CA epatico: la combinata raddoppia sopravvivenza

L’aggiunta della terapia fotodinamica agli stent pu? migliorare la sopravvivenza dei pazienti con colangiocarcinoma non resecabile: si passa infatti da una sopravvivenza di appena sette mesi ad una di pi? di 16 mesi. Considerata sperimentale negli USA, questa terapia ? gi? in uso in Europa. Il colangiocarcinoma ? la seconda pi? frequente neoplasia del fegato. La maggior parte dei pazienti che ne sono affetti risulta non resecabile gi? all’atto della presentazione, e la sopravvivenza ? di circa tre mesi senza terapia e da quattro a sei mesi con la decompressione biliare. La terapia fotodinamica ? un trattamento ablativo: viene somministrato un farmaco fotosensibilizzante, seguito da onde di luce, il che promuove l’attivazione intracellulare del farmaco stesso e danno cellulare. La trombosi dei vasi e la risposta immune possono portare alla distruzione del tumore. Si tratta di una terapia ripetibile, ben tollerata e molto efficace. (Clin Gastroenterol Hepatol. 2008; 6: 266-7 e 290-7)

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Aspirina nel lungo periodo riduce incidenza tumori

7 Lug 2008 Oncologia

L’aspirina a dosaggio da adulto assunta giornalmente per cinque o pi? anni ? associata ad una riduzione del 15 percento nell’incidenza complessiva dei tumori. Dati epidemiologici indicano che l’uso di aspirina sia associato alla riduzione del rischio di tumori del colon e probabilmente di altri tumori, fra cui quelli della prostata e del seno. L’uso a lungo termine di aspirina a basse dosi, tuttavia, non si ? rivelato in grado di ridurre in modo sostanziale il rischio tumorale. Il potenziale effetto dell’uso giornaliero a lungo termine di dosi maggiori di aspirina sull’incidenza dei tumori era per? rimasto finora incerto. Prima di considerare la riduzione dell’incidenza dei tumori un vero e proprio beneficio attribuibile all’aspirina, comunque, sono necessarie conferme da studi randomizzati di una durata minima di 10 anni. Se tali conferme arriveranno, ci potrebbero essere importanti implicazioni sui dosaggi opportuni e sui soggetti candidati. (J Natl Cancer Inst. 2007; 99: 608-15)

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Diabete: calcio e vitamina D non riducono il rischio

L’integrazione di calcio e vitamina D3 non riduce il rischio di diabete. Studi sperimentali ed epidemiologici avevano suggerito che calcio e vitamina D potessero ridurre questo rischio, ma ? stato recentemente rilevato che nell’arco di sette anni di monitoraggio questa strategia non influisce affatto sui tassi di diabete incidente. I soggetti che ricevono l’integrazione di calcio e vitamina D, infatti, presentano tassi di sviluppo di diabete che non differiscono significativamente da quelli dei soggetti che assumono placebo. Non ? stato comunque possibile escludere del tutto un ruolo della vitamina D nella prevenzione del diabete: potrebbe darsi la necessit? di aumentare le dosi della vitamina perch? l’effetto si palesi. (Diabetes Care 2008; 31: 701-7)

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Rischio renale con iniezioni cosmetiche

Sono stati riportati tre casi di insufficienza renale in donne sottoposte ad iniezioni cosmetiche a carico dei tessuti molli. In questi casi si iniettano sostanze (di solito silicone liquido) atte ad evidenziare o migliorare l’aspetto di labbra, seno, glutei o altri tessuti molli. Precedenti studi avevano collegato il loro uso a diversi effetti collaterali, fra cui la morte, e sarebbe necessario aumentarne la consapevolezza a livello di sanit? pubblica in modo da prendere gli opportuni provvedimenti. Le iniezioni cosmetiche di silicone sono state associate a formazione di granulomi, infezioni, polmoniti, embolie polmonari, ulcerazioni, migrazioni del prodotto e mortalit?, soprattutto a seguito dell’uso da parte di medici non autorizzati con formulazioni non concepite per l’uso medico. Sono comunque disponibili scarsi dati sull’incidenza degli effetti collaterali a seguito della somministrazione di olio di silicone da parte di medici autorizzati. Queste iniezioni andrebbero praticate soltanto a seguito di un addestramento specifico del medico, ed i dati raccolti sottolineano i rischi posti dalle iniezioni cosmetiche somministrate da personale non specializzato. (MMWR Morb Mortal Wkly Rep. 2008; 57: 453-6)

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Tecniche chirurgiche contro l’atriale

L’isolamento dell’intera porzione posteriore dell’atrio sinistro migliora gli esiti a carico dei pazienti sottoposti all’intervento del labirinto di Cox, attualmente standard di riferimento per il trattamento chirurgico della fibrillazione atriale. Questa procedura, usata per la prima volta a livello clinico nel 1987, implica la creazione di incisioni su entrambi gli atri nel tentativo di interrompere i circuiti rientranti necessari al sostenimento della fibrillazione. Dalla sua introduzione questo intervento ha subito molti cambiamenti, il pi? recente dei quali prevede l’uso di due linee ablative in luogo di una, onde connettere le aree di ablazione vicino alle vene polmonari: questa modifica crea una lesione “a scatola” che isola pienamente l’atrio sinistro posteriore. E’ stato rilevato che l’uso di questa tecnica diminuisce sensibilmente la necessit? di farmaci antiaritmici dopo l’intervento senza incrementare la durata dell’operazione o morbidit? e mortalit?, ed andrebbe pertanto applicata in tutti i pazienti in cui si programma l’intervento di Cox. (J Thorac Cardiovasc Surg 2008; 135: 870-7)

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Parkinson: protettivo aumento urati plasmatici

Una dieta atta ad incrementare i livelli plasmatici di urati potrebbe ridurre il rischio di morbo di Parkinson nel sesso maschile. Questo potenziale beneficio, comunque, deve essere soppesato tenendo conto degli effetti collaterali di una simile dieta sul rischio di gotta ed altre malattie croniche. Numerosi dati indicano che i potenti effetti antiossidanti degli urati proteggano i neuroni dopaminergici, ma rimane ignoto se la dieta possa influenzare i livelli sierici di urati ed influenzare il rischio di morbo di Parkinson. Quanto recentemente rilevato comunque supporta la possibilit? di un effetto neuroprotettivo degli urati e dei loro precursori nella patogenesi del morbo di Parkinson, e suggerisce che la modulazione dietetica degli urati plasmatici possa svolgere un ruolo nella prevenzione e nel trattamento della malattia. (Am J Epidemiol 2008; 167: 831-8)

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Poche differenze tra gli anti-osteporosi

Vi sono poche differenze nell’efficacia dei farmaci pi? comunemente usati nell’osteoporosi per la prevenzione delle fratture. Finora le informazioni comparative in questo campo erano scarse. Probabilmente, dunque, allo stato attuale non vi ? un farmaco chiaramente superiore agli altri per la terapia dell’osteoporosi, ma tuttavia non ? stato possibile escludere differenze potenzialmente importanti, in quanto non ? stato tenuto conto dell’aderenza alla terapia e dei possibili fattori interferenti. E’ dunque auspicabile la ricerca di un metodo eticamente accettabile per l’assegnazione prospettica dei pazienti a regimi terapeutici diversi ed apparentemente equivalenti, con susseguente valutazione di esiti, effetti collaterali, interazioni farmacologiche e costi. (Ann Intern Med 2008; 148: 637)

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L’isteroscopia salva l’utero

Presso l’Irccs materno-infantile Burlo Garofolo di Trieste ? stata sperimentata una tecnica conservativa per l’asportazione del tumore dell’endometrio in fase precoce. In passato questo carcinoma si diagnosticava effettuando un raschiamento che non permetteva di distinguere lesioni di diversa tipologia e stadiazione. In mancanza di informazioni precise l’unica soluzione possibile era l’isterectomia mentre con un approccio conservativo si possono asportare lesioni in fase molto precoce per via isteroscopica. Lo studio clinico condotto a Trieste ? durato cinque anni e ha coinvolto 21 giovani pazienti in et? fertile che presentavano polipi atipici, lo stadio pi? precoce del cancro dell’endometrio. Tutte le pazienti sono state sottoposte a resezione dei polipi per via isteroscopica e successivamente monitorate a intervalli regolari: due volte l’anno per i primi due anni dello studio e una volta ogni 12 mesi nei rimanenti tre anni. In nessun caso, al termine dell’indagine, i medici hanno ritrovato tessuti maligni, a conferma della validit? della tecnica. “Le novit? del trattamento – precisa Federica Scrimin, responsabile del Servizio di Isteroscopia del Burlo Garofolo – sono due. La prima sta nella possibilit? di riconoscere in fase estremamente precoce i polipi che presentano atipie, individuando con precisione lesioni precancerose dell’endometrio. La seconda consiste nel tipo di trattamento: una resezione mirata e poco invasiva poich? compiuta con strumenti endoscopici che permettono di preservare l’utero. Pur essendo il campione non numeroso, la pressoch? unanime risposta positiva delle pazienti ci induce a ritenere di essere sulla buona strada. A breve – annuncia – inizieremo uno studio multicentrico pi? ampio per confermare la validit? del trattamento conservativo delle lesioni endometriali atipiche in donne fertili come quelle del campione esaminato”.

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Ictus pi? frequente nelle donne isolate

30 Giu 2008 Neurologia

L’isolamento sociale ? un forte fattore predittivo di ictus nelle donne a rischio. Bench? la correlazione fra malattie cardiovascolari e fattori psicosociali quali basso status socioeconomico, depressione e relazioni sociali sia largamente supportata dalla letteratura empirica, le associazioni specifiche fra fattori psicosociali ed incidenza delle malattie cerebrovascolari sono a raffronto piuttosto rare. Pochi medici prendono il tempo di interrogare i propri pazienti su caratteristiche psicosociali quali rapporti sociali o depressione. Non ? ancora noto il modo in cui uno stile di vita pi? isolato si traduca in un aumento del rischio di ictus nelle donne: potrebbero essere presenti maggiori fattori di rischio quali elevati livelli di ormoni da stress o ampie fluttuazioni della pressione (? stato dimostrato che il supporto sociale diminuisce la risposta pressoria allo stress), oppure l’isolamento potrebbe influenzare il comportamento in modi che incrementano il rischio, come ad esempio peggiorando l’aderenza alle terapie o diminuendo l’esercizio fisico. Lo studio di pi? donne isolate nel loro ambiente naturale per identificare questi fattori rappresenta probabilmente il prossimo passo. (Psychosomatic Med 2008; 70: 282-7)

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Nanoparticelle fagiche vettori contro il cancro

29 Giu 2008 Oncologia

Alcune nanoparticelle batteriofagiche orientate specificamente possono essere utilizzate per il trasporto di farmaci alle cellule tumorali. Vi ? molto spazio per l’applicazione di terapie mirate per il trattamento delle malattie umane, non solo in oncologia ma anche in condizioni quali autoimmunit?, infiammazione, malattie neurodegenerative ed altre ancora. I sistemi di somministrazione microscopica mirata dei farmaci saranno probabilmente le soluzioni del prossimo decennio. Sono stati generati con l’ingegneria genetica fagi atti all’applicazione di nanomedicine alle cellule tumorali tramite internalizzazione mediata dal bersaglio seguita da rilascio intracellulare del farmaco. Probabilmente la modifica chimica della copertura fagica, come si effettua durante la coniugazione farmacologica, dovrebbe modulare farmacocinetica, biodistribuzione ed immunogenicit? rispetto ai fagi di base. (BMC Biotechnology 2008; 8: 37)

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