente superato con la Legge del 6 febbraio 2004 con la quale ? stata istituita la figura giuridica dell?Amministratore di Sostegno, che pu? essere predeterminato e scelto dalla persona stessa o in un tempo precedente la malattia o nell?intervallo libero di essa o in corso della stessa o scelto d?ufficio. Nonostante alcuni anni siano passati non sempre risulta agevole l?utilizzo di questo strumento, perch? non sempre applicato in modo pronto ed efficace per le difficolt? create ed opposte dai giudici tutelari che non sempre tendono ad agevolarlo. La persona che per un motivo qualsiasi perde il controllo dello stato di coscienza entra automaticamente all?interno della categoria di malato mentale e perde la sua storicit? volitiva oltre la validit? del gi? testimoniato dovendolo confermare ed essendo nell?impossibilit? di poterlo fare. Tutto questo, come gi? detto, non sempre trova nei giudici tutelari l?ago della bilancia per stabilire i confini tra queste due funzioni.
Si pu? pertanto ipotizzare che, per quanto attiene problematiche connesse al testamento biologico ed alla eutanasia, il percorso sia e possa essere lungo, mentre sembra possibile pensare che per quanto riguarda esclusivamente la malattia mentale, dovendo il TSO transitare all?interno di una attenzione obbligatoria del Sindaco e del Giudice Tutelare, contestualmente quest?ultimo potrebbe procedere alla nomina dell?amministratore di sostegno che vedrebbe cos? sollevati ad un tempo sia i pazienti e i loro familiari che i medici. In altre parole la proposta sarebbe quella di nominare un amministratore di sostegno da parte del Giudice Tutelare contestualmente alla autorizzazione al ricovero. Tenuto conto che all?incertezza giuridica non corrisponde l?incertezza volitiva della persona che seppure in stato di incapacit? ha diritto di vedere soddisfatto il proprio progetto esistenziale. Imparare a riflettere sulla fine della vita, e dei suoi accadimenti, anche solo ipotetici e pi? terribili, quando l? integrit? del corpo e della mente ed il benessere sono totali permette di fronteggiare euforie, non sempre infantili di onnipotenza e di immortalit?, per favorire vissuti di gratitudine nei confronti della vita stessa, come attivit? unica e miracolosa di ogni singolo soggetto, resa ancor pi? autentica anche contemplando la sua dinamica evoluzione nel morire.
Fonte: Piccione M. Dal consenso informato al consenso negato. Rivista di Psichiatria 2009; 44(5): DOI? 10.1708/453.5352

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L?enigma della prevenzione cardiovascolare dimenticata

Italiani ancora molto poco consapevoli del rischio cardiovascolare, pigri e abitudinari nel cambiare lo stile di vita o nell?ascoltare i consigli e le prescrizioni del medico. Lo rileva una recentissima indagine GFK Eurisko su un campione rappresentativo della popolazione italiana (800 persone dai 18 anni in su). I risultati dell?indagine, presentati a Milano nel corso dell?evento ?Cuore. L?enigma della prevenzione dimenticata? hanno disegnato l?identikit del rischio cardiovascolare, fotografando la realt? e il comportamento degli italiani a basso, medio e alto rischio. Il dato pi? allarmante riguarda ci? che hanno dichiarato gli intervistati che hanno gi? subito un evento cardiovascolare: oltre il 50% dei casi non si sottopone a controlli regolari, l?83% non fa attivit? fisica e il 70% non fa attenzione all?alimentazione.
Guarda lo speciale video dell’evento con interviste e approfondimenti (durata 10’07”)
?Secondo lo schema di riferimento del rischio cardiovascolare globale disegnato per l?Italia dal Progetto Cuore”, spiega Ovidio Brignoli, medico di Medicina Generale, “tra i fattori di rischio quali i livelli troppo elevati di colesterolo LDL, la sedentariet?, l?obesit? e l?ipertensione arteriosa non vi ? un fattore pi? importante degli altri ma tutti insieme concorrono a determinare l?entit? del ?rischio globale?, ovvero la possibilit? che una persona ha di subire, nei successivi dieci anni, eventi cardiovascolari quali infarto del miocardio o ictus cerebrale. E? il medico che valuta il profilo di rischio effettivo di ogni soggetto, anche utilizzando parametri meno noti, come i livelli di proteina C reattiva, l?indice ABI caviglia braccio, o prescrivendo un test eco-color doppler delle arterie carotidi. In tutti i soggetti, ma soprattutto nelle persone a rischio intermedio gli interventi sullo stile di vita, sui comportamenti, e le terapie farmacologiche preventive come quelle anti-lipemizzanti assumono un?importanza strategica?. Solo il 40% di coloro che hanno un basso rischio cardiovascolare fa qualcosa per prevenire le malattie cardiovascolari mentre oltre il 60% non segue un?alimentazione controllata, nel 70% dei casi non fa attivit? fisica (le donne, in particolare, risultano le pi? sedentarie con il 61%) e solo il 10% dei casi effettua controlli regolari. Se si fa parte di circa il 30-35% degli italiani a medio rischio le cose non migliorano: solo il 34% fa attenzione all?alimentazione evitando alcuni cibi e la percentuale di intervistati che fa prevenzione non supera il 50%. Il rischio ? in agguato anche quando non lo sospettiamo, come dimostrano i dati del recente studio scientifico internazionale JUPITER (Justification for the Use of statins in Primary prevention: an Intervention Trial Evaluating Rosuvastatin), condotto su oltre 17 mila pazienti. Anche se la pressione arteriosa ? normale, la glicemia ? a posto e perfino il colesterolo non ? elevato, si pu? ugualmente correre il rischio di subire un infarto o un ictus. Anzi, met? degli eventi cardiovascolari si verificano proprio nelle persone con livelli normali di colesterolo cattivo LDL. Persone che gli specialisti definiscono a medio rischio, di una certa et?, magari sedentarie, ma che, per il resto, non presentano altro di preoccupante tranne un indice di infiammazione a carico delle arterie (il valore ematico della proteina C reattiva – PCRhs).
Andrea Macchi, Responsabile Unit? Funzionale Cardiologia-Emodinamica Ospedale San Raffaele Milano, spiega: “Gli elevati livelli di colesterolo LDL rappresentano un fattore di rischio molto importante. Il guaio ? che la dislipidemia non fa male, non provoca dolore non viene quindi percepita come una fonte di pericolo. Ancora una volta, quindi, la soluzione risiede nella conoscenza e nell?educazione: occorre sapere che vi sono molti rischi ?silenziosi?, che non causano dolore, ma che non per questo sono meno importanti dal punto di vista del rischio?. Il colesterolo va sempre tenuto sotto controllo e, se necessario, ridotto fino ai livelli ottimali indicati dalle Linee Guida, con una particolare attenzione verso le persone a maggior rischio. In questo senso, la diminuzione dei livelli di C-LDL nel sangue con le statine ? uno degli strumenti principali per evitare o ridurre il rischio cardiovascolare. Quando per il medico non ? sufficiente o efficace agire sui fattori di rischio quali la sedentariet?, l?abitudine al fumo o la cattiva alimentazione, o quando i livelli di colesterolo LDL sono elevati ? importante aderire con regolarit? alla prescrizione di un farmaco efficace e ben tollerato per abbassare i livelli di colesterolo, come per esempio rosuvastatina. Ma dall?indagine GFK-Eurisko ? emerso che l?aderenza alle prescrizioni del medico ? ancora molto bassa: solo l?85% degli italiani in cura per la riduzione del rischio cardiovascolare assume con regolarit? i farmaci. Non solo, il 22% si dimentica qualche volta di assumerli o il 9% interrompe la terapia per un certo periodo senza consultare il medico. ?Queste evidenze sono confermate anche da un recente studio presentato in occasione del congresso annuale dell?Associazione dei cardiologi ospedalieri, ANMCO. Di recente”, spiega Gian Piero Perna, Direttore del Dipartimento di Scienze Cardiologiche Mediche e Chiurgiche A.O. Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona, “? stato portato a termine un vasto studio osservazionale italiano dall?acronimo emblematico ?SORPRESA?, condotto su pazienti che avevano ricevuto la prescrizione di una statina dopo le dimissioni da un ricovero per cause cardiovascolari. Una delle ?sorprese?, appunto, ? che se tutti ormai sanno che questi pazienti vadano trattati con terapie anti-lipemizzanti, ? risultato che solo il 36% raggiungeva il target minimo dei livelli di colesterolo LDL. Non solo, ma pi? di un terzo non aveva smesso di fumare, pi? di met? era rimasta sedentaria e cos? via. Ebbene, una delle cause, una delle soluzioni dell?enigma ? la limitatezza del tempo dedicato al paziente per far comprendere l?importanza della prevenzione?. ?Per quanto riguarda i farmaci, pesano sostanzialmente due fattori: l?idea sbagliata che l?assunzione di un farmaco costituisca una sorta di aggressione, una sostanza ?estranea? che si deve introdurre nell?organismo e il fatto che le terapie per la prevenzione, come quelle basate su statine per il controllo del colesterolo, siano inevitabilmente terapie croniche, per ottenere un effetto che non ? immediatamente visibile”, chiarisce Macchi.”Al contrario ? visibilissimo il farmaco, che rappresenta uno strumento per vivere di pi? e meglio. ? uno dei mezzi per non andare incontro a patologie gravissime?.

Fonte: Indagine GFK-Eurisko ?Il rischio cardiovascolare: le conoscenze, i comportamenti preventivi e la compliance dei pazienti?, 27 Novembre 2009.

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Meno sindrome metabolica con dieta mediterranea

Caratterizzata da alimenti di origine vegetale, pesce e olio di oliva, la dieta mediterranea ha un importante ruolo nella prevenzione della sindrome metabolica. Queste le conclusioni dello studio pubblicato su American Journal of Clinical Nutrition in cui gli autori, prendendo in esame 2.730 individui non diabetici di et? media pari a 54 anni, hanno valutato la protezione offerta da un’alimentazione di tipo mediterraneo nei confronti dello sviluppo di condizioni metaboliche, che rappresentano fattori di rischio per il diabete 2 e malattie cardiovascolari. Dopo un follow-up medio di sette anni, l’osservanza di abitudini alimentari mediterranee ? risultata associata a una riduzione di: resistenza all’insulina secondo il modello Homa (homeostatis model assessment), circonferenza vita, livelli plasmatici di glucosio a digiuno e trigliceridi. Per i consumatori assidui di cibi mediterranei ? stata, inoltre, registrata una minore incidenza di sindrome metabolica rispetto a coloro che ne hanno fatto scarso impiego (38,5% vs 30,1%; P = 0,01). (L.A.)

Am J Clin Nutr. 2009;90(6):1608-14

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Incremento di lipidi durante transizione menopausale

11 Dic 2009 Cardiologia

In coincidenza del termine dei cicli mestruali, le donne andrebbero incontro a un sostanziale aumento dei livelli plasmatici di alcuni lipidi. Lo sottolineano gli autori di Swan (Study of Women’s Health Across the Nation), un’indagine prospettica apparsa su American College of Cardiology, riguardante oltre 3,300 donne di differente etnicit?, che ha consentito di evidenziare, per la prima volta, l’associazione tra incremento di fattori di rischio cardiovascolare e transizione menopausale. In particolare, ricercatori del Department of Epidemiology, University of Pittsburgh in Pennsylvania, hanno utilizzato due differenti approcci: un modello lineare basato sull’invecchiamento anagrafico oppure una combinazione di modelli lineari basata sul deterioramento dell’ovaio. In sintesi, i livelli di colesterolo totale, Ldl e apolipoproteina B sono aumentati, in maniera sostanziale e senza differenze tra i gruppi etnici, nell’intervallo di un anno comprendente il periodo precedente e successivo alla fine dei cicli mestruali, consistentemente con i cambiamenti indotti dalla menopausa. Altri fattori di rischio sono invece apparsi correlati all’invecchiamento anagrafico. (L.A.)

J Am Coll Cardiol, 2009; 54:2366-2373

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Farmaci: freddo intenso influenza alcune terapie, consigli da esperti

(Adnkronos Salute) – Freddo intenso nemico di molti malati in cura con farmaci che alterano la termoregolazione dell’organismo, con rischi soprattutto di ipotermia. Per questi pazienti – che seguono in genere terapie psichiatriche, neurologiche, ma anche cure per tenere sotto controllo la pressione – con l’arrivo di temperature al di sotto della media stagionale anche i trattamenti vanno riadattati, analizzando il problema caso per caso con l’aiuto del medico di fiducia. Il consiglio arriva dall’Agenzia francese del farmaco (Afssaps) che ha diffuso un documento sul tema
Gli esperti sottolineano che in questi casi non possono esserci regole generali, ma si deve tener conto che per alcune categorie di farmaci esistono rischi. Ecco quali:
1) I medicinali che possono aggravare l’ipotermia alterando la termoregolazione centrale sono i neurolettici, i barbiturici e le benzodiazipine. Mentre peggiorano l’ipotremia alterando la termoregolazione periferica, perch? limitano la risposta vasocostrittrice, certi antidepressivi e tutti i vasodilatatori;
2) Possono indurre direttamente l’ipotermia, invece, alcuni neurolettici;
3) Il freddo, inoltre, riduce l’assorbimento dei principi attivi somministrati con cerotti o per via sottocutanea;
4) Sedativi e benzodiazipine, invece, possono indirettamente aggravare gli effetti delle basse temperature riducendo la vigilanza rispetto alla sensazione di freddo.
Pi? a rischio gli anziani, che spesso usano diversi medicinali, ma anche le persone che lavorano all’aria aperta e i senza tetto. Tra i malati particolare attenzione, sottolineano gli specialisti francesi, deve essere riservata ai pazienti con malattie cardiovascolari, respiratorie, tiroidee, malattie neuropsichiatriche, persone con postumi di traumi e paralisi. Importante, inoltre, la buona conservazione e il buon uso, da parte dei diabetici, di lettori della glicemia e dei loro reattivi quando le temperature sono particolarmente rigide

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