La perdita di peso indotta dalla restrizione calorica ma non quella indotta dall

La perdita ossea si accompagna spesso a perdita di peso indotta da restrizione calorica, ma non ? noto se la perdita di peso indotta dall?esercizio fisico sia associata a perdita ossea.

Ricercatori della Washington University School of Medicine di St.Louis hanno verificato la validit? dell?ipotesi che la perdita di peso indotta dall?esercizio fisico sia associata ad una minore perdita ossea rispetto alla perdita ossea indotta dalla restrizione calorica.

Lo studio ha riguardato 48 adulti ( 30 donne e 18 uomini ) di et? media 57 anni, con indice di peso corporeo ( BMI ) di 27kg/m2 ( valore medio ).

Questi soggetti sono stati assegnati in modo casuale ad 1 di 3 gruppi per 1 anno:

– gruppo restrizione calorica ( n = 19 );

– gruppo esercizio fisico regolare ( n = 19 );

– gruppo stile di vita sano ( gruppo controllo )( n = 10 ).

L?end point primario era rappresentato dal cambiamento della densit? minerale ossea a livello dell?anca e della colonna vertebrale.
Gli outcome secondari comprendevano i marker ossei e gli ormoni.

Il peso corporeo ? diminuito in modo simile nei gruppi sottoposti a restrizione calorica ed a esercizio fisico ( 10.7% versus 8.4%, rispettivamente ), mentre il peso corporeo non si ? modificato nei soggetti del gruppo controllo.

Rispetto al gruppo controllo, il gruppo a restrizione calorica ha presentato una riduzione della densit? minerale ossea dell?anca ( -2.2% versus 1.2%; p = 0.02 ) e dell?intertrocantere ( -2.1% versus 1.7%; p = 0.03 ).

Il gruppo a restrizione calorica ha presentato una riduzione della densit? minerale ossea della colonna vertebrale ( -2.2%; p = 0.009 ).

Nonostante la perdita di peso, il gruppo esercizio fisico non ha mostrato una riduzione della densit? minerale ossea nei siti esaminati.

I cambiamenti del peso corporeo sono risultati correlati a cambiamenti della densit? minerale ossea nel gruppo restrizione calorica ( p = 0.007 ), ma non nel gruppo esercizio fisico.

Il turnover osseo ? aumentato sia nel gruppo restrizione calorica che nel gruppo esercizio fisico.

I dati dello studio hanno mostrato che la perdita di peso indotta dalla restrizione calorica, ma non quella indotta dall?esercizio fisico, ? associata a riduzioni della densit? minerale ossea nei siti di frattura, clinicamente importanti.

Villareal DT et al, Arch Intern Med 2006; 166: 2502-2510

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Le statine hanno azione anabolica sulle ossa ?

La maggior parte delle attuali terapie dell?osteoporosi si limitano alla prevenzione o al rallentamento della perdita ossea piuttosto che a favorire la formazione ossea.

Recentemente ? emerso che le statine, note anche come inibitori dell?HMG-CoA riduttasi, si comportano come sostanze anaboliche a livello osseo.

Studi in vitro e su modelli animali hanno indicato che le statine aumentano la massa ossea favorendo l?espressione dell?osteoblasta mediata da BMP-2 ( Bone Morphogenetic Protein-2 ).

Sebbene un limitato numero di studi caso-controllo abbia indicato che le statine possono avere la potenzialit? di ridurre il rischio di fratture, aumentando la formazione ossea, alcuni studi non sono riusciti a dimostrare un beneficio della terapia con statine nella riduzione delle fratture.

Studi randomizzati sono necessari per chiarire l?effetto delle statine sulla formazione ossea.

Una possibile spiegazione circa la discrepanza dei risultati degli studi finora condotti ? la natura epato-specifica delle statine.
Considerando l?alta specificit? per il fegato e la ridotta biodisponibilit? orale, la concentrazione, che le statine raggiungono nel microambiente osseo, ? bassa.

L?ottimizzazione del dosaggio e l??impiego di nuovi sistemi di delivery ( trasporto ) del farmaco potrebbero favorire la biodisponibilit? delle statine e la loro distribuzione nel microambiente osseo.

Jadhav SB, Jain GK, J Pharm Pharmacol 2006; 58: 3-18

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Donne in postmenopausa con osteoporosi vertebrale: il Ranelato di Stronzio previ

Lo Stronzio Ranelato ( Osseor, Protelos ) riduce il rischio di fratture nelle donne in postmenopausa con osteoporosi, e con fratture molto diffuse, che riducono in maniera significativa la qualit? di vita.

Lo studio SOTI, che ha utilizzato il questionario SF-36 ed il modulo QUALIOST specifico per la malattia, ha dimostrato che il trattamento con il Ranelato di Stronzio migliora la qualit? di vita nelle donne con osteoporosi, rispetto al placebo.

Lo studio SOTI ( Spinal Osteoporosis Therapeutic Intervention ) ha valutato l?effetto dello Stronzio Ranelato, somministrato per via orale, nei confronti del placebo, sull?incidenza di nuove fratture vertebrali, ed ha comparato l?impatto sulla qualit? di vita ( QoL ).

La qualit? di vita ? stata valutata con cadenza semestrale per 3 anni, utilizzando i questionari QUALIOST e SF-36, nelle donne in postmenopausa con osteoporosi e con fratture molto diffuse, trattate con 2 g/die di Stronzio Ranelato, oppure placebo.

Un totale di 1.240 donne ? stato incluso nello studio ( Stronzio Ranelato: n=618; placebo: n=622 ).

Il punteggio totale QUALIOST ? diminuito nel gruppo Stronzio Ranelato, indicando un mantenimento della qualit? di vita, rispetto al peggioramento osservato nel gruppo placebo ( P=0,016 ).

I pazienti del gruppo Stronzio Ranelato hanno diminuito i punteggi relativi alla parte emozionale e fisica del QUALIOST ( P = 0,019 e 0,032, rispettivamente, versus placebo ), ad indicare gli effetti benefici sulle funzioni emotive e fisiche.

? stato osservato un trend verso un migliore punteggio SF-36 nel gruppo Stronzio Ranelato, anche se non ci sono state differenze significative tra i due gruppi.

Nell?arco di 3 anni, un numero maggiore di pazienti ( + 31% ) del gruppo Stronzio Ranelato ? rimasto libero da dolore alla schiena, rispetto ai pazienti del gruppo placebo, con un effetto significativo a partire dal primo anno di trattamento ( P=0,023 ).

Lo studio ha mostrato che il Ranelato di Stronzio ha effetti benefici sulla qualit? di vita nelle donne in postmenopausa con osteoporosi, rispetto al placebo.

Marquis P et al, Osteoporos Int 2007; Epub ahead of print

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Adrovance nelle donne in postmenopausa con osteoporosi e carenza di vitamina D

Adrovance si presenta in compresse a forma di capsula contenenti due principi attivi: Alendronato ( 70 mg ) e Colecalciferolo ( vitamina D3, 70 microgrammi equivalenti a 2800 Unit? Internazionali ).

Adrovance viene usato nel trattamento dell?osteoporosi nelle donne in postmenopausa a rischio di carenza di vitamina D. Adrovance riduce il rischio di fratture delle vertebre e dell?anca.

La dose raccomandata ? di una compressa la settimana. Adrovance ? un medicinale per terapie di lunga durata.
La compressa va ingerita con un bicchiere colmo di acqua ( non minerale ) almeno 30 minuti prima dell?ingestione di qualsiasi alimento, bevanda o farmaco assunti nella giornata ( compresi antiacidi, integratori di Calcio e Vitamine ). Per evitare di irritare l?esofago una volta assunto il medicinale, il paziente pu? distendersi solo dopo aver mangiato, il che deve avvenire almeno 30 minuti dopo l?assunzione. La compressa non va masticata o disciolta in bocca.
Se la normale dieta non assicura un apporto sufficiente di calcio, il paziente dovr? assumere integratori di Calcio.

L?osteoporosi ? pi? frequente nelle donne che hanno superato la menopausa a causa dell?abbassamento dei livelli degli estrogeni.

L?Alendronato ? un bifosfonato usato nella cura dell?osteoporosi che agisce inibendo l?azione degli osteoclasti, le cellule che sono coinvolte nella decomposizione del tessuto osseo. Tale azione inibitoria consente di ridurre la perdita di tessuto osseo.

La vitamina D3 ? una sostanza nutritiva contenuta in alcuni cibi ma prodotta anche dalla pelle se esposta alla luce solare. La vitamina D3, come anche altre forme di vitamina D, ? necessaria per l?assorbimento del calcio e la normale formazione del tessuto osseo. Una delle cause dell?osteoporosi ? l?insufficiente apporto di vitamina D3 prodotta per esposizione alla luce solare.

Siccome l?Alendronato e la Vitamina D3 sono gi? usati separatamente in altri medicinali autorizzati nell?Unione europea, l?azienda produttrice ha presentato dati ottenuti da studi precedenti e dati pubblicati nella letteratura scientifica.
L?azienda produttrice ha inoltre condotto uno studio su 35 uomini e 682 donne in postmenopausa affetti da osteoporosi per dimostrare l?efficacia di Adrovance per innalzare i livelli di vitamina D. Ai pazienti ? stato somministrato in alternativa Adrovance o solo Alendronato una volta la settimana. Il principale parametro per valutare l?efficacia era costituito dalla percentuale di pazienti con carenza di vitamina D.
Dopo 15 settimane di trattamento, la percentuale di pazienti con carenza di vitamina D ? risultata minore nei pazienti trattati con Adrovance ( 11% ) rispetto a quelli trattati solamente con Alendronato ( 32% ).

Gli effetti collaterali pi? comuni, osservati cio? in 1-10 pazienti su 100, sono mal di testa, dolori muscoloscheletrici ( ossa, muscoli, articolazioni ) e sintomi gastrointestinali come dolori addominali, dispepsia, stitichezza, diarrea, flatulenza, ulcere nell?esofago, disfagia, distensione addominale e rigurgito acido.

Adrovance non va usato nei pazienti che potrebbero essere ipersensibili all?Alendronato, alla Vitamina D3 o ad uno qualsiasi degli altri componenti.
Adrovance non va inoltre usato in presenza di anomalie dell?esofago, nei pazienti con ipocalcemia e nei pazienti impossibilitati a rimanere in piedi o seduti in posizione eretta per almeno 30 minuti

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L?Aspirina, ma non altri FANS, ? associata ad una minore incidenza di tumore e di mortalit? per cancro

21 Gen 2008 Oncologia

La chemioprevenzione antitumorale dell?Aspirina e di altri farmaci antinfiammatori non steroidei ( FANS ) non sono stati definiti in maniera completa e potrebbero variare in relazione al fumo.

Ricercatori della Mayo Clinic a Rochester negli Stati Uniti, hanno valutato l?associazione tra l?impiego di Aspirina e FANS, e l?incidenza di cancro e la mortalit?, in base alla storia di abitudine al fumo tra le partecipanti al Iowa Women’s Health Study, uno studio prospettico su una coorte di donne in postmenopausa.

Le donne arruolate nello studio hanno indicato mediante un questionario compilato nel 1992, il loro personale utilizzo di Aspirina e FANS.
Dati sull?incidenza di cancro sono stati ottenuti consultando il Iowa Surveillance, Epidemiology, and End Results Cancer Registry, ed i dati sulla mortalit? dai certificati di morte.

Durante un periodo medio di follow-up di 10 anni, sono stati osservati 3.487 casi di cancro e 3.581 decessi nella coorte di 22.507 donne.

L?impiego di Aspirina, confrontato con il non utilizzo, ? risultato inversamente associato all?incidenza totale di cancro ( rischio relativo, RR aggiustato= 0.84 ), con un tasso di incidenza corretto per et? di 147 e 170 per 10.000 persone-anno.

La correlazione inversa era pi? forte, anche se non statisticamente significativa ( P = 0.28 ) nelle ex fumatrici e nelle persone che non avevano mai fumato rispetto alle fumatrici correnti.

L?uso di Aspirina ? risultato anche correlato in maniera inversa alla mortalit? per malattie coronariche ( RR aggiustato = 0.75 ), con un tasso di incidenza corretto per et? di 23 e 30 per 10.000 persone-anno per le fumatrici e per le donne che non avevano mai fumato, rispettivamente e alla mortalit? in genere ( non legata ad una causa specifica ) ( RR aggiustato = 0.82 ), con un tasso di incidenza corretto per et? di 126 e 155 per 10.000 persone-anno.

L?impiego di altri farmaci antinfiammatori non steroidei non ? risultato associato all?incidenza di tumore o alla mortalit? correlata, alla mortalit? per malattie coronariche o alla mortalit? generale.

Lo studio ha mostrato che l?utilizzo di Aspirina, ma non quello di altri farmaci antinfiammatori non steroidei, ? risultato associato ad un minor rischio di incidenza di tumore e di mortalit? per cancro. Questo effetto protettivo ? pi? pronunciato nelle ex fumatrici e nelle donne che non hanno mai fumato, rispetto alle fumatrici.

Bardia A et al, J Natl Cancer Inst 2007; 99: 881-889

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L?Alendronato riduce la capacit? del Teriparatide di aumentare il turnover osseo negli uomini

Ricercatori del Massachussetts General Hospital di Boston avevano precedentemente dimostrato che il bisfosfonato Alendronato ( Fosamax ) riduce la capacit? del Teriparatide ( Forteo / Forsteo ) di aumentare la densit? minerale ossea ( BMD ) negli uomini osteoporotici.

Uno studio ha cercato di chiarire se il Teriparatide aumenta l?attivit? osteoblastica quando questa ? soppressa dall?Alendronato.
Sono stati studiati 63 uomini di et? compresa tra 46 ed 85 anni con bassa densit? minerale ossea alla colonna vertebrale e/o all?anca.

I soggetti hanno ricevuto Alendronato 10mg/die ( gruppo 1 ), Teriparatide 37microg/die ( gruppo 2 ) o entrambi ( gruppo 3 ) per 30 mesi.
Il trattamento con Teriparatide ? stato iniziato al 6? mese.

L?end point primario era rappresentato da cambiamenti nei livelli plasmatici di N-telopeptide, osteocalcina e propeptide amino-terminale del procollagene di tipo 1.

Negli uomini riceventi Teriparatide in monoterapia ( gruppo 2 ), i livelli di tutti i marker del turnover osseo sono aumentati in modo marcato durante i primi 6 mesi di trattamento con Teriparatide, per poi ridiscendere verso il valore basale durante i successivi 18 mesi.

Negli uomini che hanno ricevuto la terapia di combinazione ( gruppo 3 ), i livelli dei marker di turnover osseo si sono ridotti nei primi 6 mesi ( mentre erano in trattamento con il solo Alendronato ) e poi sono ritornati ai livelli basali ( N-telopeptide ) o superiori ( osteocalcina e propeptide amino-terminale del procollagene di tipo 1 ) dopo l?aggiunta di Teriparatide.

Come osservato dalla densit? minerale ossea, l?Alendronato ha alterato l?azione del Teriparatide nell?aumentare il turnover osseo negli uomini.

Finkelstein JS et al, J Clin Endocrinol Metabol 2006; 91: 2882-2887

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Nuovo protocollo di trattamento con Clomifene nelle donne con amenorrea ipotalam

Ricercatori dell?Universit? di Siena si sono proposti di determinare se un nuovo protocollo di somministrazione del Clomifene citrato fosse in grado di ripristinare un efficiente ciclo mestruale nelle donne con amenorrea ipotalamica secondaria.

Lo studio ha coinvolto un gruppo di 8 donne con amenorrea secondaria alle quali ? stata somministrata per 5 giorni una preparazione orale contenente Clomifene ( 50 mg/giorno ), seguita da una dose doppia per altri 5 giorni, con inizio il terzo giorno dopo cessazione del sanguinamento indotto da estrogeni/progestinici.

In caso di ovulazione e sanguinamento vaginale, il trattamento ? proseguito nei due mesi successivi con 100 mg/giorno dal giorno 3 al giorno 7 del ciclo.

Sei pazienti hanno risposto al primo ciclo di somministrazione di Clomifene, mostrando una ripresa del normale ciclo mestruale.
Nelle altre due pazienti non si ? verificata mestruazione dopo i primi 10 giorni di trattamento con Clomifene ed ? stato ripetuto lo stesso protocollo. Dopo la seconda somministrazione anche queste due donne hanno avuto normale sanguinamento mestruale.

Questi dati mostrano che il nuovo protocollo di trattamento con Clomifene potrebbe essere utile per ripristinare i normali cicli mestruali nelle giovani donne con amenorrea ipotalamica.

Borges LE et al, Gynecol Endocrinol 2007 ; 23: 343-346

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Progesterone riduce il rischio di nascita pretermine nelle donne con cervice ute

Studi clinici avevano dimostrato che la somministrazione di Progesterone in donne con un precedente di parto prematuro, ? in grado di ridurre il rischio di ricorrenza di parto prematuro. Donne asintomatiche che hanno scoperto a met? della gravidanza di avere una cervice uterina corta, sono soggette ad un rischio notevolmente aumentato di un parto spontaneo molto prematuro e non ? noto se il Progesterone sia in grado di ridurre il rischio in queste donne.

La lunghezza della cervice uterina ? stata misurata mediante ultrasonografia transvaginale a 22 settimane di gestazione ( valore di tempo mediano; intervallo da 20 a 25 settimane ) in 24.620 donne in gravidanza visitate per controlli prenatali di routine.

La cervice uterina era di lunghezza inferiore o uguale a 15 mm in 413 donne ( 1,7% ); 250 ( 60,5% ) di queste 413 donne sono state assegnate in maniera casuale a ricevere Progesterone vaginale ( 200 mg ogni notte ) o placebo dalla 24a alla 34a settimana di gestazione.

Il parto spontaneo prima della 34a settimana ? risultato essere meno frequente nel gruppo Progesterone che in quello placebo ( 19,2% vs 34,4%; rischio relativo 0,65 ).

Il Progesterone ? risultato associato a una non-significativa riduzione della morbidit? neonatale ( 8,1% vs 13,8%; rischio relativo 0,59 ).

Non sono stati riscontrati gravi eventi avversi associati all?uso del Progesterone.

Nelle donne con cervice uterina corta, dunque, il trattamento con Progesterone riduce il tasso di parto spontaneo molto prematuro.

Fonseca EB et al, N Engl J Med 2007; 357: 462-469

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Eiaculazione prematura: trattamento farmacologico

L?eiaculazione prematura ? un disturbo sessuale maschile assai comune, che ? mediato principalmente dai disturbi della trasmissione serotoninergica e di alcuni recettori della serotonina ( 5-HT ), ed in minor misura della neurotrasmissione ossitocinergica a livello del sistema nervoso centrale.

Una meta-analisi d studi clinici ha mostrato che nel trattamento dell?eiaciulazione precoce, la Paroxetina ( Seroxat ), la Clomipramina ( Anafranil ), la Sertralina ( Zoloft ) e la Fluoxetina ( Prozac ), presentano un?efficacia simile, anche se la Paroxetina sembra esercitare un pi? forte effetto.

Alcuni studi on-demand ( impiego al bisogno ) con inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina ( SSRI ) e con il nuovo SSRI Dapoxetina, hanno mostrato un debole effetto ritardante sull?eiaculazione dopo 1-2 ore dall?assunzione del farmaco.

Oltre all?impiego dei farmaci SSRI, l?eiaculazione pu? essere ritardata dall?impiego on-demand di anestetici topici e del Tramadolo ( Contramal ).

Il trattamento con inibitori della fosfodiesterasi-5 ( PDE-5 ) non dovrebbe essere prescritto alle persone con eiaculazione prematura e normale funzione erettile, ma possono essere impiegati se l?eiaculazione ? accompagnata da disfunzione erettile.

Non esiste supporto scientifico per il trattamento dell?eiaculazione prematura mediante iniezioni intracavernose di farmaci vasoattivi.

Studi su animali hanno mostrato che un forte ritardo nell?eiaculazione pu? essere indotto dalla somministrazione di un farmaco SSRI e di un antagonista del recettore della serotonina 5-HT(1A).

Waldinger MD, Drugs 2007; 67: 547-568

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Trattamento dell?eiaculazione prematura: modesta efficacia della Dapoxetina

Uno studio ha valutato l?efficacia e la sicurezza della Dapoxetina, un inibitore selettivo della ricapatazione della serotonina ( SSRI ) nel trattamento dell?eiculazione nei pazienti con eiaculazione precoce.

Un totale di 212 uomini affetti da eiaculazione prematura sono stati assegnati in modo casuale a ricevere 30 mg per os di Dapoxetina ( gruppo 1; n=106 ) 2 volte al giorno, oppure placebo ( gruppo 2; n=106 ), per 12 settimane.

Alla fine della 12.a settimana, il gruppo Dapoxetina ha presentato un aumento di 2,9 volte dell?indice di latenza IELT, mentre dopo placebo, l?Intravaginal Ejaculation Latency Time ( IELT ) non ? risultato modificato in modo significativo ( aumento di 1,4 volte) ( p=0.001 ).

Il numero medio di rapporti sessuali settimanali, dai valori di pretrattamento di 1,16 e 1,14, ? aumentato a 2,2 e 1,4 per la Dapoxetina e per il placebo, rispettivamente ( p=0.04 ).

I valori dell?indice IIEF ( International Index of Erectile Function ) per il dominio soddisfazione nei rapporti sessuali, che erano al basale di 12 ed 11, hanno raggiunto 16 e 10 dopo 12 settimane nel gruppo Dapoxetina e nel gruppo placebo, rispettivamente ( p=0.04 ).

Alla fine del periodo di osservazione di 3 mesi, il valore IELT medio ha presentato un aumento di 1,4 volte nel gruppo Dapoxetina e di 1,3 volte nel gruppo placebo ( p=0.1 ).

A 3 mesi, Il valore dell?indice IIEF per il dominio soddisfazione nei rapporti sessuali, ? stato di 11 nel gruppo Dapoxetina e di 10 nel gruppo placebo ( p=0.1 ).

Il numero medio di eventi avversi ? stato di 19 per la Dapoxetina e 7 per il placebo ( p=0.02 ).

Dai dati dello studio ? emerso che la Dapoxetina ? moderatamente migliore del placebo riguardo al tempo di latenza eiaculatoria intravaginale e alla soddisfazione nei rapporti sessuali, senza benefici nel lungo periodo dopo la sospensione del farmaco.

Safarinejad MR, Neuropsychopharmacology 2007; Epub ahead of print

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