Diabete, rischio in aumento con l’acido urico

I livelli sierici di acido urico rappresentano un forte ed indipendente fattore di rischio di diabete. L’acido urico sierico ? associato positivamente alla glicemia nei soggetti sani, ma questa associazione non si mantiene anche nei soggetti diabetici, in quanto nello stato iperglicemico ? riportato un basso livello di acido urico nel siero. Dato che la maggior parte dei soggetti va incontro ad una fase di ridotta tolleranza al glucosio prima della progressione verso il diabete, non ? chiaro se l’aumento dell’acido urico nel siero predica il rischio di diabete di tipo 2. I dati del presente studio, insieme a quelli della letteratura precedente, indicano che la diminuzione dell’acido urico potrebbe costituire una nuova strategia terapeutica per la prevenzione del diabete, e giustificano uno studio clinico prospettico sui possibili benefici della misurazione e della riduzione dell’acido urico sierico in molteplici malattie croniche. (Diabetes Care 2008; 31: 361-2)

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Tumore del rene, statine riducono il rischio

18 Giu 2008 Nefrologia

Il trattamento con statine riduce il rischio di carcinoma a cellule renali. Dati da studi su modelli animali ed esperimenti in vitro suggeriscono che gli inibitori della HMG-CoA riduttasi sono in grado di sopprimere la crescita tumorale, ed inoltre ricerche precedenti hanno indicato benefici protettivi contro i tumori vescicali e prostatici con la terapia statinica. Nel presente studio, il trattamento con una statina ? risultato associato ad una riduzione del 48 percento del rischio di carcinoma a cellule renali, anche dopo approssimazione per et?, sesso, abitudine al fumo ed obesit?. Sono ora necessari studi randomizzati controllati per verificare questi dati e determinare se le statine possano avere un qualche ruolo nella prevenzione e nel trattamento del carcinoma renale. (Urology 2008; 71: 118-22)

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Il colesterolo rischioso per placche carotidee

17 Giu 2008 Neurologia

Nei soggetti asintomatici con ispessimento delle pareti vasali, il livello di colesterolo ? fortemente associato alla presenza di un nucleo lipidico nella placca, e pertanto di vulnerabilit? alla rottura. La presenza di un nucleo lipidico, composto di depositi tissutali morti adiposi all’interno di una placca arteriosclerotica, pone la placca a rischio di causare un evento clinico negativo come un ictus se la placca si trova nella carotide, o un attacco cardiaco se si trova in una coronaria. Il presente studio suggerisce che il livello di colesterolo sia il pi? importante fattore di rischio di sviluppo di questa pericolosa caratteristica della placca. Ci? supporta la nozione secondo cui la riduzione del colesterolo prevenga la sua formazione e riduca il rischio di un evento clinico del genere. (Stroke 2008; 39: 329-35)

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Iperglicemia e coronaropatie acute

Sono necessari studi per accertare gli effetti dell’iperglicemia nei soggetti con coronaropatie acute, dato che in questo campo sono presenti grandi lacune e che l’iperglicemia e riconosciuta e/o trattata con poca costanza in questi pazienti. Nei molti pazienti che soffrono di coronaropatie acute infatti ci si concentra solo sulla ricanalizzazione delle coronarie, ma si ignorano gli altri fattori prognostici. Vi sono molte prove del fatto che l’iperglicemia sia un problema frequente nei pazienti con coronaropatie acute all’atto del ricovero in ospedale (25-50 percento dei casi), ma bench? essa sia legata ad un aumento della mortalit?, viene comunque frequentemente ignorata. (Circulation online 2008, pubblicato il 26/2)

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Utile potenziare estensori dopo vertebroplastica

15 Giu 2008 Ortopedia

I pazienti con osteoporosi e fratture vertebrali da compressione non traumatiche potrebbero trarre significativi benefici da esercizi di potenziamento dei muscoli estensori posteriori. Questi pazienti presentano meno di frequente nuove fratture e vanno incontro a periodi liberi da fratture pi? prolungati rispetto ai pazienti che non effettuano questi esercizi. Con la vertebroplastica percutanea si piazza del cemento osseo nelle vertebre collassate parzialmente o totalmente, ma bench? questa procedura offra un sollievo immediato dal dolore per molti pazienti,. Essa ? anche associata ad un sostanziale tasso di nuove fratture. L’aggiunta dell’esercizio dei muscoli estensori posteriori con training posturale (ROPE) potrebbe estendere i tempi fra gli episodi di frattura nei pazienti sottoposti a vertebroplastica, e dato che essa non comporta particolari rischi, risulta anche sicura per i pazienti medicamente idonei. (Mayo Clin Proc 2008; 83: 54-7)

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Strategie per la giunzione osteotendinica

La terapia con onde shock extracorporee (ESWT) promuove l’osteogenesi ed il rimodellamento tissutale nell’articolazione osteotendinica patellare che ritarda a guarire in un modello animale. Bench? l’efficacia di questa tecnica sia stata dimostrata per la riunione mancata o ritardata nella riparazione delle fratture e per i danni cronici a carico dei tessuti molli, il presente studio ? il primo ad esaminarne l’efficacia nel trattamento del ritardo di guarigione delle articolazioni osteotendinee. Il miglioramento dell’osteogenesi e l’accelerazione del ripristino del tessuto fibrocartilagineo con l’ESWT si riflette nelle valutazioni radiografiche, densitometriche ed istologiche sia a livello cellulare che della matrice. I dati del presente studio potrebbero trovare una applicazione clinica nell’uso del terzo mediale nel tendine patellare per la ricostruzione del legamento crociato anteriore. (Am J Sports Med 2008; 36: 340-7)

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Diabete: disfunzioni cognitive correlate al cortisolo

Le disfunzioni cognitive che intervengono nei pazienti diabetici derivano dall’incremento dei livelli dello steroide surrenale cortisolo. E’ noto che il diabete abbia effetti negativi su molti sistemi d’organo, e nel caso del cervello questi effetti possono portare a danni cognitivi. Precedenti studi avevano indicato l’asse ipotalamico-pituitario-surrenale come un target del diabete, ma non era finora noto il modo esatto in cui questo sistema sia coinvolto nelle disfunzioni cognitive indotte dalla malattia. Da un punto di vista scientifico di base, sar? importante identificare i meccanismi specifici tramite i quali il cortisolo influenza negativamente apprendimento e memoria, e specificamente il modo in cui influenza la comunicazione fra cellule neurali e quello in cui ostacola la neurogenesi. Da un punto di vista clinico, invece, sar? importante accertare se i farmaci che bloccano la produzione o l’azione del cortisolo possano prevenire o invertire i deficit cognitivi nei pazienti diabetici. (Nat Neurosci online 2008, pubblicato il 19/2)

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CA prostatico, spiegata aggressivit? nei neri

12 Giu 2008 Oncologia

Le differenze razziali nei tassi di incidenza e mortalit? del tumore prostatico sono determinati da assetti espressivi genetici distinti nel microambiente tumorale. I profili di espressione genica dei tumori prostatici indicano prominenti differenze nell’immunobiologia tumorale fra soggetti afroamericani ed europeo-americani. Le differenze osservate nei profili espressivi inoltre non sono probabilmente limitate ai soli tumori prostatici: si stanno infatti riscontrando differenze simili anche per i tumori mammari. Bench? i dati del presente studio siano preliminari e necessitino di monitoraggio, ? opportuno essere preparati al fatto che la risposta ad alcune terapie possa essere differente fra i vari gruppi etnici. (Cancer Res 2008; 68: 927-36)

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La risonanza aiuta la diagnosi prenatale

Parola di Lucia Manganaro, radiologa del policlinico Umberto I di Roma, a margine dell’incontro multidisciplinare ‘Nuovi orizzonti nella diagnostica pre e post-natale’ in corso fino a oggi all’universit? La Sapienza di Roma. Un invito, quello dell’esperta, rivolto ai clinici presenti in aula. “Anticipare le diagnosi pre-natali – ha detto – ? possibile attraverso un confronto con tutte le figure professionali”. “La risonanza magnetica fetale ? uno step diagnostico importante – ha proseguito la Manganaro – perch? pu? riconoscere eventuali malformazioni nel feto”. Prima della 18esima settimana per? non si eseguono risonanze magnetiche, “ma per noi – ha ammesso la radiologa – anche anticipare di una settimana l’esame pu? essere utile”. Per abbreviare i tempi i radiologi sperano in una collaborazione sempre pi? stretta con le altre figure specialistiche, come i ginecologi. “Serve una correlazione clinica pi? forte tra diagnosi pre e post-natale” ha concluso l’esperta. E Alfredo Siani, presidente eletto della Societ? italiana di radiologia medica (Sirm), le fa eco. “Lo scambio interdisciplinare ? fondamentale – ha ribadito – perch? oggi la fase pre-natale ? affidata ai ginecologi, mentre quella post-natale ? di pertinenza dei radiologi”. E anche nel campo delle apparecchiature, in Italia, si stanno facendo passi in avanti. “Oggi riusciamo a fare esami molto sofisticati in 3D e 4D – ha aggiunto Siani – e rispetto agli anni ’90, quando iniziammo, c’? un abisso”. E su eventuali differenze nelle attrezzature, tra Nord e Sud Italia, il presidente eletto della Sirm ? certo: “non c’? alcun gap nelle apparecchiature – ha terminato – semmai nella cultura in materia, che dobbiamo rendere pi? omogenea”.

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Con ictus e apnea si rischia di vivere meno

10 Giu 2008 Pneumologia

I soggetti con ictus e apnea ostruttiva nel sonno, di origine non centrale, presentano un aumento del 75 per cento rischio di morte precoce. La correlazione osservata ? indipendente da et?, sesso, BMI, ipertensione, diabete, fibrillazione atriale, cognizione e dipendenza durante le normali attivit? quotidiane. I possibili meccanismi alla base del fenomeno comprendono ipossiemia notturna ed aumento del rischio di morte improvvisa per cause cardiovascolari durante il sonno. Sulla base di questi dati, sarebbe opportuno effettuare registrazioni dell’apnea nel sonno in tutti i pazienti con ictus, ed offrire la CPAP ai pazienti in cui viene riscontrata l’apnea ostruttiva nel sonno. (Arch Intern Med. 2008; 168: 297-301)

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