Il blocco migliore nella biopsia prostatica

21 Mag 2008 Urologia

Nell’applicazione dell’anestesia locale per la prevenzione del dolore durante la biopsia ambulatoriale della prostata, sia il sito di blocco che il target della biopsia influenzano il dolore. Bench? l’iniezione sia la parte pi? fastidiosa della procedura, il blocco prostatico apicale o quello intraprostatico risultano superiori al blocco prostatovescicale, di applicazione pi? comune. I dati derivanti dal presente studio potrebbero determinare un cambiamento della pratica clinica, con un miglioramento della tolleranza della procedura da parte del paziente ed una diminuzione del disagio susseguente. (Cancer 2007; 110: 1708-14)

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Pericoloso scoagulare in chirurgia ortopedica?

La revisione di studi sulla profilassi anticoagulante a seguito di un’artroplastica di anca e ginocchio ha rivelato che non solo questi agenti non riescono a prevenire completamente l’embolia polmonare, ma il loro uso potrebbe di fatto aumentare la mortalit? complessiva. Il rischio risulta pi? pronunciato con i cosiddetti anticoagulanti potenti, mentre quelli ad azione lenta lo aumentano di meno. Le raccomandazioni ACCP spesso hanno come risultato che il medico si sente obbligato a prescrivere questi anticoagulanti per evitare contestazioni, ma l’aumento del rischio di emorragie ha spinto diversi chirurghi esperti che effettuano artroplastiche ad usare cautela nel loro uso. L’ACCP dovrebbe forse riconsiderare le proprie linee guida onde riflettere i dati di fatto rilevati. (Clin Orthop Relat Res 2008; 466: 714-21)

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Ca polmonare e diagnosi autoanticorpale

19 Mag 2008 Oncologia

Lo screening dei tumori polmonari tramite un pannello di antigeni associati al tumore potrebbe un giorno consentire un rilevamento pi? precoce di tali tumori. Bench? quasi tutti gli esami autoanticorpali testati hanno rilevato risposte significative nel plasma di tutti i pazienti con tumori, la sensibilit? individuale di ciascun esame nel pannello ? variabile. La misurazione di p53, c-myc e HER2 non aggiunge nulla di significativo agli esami testati, ma la sostituzione di altri antigeni specifici dei tumori polmonari in luogo di quelli generici potrebbe aumentare il potenziale di questi esami. La disponibilit? di un test diagnostico per i tumori polmonari sarebbe di particolare importanza dato lo stadio tardivo a cui i pazienti attualmente ricevono diagnosi, nonch? il fatto che questa malattia causer? un carico sociale per almeno 20 anni anche se tutti i fumatori smettessero oggi stesso.
(Thorax 2008; 63: 228-33)

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Ca tiroide e rischio secondo tumore primario

18 Mag 2008 Oncologia

Dopo il trattamento per un tumore tiroideo differenziato, i pazienti affrontano un rischio leggermente aumentato di sviluppate un secondo tumore primario. Bench? sia stato dimostrato che la probabilit? di tumori secondari dopo una diagnosi di tumore tiroideo differenziato sia statisticamente elevata, l’impatto clinico di questi tumori ? relativamente limitato a soli 6,5 ulteriori tumori diagnosticati ogni 10.000 persone all’anno. Va quindi sottolineato che l’uso dei radioisotopi costituisce una terapia sicura ed efficace i cui meriti surclassano la piccola probabilit? di sviluppare un tumore secondario. In generale, le donne di et? compresa fra 25 e 49 anni all’atto della diagnosi presentano un rischio significativamente elevato di sviluppare tumori mammari, e pertanto ogni donna al di sotto dei 40 anni alla diagnosi dovrebbe effettuare mensilmente l’autopalpazione del seno, farsi visitare dal medico annualmente e iniziare lo screening mammografico annuale a un massimo di tre anni dalla diagnosi di tumore tiroideo. Si raccomanda inoltre che tutti i pazienti al di sotto dei 40 anni all’atto della diagnosi effettui esami del sangue annuali per ricercare indefinitamente anomalie ematologiche. Il rischio addizionale di tumore prostatico ? limitato agli uomini sopra i 50 anni all’atto della diagnosi, e pertanto si tratta di pazienti che gi? rientrerebbero nei criteri standard per lo screening gi? implementati nella popolazione generale.
(J Clin Endocrinol Metab 2008; 93: 504-15)

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Glicemia a digiuno?indica il?rischio ischemico

Elevati livelli glicemici a digiuno nei pazienti diabetici sono fortemente associati ad un aumento del rischio di ictus ischemico incidente ed eventi vascolari. I dati degli studi randomizzati non sono sufficienti per raccomandare uno stretto controllo della glicemia a digiuno nei diabetici per la prevenzione primaria dell’ictus, ma il presente studio potrebbe sopperire a questa mancanza. Il presente studio prospettico, insieme ad altri, prova che livelli glicemici a digiuno controllati e mirati nel diabetico sono associati ad una riduzione del rischio macrovascolare, che comprende sia l’ictus ischemico che altri eventi vascolari. (Diabetes Care online 2008, pubblicato il 13/3)

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L’Alzheimer?dei genitori mette a?rischio i figli

16 Mag 2008 Neurologia

I bambini di genitori affetti entrambi da morbo di Alzheimer presentano un aumento del rischio di sviluppare la malattia rispetto alla popolazione generale. Il ruolo dell’anamnesi familiare e i geni specifici coinvolti in questo fenomeno necessitano di una definizione migliore. Probabilmente si tratta di un’ereditariet? poligenica. Le famiglie con un’anamnesi significativa di morbo di Alzheimer, comunque, hanno maggiori probabilit? di essere indirizzati ad un centro di ricerca specializzato, e pertanto i pazienti esaminati potrebbero far parte di un gruppo particolarmente predisposto alla malattia. Seguire queste famiglie man mano che la prole invecchia fornir? dati ulteriormente informativi. (Arch Neurol. 2008; 65: 373-8)

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Curare il tipo 2 salvando cuore e ossa

Un recente studio supporta la teoria secondo cui il trattamento con tiazolidinedioni (TZD) sia associato a una diminuzione dell’osteoprotegerina circolante e a una minore prevalenza di ischemia miocardica silente nei pazienti con diabete di tipo 2. Si pensa che i TZD riducano la formazione ossea e contribuiscano alla perdita d’osso. L’osteoprotegerina inibisce la genesi degli osteoclasti funzionando da recettore per il ligando RANK, un fattore che svolge un ruolo nel rimodellamento osseo. I TZD potrebbero prevenire la differenziazione degli osteoblasti indotta dal diabete nelle pareti arteriose e la calcificazione mediale, probabilmente tramite la riduzione dei livelli plasmatici di osteoprotegerina. Il miglioramento della funzionalit? endoteliale attribuito ai TZD potrebbe spiegare la minore prevalenza di anomalie della perfusione miocardica nei pazienti trattati con questi farmaci: la funzionalit? endoteliale risulta spesso danneggiata nei diabetici, e pu? causare anomalie perfusionali anche in assenza di stenosi coronariche significative. (Diabetes Care 2008; 31: 593-5)

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Retinoblastoma: un approccio conservativo

Un nuovo approccio al trattamento del retinoblastoma, che implica la somministrazione della chemioterapia direttamente nell’arteria oftalmica, pu? evitare che si debba procedere alla rimozione dell’occhio nei bambini, ed in alcuni casi pu? anche salvare il visus. Si tratta di una tecnica molto nuova, ma che viene gi? vista come un progresso nel trattamento del retinoblastoma. Esso ? un comune tumore pediatrico che di solito viene diagnosticato prima dei tre anni: il segno di presentazione ? di solito la leucocoria, ma quando viene individuato di solito il tumore ha gi? invaso interamente l’occhio. Le opzioni terapeutiche comprendono crioterapia, fotocoagulazione, radiazioni e chemioterapia endovenosa, ma la maggior parte dei bambini giunge all’osservazione con una patologia tanto avanzata che la sola opzione possibile ? l’enucleazione, che di solito salva la vita del paziente. La nuova tecnica prevede la somministrazione del farmaco tramite un catetere inserito a livello dell’inguine che giunge fino alla carotide e poi all’arteria oftalmica prima che giunga alla retina: la procedura si effettua in anestesia generale, ma su base ambulatoriale. (Ophthalmology online 2008, pubblicato il 14/3)

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Identificazione forme aggressive ca prostata

13 Mag 2008 Oncologia

L’estensione extracapsulare dei tumori prostatici identificata dalla RM ? un forte fattore predittivo di recidiva metastatica a seguito di radioterapia ad impulsi esterni. L’estensione extracapsulare non ? soltanto una variabile binaria da valutarsi come presente o assente, ma ? anche quantitativa, e pu? essere misurata in modo obiettivo. In base al presente studio, l’unico fattore predittivo indipendente di diffusione metastatica ? il diametro medio dell’estensione extracapsulare. Questa associazione probabilmente riflette l’aggressivit? del tumore o la durata dell’assenza di terapia, che a loro volta sono associati alla probabilit? di diffusione metastatica microscopica. In alternativa, ? possibile che i tumori che si sono estesi molto al di l? della capsula prostatica non vengano trattati adeguatamente con la radioterapia ad impulsi esterni. I pazienti con un’estensione extracapsulare superiore ai cinque millimetri dovrebbero essere candidati per una terapia pi? aggressiva, come un aumento della dose di radiazioni o una deprivazione androgenica pi? prolungata. (Radiology 2008; 247: 141-7)

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Varianti geniche connesse a osteoporosi

Comuni varianti del gene LRP5 influenzano la BMD ed il rischio di osteoporosi, ma comunque l’impatto di queste varianti sul rischio complessivo ? modesto. Precedenti ricerche avevano identificato lesioni LRP5 che causano rare malattie associate a variazioni della BMD, ma non era chiaro se mutazioni comuni nei geni LRP5 o LRP6 potessero influenzare il rischio di osteoporosi a livello della popolazione. I dati del presente studio suggeriscono un ruolo del gene LRP5 nel determinare BMD e rischio di frattura per tutta la vita nella popolazione generale. Bench? ogni singolo marcatore spieghi solamente una piccola parte del rischio fenotipico, l’identificazione di diverse variabili di rischio per l’osteoporosi come queste potrebbe aiutare a migliorarne la previsione clinica. (JAMA 2008; 299: 1277-90)

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