Artrite reumatoide: aumentata incidenza di psoriasi tra i pazienti trattati con inibitori del TNF-alfa

Il trattamento con gli inibitori del TNF-alfa migliora l?outcome ( esito ) nell?artrite reumatoide grave, ed ? efficace nella psoriasi e nell?artrite psoriasica.
Tuttavia, recenti case-report hanno descritto l?insorgenza di psoriasi come evento avverso nei pazienti con artrite reumatoide, trattati con gli antagonisti del TNF-alfa.

Ricercatori dell?University of Manchester in Gran Bretagna, hanno esaminato se l?incidenza di psoriasi fosse pi? alta nei pazienti con artrite reumatoide trattati con terapia anti-TNF-alfa, rispetto a quelli trattati con i tradizionali DMARD ( farmaci antireumatici modificanti la malattia ).

Sono stati studiati 9.826 pazienti trattati con gli antagonisti del TNF-alfa e 2.880 pazienti trattati con i DMARD.
Tutti i pazienti avevano riportato insorgenza di psoriasi come evento avverso.

Sono stati individuati 25 casi di psoriasi nei pazienti trattati con gli inibitori del TNF-alfa, e nessuno nella coorte di confronto, nel periodo 2001-2007.

L?incidenza di psoriasi tra i pazienti che avevano ricevuto la terapia anti TNF-alfa ? risultata elevata: 1.04 per 1000 pazienti ?anno, contro una percentuale di 0 per 1000 pazienti-anno nel gruppo DMARD.

I pazienti trattati con Adalimumab ( Humira ) hanno presentato una pi? alta incidenza di psoriasi, rispetto al gruppo Etanercept ( Enbrel ) [ IRR=4.6] e al gruppo Infliximab [ IRR=3.5 ].

In conclusione, l?incidenza di psoriasi ? risultata aumentata nei pazienti trattati con antagonisti del TNF-alfa.

Harrison MJ et al, Ann Rheum Dis 2008; Epub ahead of print

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L’adipe non ferma le vampate

L’adiposit? addominale ? correlata all’insorgenza di vampate di calore nelle donne in menopausa e le ipotesi plausibili per spiegare tale legame sono due e contrastanti tra loro. Una sostiene che l’aromatizzazione degli androgeni a estrogeni nel grasso corporeo sia associata alla diminuzione delle vampate di calore. Per contro, i modelli di termoregolazione suggeriscono che l’adiposit? corporea sia associata a aumento del sintomo menopausale. Lo Study of Women’s Health Across the Nation Heart Study (2001-2003) ha esaminato l’associazione in 461 donne tra i 45 e i 58 anni, sulla base dei sintomi e della misurazione dell’adiposit? corporea. Gli autori hanno riscontrato evidenze che supportano il modello di termoregolazione: l’incremento dell’adiposit? addominale, e soprattutto di quella sottocutanea, ? associato a un aumento del rischio di vampate di calore e non ha quindi un effetto protettivo come precedentemente si credeva. Un aspetto importante nella gestione delle pazienti in menopausa che presentano anche sovrappeso e obesit?. (Menopause. 2008; 15: 429-34)

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Fibromialgia non fa rima con ipocondria

I – La fibromialgia, sebbene quasi sconosciuta, ? una delle patologie reumatologiche pi? diffuse. Si presenta con dolori muscolari diffusi e stanchezza cronica. Ma molto spesso viene confusa con l’ipocondria, cio? con una eccessiva paura di ammalarsi che creas sintomi di malattie ?inesistenti?. E cos? viene ignorata e non curata. A sosttolinearlo durante il Congresso europeo di reumatologia a Parigi (Eular), ? stato Guido Valesini, ordinario di reumatologia all’universit? La Sapienza di Roma. ?Su 10 pazienti che entrano in un pomeriggio nel mio studio -spiega- 4 soffrono di artrosi, 2 di malattie reumatiche pi? complesse, e altre 4 di fibromialgia. Insomma, si tratta di una malattia molto diffusa, anche se solo di recente, nel mondo della ricerca, vi si sta prestando attenzione ?. Chi ? alle prese con la fibromialgia ?convive col dolore, nella notte contrae i muscoli e ci? genera astenia, cio? senso di stancheza, spossatezza, durante il giorno. Inoltre queste pazienti, sentendosi non capite spesso vanno incontro a depressione ?.
ANTIDEPRESSIVI – A essere pi? colpite sono le donne tra i 25 e i 30 anni d’et?,e quelle in menopausa. Attualmente ?le pazienti che arrivano a una diagnosi vengono curate con antidepressivi, perch? questi farmaci agiscono sul dolore. Ma si sta studiando per mettere a punto delle molecole che agiscono sui mediatori del dolore e dell’infiammazione.

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Coronary Calcium Distribution Associated with Risk of Heart Attack

By medinews.com staff writers
Posted on 24 June 2008

A new calcium scoring method may better predict an individual?s risk of heart attack, according to a new study. Calcium coverage scoring takes into account not only the amount of calcified plaque accumulation in the coronary arteries, but also its distribution.

The multicenter study was published in the June 2008 issue of the journal Radiology. ?Now we know that the location of the calcium in the arteries is particularly important in estimating a patient?s potential risk,? said the study?s lead author Elizabeth Brown, Sc.D., a research assistant professor in the department of biostatistics at the University of Washington (Seattle, WA, USA).

Heart disease is the leading cause of death in the United States. The most common form of heart disease in the United States is coronary artery disease, which is caused by a build-up of calcific plaque in the coronary arteries leading to the heart. The current standard of coronary calcium measurement assesses only the amount of calcium present in the arteries, not its spatial distribution.

?Currently, physicians only see the result in terms of an overall score designed to measure the amount of calcified plaque,? Dr. Brown said. ?This new approach will provide physicians with a measure of the proportion of the arteries affected.?

The Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis (MESA) began in July 2000. The prospective study included 6,814 men and women between the ages of 45 and 84. The researchers compared computed tomography (CT) image data for 3,252 participants with calcific plaque to data collected from 3,416 patients without calcific plaque. (Due to lack of sufficient CT image data, 146 additional MESA participants were excluded from this analysis.) A calcium coverage score was developed to estimate the percentage of coronary arteries affected by plaque. The patients were then followed-up for a median period of 41 months to determine if there was a relationship between the distribution of calcium shown in the CT images and the likelihood heart attack or other cardiac event.

The results showed that diabetes, hypertension, and dyslipidemia (abnormal concentrations of lipids [fats] or lipoproteins in the blood) were highly associated with calcium coverage score. The study also found that the calcium coverage score–which takes into account the location of the calcium–was a better predictor of future cardiac events than presently used measures that gauge only the amount of calcium present. On average, compared to patients without diabetes, patients with diabetes had 44% more of their coronary arteries affected by plaque. A twofold increase in calcium coverage score indicated a 34% increase in risk of heart attack or other serious cardiac event and a 52% increase in the risk of any cardiac event.

?Calcium coverage scoring has the potential to improve our estimate of a patient?s risk for adverse clinical outcomes, such as heart attacks or death,? Dr. Brown said.

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Cari amici e colleghi…

Con questa disposizione finalmente le associazioni di disabili potranno agire per inibire comportamenti discriminatori adottati nei confronti di soggetti svantaggiati e precisamente:
1. intervenire nei giudizi per danno sub?to dalle persone con disabilit? e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti lesivi degli interessi delle persone stesse;
2. agire in giudizio autonomamente quando i comportamenti discriminatori di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 2 della stessa legge assumano carattere collettivo.
Come potrete leggere, tra i soggetti legittimati figura anche l’associazione Fondo Italiano Abbattimento Barriere Architettoniche con la quale AGIT collabora da molti anni avendo svolto varie iniziative sul territorio e con la quale AGIT (come molti ricorderanno) ha sottoscritto uno specifico protocollo d’intesa con l’obiettivo di:
– impedire il sorgere e la diffusione di nuove barriere culturali e fisiche anche attraverso la promozione di una cultura delle pari opportunit? per stimolare ed incentivare la nascita di spazi, servizi e trasporti accessibili e fruibili da “tutti”;
– stimolare gli organi preposti per rafforzare la vigilanza sull’osservanza della normativa esistente e promuovere lo studio e l’armonizzazione della stessa, per evitare il sorgere di nuove barriere;
– attuare, in sinergia, azioni finalizzate a diffondere la cultura della diversit? come ricchezza della societ? con il coinvolgimento di persone, associazioni, enti, forze produttive e istituzioni nazionali ed internazionali;
– organizzare, in sinergia, giornate di eventi e promozione dell’attivit? svolta per coinvolgere le Istituzioni centrali e locali, i cittadini, le forze sociali e produttive per la presa di coscienza delle problematiche relative all’abbattimento delle barriere architettoniche ed, inoltre, sostenere “le buone pratiche”;
– costituire un gruppo di lavoro tecnico giuridico sul problema dell’abbattimento delle barriere architettoniche.
Ho inviato al presidente di Fiaba, Giuseppe Trieste le congratulazioni da parte di tutti i componenti la nostra associazione, manifestando la disponibilit? della nostra rete ad individuare sul territorio nazionale tutte le situazioni meritevoli di un intervento giudiziale, sia in via individuale sia in via collettiva, da parte dell’associazione FIABA.
Coloro che fossero interessati a segnalare casi particolari nonch? ad attivarsi per promuovere tali azioni in favore dell’associazione possono inviare una comunicazione all’indirizzo email info@giusconsumeristi.it per essere messi in contatto con l’ufficio legale di FIABA.
Con i migliori saluti
Claudio Belli
Avvocati Giusconsumeristi Italiani

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Statine: effetti della Rosuvastatina sull?aterosclerosi

La Rosuvastatina ( Crestor ), un inibitore dell?HMG-CoA reduttasi, ? stata approvata dall?FDA nel rallentamento della progressione dell?aterosclerosi.

Studi clinici hanno dimostrato che la Rosuvastatina ha un?efficacia maggiore rispetto alle altre statine nel ridurre il colesterolo totale ed il colesterolo LDL. Inoltre pi? pazienti che ricevono questo farmaco ipolipidemizzante raggiungono gli obiettivi di colesterolo LDl, fissati dalle lineeguida internazionali.

Due studi hanno valutato l?effetto della Rosuvastatina sul rallentamento del processo aterosclerotico.

Prevenzione primaria

Nello studio METEOR, la Rosuvastatina 40 mg/die ha rallentato in modo significativo la progressione dell?aterosclerosi carotidea.
Allo studio METEOR hanno preso parte 984 pazienti, che presentavano aterosclerosi carotidea subclinica con livelli di colesterolo moderatamente elevati, e basso rischio di malattia cardiovascolare.
I pazienti erano stati assegnati in modo casuale a ricevere Rosuvastatina oppure placebo. La Rosuvastatina ha mostrato di essere superiore al placebo nel modificare lo spessore dell?intima-media della carotide ( -0.0145 mm/anno ) e nel determinare un rallentamento della progressione dell’aterosclerosi .

Prevenzione secondaria

Nello studio ASTEROID della durata di 2 anni, tutti i pazienti con indicazione clinica per angiografia coronarica ed almeno un?ostruzione in un vaso coronarico ( restringimento maggiore del 20% ), sono stati trattati con Rosuvastatina 40 mg/die.
Il volume percentuale dell?ateroma ? risultato significativamente ridotto dalla Rosuvastatina, e buona parte dei pazienti ha presentato regressione dell?aterosclerosi.

Ulteriori studi

Maggiori informazioni sul ruolo della Rosuvastatina nel processo aterosclerotico, rispetto alle altre statine, verranno dallo studio SATURN.

Lo studio SATURN ( Study of Coronary Atheroma Intravascular Ultrasound Effect of Rosuvastatin Versus Atorvastatin ) ? uno studio clinico di fase IIIb, che avr? la durata di 104 settimane, con la partecipazione di quasi 1.300 pazienti.
L?obiettivo dello studio sar? quello di valutare l?effetto della Rosuvastatina 40 mg/die, rispetto all?Atorvastatina ( Lipitor; in Italia: Torvast ) 80 mg/die sulla progressione dell?aterosclerosi nei pazienti con malattia coronarica, e ad alto rischio.

Fonte: 1) JAMA 2007; 2) Circulation 2008; 3 ) AstraZeneca, 2008

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Ipercolesterolemia primaria: maggiore efficacia della Rosuvastatina sull?Atorvastatina

I pazienti ad alto rischio di malattia cardiovascolare spesso non raggiungono gli obiettivi di colesterolo LDL racccomandati dalle lineeguida, talvolta a causa di una non ottimale titolazione del dosaggio delle statine.

Lo studio ECLIPSE ? stato disegnato con l?obiettivo di confrontare l?efficacia e la sicurezza del trattamento ( titolazione forzata ) con Rosuvastatina ( 10-40 mg; Crestor ), rispetto all?Atorvastatina ( 10-80 mg; Lipitor, Torvast ) nei pazienti ad alto rischio di ipercolesterolemia.

Lo studio, in aperto, a gruppi paralleli, della durata di 24 settimane, ha riguardato 1.036 pazienti, che sono stati assegnati in modo random a Rosuvastatina ( n=522 ) o ad Atorvastatina ( n=514 ).

E? stata riscontrata una percentuale, significativamente maggiore, di pazienti in trattamento con Rosuvastatina, che ha raggiunto gli obiettivi delle lineeguida americane ( NCEP ATP III ), con valori di colesterolo LDL inferiori a 100 mg/dl ( 2.5 mmol/l ), e delle lineeguida europee ( 2003 European ) con livelli di colesterolo LDL inferiori a 2.5 o 3 mmol/l ( 100 o 115 mg/dl ), ed inferiori a 70 mg/dl ( 1.8 mmol/l ) nei pazienti a rischio molto elevato. ( p<0.001 per tutti i confronti ). I pazienti che hanno assunto Rosuvastatina hanno anche ottenuto miglioramenti, significativamente maggiori, nei parametri lipidici aterogenici, rispetto ai pazienti trattati con Atorvastatina. Entrambi i trattamenti sono risultati ben tollerati. Dallo studio ? emerso che la Rosuvastatina, titolata nel range di dosaggio raccomandato, ? in grado di fornire un effetto pi? favorevole, rispetto all?Atorvastatina, sul quadro lipidico, consentendo a pi? pazienti ad alto rischio di raggiungere gli obiettivi di colesterolo LDL raccomandati. Faergeman O et al, Cardiology 2008; 111: 219-228

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Aumentato rischio di malattia di Alzheimer nei soggetti di mezza et? con ipercolesterolemia

L?ipercolesterolemia nella mezza et? aumenta il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer in tempi successivi.

Lo studio retrospettivo ha riguardato 9.752 soggetti di et? compresa tra 40 e 45 anni, che nel periodo 1964-1973 si sono sottoposti ad esami medici.

Un totale di 504 soggetti hanno sviluppato malattia di Alzheimer; l?et? media alla diagnosi ? stata di 68.8 anni.

E? stato osservato che i soggetti con livelli di colesterolo nei pi? alti quartili ( 249-500 mg/dl ) presentavano un pi? alto rischio di Alzheimer, 1.5 volte maggiore rispetto a quelli nei quartili pi? bassi.

Anche i meno elevati livelli di colesterolo erano associati ad un aumentato rischio di demenza.
I soggetti con livelli di colesterolo compresi tra 221 e 248 mg/dl avevano una probabilit? 1,3 volte maggiore di andare incontro ad una diagnosi di malattia di Alzheimer nella fase tradiva della vita, rispetto ai soggetti con livelli di colesterolo inferiori a 198 mg/dl.

Secondo gli Autori, lo studio pu? aver sottostimato il rischio di malattia di Alzheimer.

Lo studio presenta il limite di non disporre di informazione riguardo ai trigliceridi e al colesterolo LDL, perch? negli anni 60 e 70 questi parametri non venivano misurati.

Alina Solomon dell?University of Kuopio in Finlandia e co-autrice dello studio, ritiene che ai quarantenni con alti livelli di colesterolo dovrebbe essere prescritta una dieta ed altri cambiamenti dello stile di vita, e se necessario trattati con farmaci ipolipidemizzanti.

Fonte: American Academy of Neurology ( AAN ) ? Meeting, 2008

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Progeria rallentata da statine e bisfosfonati?

28 Ago 2008 Geriatria

Il trattamento combinato con statine e bisfosfonati si ? rivelato in grado di invertire i segni di invecchiamento prematuro e prolungare la sopravvivenza in un modello murino di progeria. Questa malattia viene causata dall’accumulo di un’isoforma prenilata di una proteina della membrana nucleare. E’ stato descritto un fenotipo progeroide in cui, in assenza di questa proteina, il nucleo risulta deformato, ma questo fenotipo pu? essere invertito tramite approcci genetici in grado di ridurre i livelli di questa proteina tossica, ed i farmaci testati agiscono a due diversi livelli di inibizione della sintesi degli enzimi necessari a creare l’isoforma patologica. E’ in procinto di iniziate uno studio clinico sull’uso combinato di questi farmaci nella progeria umana. (Nat Med online 2008, pubblicato il 2/7)

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Fumo passivo: necessari marcatori biologici

27 Ago 2008 Pneumologia

Per esaminare al meglio la relazione causale fra fumo passivo e tumore polmonare, l’esposizione al fumo passivo dovrebbe essere determinata su base individuale, ed il modo migliore di ottenere ci? sarebbe tramite l’uso di marcatori biologici. Bench? numerosi studi abbiano connesso il fumo passivo ai tumori polmonari, l’entit? del rischio rimane discutibile. Le variazioni temporali nella composizione, concentrazione e nelle fonti del fumo passivo rendono difficile quantificare l’esposizione, e dato che il tumore polmonare ha un tempo di latenza piuttosto lungo, la tempistica dell’esposizione ? importante. Una migliore comprensione dei meccanismi tramite i quali il fumo passivo causa tumori, compresi gli effetti epigenetici e genotossici, potrebbe aiutare a rilevare rilevanti marcatori biologici per la valutazione dell’esposizione a questo contaminante ambientale. (Lancet Oncol 2008; 9: 657-66)

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