Tumori: studio italiano, in buccia d’arance olio nemico di cancro prostata

Roma, 9 ott. (Adnkronos Salute) – Arance, frutto anticancro per eccellenza. A confermare le virt? salutari di questo frutto ? un nuovo studio italiano, pubblicato su ‘Cancer Research’ e condotto dall’?quipe guidata da Adriana Albini dell’Irccs MultiMedica di Milano e Francesca Tosetti dell’Ist di Genova. “Una categoria di nuovi farmaci antinfiammatori e antitumorali derivati dai triterpenoidi naturali, molecole simili agli oli essenziali delle bucce d’arancia – annunciano i ricercatori italiani – potrebbe costituire una risorsa terapeutica o preventiva per la popolazione maschile a rischio di sviluppare il tumore prostatico, soprattutto quando esista una storia familiare di malattia”.

I dati sono stati presentati durante il Congresso nazionale della Societ? italiana di cancerologia, che si conclude oggi a Napoli, dai tre giovani ricercatori di MultiMedica Ilaria Sogno, Rosaria Cammarota e Luca Generoso, in collaborazione con Roberta Ven? di Genova. “Abbiamo scoperto – spiega Albini, responsabile della Ricerca oncologica dell’Irccs MultiMedica – che i triterpenoidi sintetici uccidono preferenzialmente le cellule di tumore alla prostata insensibili alla terapia ablativa ormonale, riattivando alcune vie di morte cellulare programmata potenzialmente molto efficaci, ma ‘sopite’ nelle cellule tumorali”. Una batteria di enzimi sentinella, le caspasi, sono infatti normalmente deputati all’eliminazione delle cellule irrimediabilmente danneggiate, prodotte continuamente in un organismo sano.

Da un certo punto di vista, le cellule tumorali sono anch’esse cellule danneggiate, che per? acquisiscono la capacit? di convivere con anomalie consistenti, continuando a proliferare e a colonizzare altri organi. “La scoperta – prosegue Albini – ? che i triterpenoidi funzionano indebolendo l’attivit? di una proteina di recente interesse come target farmacologico, la glicogeno sintasi cinasi-3 (GSK-3), che favorisce appunto la vitalit? delle cellule tumorali limitando l’attivit? delle caspasi o proteggendo i mitocondri da cui parte il processo di smantellamento delle cellule malate. La disattivazione di GSK-3 da parte dei triterpenoidi ha ulteriori conseguenze metaboliche che infliggono il colpo finale alle cellule prostatiche maligne: le priva di energia, causandone la disintegrazione”. “Sorprendentemente – continua Albini – tutto ci? avviene utilizzando dosi molto basse di farmaci, il che lascia ben sperare sulla possibilit? di controllarne gli effetti collaterali”. Lo studio, sostenuto dall’Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro), ? il completamento delle ricerche compiute sui terpenoidi come antiangiogenici condotte dall’?quipe di Albini in collaborazione con gli Usa.

Il nuovo farmaco ? gi? in fase I di sperimentazione clinica sui pazienti con varie neoplasie. “Il triterpenoide sintetico, in associazione con un lontano parente della vitamina A – conclude Albini – era gi? efficace contro il tumore al seno ormono-resistente in studi preclinici e ora potrebbe diventare un’arma importante contro quello alla prostata”. I ricercatori hanno testato la molecola della buccia d’arancia in provetta e in modelli preclinici, osservando che ? in grado di agire efficacemente sulle cellule malate, combattendo il tumore.

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Un basso numero di spermatozoi associato a un eccesso di testosterone prenatale

L?esposizione in eccesso a steroidi sessuali, quale il testosterone, nel corso dello sviluppo fetale rappresenta un fattore di rischio potenziale per una ridotta motilit? e un ridotto numero di spermatozoi. ? quanto sostiene un nuovo studio pubblicato sulla rivista della Societ? di Endocrinologia americana, Endocrinology.
?La maggioranza dei disordini relativi alla quantit? di spermatozoi negli uomini sono originati durante la vita fetale – dice Sergio Recabarren dell?Universit? di Concepcion (Chile), uno degli autori della ricerca – Un feto in via di sviluppo ? molto vulnerabile dal suo stesso ambiente. E quando l?ambiente ? esposto a un eccesso di steroidi sessuali, ci? pu? avere un effetto deleterio significativo sulla fertilit? maschile?.
L?analisi ? stata condotta dai ricercatori cileni su pecore gravide, trattate con 30 mg di testosterone due volte alla settimana dai 30 ai 90 giorni di gravidanza e con 40 mg dai 90 ai 120 giorni di gravidanza. ? stata cos? trovata una riduzione significativa nel peso corporeo, nella circonferenza scrotale e nella quantit? di spermatozoi negli esemplari maschi nati da queste madri, comparate con un gruppo di pecore non trattate con testosterone. ?Si tratta di una ricerca importante ? fa sapere Recabarren ? anche perch? la bassa quantit? di spermatozoi ? associata con il cancro al testicolo, con una incidenza pi? alta del 20% rispetto ai maschi normali.

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Nefropatie: prognostica la pressione differenziale

28 Apr 2009 Nefrologia

Un’elevata pressione differenziale nel pazienti con nefropatie croniche potrebbe aiutare ad identificare un incremento del rischio di sviluppare complicazioni cardiache potenzialmente letali. Nelle fasi precoci delle nefropatie croniche possono essere rilevate calcificazioni coronariche, e la pressione differenziale predice la loro presenza nei pazienti in dialisi, ma ? stato ora riscontrato che essa pu? identificare anche i pazienti nefropatici cronici con calcificazioni subcliniche che necessitano di ulteriori indagini. L’accuratezza della pressione differenziale e della presenza di calcificazioni nell’aorta addominale nella previsione della comparsa di calcificazioni coronariche ? quasi alla pari: la presenza di un’elevata pressione differenziale indica alterazioni nella parete vascolare che possono portare ad esiti negativi. (Clin J Am Soc Nephrol online 2009, pubblicato il 28/1)

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Carcinoma duttale: utili chirurgia e radioterapia

27 Apr 2009 Oncologia

Una revisione della letteratura conferma i benefici derivanti dall’aggiungere la radioterapia alla chirurgia conservativa nel trattamento delle donne con carcinoma duttale in situ: questa strategia infatti riduce in modo sostanziale il rischio di recidiva. Quanto riscontrato conferma le attuali raccomandazioni della maggior parte dei medici per queste pazienti. La maggior parte dei medici raccomanda oggi la chirurgia conservativa per questi tumori, ma comunque gli studi in materia dimostrano che maggiore ? il ruolo della paziente nel processo decisionale, maggiore ? la probabilit? che in ultima analisi si ricorra alla mastectomia: ci? si deve al fatto che la maggior parte delle cognizioni delle pazienti, derivanti eminentemente da internet, riguardano i tumori mammari invasivi, e non il carcinoma duttale in situ. In realt?, in quest’ultimo caso, la differenza in termini di sopravvivenza fra i due interventi ? minima. In pratica, a prescindere dal trattamento scelto, nei 15 anni successivi all’intervento il rischio di mortalit? per altre cause supera quello da tumore mammario. (Cochrane Database Syst Rev online 2009, pubblicato il 5/2)

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Infezioni tratto urinario e radiografia nel bambino

26 Apr 2009 Pediatria

Gli studi radiografici di routine potrebbero non essere indicati a seguito di una prima infezione febbrile del tratto urinario nei bambini con una situazione ecografica prenatale normale. A seguito di questi episodi sono state raccomandate ecografia, cistografia minzionale e scintigrafia DMSA, ed inoltre recenti studi hanno suggerito che la profilassi antibiotica non riduce l’incidenza degli episodi infettivi urinari nei bambini con reflusso vescicoureterale di basso grado. In base a quanto rilevato, per?, i benefici di ecografia e scintigrafia in fase acuta o della cistouretrografia in genere sono minimi. Andrebbe invece effettuata una scintigrafia DMSA sei mesi dopo l’infezione per rilevare l’eventuale formazione di cicatrici correlata all’ipertensione a lungo termine, la proteinuria ed i danni a carico della funzionalit? renale, anche se quest’ultima ? un’evenienza piuttosto rara. Anche la sorveglianza dovrebbe essere prolungata onde identificare eventuali recidive che potrebbero richiedere ulteriori indagini. Altri usi di queste indagini in fase acuta, anche se portassero a risultati positivi, non darebbero adito ad alcuna variazione nella gestione del paziente, oppure a variazioni i cui benefici sono al meglio incerti. In assenza di valutazioni ecografiche prenatali, comunque, sarebbe ragionevole effettuare un’ecografia onde escludere la possibilit? di malformazioni genitourinarie congenite. (Pediatrics. 2009: 123; e239-46)

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Controllo neurofibromatosi tipo 2 con schwannoma

25 Apr 2009 Oncologia

Nei pazienti con schwannoma vestibolare correlato a neurofibromatosi di tipo 2 (NF2), la radiochirurgia con bisturi gamma consente di ottenere un buon controllo del tumore in circa due terzi dei casi e la preservazione dell’udito in un terzo. La radiochirurgia ? emersa come trattamento di prima linea nelle forme sporadiche di questi tumori, ma solo poche casistiche hanno descritto finora questo trattamento nei pazienti con NF2, nei quali lo schwannoma ? patognomonico: in particolare era poco chiaro l’impatto di questo trattamento su controllo tumorale e preservazione dell’udito, due esiti spesso in contrasto fra loro. Con l’uso di basse dosi, i danni derivanti dalla procedura a carico di nervi facciali e cranici sono minimi, e non vi ? rischio di sviluppo di neoplasie secondarie. La radiochirurgia dunque dovrebbe essere inclusa nelle opzioni terapeutiche per i pazienti con NF2 quale modalit? terapeutica meno invasiva. (Cancer 2009; 115: 390-8)

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Disfagia neonatale: nuova strategia

24 Apr 2009 Pediatria

I neonati con gravi forme di disfagia possono imparare a nutrirsi da soli, eliminando la necessit? di tubi gastrostomici a lungo termine: l’approccio implica studi della motilit? faringoesofagea e trattamenti individualizzati da parte di un team multidisciplinare di specialisti. Osservando l’andamento della nutrizione per via orale e gli aspetti neurofisiologici della deglutizione e della respirazione ? possibile guidare lo sviluppo di approcci nutrizionali multidisciplinari che ovviano alla necessit? della nutrizione gastrostomica cronica. La manometria inoltre potrebbe avere un potere predittivo superiore a quello della videofluoroscopia nell’identificazione dei pazienti che potrebbero ottenere il successo con programmi interventistici vigorosi. Questi dati hanno anche delle implicazioni economiche, potendo condurre ad un risparmio enorme per le famiglie di questi bambini. (J Pediatr Gastroenterol Nutr online 2009, pubblicato il 6/2)

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Tumori endometriali: sicura preservazione ovarica

23 Apr 2009 Ginecologia

La preservazione ovarica rappresenta un’opzione terapeutica sicura per le donne in et? premenopausale con tumore endometriale in stadio precoce. Non ? dunque pi? necessario rimuovere le ovaie, il che ha invece costituito l’approccio standard per molti anni in questi casi: lasciare le ovaie intatte rappresenta un’opzione sicura che offre alle pazienti un’ampia gamma di importanti benefici per la salute e la qualit? della vita sia a breve che a lungo termine. La preservazione ovarica non influenza la sopravvivenza complessiva o tumore-specifica, anche escludendo le donne che hanno ricevuto radioterapia pelvica. Attualmente dunque ? necessario discutere con attenzione rischi e benefici a lungo termine di questa pratica nelle giovani donne con tumore endometriale prima dell’isterectomia. (J Clin Oncol online 2009, pubblicato il 6/2)

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Epatopatie virali croniche ed espressione epatocitaria di oncoproteine

Gli oncogeni sono sequenze nucleotidiche responsabili della codificazione di proteine deputate al controllo della differenziazione e della divisione cellulare. Negli ultimi anni ? stata ipotizzata una correlazione fra la espressione di tali geni e la comparsa e la persistenza di patologie epatiche croniche. ? stato osservato che alcuni oncogeni modificati sono coinvolti nell?eziopatogenesi di varie neoplasie maligne (c-myc nei linfomi di Burkitt, nelle leucemie promielocitiche e nei tumori del colon e del polmone; c-erb B2 nei tumori benigni della mammella, negli adenocarcinomi delle ghiandole salivari, stomaco, pancreas, ovaio, mammella). Da ci? ? scaturito l?interesse nei confronti degli oncogeni nello studio dei processi proliferativi preneoplastici e neoplastici, fra i quali le patologie croniche del fegato correlate ad HBV, HCV, o HBV+HCV che determinano nel tempo l?insorgenza della neoplasia.

Una alterazione delle sequenze nucleotidiche degli oncogeni preindotta da virus (retrovirus oncogeni) pu? causare un disturbo nel controllo della proliferazione cellulare.1,2 L?espressione degli oncogeni pu? essere valutata direttamente mediante tecniche di ibridizzazione in situ ed indirettamente con specifici anticorpi monoclonali verso proteine codificate dai geni stessi. A volte, queste sequenze geniche sono responsabili della sintesi di enzimi, fattori di crescita (EGF) o recettori per fattori di crescita che possono essere iperespressi per un fenomeno di amplificazione genica.3-5

I protooncogeni quindi sembrano svolgere un ruolo centrale nell?insorgenza prima e nell?accrescimento poi dei processi neoplastici.6 Le patologie necrotico-flogistiche del fegato, ovvero l?Epatite Cronica Persistente (ECP), l?Epatite Cronica Lobulare (ECL), l?Epatite Cronica Attiva (ECA) e la Cirrosi (Cir), sono prevalentemente correlate ad infezioni virali determinate da virus epatotropi di ceppo B e C, singolarmente ed in associazione (HBV, HCV ed HBV + HCV).

Poich? le flogosi croniche da virus epatotropi a carico del fegato risultano spesso implicate nella evoluzione in senso neoplastico del danno epatocitario, lo studio dell?espressione di oncoproteine correlate ai geni c-erb B2 e c-myc pu? fornire importanti informazioni circa gli eventi molecolari che precedono l?insorgenza dell?epatocarcinoma.7,8 Il gene c-erb B2, anche definito ker2 (individuato sul cromosoma 17), ? stato individuato in tumori benigni (per esempio mammari) ed in forma amplificata in alcuni adenocarcinomi (ghiandole salivari, stomaco, pancreas, mammella). Questo gene ? responsabile della sintesi della proteina Cerb B2 messa in evidenza in tali tessuti neoplastici con tecniche immunoistochimiche.9

Nel 1992 Brunt e coll. hanno dimostrato la presenza della proteina sintetizzata dal c-erb B2 in alcuni epatocarcinomi, di cui uno insorto su cirrosi HCV correlata, due insorti su cirrosi postnecrotica (uno da HCV ed uno da HBV), due insorti su necrosi epatocellulari (una submassiva ed una massiva). Si ? pensato che questa proteina, dotata di attivit? tirosinchinasica, potrebbe essere un recettore per un fattore di crescita.10 Tale recettore, quando espresso in larga misura, determinerebbe una veloce crescita delle cellule tumorali, per un maggior stimolo alla replicazione cellulare, quindi una maggior aggressivit? della neoplasia.11,12 Il gene c-myc, invece, ? omologo di un protooncogene leucemico (rinvenuto sul cromosoma 8) e codifica per la proteina p62 che sembra essere coinvolta nel controllo della differenziazione e divisione cellulare. Una aumentata espressione del gene c-myc ? stata osservata in colture cellulari derivate da linfomi di Burkitt, leucemia, tumori del colon e polmonari.
A cura di Luigi Santacroce e Tommaso Losacco
Dipartimento di Odontostomatologia e Chirurgia (DOC)
Cattedra di Chirurgia Generale, Universit? di Bari

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Schizofrenia e disturbo bipolare hanno un’origine genetica comune?

La schizofrenia e il disturbo bipolare condividono alcuni fattori genetici. Ci? renderebbe necessaria una rivalutazione dei criteri diagnostici delle due patologie e una loro pi? attenta classificazione tra i disturbi di natura psichiatrica. E’ questa la conclusione di una ricerca apparsa sul Lancet.
L’ampio studio, condotto da ricercatori svedesi, ha preso in esame circa 36.000 pazienti ricoverati tra il 1973 e 2004 con diagnosi di schizofrenia, e circa 40.000 pazienti ricoverati per disturbo bipolare, e ha verificato l’incidenza delle due patologie nei parenti e nei familiari stretti dei pazienti. I risultati hanno mostrato che:
– i parenti di primo grado (genitori, figli o fratelli) dei pazienti affetti da schizofrenia o disturbo bipolare hanno un’alta probabilit? di andare incontro all’una o all’altra patologia;
– i fratelli o le sorelle dei pazienti affetti da schizofrenia hanno una probabilit? 9 volte maggiore di diventare schizofrenici e una probabilit? 4 volte maggiore di andare incontro a disturbo bipolare rispetto alla popolazione generale;
– i fratelli o le sorelle dei pazienti affetti da disturbo bipolare hanno una probabilit? 8 volte pi? alta di andare incontro a disturbo bipolare e 4 volte pi? alta di diventare schizofrenici rispetto alla popolazione generale;
– il legame genetico tra le due patologie ? evidente anche nel caso di fratellastri e sorellastre, tuttavia in maniera minore rispetto alle parentele di primo grado.

Secondo gli autori dello studio, questi risultati dovrebbero portare a rivalutare i criteri diagnostici dei due disturbi, alla luce anche delle numerose analogie che presentano i pazienti affetti da disturbo bipolare o da schizofrenia.
?La maggior parte dei pazienti che soffrono di schizofrenia o disturbo bipolare non sono perfettamente classificabili in nessuna delle due patologie?, ha dichiarato Michael Owen della Cardiff University nell’editoriale di accompagnamento all’articolo, ?e pi? a fondo il medico esamina il proprio paziente, pi? ? probabile che si imbatta in una combinazione di sintomi delle due patologie?.
Bibliografia. Lichtenstein P et al. Common genetic determinants of schizophrenia and bipolar disorder in Swedish families: a population-based study. The Lancet 2009; 373:234-9.

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