Calcioantagonisti proteggono dal Parkinson?

18 Lug 2008 Neurologia

Una delle pi? diffuse classi di antipertensivi, i calcioantagonisti, sembra ridurre il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson. Lo rivela uno studio che i ricercatori dell?Ospedale Universitario di Basilea hanno condotto confrontando i dati di 3.637 malati di Parkinson con quelli di altrettanti soggetti sani, molti dei quali erano in trattamento con farmaci per l?ipertensione. Se ACE inibitori, beta bloccanti, e antagonisti dell?angiotensina II non sono risultati correlati al morbo di Parkinson, ? emersa invece una chiara associazione tra la malattia e i calcioantagonisti. Chi li prendeva da tempo ? risultato in qualche modo protetto, con una riduzione del rischio di ammalarsi del 23 per cento; in particolare negli ultraottantenni. Non ? chiaro tuttavia il meccanismo del loro effetto neuroprotettivo, che va ulteriormente studiato e approfondito, prima che questi agenti possano entrare a far parte delle strategie preventive.
Fonte: Neurology, Published online before print February 6, 2008 (doi:10.1212/01.wnl.0000303818.38960.44)

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Vitamina D3 sicura negli adolescenti

La somministrazione di vitamina D3 a dosi giornaliere di 2000 UI per un anno ? sicura negli adolescenti, e consente di ottenere livelli desiderabili di vitamina D. L’ipovitaminosi D ? prevalente nei giovani di tutto il mondo,ma la sicurezza dell’integrazione della vitamina a dosi che superino le 200 UI giornaliere non era finora nota in questa fascia d’et?. La vitamina D, d’altro canto, ? un ormone essenziale per la crescita e lo sviluppo dell’osso nei bambini e per la salute ossea nell’adulto. E’ dunque necessario modificare le attuali raccomandazioni sull’assunzione di vitamina D non solo nell’adulto, ma anche nel bambino. La sicurezza della somministrazione della vitamina ad alte dosi nell’adolescente ? particolarmente rilevante in vista dei suoi benefici a livello muscoloscheletrico anche in et? pediatrica, e dell’effetto pleiotropico della vitamina su molteplici processi fisiologici e patologici. (J Clin Endocr Metab online 2008, pubblicato il 29/4)

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Nuove linee guida screening osteoporosi maschile

L’ACP ha editato nuove linee guida per lo screening clinico dell’osteoporosi nel sesso maschile. Queste nuove linee guida raccomandano che i medici valutino i fattori di rischio di osteoporosi negli uomini anziani, e che si effettui una DXA negli uomini a maggior rischio di osteoporosi che si ritengono candidati alla terapia farmacologica. L’osteoporosi, d’altro canto, non va considerata soltanto come una malattia femminile. Essa ? caratterizzata da una diminuzione della massa ossea e dal deterioramento strutturale del tessuto osseo, determinando fragilit? ossea ed incremento del rischio di frattura a carico di anca, rachide e polsi. La prevalenza della malattia negli uomini di razza caucasica ? attualmente del sette percento, ma si prevede che aumenti del 50 percento nei prossimi 15 anni, con tassi di frattura che raddoppieranno entro il 2040. (Ann Intern Med. 2008; 148: 680-4 e 685-701

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Arteria pudenda e disfunzione erettile precoce

15 Lug 2008 Nefrologia

Variazioni nell’origine anatomica dell’arteria pudenda interna sono associate alla comparsa precoce di disfunzione erettile. Di fatto, fattori congeniti potrebbero contribuire allo sviluppo della disfunzione erettile: se un uomo presenta una variazione bilaterale rispetto alla conformazione comune dell’arteria pudenda interna, esso potrebbe sviluppare disfunzione erettile circa 10 anni prima rispetto a coloro che non presentano altra differenza se non un’arteria pudenda interna di conformazione normale. Sono stati identificati cinque tipi di conformazione dell’arteria in questione, di cui soltanto il primo risulta scevro da rischi: il tipo 1 prevede che l’arteria pudenda interna prenda origine dal tronco anteriore dell’arteria iliaca interna fra la linea terminalis e la fessura ischiale maggiore. (BJU Int 2008; 101: 581-7)

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Frutta e verdura riducono il rischio diabetico

Il consumo di frutta e verdure a foglia larga ? stato associato ad un minor rischio di diabete di tipo 2, mentre il consumo di succhi di frutta potrebbe essere associato ad un aumento di tale rischio nelle donne. Il consumo di frutta e verdura ? stato gi? associato alla riduzione della mortalit? dovuta ad una variet? di elementi fra cui obesit?, ipertensione e malattie cardiovascolari negli studi epidemiologici, ma pochi studi prospettici hanno finora esaminato la correlazione fra apporto di frutta e verdura e rischio di diabete, ed inoltre i loro risultati non sono stati del tutto coerenti. L’associazione individuata ? indipendente dai fattori di rischio noti di diabete di tipo 2, fra cui et?, BMI, anamnesi familiare, fumo, uso di ormoni dopo la menopausa, assunzione di alcool, attivit? fisica, apporto energetico totale e consumo di granaglie integrali, noccioline, carni lavorate, caff? e patate. Va dunque osservata una certa cautela nella sostituzione di alcune bevande con succhi di frutta, onde considerare opzioni pi? sane, e la stessa cautela va prestata nell’affermare che tutti i succhi di frutta siano equivalenti ad una portata di frutta vera e propria. Se frutta e verdura venissero usate per sostituire patate e derivati raffinati del grano, entrambi associati ad un aumento del rischio di diabete, i benefici conseguenti potrebbero essere sostanziali. (Diabetes Care online 2008, pubblicato il 4/4)

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Nefropatie terminali, il perch? della creatinina sierica

13 Lug 2008 Nefrologia

I pazienti di razza nera in emodialisi hanno probabilit? molto maggiori di avere elevati livelli di creatinina sierica rispetto alle loro controparti di altre razze, ma contrariamente alle teorie prevalenti, ci? non riflette la massa muscolare ? non ? un fattore indicativo di prognosi negativa. Bench? diversi esperti abbiano precedentemente presunto che elevate concentrazioni di creatinina sierica nei pazienti in dialisi indicassero una muscolatura pi? robusta ed un miglior status nutrizionale, il che avrebbe spiegato l’associazione con la sopravvivenza, il collegamento fra elevata creatina sierica e sopravvivenza potrebbe essere dovuto ad altri fattori. (Clin J Am Soc Nephrol online 2008, pubblicato il 21/4)

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PSA poco predittivo degli esiti di ca prostatico

12 Lug 2008 Oncologia

E’ stato dimostrato che, anche se il dosaggio del PSA rimane un importante strumento di monitoraggio, esso non ? efficace nel distinguere i pazienti che svilupperanno tumori prostatici letali da quelli con rischio di progressione della malattia scarso o nullo. Sia il PSA di base che il tasso di variazione del PSA durante i primi due anni di monitoraggio portano con s? informazioni prognostiche, ma comunque, a dispetto dell’estensiva esplorazione di diversi modelli statistici, non ? stato possibile supportare una qualsiasi caratteristica della curva del PSA quale buon elemento classificativo o discriminatorio. Utilizzando il semplice tempo di raddoppiamento del PSA di cinque anni come guida, nel campione esaminato il 36 percento dei tumori letali non verrebbe rilevato ed il 40 percento dei soggetti con tumori indolenti verrebbe trattato inutilmente. Se lo scopo ? individuare le neoplasie letali, il miglior valore soglia per il PSA ai fini del trattamento sarebbe sette ng/ml, ma al prezzo di trattare anche l’80 percento degli uomini con tumori non letali. Molti pazienti con tumori prostatici si sottopongono a trattamenti locali aggressivi senza benefici in termini di sopravivenza, e ci? ha implicazioni problematiche. (J Natl Cancer Inst. 2007; 99: 526-32)

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Autoimmuni aumentano rischio di non-Hodgkin

Il rischio di sviluppare linfomi non-Hodgkin (NHL) risulta aumentato in alcune malattie autoimmuni, ma non in tutte. Alcune di queste malattie per?, fra cui sindrome di Sjogren e LES, sono davvero associate ai linfomi, e non soltanto a carico degli organi interessati dalla malattia autoimmune, ma anche quelli di istologia e posizione pi? atipiche. I dati rilevati suggeriscono nuove vie di associazione fra alcuni sottotipi di NHL e specifiche malattie autoimmuni: tali vie possono essere basate su meccanismi comuni di linfomagenesi, che potrebbero essere rilevanti per lo sviluppo di questi sottotipi di NHL in un gruppo di malattie autoimmuni cos? come anche al di l? dell’ambito delle malattie autoimmuni conclamate. (Blood 2008; 111: 4029-38)

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Importante valutare diametro lesioni cutanee

In caso di lesioni cutanee sospette, tenere conto del diametro della lesione con un valore soglia di sei millimetri rappresenta un’utile linea guida per il rilevamento dei melanomi cutanei. I criteri ABCD sono linee guida stabilite per ricordare che asimmetria, irregolarit? dei bordi, variegazione di colore e diametro superiore a sei millimetri sono caratteristiche distintive dei melanomi, ma recentemente ? stato suggerito anche l’inserimento di un criterio E, ossia l’evolutivit?. I melanomi in rapida crescita, e soprattutto quelli nodulari, spesso mancano delle caratteristiche ABCD. Facilitare un comportamento professionale ottimale da parte del medico ? importante quanto facilitare un comportamento individuale ottimale nella popolazione: senza continui sforzi ed investimenti, i passi vanti che sono stati effettuati nel controllo dei tumori cutanei potrebbero venire erosi nel tempo. (Arch Dermatol. 2008; 144: 469-74 e 538-40)

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Colonscopia migliore se lubrificata

L’uso di acqua calda o di olio di semi di mais per la lubrificazione durante la colonscopia facilita un’intubazione efficace in meno tempo e con meno dolore rispetto ai metodi standard. Sorprendentemente, di rado i metodi di lubrificazione sono stati considerati argomento di studio nel campo della colonscopia, bench? sostanze e tecniche atte a ridurre la frizione possano essere utili, riducendo le forze applicate all’apparecchiatura e di conseguenza anche dolore e difficolt? affrontati durante l’esame. Ci? va a favore del tasso di colonscopie che vengono completate con successo, diminuendo anche il tasso di uso di farmaci endovenosi durante la procedura. (Am J Gastroenterol 2008; 103: 581-7)

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