E se l’unico vero target fossero le cellule tumorali circolanti?

Target terapeutico della chemioterapia devono diventare le cellule tumorali circolanti (CTC), piuttosto che la massa tumorale primitiva. Lo suggeriscono i dati di uno studio retrospettivo del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Universit? ?La Sapienza? svolto in collaborazione con l’MD Anderson Cancer Center di Houston presentati all’XI Milan Breast Cancer Conference di Milano, organizzata dall?Istituto Europeo di Oncologia.
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Spiega Giuseppe Naso del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia,?Divisione di Oncologia dell’Universit? La Sapienza – Policlinico Umberto I: “Si tratta del primo studio al mondo che cerca di dimostrare – per ora retrospettivamente – un beneficio clinico derivante dal trattamento delle CTC. L’ipotesi di partenza ? che non tutte le cellule che compongono la massa tumorale siano ugualmente responsabili del processo di metastatizzazione, e che quelle poche responsabili di questo mortale processo siano anche poco sensibili alla chemioterapia. La nostra idea ? stata disegnare la chemioterapia andando prima a stabilire la chemiosensibilit? delle cellule tumorali circolanti retrospettivamente?. Da alcuni anni sono disponibili metodiche per la determinazione del numero delle CTC e le evidenze ad oggi disponibili permettono di ridefinire l?approccio terapeutico alla malattia avanzata riducendo ad esempio l?esposizione per lungo tempo a cure inefficaci e aprono una nuova era nello sviluppo delle terapie personalizzate.?
?Questo studio, se prospetticamente validato, potrebbe rappresentare l?inizio di una nuova era nella terapia dei tumori ?, ha affermato Massimo Cristofanilli, Associate Professor of Medicine all?MD Anderson Cancer Center. ?Se infatti le CTC sono le cellule che sostengono la metastatizzazione, in quanto pi? resistenti ai trattamenti chemioterapici convenzionali?, spiega Paola Gazzaniga del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Universit? La Sapienza, ?una terapia mirata sulla caratterizzazione molecolare?delle CTC potrebbe portare ad un beneficio clinico superiore sia per ci? che riguarda la chemioterapia che l?ormonoterapia?.?
?Ora per? deve partire uno studio prospettico randomizzato in collaborazione con Houston?, conclude Naso, ?che speriamo ci permetta di dimostrare la validit? della nostra tesi?.

Fonte: XI Milan Breast Cancer Conference, Milano 2009.

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Ictus: utile ecografia transesofagea

L’ecografia transesofagea pu? gettare luce sui fattori cardiogeni che contribuiscono ai casi di ischemia cerebrale criptogenetica. Circa in un terzo dei pazienti con ischemia cerebrale non pu? essere identificata alcuna causa definita. In pi? della met? dei pazienti l’ecografia transesofagea garantisce dati rilevanti: i problemi di pi? comune riscontro sono il forame ovale beante e patologie valvolari precedentemente non diagnosticate, ma si rilevano anche sclerosi della valvola aortica e difetti settali atriali. Il forame ovale beante e i problemi settali atriali sono caratteristici dei pazienti pi? giovani, e quindi ne deriva che le ecografie transesofagee sono indicate in tutti i pazienti con ictus criptogenetico a prescindere dalla fascia d’et? a cui appartengono.
Cardiovasc Ultrasound online 2009, pubblicato il 22/4

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Due test predicono meglio

La valutazione combinata di glicemia a digiuno ed HbA1c ? un mezzo efficace per la previsione della comparsa di diabete di tipo 2. Si tratta probabilmente anche di una combinazione di marcatori maggiormente utile rispetto al test della tolleranza al glucosio per via orale nella pratica clinica, in quanto presenta vantaggi economici ed ? disponibile in modo quasi ubiquitario. Sia la glicemia a digiuno che l’HbA1c sono indipendentemente associate al rischio di diabete, ma la loro combinazione porta a una maggiore precisione predittiva, anche stratificando i pazienti in base ai livelli glicemici a digiuno di base.?

Diabetes Care 2009; 32: 644-6

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Tumore mammario, cerume umido ed osmidrosi

5 Ott 2009 Oncologia

Un polimorfismo a carico di un singolo nucleotide (SNP) nel gene ABCC11 collegato al tumore mammario ? strettamente associato alla presenza di cerume auricolare di tipo umido e di osmidrosi ascellare. Il cerume umano pu? essere di tipo secco o umido, ed il tipo di cerume potrebbe svolgere un ruolo nell’eventuale presenza di sudorazione ascellare maleodorante, spesso associata alla tipologia umida. Nel prossimo futuro, la genotipizzazione dell’SNP nel gene ABCC11 garantir? un pratico strumento diagnostico per l’osmidrosi ascellare, che in alcune zone del mondo ? gi? riconosciuta come patologia: tale strumento consentir? anche di esaminare il legame genetico latente fra questi fenotipi ed il rischio di tumore mammario. (FASEB J 2009; 23: 2001-13)

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Cerchiaggio cervicale: inutile l’ecografia

L’ecografia cervicale per determinare la necessit? del cerchiaggio non migliora gli esiti al di l? di quanto lo facciano i cerchiaggi stabiliti con il solo ausilio dell’anamnesi. Era stato teorizzato che l’approccio tradizionale di ricorrere al cerchiaggio sulla base di un’anamnesi di parti prematuri potesse portare ad interventi non necessari, ed ? stato quindi effettuato un tentativo di applicare il cerchiaggio solo quando l’ecografia mostra dimensioni cervicali non superiori a 20 millimetri. La maggior parte degli studi ostetrici pi? ampi effettuati in materia hanno dimostrato che questa procedura non presenta alcuna efficacia e pu? essere anche dannosa, ma la maggior parte dei medici ? ancora convinta che essa funzioni. E’ stato dimostrato che la sostituzione dell’indicazione anamnestica con l’ecografia per questo intervento non porta ad alcun vantaggio, e quindi non si pu? presumere che le suture indicate con l’ecografia siano di beneficio. (Am J Obstet Gynecol 2009; 200: 623.e1-e6)

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Acido glutammico riduce la pressione

Un elevato consumo di acido glutammico, il pi? comune aminoacido nelle proteine vegetali, ? associato ad una diminuzione della pressione: ci? spiega come mai l’elevato consumo di proteine vegetali sia in grado di ottenere questo effetto. L’associazione inversa rimane significativa nelle analisi della regressione che tengono conto di fattori interferenti multipli, sia dietetici che non dietetici. L’acido glutammico dunque, che rappresenta nel complesso il pi? comune aminoacido assunto con la dieta, potrebbe costituire il componente chiave di nuove strategie volte alla terapia dell’ipertensione, anche nell’ambito di trattamenti collaterali da affiancare alla terapia farmacologica tradizionale. (Circulation online 2009, pubblicato il 7/7)

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Tumore al seno sovradiagnosticato?

2 Ott 2009 Oncologia

Una ricerca destinata a far discutere, tant’? che sta gi? sollevando polemiche sui programmi di screening per il cancro al seno. I test per stanare uno dei nemici giurati delle donne salvano ogni anno migliaia di vite, ma in circa un terzo dei casi – sostiene lo studio pubblicato sul British Medical Journal e condotto in 5 Paesi, Regno Unito compreso – vengono diagnosticate forme tumorali potenzialmente innocue. Con il risultato che molte donne vengono operate e sottoposte a chemioterapia bench? non ne abbiano reale bisogno, poich? il tumore identificato, stando almeno alla ricerca del Nordic Cochrane Centre, in Danimarca, difficilmente potrebbe svilupparsi e minacciarne la vita. I sostenitori dei programmi di screening puntano il dito contro lo studio, che rischia di generare diffidenza e dubbi su test salva vita. Nella sola Inghilterra, fanno notare sul sito della Bbc online, questi programmi salvano ben 1.400 vite ogni anno, strappando dalla morte quasi quattro donne al d?. Ma secondo i ricercatori danesi, i risultati dello studio mostrano che gli screening possono condurre a una “sovra-diagnosi” dei casi. E lo stesso Gilbert Welch, un esperto del Dartmouth Institute for Health Policy, in un editoriale che accompagna lo studio ammette che, bench? le mammografie aiutino senz’altro le donne, “possono avere anche la conseguenza di portarne alcune a sottoporsi a trattamenti nonostante non ne abbiano reale necessit?. E non si tratta – ricorda – di terapie leggere”. Mentre a difendere a spada tratta i test stana-cancro ? Julietta Patnick, a capo proprio del Programma di screening per i tumori del Servizio sanitario britannico (Nhs), che con una nota polemica ricorda che “una donna su otto sarebbe morta senza il test”.

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Mononucleosi e affaticamento nell’adolescente

1 Ott 2009 Pediatria

La mononucleosi infettiva potrebbe essere un fattore di rischio di sindrome da affaticamento cronico negli adolescenti. Nei tre quarti degli adolescenti che soffrono di questo disturbo sono state documentate patologie infettive simili alla mononucleosi in precedenza, e circa la met? di questi soggetti presenta mononucleosi attiva all’atto dell’insorgenza dei sintomi. Sia il sesso femminile che gravi forme di affaticamento acuto sono state associate allo sviluppo dell’affaticamento cronico nell’adolescente, ma non l’uso di steroidi durante la fase acuta della malattia. Sono necessarie ora ulteriori ricerche per determinare altri fattori predittivi di persistenza dell’affaticamento dopo la mononucleosi infetttiva. (Pediatrics. 2009; 124: 189-93)

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Il sito della colite ulcerosa

Diffondere tra i pazienti pi? informazioni e motivarli a diventare protagonisti nella gestione della loro malattia: ecco in sintesi gli obiettivi di www.viverelacoliteulcerosa.it, nuovo sito internet che si propone di migliorare la comunicazione tra medico e paziente sulla colite ulcerosa, patologia infiammatoria cronica intestinale (Mici) che colpisce in Italia circa 90 mila persone di tutte le et? ed entrambi i sessi. I sintomi tipici della malattia, fra cui dolori addominali, perdita di peso e, con il passare degli anni, aumento del rischio di asportazione totale del colon, con elevata incidenza di neoplasie colorettali – evidenzia una nota – incidono in maniera rilevante sulla qualit? di vita e, malgrado le cure pi? attente e continue, portano spesso il paziente dal chirurgo. Il peso, per i pazienti affetti da colite ulcerosa, sta proprio nella cronicit? della patologia, che tende a manifestarsi in persone ancora giovani ed ? caratterizzata da recidive che si presentano con frequenza e modalit? diverse da caso a caso, ma che sono comunque immancabili. “La colite ulcerosa – afferma Salvo Leone, presidente della Federazione nazionale Amici (Associazione malattie infiammatorie croniche dell’intestino) – ? una malattia cronica che impatta fortemente sulla qualit? di vita non solo del paziente, ma anche delle persone che vivono con lui e che quindi subiscono disagi, senza avere piena consapevolezza dei vari aspetti della malattia. Da qui l’importanza di un sito da cui i pazienti con colite ulcerosa, ma anche i loro familiari e amici, possono reperire informazioni esaustive e validate da medici”. Oltre a informazioni generali sulla patologia e la sua diffusione, il sito, un progetto educazionale sostenuto da Schering-Plough, propone anche una descrizione sintetica dei segni e sintomi della malattia, un questionario di autovalutazione della sintomatologia da compilare in preparazione alla visita con lo specialista, vari link alle principali societ? scientifiche e organizzazioni di pazienti italiane e internazionali che si occupano di Mici, una sezione di domande e risposte e un glossario.

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Madri adolescenti, rischio anomalie non cromosomiche

Le anomalie congenite non cromosomiche sono pi? comuni nella prole di madri adolescenti che altrove. Era gi? noto che queste madri presentassero un aumento del rischio di alcune anomalie specifiche, ma finora poco era noto sul rischio generale. Il profilo di rischio correlato all’et? comunque tende a differire fra le varie nazioni europee, il che suggerisce che non sia l’et? biologica ad essere veramente correlata a queste anomalie, ma piuttosto fattori riproduttivi, sociali, etnici, ambientali o relativi allo stile di vita che si correlano diversamente all’et? materna nelle singole nazioni. Ci? differisce chiaramente da quanto accade con il rischio di anomalie cromosomiche come la sindrome di Down associato all’et? avanzata della madre, che ? lo stesso ovunque, indicando la presenza di fattori di rischio biologici intrinseci. Sono comunque necessari interventi clinici e sanitari per ridurre i fattori di rischio ambientali di anomalie congenite non cromosomiche, prestando particolare attenzione alle giovani madri nelle quali alcuni fattori di rischio sono gi? prevalenti, mentre ? possibile rassicurare le madri di et? pi? avanzata che la loro et? in s? non conferisce alcun aumento del rischio di anomalie congenite non cromosomiche. (BJOG 2009; 116: 1111-9)

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