Timing assunzione L-tiroxina e valori del TSH

Come ? noto, le quote plasmatiche del TSH sono considerate l’indice terapeutico dell’azione della L-tiroxina. Altrettanto noto ? che i pazienti sottoposti a tiroidectomia per una neoplasia della tiroide, specie se con rischio medio-elevato, debbono mantenere soppressi i valori del TSH per una prevenzione delle recidive. Pure noto ? che il cibo pu? condizionare l’assorbimento dell’ormone, tant’? che se ne consiglia l’assunzione almeno 20 minuti prima del pasto. Alcuni endocrinologi americani della Georgetown University di Washington DC hanno voluto verificare tale assunto ed hanno reclutato 65 Pazienti con ipotiroidismo post tiroidectomia per una neoplasia tiroidea suddividendoli in modo randomizzato in tre gruppi a seconda che l’assunzione della tiroxina avvenisse a digiuno, assieme al pasto o al momento di andare a letto. La media dei valori del TSH dopo 8 settimane dall’inizio della terapia era significativamente differente nei pazienti che avevano assunto la L-tiroxina a digiuno (1,06 mIU/L +/- 1,23 ), non solo rispetto a coloro che l’avevano assunta durante il pasto (2,93 mIU/L +/- 3.29), ma anche rispetto ai pazienti cui era stata somministrata al momento di coricarsi (2,19 mIU/L +/- 2,66). Tali risultati, se poco influenti nel management dei pazienti con ipotiroidismo “classico” (per i quali le modeste variazioni del TSH non influenzano n? la qualit? n? la quantit? della vita), lo sono invece molto per coloro che assumono la L-tiroxina dopo una tiroidectomia per una neoplasia della tiroide. Tale condizione infatti pu? essere di molto influenzata nel senso di un aumento delle recidive neoplastiche per una insufficiente soppressione del TSH e pertanto,in questi pazienti ? mandatario che la somministrazione della L-tiroxina avvenga dopo un periodo di digiuno preferibilmente superiore alle 10 ore. (J Clin Endocrinol Metab. 2009 Jul 7)

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Morbo di Crohn, stenosi e ostruzioni ricorrenti

Fra i pazienti con morbo di Crohn che vengono sottoposti ad intervento chirurgico per la comparsa di stenosi, il numero di stenosi e di plastiche effettuate pu? predire la probabilit? di ostruzioni recidivanti. Questa osservazione si deve probabilmente a fattori correlati alla malattia. La presenza di un maggior numero di stenosi intestinali di per s? non porta ad un aumento delle recidive delle ostruzioni, ma probabilmente rappresenta un marcatore della presenza di una forma patologica pi? grave o avanzata. E’ necessario approfondire gli studi per comprendere meglio le ragioni alla base di queste associazioni, ed identificare potenziali interventi per ridurre i tassi di recidiva. (J Am Coll Surg 2009; 208: 1065-70) Statine e aumento livelli di vitamina D
Poich? bassi livelli di Vitamina D sono correlati con un incremento della mortalit? cardiovascolare e visto che le Statine, in grado di interferire con la sintesi del 7-deidrocolesterolo (precursore sia del colesterolo che della Vitamina D) possono determinare una significativa riduzione del rischio di mortalit? cardiovascolare, i Colleghi del Dipartimento di Cardiologia dell’Ospedale di Insegnamento e di Ricerca Kecioren di Ankara, hanno voluto verificare se il trattamento con Rosuvastatina , potesse influenzare oltre che i parametri lipidici anche i livelli plasmatici di 25-idrossi e quelli della 1,25-diidrossivitamina D, aggiungendo fra i vari motivi del successo di questo farmaco anche quello di un aumento delle quote plasmatiche della Vitamina D. Dopo 8 settimane di trattamento, la Rosuvastatina ? stata in grado di aumentare significativamente tanto le quote plasmatiche di 25-idrossivitamina D (da 14.0 ng/ml, range 3.7/ 67, a 36.3 ng/ml, range 3.8 /117; p < 0.001), quanto quelle di 1,25-diidrossivitamina D (da una media di 22.9 +/- 11.2 a quella di 26.6 +/- 9.3 pg/dl; p = 0.023), determinando nel contempo un consensuale decremento dei livelli di Fosfatasi Alcalina (da una media di 17.7 U/l, range 2.6/214, a quella di 9.5 U/l, range 2.3/19.1; p < 0.001). Pur con l'usuale considerazione che questi risultati dovranno essere ulteriormente confermati da ulteriori studi, gli autori concludono che la loro ricerca dimostrerebbe un'altra azione pleiotropa delle Statine, Rosuvastatina in particolare, in grado di motivare i significativi successi sulla riduzione del rischio cardiovascolare che non sarebbero esclusivamente mediati dalla loro principale e positiva influenza sul metabolismo lipidico. (Cardiovasc Drugs Ther. 2009 Jun 20)

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Screening seno messo in discussione

Una ricerca danese pubblicata su British Medical Journal, mette in discussione il valore assoluto dello screening per il tumore al seno, non senza destare polemiche. Secondo gli autori, i test diagnostici salvano ogni anno migliaia di vite, ma in circa un terzo dei casi, verificato in 5 Paesi, Regno Unito compreso, vengono diagnosticate forme tumorali potenzialmente innocue. Il risultato ? che molte donne vengono sottoposte a chirurgia a chemioterapia bench? non ne abbiano reale bisogno, poich? il tumore identificato, stando almeno alla ricerca del Nordic Cochrane Centre, difficilmente potrebbe svilupparsi e minacciarne la vita. I sostenitori dei programmi di screening fanno notare, sul sito della Bbc online, che nella sola Inghilterra, questi programmi salvano ben 1.400 vite ogni anno, strappando dalla morte quasi quattro donne al giorno. Ma secondo i ricercatori danesi, i risultati dello studio mostrano che gli screening possono condurre a una “sovra-diagnosi” dei casi. E lo stesso Gilbert Welch, un esperto del Dartmouth Institute for Health Policy, in un editoriale che accompagna lo studio ammette che, bench? le mammografie aiutino senz’altro le donne, “possono avere anche la conseguenza di portarne alcune a sottoporsi a trattamenti nonostante non ne abbiano reale necessit?. E non si tratta – ricorda – di terapie leggere”. Sostegno pieno allo screening arriva da Julietta Patnick, a capo proprio del Programma di screening per i tumori del Servizio sanitario britannico, che con una nota polemica ricorda che “una donna su otto sarebbe morta senza il test”.

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Diabete, controllo glicemico e insufficienza cardiaca

Nei soggetti con diabete ed insufficienza cardiaca, un modesto controllo glicemico ? legato ad una migliore sopravvivenza a due anni. ? stata dimostrata infatti una correlazione ad U fra i livelli di HbA1c ed il rischio di morte in questi pazienti: come era lecito attendersi, livelli di HbA1c troppo elevati sono connessi ad un elevato rischio di mortalit?, ma sorprendentemente anche ottenere valori normali o quasi ? gravato da rischi inattesi. Bench? sia necessario replicare questi risultati in uno studio randomizzato controllato, i dati suggeriscono anche la necessit? di una maggiore consapevolezza dei potenziali effetti deleteri dell’ipoglicemia. Essi non modificano la pratica clinica, in quanto di solito si mira ad un livello di HbA1c del sette percento, comunque non pericoloso, ma in alcuni soggetti, come quelli anziani o fragili, ? necessario adottare target meno stringenti, e questo potrebbe essere anche il caso di soggetti con insufficienza cardiaca che potrebbero andare incontro ad effetti collaterali. (J Am Coll Cardiol 2009; 54: 422-8 e 429-31)

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Steatosi epatica non alcolica: utile attivit? fisica

L’attivit? fisica pu? essere utile nei pazienti con steatosi epatica non alcolica indipendentemente dalle variazioni del peso. La steatosi epatica non alcolica, caratterizzata da elevati livelli di enzimi epatici, obesit? centrale ed insulinoresistenza, sta divenendo sempre pi? diffusa, ma finora l’effetto delle variazioni dell’attivit? fisica sul profilo metabolico di questo gruppo di pazienti non era stato ancora riportato. E’ stato ora dimostrato che l’aumento dell’attivit? fisica pu? avere effetti positivi su enzimi epatici, insulinoresistenza e parametri metabolici in questi pazienti: si tratta di un esito particolarmente importante, in quanto ? stato dimostrato anche che il grasso epatico ? indipendentemente correlato a tutti i fattori di rischio della sindrome metabolica, e che le consulenze sullo stile di vita sono efficaci nel migliorare il comportamento individuale nei confronti dell’attivit? fisica. (Hepatology. 2009; 50: 68-76)

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Mammografia: quanto esagera lo screening?

La met? dei tumori al seno individuati con gli screening di massa se non fosse stata scoperta non avrebbe mai dato segno di s?. E anche escludendo i carcinomi in situ, un terzo di quelli invasivi resta comunque sovra diagnosticato. La conclusione dei ricercatori danesi che hanno appena pubblicato sul British Medical Journal i risultati della loro metanalisi ricalca quella ottenuta nel corso di una revisione Cochrane del 2006. Allora per? si prendevano in considerazione solo studi randomizzati e controllati. Uno degli autori di quel lavoro, Peter C. G?tzsche, direttore del Centro Nordico Cochrane di Copenhagen, insieme con un suo ricercatore, Karsten Juhl J?rgensen, hanno invece ora deciso di passare dal contesto ovattato dei trial a quello della vita reale. Hanno quindi esaminato i tassi di incidenza di cancro al seno nei sette anni precedenti e nei sette anni successivi all?implementazione dei programmi di screening mammografico in cinque paesi in cui sono stati introdotti con successo e di cui sono stati pubblicati gli esiti. In particolare sono stati raccolti dati attendibili relativi al Regno Unito, allo stato canadese di Manitoba e al New South Wales australiano, alla Svezia e a parti della Norvegia.?Passando al setaccio con un programma di screening una popolazione? ha spiegato G?tzsche, ?? normale che nei primi anni l?incidenza della malattia apparentemente aumenti, perch? vengono individuati casi ancora silenti. Ma questo incremento dovrebbe essere compensato negli anni successivi da un calo nel numero di nuovi casi tra le donne gi? sottoposte a screening. Ora, nel caso del tumore della mammella, questo calo ? stato registrato in tre paesi, ma non in misura tale da modificare la quota di sovra diagnosi, che resta eccessiva?.La sovra diagnosi ? un concetto diverso da quello di falso positivo, che implica una scarsa specificit? dell?esame, il quale segnala come tumore qualcosa che tumore non ?. Quando si parla di sovra diagnosi si intende il riscontro di masse che sono tumorali a tutti gli effetti, e che possono avere tutte le caratteristiche di un cancro invasivo, ma che, lasciate a loro stesse, non avrebbero avuto conseguenze sulla salute e la sopravvivenza dell?individuo.La questione ? all?ordine del giorno nel dibattito sullo screening per il carcinoma della prostata o del polmone, ma ? sempre rimasta in sordina nel caso della mammella. Su questo fronte, l?opportunit? di convincere tutte le donne a sottoporsi allo screening fino a poco tempo fa era fuori discussione. Al limite si discuteva sulle fasce di et? in cui concentrare gli sforzi e sulla frequenza con cui ripetere l?indagine. Qualche mese fa, tuttavia, lo stesso G?tzsche, sempre sulle pagine del British Medical Journal, aveva criticato le autorit? inglesi per aver pubblicato un opuscolo britannico diretto alle donne, per invitarle a sottoporsi allo screening, in cui non si faceva alcun cenno al rischio di sovra diagnosi.?Oggi invece anche in questo campo occorre che la decisione sia lasciata alle dirette interessate? commenta Gilbert Welch, professore di medicina al Dartmouth Institute for Health Policy and Clinical Research, ?che devono essere informate il meglio possibile. Per questo occorre definire qual ? il prezzo da pagare in termini di sovra diagnosi per evitare un decesso: secondo studi precedenti questa relazione sarebbe di 62 morti evitate per 115 sovradiagnosi, per G?tzsche, invece, sarebbe di una a dieci?. Infine, per ridurre l?effetto negativo dello screening, secondo l?esperto statunitense potrebbe essere utile rivedere i criteri soglia oltre i quali si raccomanda la biopsia, allargando un po? le maglie della rete.

Fonte: Brit Med J 2009; 339: b1425 e b2587, Brit Med J 2009; 338: b86

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Bicarbonato ai nefropatici

12 Set 2009 Nefrologia

Una compressa di bicarbonato ogni giorno rallenta la progressione di una nefropatia cronica e migliora lo stato nutrizionale del paziente. L?efficacia della semplice ed economica terapia ? stata dimostrata su 134 pazienti con malattia in fase avanzata, suddivisi in due gruppi assegnati rispettivamente alla cura e al placebo. Tra i primi la velocit? di declino della funzione renale ? stata di due terzi pi? lenta che nel gruppo di controllo. Inoltre, dopo due anni di osservazione, una progressione rapida della patologia si ? verificata solo nel 9 per cento dei pazienti trattati, ma nel 45 per cento di quelli che assumevano un placebo. ?Questo approccio, che era gi? stato dimostrato negli animali da laboratorio ma non nell?uomo, offre una strategia terapeutica che potrebbe produrre significativi vantaggi clinici, economici e in termini di qualit? di vita? ha dichiarato Muhammad M. Yaqoob del Royal London Hospital, che ha coordinato la ricerca.

Fonte: J Am Soc Nephrol pubblicato online il 16-7-2009 doi: 10.1681/ASN.2008111205

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Terapia della glomerulonefrite associata a infezione da virus dell?epatite C

La pi? frequente malattia renale associata all?infezione da virus dell?epatite C ( HCV ) ? la glomerulonefrite membranoproliferativa di tipo I nei pazienti con crioglobulinemia mista di tipo II.

Le principali manifestazioni cliniche della malattia glomerulare nei pazienti infettati con il virus HCV sono la presenza di proteinuria e di ematuria microscopica con o senza alterata funzione renale.

Diversi approcci sono stati tentati nel trattamento della glomerulonefrite associata ad HCV, tra cui la terapia immunosoppressiva ( corticosteroidi e agenti citotossici ), plasmaferesi e agenti antivirali.

Esistono dati limitati riguardanti il trattamento antivirale della glomerulonefrite associata ad HCV, mentre i farmaci immunosoppressori sono stati indicati nella malattia renale crioglobulinemica.

Una meta-analisi di studi clinici controllati ha indicato che l?Interferone a dosaggi standard ? pi? efficace dei farmaci immunosoppressori nell?abbassare la proteinuria dei pazienti con glomerulonefrite crioglobulinemica correlata ad HCV ( odds ratio, OR= 3.86; p= 0.007 ).
Tuttavia mancano i dati di follow-up.

Due distinti approcci dovrebbero essere considerati nel trattamento della glomerulonefrite crioglobulinemica associata ad HCV in base al livello della proteinuria e dell?insufficienza renale.
Studi preliminari con Rituximab ( MabThera ) nella glomerulonefrite crioglobulinemica HCV-correlata hanno fornito risultati incoraggianti, anche se esiste il timore che l?impiego di Rituximab possa essere associato ad attivazione di varie infezioni tra cui HCV. ( Xagena_2008 )

Fabrizi F et al, J Nephrol 2008; 21: 813-825

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Il controllo della frequenza ? da preferire al controllo del ritmo nei pazienti

Lo studio AF-CHF ( Atrial Fibrillation and Congestive Heart Failure ) ? uno studio multicentrico, prospettico, in cui 1.376 pazienti con scompenso cardiaco e frazione d?eiezione ventricolare sinistra uguale o inferiore al 35%, e storia di fibrillazione atriale, sono stati assegnati alla terapia per il controllo del ritmo o alla terapia per il controllo della frequenza.
Durante un periodo osservazionale di 37 mesi, il controllo del ritmo non ha migliorato gli outcome ( esiti ) dei pazienti, rispetto alla strategia per il controllo della frequenza.

La fibrillazione atriale nei pazienti con insufficienza cardiaca e disfunzione ventricolare sinistra ? associata ad una prognosi meno favorevole.
Diversi studi clinici randomizzati hanno mostrato che il controllo del ritmo nei pazienti con fibrillazione atriale non migliora la prognosi, rispetto al controllo della frequenza.

Non ? stato chiarito se la prevenzione della fibrillazione atriale nei pazienti con scompenso cardiaco e disfunzione ventricolare sinistra fosse associata ad un miglioramento della sopravvivenza.

Nello studio AF-CHF, il ritmo sinusale ? stato documentato nel 75-80% dei pazienti nel gruppo controllo del ritmo, mentre nel gruppo controllo della frequenza, la frequenza cardiaca target ? stata raggiunta da pi? dell?80% dei pazienti.
Il 58% dei pazienti nel gruppo controllo del ritmo ha presentato almeno una recidiva di fibrillazione atriale nel corso del periodo osservazionale.

I risultati dello studio AF-CHF rinforzano il concetto che la strategia del controllo della frequenza dovrebbe essere considerata di prima scelta per i pazienti con insufficienza cardiaca e disfunzione ventricolare sinistra, affetti da fibrillazione atriale, e che i farmaci antiaritmici per il controllo del ritmo dovrebbero essere prescritti solo in casi selezionati con persistenza dei sintomi.

Fonte: European Society of Cardiology – Congress, 2008

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La supplementazione a base di olio di pesce non ha effetto sulle aritmie e sulla

Ricercatori dell?University of Alberta, in Canada, hanno compiuto una revisione sistematica e una meta-analisi riguardo agli effetti dell?olio di pesce, cio? dell?Acido Docosaexaenoico ( DHA ) e dell?Acido Eicosapentaenoico ( EPA ) sulla mortalit? e sulle aritmie.

Sono stati esaminati studi clinici randomizzati, controllati, dell?olio di pesce come supplemento dietetico.

L?endpoint primario era rappresentato da eventi aritmici e morte cardiaca improvvisa, mentre gli endpoint secondari comprendevano mortalit? per tutte le cause e morte per cause cardiache.

Hanno incontrato i criteri di inclusione 12 studi per un totale di 32.779 pazienti.

Un effetto neutro ? stato riportato in 3 studi ( n=1.148 ) per appropriato intervento del defibrillatore cardiaco impiantabile ( odds ratio, OR=0.90 ) e in 6 studi ( n=31.111 ) per morte cardiaca improvvisa ( OR=0.81 ).

Undici studi ( n=32.439 e n=32.519 ) hanno fornito dati riguardo agli effetti dell?olio di pesce sulla mortalit? per tutte le cause ( OR=0.92 ) e sulla riduzione della mortalit? cardiovascolare ( OR=0.80 ).

In conclusione, la supplementazione a base di olio di pesce ? associata a una significativa riduzione delle morti da cause cardiache, ma non ha effetto sulle aritmie o sulla mortalit? generale.
Pertanto non ci sono prove per raccomandare un?ottimale formulazione di EPA o DHA.
Inoltre, l?olio di pesce ? un prodotto eterogeneo, e le formulazioni ottimali a base di EPA e DHA devono essere ancora definite.

Leon H et al, Br Med J 2008; Published online

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