Per il rilevamento del tumore prostatico, il numero di agobiopsie ? meno importante del punto in cui vengono effettuate. In particolare, le biopsie effettuate nella zona periferica laterale e mediana sono le pi? utili per la diagnosi. Questa combinazione raggiunge una sensibilit? dell’80 percento nei casi clinicamente significativi e del 33 percento in quelli non significativi, e l’aggiunta di dati dalla zona centrale non migliora questi parametri. In base al presente studio, uno schema basato su 12 biopsie risulta ottimale nel rilevamento della maggior parte dei tumori prostatici clinicamente significativi. (J Natl Cancer Inst 2007; 99: 1484-9)
Per la maggior parte dei tumori vescicali T1 G3 ad alto rischio, la cistectomia radicale ? il trattamento migliore, ma la procedura ha un impatto drammatico sulla qualit? della vita e non si adatta a tutti i pazienti: per alcuni di essi ? necessario un approccio pi? conservativo con immunoterapia. La chirurgia radicale porta ad una maggiore probabilit? di cura, ma date le complicazioni sessuali, gastrointestinali e di altra natura, il vantaggio in termini di sopravvivenza scompare in relazione alla qualit? della vita. Tenere conto di questo parametro, comunque, h un impatto sulla sopravvivenza meno pronunciato del previsto. (PLoS Med. 2007; 4: e284)
La colite da Clostridium difficile nei pazienti ospedalizzati raddoppia il rischio di mortalit?, ma nei pazienti con questo tipo di infezione portatori di malattie infiammatorie intestinali il rischio di morte ? aumentato quasi di nove volte. Questa tendenza ? pi? accentuata nei pazienti con rettocolite ulcerosa che in quelli con morbo di Crohn. Il significativo carico per la sanit? pubblica associato al C. difficile nella popolazione con malattie infiammatorie intestinali necessita di un uso prudente degli antibiotici in questa popolazione onde diminuire l’incidenza di questa complicazione. Il riconoscimento precoce e la pronta istituzione di un trattamento appropriato sono essenziali per migliorare gli esiti. (Gut online 2007, pubblicato l’1/10)
L’uso di 17P per la prevenzione del parto pretermine recidivante ? associato ad un aumento di almeno tre volte del rischio di diabete gestazionale. L’uso recente del progesterone per la prevenzione del parto pretermine rappresenta un progresso importante in campo medico, ma comunque esso incrementa dunque il rischio di un’altra complicazione della gravidanza. Il progesterone ha un noto effetto diabetogeno, e pertanto ? opportuno controllare la glicemia delle pazienti che lo ricevono onde iniziare precocemente eventuali terapie ed ottimizzare gli esiti della gravidanza. Sono inoltre necessari ulteriori studi per chiarire meglio l’associazione fra 17P e diabete gestazionale nelle donne portatrici di altri fattori di rischio e chiarire l’impatto di questa terapia sulla resistenza all’insulina durante la gravidanza. (Diabetes Care 2007; 30: 2277-82)
L’epatite B e C ? comune nei bambini con infezione da Hiv, che dovrebbero ricevere uno screening di routine per queste infezioni. Bench? bambini ed adolescenti con Hiv stiano vivendo vite pi? lunghe e sane, vi ? una certa carenza di ricerca sulla gestione dell’epatite cronica nei bambini. Il basso numero di casi documentati di infezione cronica da Hcv nei gruppi di bambini pi? piccoli esposti all’Hiv riflette l’effetto dello screening universale dei donatori di sangue e l’espansione dell’uso della terapia HAART in gravidanza. Negli ultimi 15 anni abbiamo assistito ad una rimarchevole diminuzione del tasso di acquisizione perinatale delle infezioni da Hbv ed Hcv, ma ci? nonostante, data l’elevata prevalenza della coinfezione documentata nel presente studio, sarebbe prudente effettuare uno screening di tutti gli adolescenti con Hiv per l’epatite virale. Tali coinfezioni sono comunque probabilmente molto pi? comuni in Africa d in Asia, a causa dell’impossibilit? di controllare i prodotti ematici e della mancanza di accesso alla vaccinazione anti-Hbv. (Clin Infect Dis 2007; 45: 795-8)
Elevati livelli sierici di calcio nei pazienti con ictus ischemico acuto sono correlati ad un minor volume dell’area infartuata. Il presente studio ? di tipo osservazionale, e quindi non ? possibile trarre conclusioni su possibili relazioni di tipo causa-effetto, ma sulla base dei suoi risultati potrebbe essere opportuno controllare precocemente i livelli di calcio in questi pazienti e correggere sollecitamente eventuali ipocalcemie. Lo studio comunque non suggerisce che l’incremento dell’assunzione di calcio con la dieta determini ictus pi? piccoli. Il metabolismo del calcio ? complesso, ed altri fattori quali danni a carico della funzionalit? epatica e renale, cattivo status nutrizionale e medicinali potrebbero agire da fattori interferenti diminuendo i livelli di calcio e potenzialmente influenzando le dimensioni dell’infarto. (Arch Neurol 2007; 64: 1287-91)
Il tumore prostatico ? una delle principali cause oncologiche di mortalit? negli uomini del mondo occidentale, e bench? fattori di rischio quali et?, razza ed anamnesi familiare non possano essere controllato, sono in aumento le prove del fatto che possa trattarsi di una malattia prevenibile. Alcuni medicinali che consentono questa realt?, almeno in una certa misura, 10 anni fa non esistevano neppure, mentre oggi sono di uso comune. La prevenzione tumorale ? preferibile al rilevamento precoce seguito dal trattamento, soprattutto a livello di popolazione. Il tumore prostatico ? la neoplasia pi? comune nel sesso maschile, e sotto certi aspetti appartiene allo stesso processo di invecchiamento naturale: circa un terzo degli uomini presentano piccoli tumori maligni della prostata gi? al quarto decennio di vita, ed all’et? di 60 anni questi piccolo carcinomi si rilevano nel 60 percento degli uomini. Il rischio di mortalit? causato da questi tumori ? molto basso, e la principale causa di morte in questi pazienti sono le cardiopatie: con una tale discordanza fra i dati istologici e la mortalit?, vi ? un ampio rischio di sovradiagnosi e sovratrattamento. Gli interventi aggressivi per le patologie in fase precoce hanno migliorato la sopravvivenza complessiva, ma molti pazienti ricevono terapie non necessarie e pertanto devono affrontare effetti collaterali come disfunzioni sessuali e problemi urinari. (Cancer online 2007, pubblicato il 24/9)
I parametri di concentrazione sierica del colesterolo distinguono al meglio i soggetti con o senza ipercolesterolemia familiare nella fascia d’et? compresa fra uno e nove anni. Il trattamento per diminuire tale concentrazione, come ad esempio mediante le statine, ? efficace nella prevenzione delle coronaropatie, e quindi lo screening dell’ipercolesterolemia familiare potrebbe rappresentare un’opzione pratica se fossero disponibili strategie efficaci. Lo screening a cascata, in cui vengono esaminati i parenti di primo grado di un soggetto affetto, ? attualmente in fase di valutazione in tal senso, ma al momento non vi sono metodi efficaci per identificare i casi primari nella popolazione, e quindi rimane incertezza sulle strategie di screening veramente efficaci. Il presente studio propone un approccio che offre un modo semplice per controllare bambini, genitori e membri della famiglia. Un potenziale punto di forza dello screening al momento dell’immunizzazione del bambino consiste nel fatto che esso avverrebbe in un momento in cui i genitori sono recettivi alla possibilit? della prevenzione di malattie nei loro figli, e pertanto potrebbero essere recettivi anche nei confronti di strategie su base familiare per la prevenzione delle conseguenze delle stesse malattie all’interno dell’intera famiglia. Sarebbe necessario sviluppare sistemi per seguire i bambini affetti nel tempo per assicurare che venga iniziato un trattamento appropriato all’et? giusta. (BMJ online 2007, pubblicato il 13/9)
La notizia. Uno sguardo? Non basta. Stop alla leggenda dell?intuito dei medici: le diagnosi si fanno con l?analisi delle informazioni e valutando tutte le alternative. Lo sostiene uno dei medici pi? famosi al mondo in un libro che sta facendo rumore.
Il mito sfatato. L?intuito ha sempre avuto una enorme folla di fan in ogni campo del sapere umano. Non fa eccezione la Medicina, un ambito nel quale le storie su diagnosi fatte al primo sguardo abbondano da secoli. Eppure sono altrettanto numerosi i casi di errori diagnostici gravissimi dovuti all?eccessiva importanza data dai medici al loro intuito.?Sull?argomento ? da poco uscito un libro dal titolo ?How doctors think?: un?analisi incisiva e a tratti spietata dei processi attraverso i quali i medici?sintetizzano le informazioni e comprendono le patologie.?Jerome Groopman, professore di Medicina alla Harvard Medical School, direttore del settore Experimental Medicine al Beth Israel Deaconess Medical Center e autore del saggio, spiega: ?Per la maggior parte gli errori di valutazione dei medici sono errori di pensiero, causati?a volte?dai nostri sentimenti, sentimenti che non sempre ammettiamo e spesso nemmeno sappiamo di provare?.
Le radici degli errori. Gli errori di attribuzione tipicamente si verificano quando le riflessioni dei medici sono viziate da stereotipi. Questi stereotipi possono essere negativi, come nel caso (raccontato da Groopman nel libro) in cui ben cinque medici hanno fallito nel diagnosticare un tumore endocrino a una donna che descriveva sintomi bizzarri ma premetteva di essere ?un po? pazza?. Oppure positivi, come nel caso in cui un medico del Pronto Soccorso non ha diagnosticato un?angina instabile (che poi ha portato ad un infarto del miocardio il giorno seguente) a una guardia forestale 40enne ?perch? gli ricordava un Clint Eastwood giovane e in piena forma?.?Aggiunge Groopman: “La specializzazione in Medicina conferisce un falso senso di certezza. Nel nostro campo meglio sottolineare le virt? della ponderazione, della cautela e del pensiero sistematico anzich? scommettere sull?intuito?. E se la responsabilit? di tanta malriposta fiducia nell?intuito personale fosse anche da imputare ai pazienti? ?Si tende a conferire ai medici una qualit? oracolare che inevitabilmente influenza l?atteggiamento del medico?.
Che fare? Qualche consiglio per i medici? ?Sempre prendere sul serio le teorie dei pazienti o delle madri dei bambini su quanto sta succedendo, non importa quanto bizzarre sembrino. I pazienti devono sentirsi liberi di commentare i sospetti del medico, e tutti devono fare a meno di generalizzazioni. Nessuno, n? medico n? paziente, dovrebbe mai accettare come prima risposta: Capita, a volte?. In pi?, i medici devono diffidare delle diagnosi che paiono ovvie e generare sempre una lista di diagnosi alternative pronte per ogni evenienza.
Bere pi? di una bibita analcolica al giorno aumenta il rischio di sviluppare tratti metabolici negativi e sindrome metabolica, e questo riguarda anche le bevande dietetiche e con calorie zero. Il consumo di bibite analcoliche ? triplicato dal 1977 al 2001, come anche le loro dimensioni. In base al presente studio, i soggetti che le bevono presentano un maggiore apporto calorico, un consumo maggiore di grassi saturi e trans, una minore assunzione di fibre e latticini ed uno stile di vita pi? sedentario. Le bibite dietetiche inoltre potrebbero anche indurre una risposta condizionante in cui la bibita promuove una preferenza dietetica per i cibi dolci; dato che queste bevande sono liquide, inoltre, chi le assume tende a mangiare di pi? al pasto successivo in quanto i liquidi non saziano. Il caramello nelle bibite, infine, ? stato associato a danno tissutale ed infiammazione, il che potrebbe contribuire all’aumento del rischio. Tutte queste teorie, comunque, sono dibattute in letteratura. (Circulation online 2007, pubblicato il 23/7)