Scopo dello studio clinico condotto da Ricercatori del National Public Health Institute a Helsinki in Finlandia ? stato quello di esaminare l?associazione tra il livello plasmatico di colesterolo totale al basale e il rischio di malattia di Parkinson.
Lo studio di coorte ha coinvolto 24.773 uomini finlandesi e 26.153 donne di et? compresa tra 25 e 74 anni senza una storia di malattia di Parkinson o ictus al basale.
? stato valutato l?hazard ratio ( HR ) della malattia di Parkinson incidente per diversi livelli di colesterolo totale.
Durante un periodo osservazionale medio di 18.1 anni, 321 uomini e 304 donne hanno sviluppato malattia di Parkinson.
Dopo l?aggiustamento per fattori confondenti ( et?, anni di studio, indice di massa corporea, pressione sanguigna sistolica, istruzione, attivit? fisica nel tempo libero, fumo, consumo di alcol, consumo di t? e caff?, storia di diabete ), gli HR per la malattia di Parkinson a differenti livelli di colesterolo totale ( inferiori a 5; 5-5.9; 6-6.9 e superiori o uguali a 7 mmol/L ) sono stati pari a 1.00; 1.33; 1.53 e 1.84 ( p per la tendenza = 0.035 ) negli uomini; 1.00; 1.55; 1.57 e 1.86 ( p per la tendenza = 0.113 ) nelle donne, e 1.00; 1.42; 1.56 e 1.86 ( p per la tendenza = 0.002 ) per la combinazione uomini e donne ( dopo aggiustamento per il sesso ).
Nella combinazione dei due sessi, l?aumento del rischio di malattia di Parkinson al crescere dei livelli sierici di colesterolo totale ? risultato presente sia nei soggetti di et? compresa tra 25 e 44 anni sia in quelli tra i 45 e i 54 anni al basale, nei fumatori e nei non-fumatori; tuttavia non ? stata osservata alcuna associazione tra i soggetti di et? uguale o superiore a 55 anni.
In conclusione, questo ampio studio prospettico suggerisce che un alto livello di colesterolo totale al basale ? associato a un incremento del rischio di malattia di Parkinson.
Serenoa repens ? impiegata da pi? di 2 milioni di statunitensi per il trattamento dell?iperplasia prostatica benigna.
Uno studio ha valutato l?efficacia della Serenoa repens in 225 uomini di et? superiore a 49 anni con sintomi moderato-gravi di iperplasia prostatica benigna dopo un anno di trattamento con un estratto di Serenoa repens ( 160mg due volte die ), oppure placebo.
L?end point primario era rappresentato da cambiamenti nei punteggi all?indice AUASI ( American Urological Association Symptom Index ) e nella velocit? massima del flusso urinario.
L?end point secondario comprendeva, invece cambiamenti della dimensione della prostata, del volume urinario residuo dopo svuotamento, della qualit? della vita, dei valori di laboratorio e dell?incidenza di effetti indesiderati.
Nel corso dello studio, non ? stata osservata alcuna significativa differenza tra Serenoa repens ed il placebo riguardo ai cambiamenti nei punteggi AUASI, nella velocit? massima di flusso urinario, nella dimensione della prostata, nel volume residuo dopo svuotamento, nella qualit? della vita o nei livelli sierici di PSA.
L?incidenza di effetti indesiderati ? risultata simile nei due gruppi.
In questo studio, la Serenoa repens non ha prodotto miglioramenti dei sintomi o delle misurazioni obiettive nei pazienti con ipertrofia prostatica benigna.
Fino al 70% dei pazienti che si sottopongono a prostatectomia radicale si lamenta di perdita urinaria, ma l?incontinenza da stress che persiste 1 anno dopo l?intervento chirurgico interessa meno del 5% dei pazienti.
La Duloxetina ( Yentreve ) ? un inibitore della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina che produce sollievo dei sintomi dell?incontinenza urinaria da stress.
Uno studio ha valutato l?efficacia della Duloxetina nel management dell?incontinenza urinaria dopo prostatectomia radicale ed il suo impatto sui parametri urodinamici, come la pressione di chiusura uretrale massima ( MPCU ), abdominal leak point pressure ( ALPP ) e retrograde leak point pressure ( RLPP ).
Allo studio hanno partecipato 18 uomini con incontinenza urinaria da stress, 12 mesi dopo la prostatectomia radicale.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti al test del pannolino ( pad test ) per quantificare il grado di urina persa, ed una valutazione urodinamica prima e dopo un trattamento della durata di 3 mesi con Duloxetina ? stata eseguita.
Alla valutazione di pretrattamento il valore medio di ALPP era 52.1cm H2O, MUCP era 52.5cm H2O, e RLPP era 43.1cm H2O.
Dopo 3 mesi di trattamento con Duloxetina, il valore medio di ALPP era 59.1cm H2O, MUCP era 67.3cm H2O, e RLPP era 45.1cm H2O.
L?impiego della Duloxetina ha comportato lieve aumento della pressione di chiusura uretrale massima ed una significativa riduzione della perdita urinaria. L?azione della Duloxetina a livello dello sfintere estrinseco, fa si che il farmaco non rappresenti un?opzione di trattamento completo per l?incontinenza post-prostatectomia.
Ricercatori inglesi hanno condotto uno studio per stabilire il ruolo di Gabapentin ( Neurontin ) e Nortriptilina ( Noritren ) nel trattamento dell?orchialgia cronica.
Un totale di 26 pazienti con orchialgia cronica sono stati sottoposti ad esame da un team multispecialistico in una clinica per il dolore cronico.
Prima di iniziare il trattamento con Gabapentin o Nortriptilina ? stato compilato un questionario sul dolore. I pazienti sono stati rivisti dopo 3 mesi ed ? stato compilato un altro questionario. ? stata considerata come un successo una riduzione del dolore pari al 50%.
I dati completi erano disponibili per 19 pazienti.
Il 61,5% dei pazienti cha aveva iniziato il trattamento con Gabapentin ed il 66,6% dei quelli che avevano iniziato il trattamento con Nortriptilina, hanno mostrato un miglioramento del dolore superiore al 50%.
Nessuno dei pazienti con dolore testicolare post-vasectomia ha presentato un miglioramento del dolore superiore al 50%.
Comunque, l?80% dei pazienti con orchialgia cronica idiopatica ha mostrato un miglioramento del dolore maggiore del 50%.
Nonostante le piccole dimensioni dello studio, sembra che Gabapentin e Nortriptilina siano efficaci nel trattamento del dolore prodotto dall?orchialgia cronica idiopatica, ma non in quello post-vasectomia.
Sono stati utilizzati pi? di 180 differenti tipi di terapia nel trattamento e nel management della sindrome della vescica dolorosa / cistite interstiziale, tuttavia le evidenze ottenute dagli studi clinici non sono conclusive.
Lo studio, coordinato da Ricercatori dell?Harvard Urological Diseases Research Center, ha avuto come obiettivo quello di valutare l?approccio farmacologico alla sindrome della vescica dolorosa / cistite interstiziale, di quantificare le dimensioni dell?effetto degli studi randomizzati e di iniziare a creare un consenso clinico riguardo al trattamento della sindrome della vescica dolorosa / cistite interstiziale.
Sono stati identificati studi clinici controllati e randomizzati per il trattamento farmacologico dei pazienti con sindrome della vescica dolorosa / cistite interstiziale, diagnosticata secondo i criteri del National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases ( NIDDKD ) o in base a criteri operativi.
I 21 studi clinici randomizzati e controllati hanno riguaradato un totale di 1.470 pazienti.
Solo gli studi con il Pentosano polisolfato sodico ( Elmiron ) avevano numeri sufficienti di pazienti per permettere un?analisi pooled degli effetti.
In accordo al modello ad effetti casuali, la terapia a base di Pentosano polisolfato sodico sembrerebbe produrre benefici, con un rischio relativo di 1,78 per il miglioramento, riportato dai pazienti, dei sintomi.
Recenti risultati suggeriscono anche l?efficacia della terapia con Dimetilsulfossido ( DMSO ) ed Amitriptilina ( Laroxyl ). L?Idrossizina ( Atarax ), il bacillo Calmette-Guerin per via intravescicale e la terapia con Resiniferatossina ( Rtx ) non si sono dimostrati efficaci, ma i dati non sono conclusivi a causa di limiti metodologici.
Dall?analisi ? emerso che il Pentosano polisolfato sodico potrebbe fornire modesti benefici per i sintomi di vescica dolorosa / cistite interstiziale. Non ci sono evidenze di efficacia per altri trattamenti farmacologici.
Dimitrakov J et al, Arch Intern Med 2007; 167: 1922-1929
Lo studio ENDURANCE ha valutato l?efficacia di Vardenafil ( Levitra ), un inibitore della fosfodiesterasi di tipo 5 ( PDE-5 ), negli uomini con disfunzione erettile, misurando la durata dell?erezione in grado di garantire un rapporto sessuale soddisfacente.
Lo studio multicentrico, cross-over, consisteva in una fase run-in senza trattamento di 4 settimane seguita da randomizzazione a un dosaggio fisso di Vardenafil 10 mg oppure a placebo, da somministrarsi 1 ora prima del rapporto sessuale. I due periodi di trattamento in doppio cieco avevano la durata di 4 settimane separate da 1 settimana di wash-out.
L?endpoint primario di efficacia era rappresentato dalla durata dell?erezione, definita come il tempo dall?erezione percepita sufficientemente valida da permettere la penetrazione fino all?uscita del pene dalla vagina dopo un rapporto sessuale soddisfacente alla scala SEP-3 ( Sexual Encounter Profile Question ). Gli endpoint di efficacia secondaria comprendevano valutazioni alle scale SEP-2 e SEP-3 del dominio funzione erettile, alla scala HEF ( International Index of Erectile Function ), il cambiamento del basale della durata dell?erezione e della durata dell?erezione e della durata dell?erezione senza rapporto sessuale soddisfacente.
Dei 191 uomini inclusi nella popolazione esaminata per la sicurezza, il 40% presentava al basale disfunzione erettile moderata e il 33% una forma grave.
La durata media dell?erezione che ha prodotto un rapporto sessuale soddisfacente ? risultata pi? lunga con il Vardenafil rispetto al placebo ( p<0.001 ), con l?eccezione della durata dell?erezione senza rapporto sessuale soddisfacente.
Vardenafil ? risultato ben tollerato; la maggior parte degli effetti indesiderati era di lieve-media intensit?.
Lo studio ha dimostrato che il trattamento con Vardenafil 10 mg fornisce una durata di erezione sufficiente per un rapporto sessuale soddisfacente negli uomini con disfunzione erettile statisticamente superiore rispetto al placebo.
Rosenberg MT et al, Int J Clin Pract 2009; 63: 27-34
Negli Stati Uniti, la maggior parte degli uomini di et? superiore ai 50 anni si sottopone al test per la ricerca dell?antigene specifico per la prostata ( PSA ), nonostante l?assenza di evidenza di un beneficio netto.negli studi clinici randomizzati, di ampie dimensioni. Quasi il 95% degli urologi maschi e il 78% dei medici di medicina generale che hanno 50 anni o pi? hanno riferito di aver eseguito il test del PSA su se stessi. A partire dal 1992, 5 anni dopo l?introduzione del test del PSA, le morti negli Stati Uniti per carcinoma prostatico sono scese del 4% all?anno.
Due studi di ampie dimensioni hanno cercato di dirimere la controversia sull?effettiva utilit? del test del PSA.
Nello studio statunitense PLCO ( Prostate, Lung, Colorectal and Ovarian ) Cancer Screening Trial, non ? stato osservato nessun beneficio sulla mortalit? dallo screening combinato test del PSA ed esame rettale digitale nel corso di un periodo di follow-up mediano di 11 anni. Nello studio europeo ERSPC ( European Randomized Study of Screening for Prostate Cancer ), lo screening per la ricerca di PSA, senza esame rettale digitale, ? risultato associato a una riduzione relativa del 20% nella percentuale di mortalit? da tumore prostatico, durante un periodo osservazionale di 9 anni, con una riduzione assoluta di circa 7 morti per cancro della prostata ogni 10.000 uomini sottoposti a screening.
Lo studio ERSPC ? una collezione di studi compiuti in diversi Paesi, con differenti criteri di eleggibilit?, schemi di randomizzazione, e strategie per lo screening e il follow-up. Le biopsie erano raccomandate per i soggetti con livelli di PSA superiori a 3 ng/ml. L?analisi ad interim dello studio ERSPC ha rivelato una riduzione del 20% nella mortalit? correlata al tumore della prostata ( il valore P aggiustato ? stato pari a 0.04 ). I 73.000 uomini nel gruppo di screening sono stati sottoposti a pi? di 17.000 biopsie, ed hanno presentato un rischio cumulativo sostanzialmente pi? alto di ricevere la diagnosi di carcinoma della prostata rispetto al gruppo controllo ( 820 vs 480 per 10.000 uomini ). La diagnosi ? risultata associata a una pi? alta incidenza di tumore, con 277 versus 100 per 10.000 uomini sottoposti a prostatectomia radicale e 220 versus 123 per 10.000 sottoposti a radioterapia con o senza trattamento ormonale, rispettivamente.
Sebbene le stime del beneficio dello screening siano qualche volta maggiori per gli uomini che si sottopongono al test, gli effetti indesiderati potrebbero essere proporzionalmente pi? alti rispetto agli uomini che non si sottopongono al test.
I risultati dello studio ERSPC hanno anche evidenziato che ? necessaria cautela nel sottoporre a screening uomini di et? superiore ai 69 anni, per un precoce trend verso una pi? alta mortalit? per tumore della prostata con lo screening in questo sottogruppo d?et?, sebbene questa scoperta possa essere solo casuale.
Nonostante un pi? lungo periodo osservazionale mediano, lo studio PLCO ha dimensioni pi? piccole rispetto allo studio ERSPC, con 174 morti per tumore alla prostata contro le 540 morti dello studio ERSPC. Il protocollo di screening era omogeneo nei vari Centri, con un arruolamento di soggetti di et? compresa tra 55 e 74 anni, e test annuali di PSA per 6 anni ed esami rettali digitali per 4 anni, con una compliance dell?85%. I soggetti che nel gruppo screening presentavano un esame rettale digitale sospetto o un livello di PSA superiore a 4 ng/ml, hanno ricevuto una raccomandazione per un?ulteriore valutazione. Lo studio ? attualmente in corso.
Anche se lo studio PLCO non ha mostrato nessun significativo effetto sulla mortalit? correlata al cancro della prostata, a oggi, l?ampio intervallo di confidenza ne limita le conclusioni. Altre probabili spiegazioni per i risultati negativi sono gli alti livelli di pre-screening nella popolazione PLCO e la contaminazione del gruppo controllo ( circa la met? di questi ultimi soggetti si era sottoposta a test del PSA da 5 anni ).
Secondo Michael J Barry del Massachusetts General Hospital e Harvard Medical School a Boston negli Stati Uniti, lo screening seriale mediante test del PSA ha un modesto effetto sulla mortalit? per cancro alla prostata nel corso della prima decade di follow-up. Questo beneficio ? controbilanciato dall?iperdiagnosi e dall?ipertrattamento.
Il Tibolone ( Livial ) ? una terapia ormonale sintetica che trova indicazione come terapia di prima linea nel trattamento dei sintomi menopausali e come seconda linea nella prevenzione dell?osteoporosi nelle donne in postmenopausa che sono ad alto rischio di fratture.
Ci sono limitati dati da studi clinici ed evidenza epidemiologica conflittuale riguardo al rischio di tumore mammario nelle donne che fanno uso di Tibolone.
Il Million Women Study ha trovato che le donne che hanno fatto uso del Tibolone avevano un significativamente pi? alto rischio di carcinoma mammario rispetto alle non utilizzatrici ( rischio relativo, RR= 1,5 ). Il livello di aumento era comparabile con quello delle donne che hanno fatto uso di terapia ormonale sostitutiva a base di solo estrogeno, ed era significativamente pi? basso rispetto al livello delle donne che hanno impiegato la terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeno e progestinico. Il rischio ? aumentato con l?uso prolungato della terapia, ritornando al basale entro pochi anni dopo aver interrotto il trattamento.
Uno studio che ha utilizzato i dati del General Practice Research Database non ha trovato nessun significativo rischio di tumore alla mammella con l?impiego di Tibolone.
A differenza della terapia ormonale sostitutiva convenzionale, il Tibolone ha un limitato effetto sulla densit? mammografia.
Il trattamento del cancro al seno ( es. Tamoxifene; Nolvadex ) pu? comunemente esacerbare i sintomi della menopausa. Sebbene il Tibolone sia controindicato nelle donne con carcinoma alla mammella noto o sospetto, e in quelle con una storia di tumore al seno, l?evidenza anedottica indica che il Tibolone ? talvolta usato in modo off-label nel trattamento dei sintomi vasomotori nelle donne con una storia di tumore mammario; il Tibolone ? percepito come pi? sicuro rispetto alla terapia ormonale sostitutiva convenzionale.
Lo studio LIBERATE, randomizzato e controllato, nelle donne con precedente tumore mammario ? stato interrotto 7 mesi prima per il fatto di non essere riusciti a stabilire la non-inferiorit? del Tibolone rispetto al placebo riguardo al rischio di tumore mammario. Inoltre, dallo studio ? emerso un significativamente aumentato rischio di recidiva di carcinoma mammario.
Lo studio LIBERATE ha arruolato donne sottoposte a intervento chirurgico per tumore mammario primario entro gli ultimi 5 anni. Lo studio ha mostrato un significativo aumento della frequenza di recidiva di tumore mammario nel gruppo Tibolone rispetto al gruppo placebo ( 237 versus 165 casi, rispettivamente; hazard ratio, HR= 1,4 ). Lo studio ha anche mostrato una pi? alta incidenza di sanguinamento vaginale o spotting e ha aumentato lo spessore endometriale nel gruppo Tibolone rispetto al placebo.
La sonografia transvaginale (TVS) ? superiore all’analisi dei sintomi per il rilevamento dei tumori ovarici, mentre l’analisi dei sintomi ? pi? efficace nel distinguere i tumori benigni. La combinazione di questi fattori, peraltro, migliora la possibilit? di distinguere i tumori benigni, ma peggiora il rilevamento di quelli maligni. Bench? i tumori ovarici siano visti come un “killer silenzioso” che produce pochi sintomi specifici, recenti studi hanno indicato che alcuni sintomi sono significativamente pi? comuni nelle donne con tumori ovarici che in quelle della popolazione generale, ma non era chiaro come esattamente l’analisi dei sintomi dovesse accordarsi con la TVS. Finch? non verr? identificato un test di screening efficace per questi tumori, rimarr? il problema di discernere i sintomi significativi da quelli pi? comuni per l’assistenza ottimale alla paziente: data la natura vaga di questi sintomi, che mancano di una chiara soglia per procedere ad ulteriori e pi? costosi esami, non si tratta di un problema da poco. (Cancer online 2009, pubblicato il 15/7)
Pi? 75%. ? il rischio aggiuntivo di sviluppare sintomi asmatici e malattie respiratorie diverse se si soggiorna abitualmente in abitazioni ed edifici umidi e con elevata concentrazione di muffe. A segnalarlo, sottolineando l?importanza e l?urgenza di migliorare la qualit? dell?aria degli ambienti di vita e di lavoro e fornendo precise indicazioni evidence-based in questo senso, sono le Who guidelines on indoor air quality: dampness and mould, elaborate da un gruppo di 36 tra i maggiori esperti internazionali in materia, coordinati dall?Ufficio Regionale europeo dell?Organizzazione mondiale della sanit? di Copenhagen (Danimarca).
?A prescindere dallo stile di vita e dagli impegni quotidiani, la stragrande maggioranza delle persone, in tutto il mondo, passa gran parte del proprio tempo in ambienti chiusi? spiega Srdan Matic, direttore della Noncommunicable diseases and Environment Unit dell?Ufficio Regionale europeo dell?Oms. ?La qualit? dell?aria presente in abitazioni, uffici, scuole, ospedali, infrastrutture produttive e cos? via ha, di conseguenza, un impatto sostanziale sulla salute generale e su quella respiratoria in particolare. Al punto che un?aria scadente pu? promuovere o scatenare patologie. Siamo convinti che queste Linee guida, le prime a concentrarsi sul tema specifico dell?inquinamento indoor da umidit? e muffe, possano offrire un punto di riferimento importante per prendere coscienza del problema e mettere a punto strategie di prevenzione e recupero in grado di migliorare il benessere generale della popolazione, riducendone la morbilit? e aumentando la produttivit? con importanti benefici, non soltanto sul piano sanitario, ma anche su quello socioeconomico?.
Il documento, destinato alla divulgazione a livello globale, ? soltanto il primo di una serie di pubblicazioni che l?Oms sta elaborando sul tema dell?inquinamento indoor. A seguire, nei prossimi mesi, si renderanno disponibili linee guida analoghe su singoli composti chimici che tendono a concentrarsi nei luoghi chiusi e sui prodotti da combustione tipicamente presenti negli ambienti domestici e potenzialmente lesivi per l?uomo.