Management dei fibromi uterini

23 Set 2008 Oncologia

I fibromi uterini, detti anche miomi o pi? tecnicamente leiomiomi, sono i pi? comuni tumori solidi, benigni, delle cellule muscolari dell?utero.
I fibromi sono classificati in gradi G secondo i criteri della Societ? Europea di Isteroscopia; i G0 sono fibromi sottomucosi completamente endocavitari, i G1 sono fibromi che si estendono nel miometrio per un 50% della loro estensione, ed i G2 fibromi che si sviluppano per pi? di un 50% nel miometrio e sono prevalentemente intramurali.
I fibromi possono essere inoltre singoli o multipli, semplici o a grappolo.
In alcuni casi, ? possibile anche che un utero sia fibromatoso senza presentare fibromi.
I fibromi sono dovuti ad una crescita anomala di cellule a livello della pelvi femminile e rappresentano la forma di tumore benigno pi? diffuso nelle donne con la frequenza di 1 donna su 3.
La crescita dei fibromi dipende dalla stimolazione ormonale del tessuto uterino; i fibromi infatti aumentano di volume dopo somministrazione di contraccettivi contenenti estrogeni, e durante la gravidanza. Tra i fattori di rischio c?? anche la familiarit?.
Sintomi
Il massimo sviluppo del fibroma si ha durante l?et? fertile con un incidenza massima tra i 35 ed i 40 anni.
Nella quasi met? delle donne, lo sviluppo di fibroma avviene in maniera asintomatica.
La diversa sintomatologia, che caratterizza i vari tipi di fibromi, dipende dalla localizzazione, dalla dimensione e dall?et? della paziente.
Tuttavia il sintomo pi? diffuso ? sicuramente la presenza di un flusso mestruale eccessivo detto anche menorragia o ipermenorrea, che pu? presentarsi come mestruazioni lunghe e/o abbondanti.
Il sanguinamento eccessivo uterino ? spesso accompagnato da dolore pelvico dovuto alla compressione che esercita il fibroma sull?utero.
La degenerazione in una forma tumorale maligna ? un evento raro.
Un altro sintomo associato alla presenza di fibromi ? l?aumentata frequenza urinaria dovuta appunto alla pressione esercita sulla parete della vescica dal fibroma stesso.
Un caso particolare ? quello del fibroma in gravidanza. Pur essendo rari, si sono verificati casi di difetto dell?impianto dell?embrione, aborto o parto prematuro.
Diagnosi
Il campanello d?allarme per la presenza di un fibroma ? certamente la presenza di un sanguinamento mestruale eccessivo. In questo caso le pazienti dovrebbero immediatamente sottoporsi ad una normale visita ginecologica e se necessario, ad una ecografia pelvica che ? in grado di evidenziare oltre alla presenza, anche il numero, le dimensioni e la localizzazione del fibroma.
La tecnica diagnostica per eccellenza attualmente ? l?isteroscopia che permette di localizzare i fibromi presenti anche nelle zone pi? nascoste ed eventualmente trattarli.
Terapia
La terapia viene scelta in base all?entit? del fibroma. Prima di passare all?intervento chirurgico ? bene verificarne l?urgenza. Nei pazienti in cui la crescita del fibroma ? molto lenta ed i sintomi sono lievi si pu? procedere con una condotta di attesa, tenendo sotto controllo periodico la paziente, senza effettuare alcuna terapia farmacologica.
In casi pi? impegnativi si deve procedere invece con una terapia farmacologica di supporto. L?utilizzo di farmaci antinfiammatori non steroidei ( FANS ) o di Acido Tranexamico ( Ugurol ) possono ridurre il sanguinamento eccessivo, evitando quindi il rischio di anemia, ma non hanno alcun effetto sul fibroma che rappresenta la causa primaria del sanguinamento stesso. Per questo motivo, le terapie farmacologiche per il trattamento del fibroma devono necessariamente essere di natura ormonale.
Terapie farmacologiche ormonali
La terapia ormonale ha lo scopo di intervenire sul meccanismo di produzione ormonale che genera la mestruazione, a questo scopo vengono utilizzati progestinici o estrogeni e progestinici variamente combinati.
Gli estroprogestinici oltre all?attivit? anticoncezionale riducono anche la proliferazione endometriale, ma il loro uso ? consigliato solo nei casi in cui si vuole associare alla cura l?effetto anticoncezionale.
Pi? utili nel controllo della menorragia si sono rivelati invece gli steroidi agonisti parziali in grado di impedire l?effetto degli estrogeni a livello endometriale. L?assunzione di Danazolo ( Danatrol ) 200mg 2 volte al giorno ? risultata pi? efficace dell?Acido Mefenamico ( Lysalgo ), ma ? associato anche ad un maggior numero di effetti collaterali.
I progestinici rappresentano la terapia ormonale pi? utilizzata per ridurre la menorragia. Questi ormoni agiscono provocando atrofia endometriale ed inducendo uno sfaldamento mestruale controllato. I progestinici presentano una migliore efficacia rispetto al Danazolo e all?Acido Mefenamico, nelle donne in cui gli effetti collaterali ( androgenizzazione, aumento di peso ) sono ben tollerati.
Generalmente, nei casi di anemia gravi o in preparazione di interventi chirurgici, molto utilizzati sono gli agonisti LHRH che inducono uno stato di menopausa farmacologica, quindi un?arresto del flusso mestruale.
La terapia con Leuprorelina ( Leuprolide; Enantone ) ha dato esiti positivi nelle donne con problemi di menorragia in assenza di fibromi. In presenza di fibromi questa terapia ? risultata utile prima dell?intervento chirurgico per ridurre il volume dell?utero e nella fase di recupero postoperatorio.
Dispositivi intrauterini con progestinico
L?utilizzo di dispositivi intrauterini a base di Levonorgestrel ( Mirena ) ? un?alternativa all?utilizzo classico dei progestinici con in pi? il vantaggio di ridurre notevolmente gli effetti sistemici. Il dispositivo intrauterino agisce producendo atrofia endometriale grazie all?erogazione di 20 mg/die di Levonorgestrel per la durata di 5 anni.
Dopo il primo anno una percentuale di donne va incontro ad amenorrea.
Da uno studio randomizzato su un consistente numero di pazienti ? risultato che con l?utilizzo del dispositivo a rilascio di Levonorgestrel, il 68% delle donne riesce ad evitare l?intervento chirurgico.
L?effetto terapeutico del dispositivo intrauterino ? nella maggior parte dei casi preceduto da un periodo di circa 3 mesi caratterizzato da sanguinamenti irregolari.
Terapie chirurgiche
Oltre ai notevoli costi associati all?intervento, l?isterectomia, pur essendo la cura pi? certa per i fibromi sintomatici, ? sempre pi? sostituita da altri tipi di interventi mirati alla conservazione dell?organo.
Attualmente sono numerose le tecniche alternative all?ablazione totale dell?utero e molto spesso portano a dei soddisfacenti risultati. Tra queste: la miomectomia, la resezione transcervicale del fibroma, l?embolizzazione dell?arteria uterina e la chirurgia a ultrasuoni concentrati guidati in risonanza magnetica.
Miomectomia
La miomectomia consiste nell?asportazione dei fibromi ed ? la procedura chirurgica meno invasiva per il trattamento dei fibromi, associati ad anormale sanguinamento uterino e a problemi riproduttivi.
Il vantaggio di questa tecnica sta nella conservazione dell?utero anche se permane il rischio di recidiva.
Pur essendo risultata sicura ed efficace nel controllo dei disturbi mestruali, il suo effetto sulla fertilit? non ? ancora stato chiarito.
Esistono vari tipi di miomectomia in base al diverso tipo di fibroma, tra questi: la miomectomia addominale che ? la pi? utilizzata per i fibromi multipli, la miomectomia laparoscopica, se si ? in presenza di pochi fibromi di piccole dimensioni, e la miomectomia isteroscopica che ? consigliata in caso di fibromi sottomucosi .
Ognuna di queste tecniche presenta delle varianti e delle modalit? diverse per il trattamento del fibroma: la miolisi consiste nella distruzione del fibroma mediante uso di corrente elettrica, la cromomiolisi ? simile alla miolisi ma utilizia azoto liquido per bruciare il fibroma, ed infine l?ablazione endometriale usa il calore per rimuovere la mucosa endometriale fino al miometrio, quindi agisce sul sanguinamento eccessivo, ma non ? efficace se il fibroma si trova sulla parete esterna dell?utero.
Embolizzazione dell?arteria uterina
In presenza di fibromi l?arteria uterina aumenta di calibro e la vascolarizzazione del fibroma diventa maggiore di quella del miometrio. L?embolizzazione dell?arteria uterina consiste nell?iniezione di piccole particelle gelatinose all?interno delle arterie uterine con lo scopo di bloccare il flusso sanguigno e quindi l?apporto di ossigeno ai fibromi. Questo determina la degenerazione e l?involuzione dei fibromi stessi.
L?embolizzazione dell?arteria uterina ? una tecnica con minima invasivit?, che permette di non doversi sottoporre ad incisione e di avere un periodo di ricovero ospedaliero molto breve.
Possono verificarsi complicanze qualora venga compromesso l?apporto di sangue alle ovaie o altri organi.
Chirurgia a ultrasuoni concentrati guidati in risonanza magnetica
La chirurgia a ultrasuoni concentrati guidati in risonanza magnetica ? una tecnica molto recente approvata nel 2004 dall?FDA ( Food and Drud Administration ) per il trattamento di donne con fibroma che vogliono conservare intatto il loro utero. Questa procedura consente di localizzare e distruggere i fibromi all?interno dell?utero senza ricorrere ad incisioni, ma utilizzando dosi elevate di onde di ultrasuoni ( HIFU ).
I risultati ottenuti sembrano promettenti ma non sono noti gli effetti a lungo termine.
Isterectomia
L?isterectomia consiste nella rimozione chirurgica dell?utero. Se viene asportato l?intero utero si parla di isterectomia totale, se viene conservato il collo dell?utero si parla invece di isterectomia subtotale.
L?isterectomia rimane la tecnica pi? efficace per le donne che vogliono risolvere in maniera definitiva i problemi correlati alla presenza di fibromi uterini.
I rischi associati all?intervento sono estremamanete bassi e comuni ad altri interventi chirurgici. Tuttavia bisogna ricordare che, essendo una tecnica definitiva, le donne che si sottopongono a questo tipo di intervento devono essere estremamente sicure ed informate sull?impossibilit? di concepimento.
Fonte:
1) Informazioni sui Farmaci, 2002; Mayo Clinic, 2007

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Donne in postmenopausa: i rischi nel lungo periodo della terapia ormonale sostit

I nuovi risultati del Women?s Health Initiative ( WHI ) hanno confermato che i rischi nell?uso per lungo periodo della terapia ormonale di combinazione ( Estrogeno + Progestinico ) nelle donne sane in postmenopausa, persistono ancora alcuni anni dopo l?interruzione dei farmaci.
Le donne in trattamento con la terapia ormonale di combinazione erano anche ad aumentato rischio di ictus, trombosi e malattia cardiaca, mentre il loro rischio di tumore del colon-retto e di fratture dell?anca era pi? basso, rispetto alle donne che non hanno assunto terapia ormonale.

Lo studio di follow-up ? iniziato nel luglio 2002 dopo l?interruzione dell?assunzione della terapia ormonale di combinazione, ed ? continuato fino al marzo 2005; le partecipantii sono state seguite in media per 2,4 anni.
Tutte le partecipanti sono state esaminate almeno una volta all?anno da parte di un medico dell?iniziativa WHI, e sono state sottoposte ad un esame annuale alla mammella e a mammografia e se necessario a biopsia.

Nel corso dello studio di follow-up il numero di infarti miocardici, ictus, e trombosi, non ? risultato significativamente differente tra i 2 gruppi ( 343 eventi cardiovascolari tra coloro che hanno ricevuto inizialmente la terapia ormonale versus 323 tra coloro che non l?hanno ricevuta ).
Inoltre, il numero delle morti non ? risultato significativamente differente ( 233 donne nel gruppo terapia ormonale sono morte versus 196 donne nel gruppo placebo ).

Tra le donne trattate con la terapia ormonale di combinazione per diversi anni, il rischio di malattia cardiovascolare ? risultato significativamente pi? alto ( aumento del 29% degli infarti miocardici, ed aumento del 41% negli ictus, mentre il rischio di grave trombosi ? quasi raddoppiato, rispetto alle donne che non hanno assunto ormoni.
Mentre alla sospensione della terapia ormonale si ? assistito ad una riduzione del rischio di infarto miocardico, ad una stabilizzazione del rischio di ictus e di trombosi, l?incidenza di carcinoma mammario si ? mantenuta sui livelli visti durante il trattamento.

Le donne che hanno sospeso l?assunzione di estrogeno + progestinico avevano una maggiore probabilit? di sviluppare tumore alla mammella rispetto alle donne che non avevano assunto ormoni durante lo studio; 79 donne nel gruppo post-trattameto hanno sviluppato carcinoma alla mammella durante i 3 anni del periodo osservazionale, contro le 60 donne nel gruppo non-trattamento.

Inoltre ? stato osservato un aumento del 24% del rischio di sviluppare ogni forma di tumore tra le donne nel gruppo trattamento.
Le diagnosi di tumore sono state 63 nel corso del periodo di follw-up ( 3 per 1000 pazienti-anno ), tra le donne che hanno assunto la terapia ormonale sostitutiva, rispetto alle donne che non avevano assunto ormoni ( 281 diagnosi versus 218 ).

Fonte: National Institutes of Health, 2008

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L?ipotiroidismo acquisito durante l?et? pediatrica pu? avere un impatto di lungo

Ricercatori del Karolinska Institutet a Stoccolma in Svezia, hanno esaminato l?impatto dell?ipotiroidismo sulla funzione renale nei bambini, e l?effetto della terapia con ormone tiroideo sull?outcome di lungo periodo.

Sono state studiate la velocit? di filtrazione glomerulare ( GFR ) ed il flusso plasmatico renale effettivo ( ERPF )in 31 pazienti con ipotiroidismo acquisito sintomatico ( et? media: 11 anni ) ed in 50 bambini sani ( et? media: 10.5 anni ).

I bambini affetti da ipotiroidismo sono stati esaminati prima di iniziare la terapia con Tiroxina e dopo 1 settimana, e a 1, 3 e 6 mesi.
Un totale di 13 pazienti ? stato esaminato a 6,12,18,36 e 60 mesi dopo l?inizio della terapia con Tiroxina.

E? stato osservato che la velocit? di filtrazione glomerulare ed il flusso plasmatico renale effettivo erano inferiori a -2 SD ( deviazione standard ), nel 58% e nel 45%, rispettivamente, dei bambini esaminati prima o entro 1 settimana dopo aver iniziato la terapia con Tiroxina.

Il 31% ed il 6% dei bambini studiati a 1-6 mesi dopo la terapia con Tiroxina, presentavano un valore GFR ed ERPF inferiore a ?2 SD.

All?ultimo esame, 1-5 anni dopo l?inizio della terapia, la velocit? di filtrazione glomerulare era ancora significativamente pi? bassa nei bambini con ipotiroidismo, che nei soggetti controllo.

Dallo studio ? emerso che l?ipotiroidismo acquisito durante l?et? pediatrica pu? avere un impatto di lungo periodo sulla funzione renale.

Elgadi A et al, J Pediatr 2008; 152: 860-864

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Cirrosi: maggiore efficacia dell?associazione Spironolattone e Propranololo, ris

Sono stati studiati gli effetti emodinamici dello Spironolattone ( Spirolang ) con il Propranololo ( Inderal ) versus il solo Propranololo nella profilassi secondaria del sanguinamento da varici.

Un totale di 35 pazienti cirrotici con emorragia variceale, sono stati assegnati in modo casuale a ricevere Propranololo ( n=17 ) oppure la terapia di combinazione Spironolattone e Propranololo ( n=18 ).

La valutazione emodinamica ? stata eseguita al basale e all?ottavo giorno.

Lo Spironolattone associato a Propranololo ha prodotto una maggiore riduzione nel gradiente pressorio venoso epatico, rispetto al solo Propranololo ( 26.94% versus 10.2%; p<0.01 ). Quattordici pazienti dei 18 trattati con la combinazione hanno presentato una riduzione del gradiente pressorio venoso epatico del 20% dal 12 mmHg ), contro solo 6 su 17 con il solo Propranololo ( pbasale ( <0.05 ). Lo studio ha dimostrato che l?aggiunta dello Spironolattone al Propranololo, produce una migliore risposta con una maggiore riduzione del gradiente pressorio venoso epatico nella profilassi secondaria del sanguinamento delle varici. De BK et al, World J Gastroenterol 2008; 14: 1908-1913

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Amitiza per la sindrome dell?intestino irritabile con costipazione

L?FDA ( Food and Drug Administration ) ha approvato Amitiza ( Lubiprostone ) per il trattamento della sindrome dell?intestino irritabile con costipazione nelle donne adulte, d?et? uguale o superiore ai 18 anni.

La sindrome dell?intestino irritabile ? un disordine caratterizzato da: crampi, dolore addominale, gonfiore, costipazione e diarrea.
L?incidenza della sindrome dell?intestino irritabile ? 2 volte maggiore nelle donne che negli uomini.

La sicurezza e l?efficacia di Amitiza ? stata stabilita in 2 studi principali che hanno coinvolto 1.154 pazienti, a cui era stata diagnosticata la sindrome dell?intestino irritabile con costipazione .

La maggioranza dei pazienti studiati era di sesso femminile ( circa l?8% uomini ).
I pazienti arruolati negli studi avevano un lieve disturbo addominale o dolore, che era associato ad almeno due dei seguenti sintomi aggiuntivi : 1) meno di 3 movimenti intestinali spontanei a settimana ( senza uso di lassativi ); 2) feci dure; 3) tensione moderata o grave con movimenti intestinali.
Negli studi, alcuni pazienti hanno ricevuto Amitiza, mentre ad altri ? stato somministrato placebo.

La sicurezza nel lungo periodo ? stata valutata in uno studio in cui tutti i pazienti erano trattati con Amitiza per una durata di 9-13 mesi.

L?efficacia di Amitiza nella sindrome dell?intestino irritabile con costipazione negli uomini non ? stata dimostrata in modo conclusivo.

I pi? comuni eventi avversi di Amitiza comprendono: nausea, diarrea e dolore addominale.
Effetti indesiderati, considerati rari, sono: infezioni del tratto urinario, secchezza delle fauci, sincope, edema periferico, dispnea e palpitazioni cardiache.

Amitiza deve essere assunto 2 volte al giorno, al dosaggio di 8 mg, con il cibo e l?acqua.
Periodicamente deve essere valutata la necessit? di continuare la terapia.

Amitiza non ? approvato per l?impiego nei pazienti che soffrono di grave diarrea, o nei pazienti con ostruzione intestinale nota o sospetta.

La sicurezza e l?efficacia di Amitiza non ? stata stabilita nei pazienti con alterazioni renali ed epatiche, in gravidanza, o nelle donne che allattano.

Amitiza ? anche approvato nel trattamento della costipazione cronica idiopatica, ma ad un dosaggio pi? alto, 24 mg 2 volte die.

Fonte: FDA, 2008

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Donne con osteopenia: il Ranelato di Stronzio riduce il rischio di fratture vert

L?evidenza di efficacia del trattamento antifrattura nelle donen in postmenopausa con osteopenia ? limitata.

L?obiettivo di uno studio, compiuto da Ricercatori dell?University of Melbourne in Australia, ? stato quello di determinare se lo Stronzio Ranelato ( Protelos ), un farmaco che riduce il rischio di fratture nelle donne con osteoporosi, fosse anche efficace nelle donne con osteopenia.

I dati dello studio SOTI ( Spinal Osteoporosis Therapeutic Intervention study; n=1649 ) e dello studio TROPOS ( TReatment Of Peripheral Osteoporosis; n=5091 ) sono stati raggruppati per valutare l?efficacia antifrattura vertebrale del Ranelato di Stronzio nelle donne con osteopenia alla colonna lombare, con qualsiasi valore di densit? minerale ossea al collo femorale ( n=1166 ) ed in 265 donne con osteopenia ad entrambi i siti ( analisi intention-to-treat ).

Le donne erano state randomizzate al Ranelato di Stronzio 2g/die per os, oppure al placebo per 3 anni.

E? stato osservato che nelle donne con osteopenia alla colonna lombare, il trattamento aveva ridotto il rischio di fratture vertebrali del 41% ( RR= 0.59 ), del 59% ( RR= 0.41 ) nelle 447 pazienti con fratture non prevalenti e del 38% ( RR= 0.62 ) nelle 790 pazienti con fratture prevalenti.

Nelle donne con osteopenia ad entrambi i siti, il trattamento ha ridotto il rischio di fratture del 52% ( RR=0.48 ).

In conclusione, il Ranelato di Stronzio ? in grado di ridurre in modo sicuro il rischio di fratture vertebrali nelle donne con osteopenia con o senza una frattura prevalente.

Seeman E et al, J Bone Miner Res 2008; 23: 433-438

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Osteoporosi menopausale: aumentato rischio di fibrillazione atriale con l?Alendr

Lo studio HORIZON ( Health Outcomes and Reduced Incidence with Zoledromic Acid Once Weekly ) ha riportato un pi? alto rischio di grave fibrillazione atriale nelle donne con osteoporosi menopausale, trattate con Acido Zoledronico ( Aclasta ), rispetto alle donne che avevano ricevuto placebo.

E? stato studiato l?Alendronato ( Fosamax ) in relazione al rischio di fibrillazione atriale nelle donne in un ambiente di clinica pratica.
Allo studio hanno preso parte 719 donne con fibrillazione atriale confermata e 966 soggetti di controllo senza questa forma di aritmia.

Sono stati osservati pi? casi di fibrillazione atriale tra coloro che facevano uso di Alendronato che nei controlli ( 6.5% versus 4.1%; p=0.03 ).

Rispetto a coloro che non avevano mai fatto uso di bifosfonati, l?impiego dell?Alendronato ? risultato associato ad un pi? alto rischio di fibrillazione atriale ( odds ratio, OR=1.86 ).

I dati dello studio hanno mostrato che l?Alendronato, impiegato in modo continuo, pu? favorire l?insorgenza di fibrillazione atriale.

Heckbert SR et al, Arch Intern Med 2008; 168: 826-831

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La Ciclofosfamide ? associata a tumori ematologici nei pazienti con artrite reum

Il trattamento dell?artrite reumatoide con Ciclofosfamide ( Endoxan ) ? associato ad un aumento del rischio di tumori ematologici.

Ricercatori della McGill University Health Centre a Montreal in Canada, hanno valutato il rischio di neoplasie ematologiche nei pazienti con artrite reumatoide, associato all?esposizione ai DMARD ( farmaci antireumatici modificanti la malattia ).

E? stato analizzato un database, contenente informazioni su 28.810 pazienti trattati con i DMARD nel periodo compreso tra il 1980 ed il 2003.

Nel corso del periodo osservazionale, 619 pazienti hanno sviluppato neoplasie ematologiche maligne, tra cui linfoma ( n=346 ), leucemia ( n=178 ) e mieloma multiplo ( n=95 ).

Dopo aggiustamenti, solo la Ciclofosfamide era associata ad un aumento significativo del rischio di tumori ematologici ( rischio relativo, RR=1.84 ).

Il rischio per l?esposizione al Metotrexato ( Methotrexate ), all?Azatioprina ? risultato basso.
C?erano pochi dati riguardo ai farmaci biologici perch? introdotti in Canada solo nel 2002.

Nonostante i gravi effetti indesiderati della Ciclofosfamide, il farmaco ha un suo ruolo nelle gravi malattie autoimmuni, come nella forma grave di vasculite e nella nefrite lupica.

Fonte: Archives of Internal Medicine, 2008

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Sciatica: consigliata la chirurgia precoce

La chirurgia precoce per i casi gravi di sciatica potrebbe alleviare il dolore pi? rapidamente rispetto al trattamento conservativo con eventuale chirurgia alla bisogna, ma gli esiti a un anno sono simili. E’ stato anche dimostrato che i pazienti con spondilolistesi degenerativa e stenosi spinale sottoposti a chirurgia presentano esiti migliori nell’arco di due anni rispetto a quelli che non vi vengono sottoposti. La chirurgia del disco lombare viene spesso effettuata su pazienti con una sciatica che non si risolve entro sei settimane, ma la tempistica ottimale dell’intervento non ? nota. Sin dal primo intervento del genere effettuato nel 1934, si ? convenuto che questa opzione dovesse essere offerta solo se i sintomi persistono a seguito di un periodo di terapia conservativa, ma non vi ? consenso su quanto a lungo quest’ultima debba essere tentata prima di ricorrere alla chirurgia. I pazienti che non riescono a gestire il dolore alla gamba sono propensi alla chirurgia, trovano il decorso naturale della ripresa dalla sciatica inaccettabilmente lento e desiderano accelerare la ripresa dal dolore. I pazienti il cui dolore viene invece controllato in modo accettabile possono decidere di posporre l’intervento nella speranza che non sia veramente necessario, senza ridurre le proprie probabilit? di ripresa completa a 12 mesi. Nei pazienti con sciatica persistente, vi ? una scelta ragionevole fra trattamento chirurgico o conservativo, che pi? essere influenzata da avversione al rischio chirurgico, gravit? dei sintomi e volont? di attendere la guarigione spontanea, in quanto la finestra terapeutica non sembra chiudersi rapidamente.
N Engl J Med. 2007; 356: 2239-43 e 2245-56

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Infezioni pericolose in gravidanza

Uno studio su oltre 90 mila figli unici ha verificato l’associazione tra infezioni materne insorte durante la gravidanza e il successivo rischio di epilessia infantile, associazione gi? nota, per altro, per il rischio di paralisi cerebrale, ritardo mentale e schizofrenia. I bambini erano nati tra settembre 1997 e giugno 2003 nella Danish National Birth Cohort e sono stati monitorati fino a dicembre del 2005. Tramite intervista telefonica sono state raccolte informazioni sullo stato di salute durante la gravidanza, in particolare, se erano insorte cistiti, pielonefriti, diarrea, tosse per pi? di una settimana, infezioni vaginali da lieviti, herpes genitale o labiale, lesioni da HPV. I dati raccolti hanno portato gli autori a concludere che i bambini esposti a diarrea, pielonefrite o cistite materna nella vita prenatale risultano a maggior rischio di epilessia. Una tosse persistente ? associata a un aumento solo nel primo anno di vita, e l’infezione vaginale da lieviti ? associata a un aumento del rischio solo nei bambini nati pretermine. Escludere i bambini con paralisi cerebrale, malformazioni congenite o basso indice di Apgar a cinque minuti non influenza queste associazioni. Infine, i profili stagionali relativi alle nascite di bambini epilettici indicano che le infezioni o altri fattori ambientali a variabilit? stagionale potrebbero svolgere un ruolo causale nella patogenesi della malattia. Se alcune di queste associazioni dovessero essere causali, potrebbero essere correlate all’infezione stessa oppure alle sue conseguenze, come variazioni nella dieta o disidratazione, e forse anche allo stesso trattamento avviato per risolverla. (Pediatrics. 2008; 121: e1100-7)

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