La depressione clinica aumenta in modo significativo il rischio di morte o ricovero per cause cardiovascolari nei pazienti con insufficienza cardiaca, indipendentemente dalla gravit? della sindrome. Il presente studio conferma i risultati delle precedenti ricerche, ma li rafforza in quanto i livelli di peptide natriutretico sono stati utilizzati come misura della gravit? cardiovascolare: gli studi precedenti tendevano infatti a basarsi su parametri funzionali meno obiettivi pi? sensibili all’influenza dei sintomi depressivi. La depressione non ? solamente un marcatore di malattia pi? grave: essa ? comune in questa popolazione di pazienti, e comporta il proprio carico di rischio indipendente, anche nei pazienti con il cuore compromesso. L’uso di antidepressivi ? legato ad una diagnosi pi? infausta, il che non ? spiegato dal presente studio, quindi questo dato deve essere interpretato con cautela. (Arch Intern Med 2007; 167: 367-73)
Sono state aggiornate le linee guida AHA per la prevenzione cardiovascolare nelle donne, e negli aggiornamenti viene enfatizzata l’importanza di iniziare la prevenzione precocemente, con l’adozione di uno stile di vita sano, combattendo i fattori di rischio. E’ stato raccomandato un esercizio fisico giornaliero, anche leggero, come 30 minuti di passeggiata la maggior parte dei giorni della settimana. L’aspirina ? raccomandata al di sopra dei 65 anni se i benefici della sua somministrazione superani il rischio di emorragie gastrointestinali. Nella prevenzione primaria e secondaria, invece, non sono indicati gli integratori a base di antiossidanti. La progressione verso l’ipertensione pu? essere rallentata sia da mezzi farmacologici che non farmacologici. E’ stato escluso il rischio di conseguenze cardiovascolari negative derivanti dall’integrazione di calcio e vitamina D. (Circulation online 2007, pubblicato il 19/2)
I pazienti con epatite C presentano un aumento del 20-30 percento del rischio di sviluppare linfomi non-Hodgkin ed un aumento di tre volte di sviluppare macroglobulinemia di Waldenstrom, un linfoma di basso grado. E’ stato dimostrato infatti che l’infezione precede lo sviluppo di questi esiti e che il rischio nei soggetti infetti da Hcv ? costantemente incrementato. Risulta aumentato anche il rischio di crioglobulinemia. Non ? ancora noto se lo screening dei pazienti infetti possa aiutare ad identificare patologie linfoproliferative in fase precoce su cui intervenire tempestivamente: sono necessari ulteriori studi epidemiologici e fisiopatologici per chiarire questo punto. (JAMA. 2007; 297: 2010-7)
Le attivit? di fisioterapia, fisiokinesiterapia e massoterapia integrano (gi? prima dell’entrata in vigore del D.M. 21 gennaio 1994) gli estremi delle prestazioni paramediche rese alla persona nell’esercizio delle arti sanitarie soggette a vigilanza ai sensi del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 99, il cui comma 2 prevede l’arte ausiliaria del massaggiatore, a sua volta disciplinata, come specializzata rispetto a quella dell’infermiere generico, dal R.D. n. 1334 del 1928, art. 1, e sono, pertanto, esenti da IVA, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, n. 18, senza che, in contrario, spieghi influenza la circostanza che le prestazioni medesime siano fornite in assenza di prescrizione mediche ovvero in mancanza, presso il contribuente, delle apparecchiature necessarie per le relative indagini. (Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net).
I linfonodi ascellari raccolgono il 97 percento del drenaggio linfatico della mammella. In un tumore alla mammella, dopo un’adeguata dissezione dei linfonodi ascellari, la recidiva ? relativamente rara, variando dall’uno al tre percento, nel periodo che va dai 19 ai 27 mesi dopo il trattamento. Scopo di questo studio ? valutare le strategie di gestione nell’outcome della recidiva linfonodale ascellare.
Metodi
Lo studio ? stato effettuato su una popolazione generale, utilizzando i dati di un database sul tumore alla mammella. Sono state prese in considerazione 220 donne con un tumore alla mammella di stadio 0 fino allo stadio III, che avevano ricevuto la diagnosi tra il 1989 e il 2003 e hanno avuto una recidiva isolata ascellare. Per misuratori d’esito, sono stati considerati il tasso di sopravvivenza totale e il tasso di sopravvivenza libero da malattia, in base alle strategie di trattamento della recidiva ascellare.
Un trattamento combinato assicura una migliore sopravvivenza
Di 19.789 donne che hanno avuto una diagnosi di tumore alla mammella (dallo stadio 0 fino allo stadio III) durante lo studio, 220 hanno presentato una recidiva isolata ascellare (Kaplan-Meier, tasso di recidiva ascellare isolata a cinque anni 1,0 percento). L’intervallo medio tra la diagnosi di tumore alla mammella e la recidiva ascellare ? stato di 2,2 anni (con un range variabile da 1,8 mesi a 11,9 anni). Il follow-up medio dopo la recidiva ascellare ? stato di 5,4 anni. Il trattamento per la recidiva ascellare ha incluso la biopsia linfonodale (47,3 percento), una dissezione ascellare completa (25,9 percento), le radiazioni (65,0 percento), la chemioterapia (24,1), e la terapia ormonale (68,2 percento). Il tasso di sopravvivenza globale a cinque anni Kaplan-Meier stimato dopo una recidiva ascellare ? stato del 49,3 percento. La sopravvivenza media di 4,9 anni (variando da 2 mesi fino a 15,1 anni). Il tempo di sopravvivenza globale (P < 0,001) e libero da malattia (P = 0,006) ? stato pi? alto nelle pazienti trattate con una combinazione di chirurgia e radiazioni. Altri fattori associati con un miglioramento del tasso di sopravvivenza globale, sono stati: un intervallo dalla diagnosi alla recidiva maggiore di due anni e mezzo (P = 0,003), il non aver avuto come trattamento iniziale le radiazioni (P < 0,001), la comparsa della recidiva senza sintomatologia (P = 0,05), e un trattamento sistemico (P = 0,02).
Conclusioni
Il tasso di una recidiva ascellare isolata a cinque anni nelle donne trattate per un tumore alla mammella ? stato dell’1,0 percento. Una gestione multimodale al momento della recidiva che include la chirurgia ascellare, le radiazioni e la terapia sistemica ha migliorato in modo significativo la sopravvivenza globale e la sopravvivenza libera da malattia.
L’allattamento pu? controbilanciare alcuni degli impatti negativi della gravidanza sui livelli di colesterolo HDL. Esso infatti rappresenta un fattore comportamentale modificabile che potrebbe essere di beneficio nelle donne riducendo il loro rischio di malattie cardiovascolari e diabete nel futuro. Le donne che non allattano e quelle che lo fanno per meno di tre mesi vanno incontro ad una diminuzione del colesterolo HDL che equivale ad un incremento del rischio cardiovascolare del 14-21 percento, ma l’allattamento pu? attenuare questo fattore di rischio metabolico dopo la gravidanza, ed i suoi effetti divengono evidenti dopo lo svezzamento del bambino. (Obstet Gynecol 2007; 109: 729-38)
I bambini con diabete di tipo 1 presentano spesso anomalie persistenti ai dosaggi dei lipidi sierici. Sono necessari ulteriori studi per determinare quanto sia opportuno essere aggressivi nel trattamento delle dislipidemie in questa popolazione, che comunque presenta un aumento del rischio di malattie cardiovascolari. Le attuali raccomandazioni sulle dislipidemie nei giovani con diabete di tipo 1 sono basate sulle opinioni di esperti e sull’estrapolazione di dati derivanti dalla popolazione adulta, ma sono necessari pi? dati esplicitamente riguardanti i bambini con diabete di tipo 1 per informare le linee guida cliniche e le procedure decisionali terapeutiche. (J Pediatr 2007; 150: 146-50)
Alcuni tumori mammari non rilevati tramite mammografia o ecografia possono essere individuati con la RM: i dati del presente studio dimostrano infatti che l’aggiunta della RM ai regimi di screening per le donne ad alto rischio permette il rilevamento di tumori mammari altrimenti insospettati, anche dopo esame clinico, mammografia ed ecografia negativi. D’altro canto, ? importante notare che questi risultati non possono essere applicati alle donne a medio rischio. In altre parole, la RM mammaria pu? essere presa in considerazione come strumento di screening solamente nelle donne ad alto rischio. (Radiology 2007; 242: 698-713)
L’ablazione bipolare a radiofrequenza e la crioablazione possono semplificare le procedure ablative per fibrillazione atriale senza comprometterne l’efficacia. La vecchia procedura Cox-maze III utilizzava tecniche di taglio e sutura per interrompere i circuiti rientranti all’interno del tessuto atriale, mentre la nuova tecnica Cox-maze IV impiega energie bipolari a radiofrequenza e crioablazione quali mezzi ablativi per il rimpiazzo della maggior parte delle incisioni. Questa nuova tecnica ha semplificato la procedura da un punto di vista tecnico, rendendola applicabile alla maggior parte dei pazienti con fibrillazione atriale sottoposti a concomitante cardiochirurgia. Bench? nel passato la procedura Cox-maze sia stata riservata a pazienti altamente selezionati, essa pu? essere oggi offerta virtualmente a tutti i pazienti con fibrillazione atriale cronica indirizzati alla chirurgia coronarica o valvolare. (J Thorac Cardiovasc Surg 2007; 133: 389-96)
Gli anziani residenti in casa di cura con morbo di Alzheimer che prendono parte ad un programma di esercizio moderato della durata di un’ora due volte alla settimana presentano un declino significativamente pi? lento nella pratica di attivit? quotidiane rispetto a quelli che ricevono terapia medica standard. Il programma di esercizio, comunque, non sembra influire sui disturbi comportamentali, sulla depressione o sui punteggi di valutazione nutrizionale. L’aderenza alle sessioni di esercizio risulta predittiva di variazioni nella capacit? di effettuare le attivit? quotidiane. L’esercizio fisico, inoltre, determina un incremento della velocit? di deambulazione in questi pazienti. (J Am Geriatr Soc 2007; 55: 158-65)