Discordanza fra tumori mammari primari e metastatici

9 Ago 2009 Oncologia

Sussiste un tasso di discordanza sostanziale nei marcatori patologici e molecolari fra i tumori mammari primari e le sospette lesioni metastatiche della mammella: questa discordanza ? prevalente al punto di alterare le decisioni terapeutiche nel 20 percento dei casi. L’importanza del fenomeno ? in aumento per via dell’incremento dell’uso delle terapie mirate, e la verifica dei tessuti dovrebbe essere considerata una strategia standard nelle pazienti con segni radiologici o clinici che lasciano pensare ad una metastasi e lesioni passibili di biopsia. Attualmente essa non ? uno standard in nessun luogo, ma si tratta di una pratica che sta divenendo sempre pi? comune alla luce dei risultati di studi retrospettivi e prospettici. E’ comunque difficile immaginare che essa divenga mai uno standard vero e proprio, in quanto le biopsie richiedono un fortissimo supporto interdisciplinare. Altri studi hanno suggerito che fra il tumore mammario primario e le sue recidive possono emergere variazioni del fenotipo molecolare che possono alterare significativamente la risposta al trattamento: anche in questi casi, la biopsia della recidiva andrebbe effettuata di routine per determinare le opzioni terapeutiche ottimali. (Ann Oncol online 2009, pubblicato il 18/3)

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Uomini fumatori: un alto consumo di t? e caff? potrebbe ridurre il rischio di in

Il consumo di t? e caff? potrebbe ridurre il rischio di ictus in quanto tali bevande possiedono propriet? antiossidanti; inoltre il caff? potrebbe migliorare la sensibilit? all?insulina.

Ricercatori del Karolinska Institutet a Stoccolma in Svezia, hanno utilizzato i dati prospettici dello studio di coorte Alpha-Tocopherol, Beta-Carotene Cancer Prevention Study, che ha coinvolto 26.556 uomini finlandesi fumatori, di et? compresa tra 50 e 69 anni che non avevano mai sofferto di ictus.

Il consumo di t? e caff? ? stato valutato mediante uno specifico questionario.

Durante un periodo medio osservazionale di 13.6 anni, dal 1985 al 2004, sono stati osservati, in base ai dati dei registri nazionali, 2.702 infarti cerebrali, 383 emorragie cerebrali e 196 emorragie subaracnoidee.

Dopo aggiustamenti per et? e fattori di rischio cardiovascolare, sia il consumo di caff? sia quello di t? sono risultati inversamente associati, in maniera statisticamente significativa, al rischio di infarto cerebrale ma non a quello di emorragia cerebrale e di emorragia subaracnoidea.

Il rischio relativo multivariato di infarto cerebrale per gli uomini che rientravano nel gruppo con pi? alto consumo di caff? ( > 8 tazze al giorno ) ? stato 0.77 ( P<0.001 per la tendenza ). rispetto a quello degli uomini nel gruppo con pi? basso consumo ( < 2 tazze al giorno ). Il corrispondente rischio relativo che ha messo a confronto uomini nel gruppo a pi? alto consumo di t? ( >2 tazze al giorno ) con quelli del gruppo a minor consumo ( nessun consumo ) ? stato 0.79 ( P=0.002 per la tendenza ).

Questi risultati suggeriscono che un alto consumo di t? e caff? potrebbe ridurre il rischio di infarto cerebrale tra gli uomini, indipendentemente dai fattori di rischio cardiovascolari noti.

Larsson SC et al, Stroke 2008; 39: 1681-1687

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Steatoepatite non alcolica: anti recettori endotensina

I bloccanti dei recettori dell’angiotensina risultano efficaci nel trattamento della steatoepatite non alcolica associata all’ipertensione (NASH). Attualmente la steatosi epatica non alcolica (NAFLD) e la NASH rappresentano cause ben riconosciute di epatopatia cronica progressiva che porta a cirrosi e carcinoma epatocellulare. La NAFLD/NASH ? vista come la componente epatica della sindrome metabolica, mediata dall’insulinoresistenza. I bloccanti dei recettori dell’angiotensina rappresentano agenti terapeutici multivalenti per la NASH, in quanto trattano non soltanto l’ipertensione ma anche il meccanismo dell’insulinoresistenza e del danno epatico tramite il sistema renina-angiotensina come vie di derivazione preminenti del danno epatico. Gli effetti di alcuni di questi farmaci inoltre non si devono solo al blocco recettoriale dell’angiotensina-1, ma anche ad azioni specifiche di modulazione del PPAR-gamma. (World J Gastroenterol 2009; 15: 942-54)

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Testosterone provato come contraccettivo maschile

Dopo decenni di ritardi, il controllo ormonale delle nascite per il sesso maschile potrebbe essere vicino alla realizzazione: l’iniezione mensile di un contraccettivo basato sul testosterone risulta efficace al 99 percento nella prevenzione della gravidanza della partner. Nell’uomo il testosterone controlla la produzione di sperma, l’erezione ed il comportamento sessuale, e viene somministrato dall’esterno di solito per il trattamento di patologie che derivano dalla sua carenza. La ricerca di un equivalente maschile della pillola che sia disponibile commercialmente ? rimasta in stallo negli ultimi anni, in larga parte a causa della mancanza di interesse dell’industria farmaceutica, in cui lo sviluppo ? stato abbandonato nonostante la positivit? degli studi: il fenomeno probabilmente si deve alla supposizione che non vi sia molto mercato per un contraccettivo maschile che richieda impianti o iniezioni frequenti. D’altro canto, la somministrazione orale del testosterone non ? verosimile in quanto esso, se assunto per questa via, non risulta altrettanto efficace e potrebbe dare luogo ad epatotossicit?. (J Clin Endocr Metab online 2009, pubblicato l’8/5)

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Alzheimer: delirio accelera declino cognitivo

I pazienti ricoverati in ospedale con morbo di Alzheimer che vanno incontro ad episodi di delirio sono soggetti ad un tasso di declino cognitivo tre volte pi? rapido rispetto agli altri. Se verranno replicati, questi dati potrebbero dare adito a cambiamenti nel modo in cui questi pazienti vengono trattati sia dentro che fuori dall’ospedale per tentare di prevenire il delirio: se si dimostrer? tanto il ruolo causale del delirio che la possibilit? concreta della sua prevenzione, ci? potrebbe garantire una strategia molto efficace per rallentare la progressione della malattia. Onde minimizzare il rischio di delirio, lo staff ospedaliero dovrebbe tentare di creare un ambiente con il giusto livello di stimoli, onde ridurre il rischio di confusione: durante il giorno, ad esempio, andrebbe assicurata un’illuminazione adeguata ed il paziente dovrebbe essere incoraggiato a rimanere sveglio onde mantenere i normali ritmi circadiani. Di notte, al contrario, le procedure mediche andrebbero ridotte al minimo, come anche i livelli di rumore, onde consentire al paziente di dormire. E’ possibile anche diminuire la deprivazione sensoriale fornendo al paziente i propri occhiali e gli eventuali apparecchi uditivi, e si pu? favorire l’orientamento con la presenza di un orologio e di un calendario. I fattori precipitanti del delirio andrebbero monitorati costantemente: fra questi figurano cateteri, malnutrizione, infezioni ospedaliere e cadute. Bench? le cause del delirio siano ad oggi scarsamente comprese, si ipotizza che esso derivi dalla compromissione della barriera ematoencefalica, dovuta possibilmente a citochine infiammatorie, che determina un’alterazione dei neurotrasmettitori. (Neurology. 2009; 72: 1570-5)

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Diabete e anomalie cardiache nelle ragazze

Le adolescenti con diabete di tipo 2 scarsamente controllato hanno maggiori probabilit? di presentare anomalie cardiache strutturali e funzionali rispetto alle loro controparti sane o anche a quelle con diabete di tipo 1. Ci? sottolinea il rischio cardiovascolare potenzialmente elevato del diabete di tipo 2 in et? adolescenziale, un rischio che non si riscontra nemmeno negli adolescenti in sovrappeso. Le anomalie di pi? frequente riscontro comprendono dilatazione o elevata massa del ventricolo sinistro e dilatazione dell’atrio sinistro. Se lasciate incontrollate, ? probabile che molte di queste anomalie possano portare allo sviluppo di malattie cardiovascolari conclamate. (Diabetes Care 2009; 32: 883-8)

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Infezioni da S. aureus: efficaci nanoparticelle NO

In base ad un modello animale, le nanoparticelle a rilascio prolungato di ossido nitrico (NO-np) presentano attivit? antimicrobica e dermorigenerante nelle infezioni cutanee da S. aureus. I microorganismi tendono costantemente ed insidiosamente a superare i presidi terapeutici attualmente disponibili: questo approccio impiega un composto naturale che, oltre ad avere un’azione microbicida diretta, orchestra la risposta immune in un processo organizzato che porta ad un’accelerazione della risoluzione della malattia. Nelle formulazioni attualmente disponibili, le NO-np sono potenzialmente curative per le forme localizzate della malattia, che sono quelle pi? frequenti nel caso dello S. aureus, ed in particolare dello MRSA acquisito in comunit?. Esse inoltre potrebbero essere di particolare utilit? nella cura delle ulcere diabetiche o nella prevenzione nei pazienti ustionati o feriti in altri modi. (J Investigative Dermatol online 2009, pubblicato il 23/4)

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Tumori polmonari: nuovo biomarcatore predittivo

2 Ago 2009 Oncologia

Tramite un nuovo approccio per il rilevamento delle proteine plasmatiche associate ai tumori ? stato scoperto un biomarcatore innovativo che potrebbe migliorare la diagnosi dei tumori polmonari in stadio preclinico. Il metodo prevede l’uso dello stesso paziente come elemento di controllo per l’identificazione di livelli elevati di proteine nell’efflusso venoso polmonare che drena il letto vascolare tumorale rispetto al sangue arterioso sistemico. La spettrometria ha consentito di individuare significativi incrementi di CTAP III ed aptoglobina nel sangue venoso polmonare di questi soggetti, di cui la seconda ? gi? stata riconosciuta in precedenza come biomarcatore tumorale. E’ comunque importante inserire questi biomarcatori ematici in modelli multimodali di previsione del rischio di tumori polmonari, ma l’eterogeneit? di questi tumori rende improbabile che il pieno spettro della malattia possa riflettersi solamente in due proteine. (J Clin Oncol online 2009, pubblicato il 13/5)

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Tumore prostatico: virus inattivato induce apoptosi

1 Ago 2009 Oncologia

Alcune ricerche in vivo ed in vitro indicano che le cellule di tumori prostatici umani refrattari agli ormoni vengano portate all’apoptosi con particelle inattivate di virus Sendai. I tumori da cui queste cellule derivano sono refrattari a diverse modalit? terapeutiche, fra cui figurano sia la chemioterapia che la radioterapia, ed in ultima analisi risultano letali: sono quindi necessari nuovi approcci terapeutici. Il virus HVJ-E, impiegato per questa applicazione, ? stato originariamente concepito come vettore per farmaci, ma gli esperimenti condotti sui tumori prostatici hanno dimostrato che queste particelle virali sono in grado di eradicare i tumori primari di per s?: la combinazione di modalit? potrebbe inoltre aumentarne ulteriormente gli effetti. La risposta immune sistemica indotta a seguito dell’iniezione locale del virus potrebbe anche eliminare i tumori metastatici non trattati. (Int J Cancer 2009; 124: 2478-87)

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Enterocolite necrotizzante e cardiopatie congenite

31 Lug 2009 Pediatria

I neonati con cardiopatie congenite ed enterocolite necrotizzante presentano un minor rischio di esiti negativi a breve e lungo termine legati all’enterocolite rispetto alle loro controparti dal cuore sano: ? stato quindi proposto il termine “NEC cardiogena” per definire questo processo patologico distinto. Se si inizia ad accettare il fatto che si tratta di una patologia a s? stante, sar? possibile chiarire alcune delle differenze nel processo patologico ed adattare di conseguenza il trattamento. Attualmente infatti tutti i casi vengono trattati allo stesso modo, trascurando il fatto che il bambino cardiopatico potrebbe avere un’enterocolite dalle cause differenti rispetto a quella che si presenta in un bambino soltanto prematuro: in questo modo si garantisce il supporto, ma non si cura realmente la malattia. E’ possibile che i bambini con NEC cardiogena possano trarre beneficio da uno stretto controllo dell’efflusso cardiaco e dal potenziamento della perfusione splancnica in luogo di misure pi? aggressive come la laparotomia. Sono necessarie ulteriori ricerche per valutare quindi l’efficacia delle diverse modalit? terapeutiche nella cura della NEC cardiogena. (Pediatrics. 2009; 123: e901-6)

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