Carotidi ispessite nella steatosi epatica

Le persone che soffrono di steatosi epatica non alcolica (Nafld) dovrebbero essere sottoposte regolarmente a valutazione dello spessore dell?intima media (Sim) carotidea. Una metanalisi pubblicata sul Journal of hepatology (2008; 49:600-607) ha infatti dimostrato che nei pazienti con Nafld tale parametro ? superiore del 13% rispetto alla popolazione sana, e ci? potrebbe avere importanti implicazioni a livello cardiovascolare. Silvia Sookoian e Carlos Pirola, dell?Universit? di Buenos Aires, hanno indagato la relazione tra Nafld e Sim carotidea attraverso la metanalisi di sette studi di tipo caso controllo, dai quali fosse possibile estrapolare dati relativi alla steatosi epatica non alcolica, allo spessore dell?intima media carotidea e alla presenza di placche carotidee (misurate tramite ultrasonografia). In totale sono stati analizzati i dati relativi a 3.497 soggetti (1.427 pazienti e 2.070 controlli): l?associazione tra Nafld e Sim carotidea ? risultata statisticamente significativa e si ? osservata una forte correlazione tra livelli degli enzimi alanina aminotranferasi e gamma-Gt e spessore dell?intima carotidea. Oltre a ci?, cinque studi che includevano 3.212 soggetti evidenziavano che le placche carotidee sono pi? frequenti nei pazienti rispetto ai controlli.

?Tali risultati hanno varie implicazioni cliniche? commentano gli autori. ?Innanzitutto mostrano che in caso di steatosi va sospettata la presenza di aterosclerosi carotidea e che gli enzimi epatici sono potenzialmente correlati con l?aterosclerosi, il che significa che vanno tenuti in conto nella prevenzione cardiovascolare primaria. Viceversa, negli aterosclerotici potrebbe essere opportuno valutare la presenza di steatosi?.
Fonte: Journal of hepatology

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Insonnia, quando l?orologio biologico va in tilt

Esiste un legame fra notti in bianco e sistema nervoso parasimpatico.
La notte ? un momento difficile per molti malati di tumore, che faticano ad addormentarsi, si svegliano di frequente e poi non riescono a riprendere sonno, almeno due o tre volte pi? di quanto accade in media nella popolazione generale. E? facile intuire quanto possano pesare l?ansia, il dolore, le preoccupazioni legate alla malattia, per non parlare degli effetti delle terapie. Della relazione tra insonnia e tumori, per?, si sa ancora poco. Un ruolo importante lo giocherebbe il sistema nervoso parasimpatico, che regola le attivit? non volontarie dell?organismo. A sostenerlo uno studio della University of Rochester (Stati Uniti), apparso sul Journal of Clinical Sleep Medicine.

RESPIRARE MEGLIO PER DORMIRE MEGLIO – Secondo gli esperti americani, il sistema nervoso parasimpatico, che fra le altre cose regola il battito cardiaco, la respirazione e la risposta allo stress, pu? contribuire a minare la qualit? del sonno. Dunque, anche interventi non farmacologici, come esercizi respiratori, yoga, meditazione e altre tecniche ?dolci? per regolare la respirazione diaframmatica, quella profonda, potrebbero aiutare pi? del previsto i pazienti insonni.

LA RICERCA ? Per appurarlo, sono state coinvolte un centinaio di donne con un carcinoma della mammella metastatico o in ricaduta, rilevando le difficolt? a dormire, il livello di stress, la frequenza cardiaca e respiratoria durante il sonno. Nell?arco di otto ore trascorse nel letto, le pazienti si svegliavano in media 15 volte per almeno cinque minuti, per un totale di 70 minuti di veglia notturna. Infine, per due giorni sono stati misurati in diversi orari i livelli di cortisolo, spesso indicato come ?l?ormone dello stress?. Tutti questi fattori sono risultati strettamente connessi. In particolare, anomalie nella risposta allo stress e nelle fluttuazioni del battito cardiaco legate alla respirazione (il ritmo del cuore cambia quando si inspira e quando si espira) sono apparse associate ad un sonno pi? disturbato. Inoltre, la concentrazione di cortisolo, che normalmente cala la sera per risalire nelle prime ore del mattino, ? apparsa alterata nelle donne ammalate, con multipli picchi dell?ormone alla fine della giornata.

UN PROBLEMA CRONICO E DIFFUSO – ?Quello dell?insonnia ? un problema ampiamente sottovalutato in oncologia? spiega Vincenza Castronovo, psicologa presso il Centro di medicina del sonno dell?Ospedale San Raffaele di Milano. Difficile stimarne l?entit?, i dati sono pochi, ma se in generale riguarda il 10-15 per cento delle persone, ? ragionevole pensare che fra i malati di tumore superi il 50 per cento. ?Non ? chiaro neppure se si tratta di una condizione causata dalla malattia o se ? preesistente? prosegue la psicologa. Ci? che appare evidente, invece, ? che non basta pensare all?insonnia come a una reazione momentanea alla diagnosi. ?Uno studio canadese di alcuni anni fa su donne colpite da un tumore al seno ha mostrato che molte di loro (tra il 23 e il 44 per cento) ne soffrivano anche molti anni dopo la scoperta del tumore. Sembra dunque che l?insonnia diventi spesso un problema cronico? precisa Castronovo.

EFFETTI ANCHE SUL TUMORE – Se l’orologio biologico va in tilt, i danni possono andare al di l? di un disagio quotidiano. Varie ricerche hanno messo in luce un nesso tra l?alterazione dei ritmi sonno-veglia e il buon funzionamento del sistema immunitario, anche nel contrastare il tumore e rispondere alle terapie. ?I disturbi del ritmo circadiano influenzano l?evoluzione del tumore, i trattamenti chemioterapici, i tempi di somministrazione dei farmaci e la qualit? della vita dei pazienti? aggiunge l?esperta.

ANCHE ?EDUCARE? AL SONNO AIUTA ? Fra i possibili interventi non farmacologici, validi risultati sono stati raggiunti con le tecniche cognitivo-comportamentali, che puntano a correggere i fattori che compromettono il riposo. Vincenza Castronovo, che da tempo applica questo metodo, spiega in che modo: ?Il trattamento cognitivo-comportamentale consiste nell?insegnare ai pazienti tecniche specifiche come il controllo dello stimolo, la restrizione del sonno, il rilassamento, l?igiene del sonno e la ristrutturazione cognitiva, e ad attivare le proprie risorse per far fronte in modo attivo alle difficolt?. L?obiettivo ? aumentare l?efficienza, la continuit? e la durata del riposo notturno, ridurre il disagio emotivo, cognitivo e sociale, ripristinare il senso di controllabilit? del proprio sonno, eliminare abuso e dipendenza dagli ipnotici?. In una persona malata di tumore pu? voler dire recuperare una fetta importante del proprio benessere, tanto di notte quanto di giorno.

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Accesso alle foto della chirurgia plastica

Accedere alle fotografie scattate prima e dopo gli interventi di chirurgia plastica ? un diritto del paziente. Cos? ha stabilito il Garante per la protezione dei dati personali, chiamato a dirimere una questione sollevata da una donna che si era vista negare, da due medici, l’accesso alle fotografie scattate prima e dopo un intervento di liposuzione. La signora aveva pi? volte chiesto copia del materiale ai medici che avevano sempre negato l’accesso, chiedendo di motivare la richiesta. Il Garante (con relatore Mauro Paissan) ha ordinato ai sanitari di consegnare le fotografie e ha ribadito un concetto basilare in tema sanitario: il paziente ha diritto di accedere a tutti i dati personali che lo riguardano, in qualunque documento, ovunque siano contenuti (“ivi compresi i dati sensibili e, fra questi, quelli concernenti lo stato di salute, anche riportati su fotografie, filmati, radiografie eccetera”), senza dover fornire giustificazioni della necessit? di ottenere tali informazioni. Giustificazione che, altres?, “deve essere motivata quando l’accesso ai dati contenuti nelle cartelle cliniche ? effettuato da terzi diversi dall’interessato”.

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Artrosi del ginocchio, erbe efficaci

L’ayurveda, l’antica medicina indiana che tenta di curare con erbe, minerali, metalli ed esercizi spirituali, avrebbe la stessa efficacia dei farmaci sulle ginocchia colpite dall’artrosi.
? quanto risulta da uno studio multicentrico coordinato dall’universit? indiana di Pune e presentato all’American College of Rheumatology. Si tratta dei risultati di uno dei non frequenti studi sulle medicine” tradizionali ed etniche” accettati e presentati in un’assise scientifica di grande importanza. In particolare, studiando per 6 mesi 440 soggetti che soffrivano di artrosi del ginocchio, parte dei quali sono stati trattati con farmaci tradizionali (un gruppo con celecoxib e l’altro con glucosamina) e parte con erbe ayurvediche, si ? ottenuto lo stesso controllo del dolore e il medesimo recupero di mobilit? agli arti inferiori .

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Steatoepatite non alcolica pediatrica

16 Gen 2009 Pediatria

L’obesit? addominale contribuisce alla fibrosi epatica nei bambini con steatosi epatica non alcolica. La circonferenza della vita ? largamente accettata come fattore di rischio di malattie cardiovascolari e sindrome metabolica, ed una contribuzione della sindrome metabolixca, e specialmente della circonferenza della vita, alla fibrosi epatica in questi bambini era stata fortemente sospettata. La prevalenza dell’obesit? e delle complicazioni ad essa associate ? in aumento nell’infanzia: l’associazione osservata con la steatosi epatica non alcolica rende essenziale per la sanit? prestare attenzione a prevenzione, diagnosi e trattamento della steatosi epatica in et? precoce. Allo stesso modo che negli adulti, la valutazione dell’adiposit? addominale potrebbe rappresentare un utile strumento per l’identificazione dei bambini con steatosi epatica non alcolica che hanno fibrosi. Il razionale dell’uso della circonferenza della vita nella pratica clinica consiste nel fatto che si tratta di un parametro surrogato dell’adiposit? addominale, e marcatamente di un fattore predittivo di complicazioni cardiometaboliche precoci e tardive dell’obesit? infantile. (Gut 2008; 57: 1283-7)

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Diagnostica per immagini nella colonscopia

Rispetto all’uso della colonscopia a luce bianca, il prototipo di un sistema d’immagine videoendoscopico ad autofluorescenza riesce a migliorare il rilevamento dei polipi del colon. In particolare, il sistema risulta utile nel rilevamento dei polipi adenomatosi piatti: il maggior vantaggio potrebbe essere la capacit? di effettuare esami pi? rapidi ed efficienti senza ulteriore uso dell’endoscopio e risparmiando i tempi ed i costi necessari per la colorazione dei tessuti. Il nuovo sistema infatti fornisce immagini pseudo-colorate in tempo reale: le lesioni non neoplastiche appaiono colorate in verde, e quelle neoplastiche in magenta. I risultati ottenuti sono incoraggianti, ed ? attualmente in fase di progettazione uno studio multicentrico volto ad accertare la reale utilit? del sistema. (Am J Gastroenterol 2008; 103: 1926-32)

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Radici genetiche per l’epatite C?

La trasmissione intrafamiliare dell’Hcv e la predisposizione genetica all’infezione potrebbero spiegare la componente familiare dell’epatite C nelle zone di endemia. La sieropositivit? per l’Hcv all’interno delle famiglie ? significativamente pi? elevata di quanto ci si attenderebbe se la cosa fosse casuale, anche tenendo conto dei fattori di rischio noti per l’infezione: almeno parte di questo fenomeno potrebbe essere spiegato da una predisposizione genetica dell’ospite all’infezione. La ricerca del modello genetico alla base di questo effetto ? attualmente in corso, ed il prossimo passo consister? in un’analisi che consentir? di mappare l’effetto genetico all’interno dell’intero genoma. (Gut 2008; 57: 1268-74)

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Vitamina D nelle nefropatie

13 Gen 2009 Nefrologia

Nei pazienti con nefropatie croniche, la somministrazione orale di un agonista del recettore per la vitamina D riduce sia l’infiammazione che l’albuminuria. Sono attualmente in corso studi per confermare se ci? potr? cambiare la gestione di questi pazienti. I benefici del farmaco non sono attribuibili a miglioramenti della pressione, cadute del tasso di filtrazione glomerulare o miglioramento dei livelli di PTH, il che indica un effetto indipendente del ligando. L’attivazione del recettore per la vitamina D ? associata ad un miglioramento della sopravvivenza nei pazienti con nefropatie croniche, ma il meccanismo alla base di questo beneficio non ? chiaro. Due diversi studi attualmente in corso dovrebbero gettare luce sulla protezione renale e cardiovascolare garantita da questa strategia. (Hypertension 2008; 52: 249-55)

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Controindicazioni degli antidiabetici orali

Nei pazienti che fanno uso di antidiabetici orali, l’acidosi lattica ? rara con l’uso della metformina, ed il rischio di ipoglicemia ? pi? comune con le sulfaniluree. L’acidosi lattica era stata precedentemente associata all’uso di metformina, e l’ipoglicemia ? una possibilit? non remota con l’uso delle sulfaniluree. In base a quanto rilevato, comunque, l’acidosi lattica durante l’uso di antidiabetici orali ? molto rara ed in genere associata a comorbidit? concorrenti. Considerata la morbidit? associata agli episodi gravi di ipoglicemia, ed il basso rischio assoluto di acidosi lattica associato all’uso di metformina, ? necessario soppesare accuratamente rischi e benefici nell’evitare questo trattamento nei pazienti con diabete di tipo 2. (Diabetes Care online 2008, pubblicato il 9/9)

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Dieta iperglicidica e adiposit? nei bambini

Una dieta a elevato indice o carico glicemico o comunque ricca in zuccheri non influenza la composizione corporea dei bambini di et? compresa fra due e sette anni. Studi osservazionali sull’adulto suggeriscono che una dieta del genere, con un elevato apporto di cibi zuccherini o un basso apporto di fibre, potrebbe aumentare il rischio di eccesso di peso. In base a quanto riscontrato nei bambini, i potenziali benefici associati all’incremento dell’apporto di fibre nel corso dell’infanzia potrebbero essere limitati ai lattanti con una minor frequenza di alimentazione. Questi dati non supportano l’opinione comune secondo cui la qualit? dei carboidrati possa essere implicata nell’attuale epidemia di obesit? nell’infanzia: almeno nei bambini piccoli che vengono alimentati dalle sei volte in su al giorno, questo parametro non appare rilevante allo sviluppo della composizione corporea nelle fasi successive dell’infanzia, mentre invece in caso di alimentazione meno frequente un aumento dell’apporto di fibre potrebbe offrire un modesto beneficio per lo sviluppo della percentuale del grasso corporeo. (Am J Prev Med 2008; 35:

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