Calcoli urinari: alfa-bloccanti aiutano espulsione

21 Mag 2007 Urologia

Gli alfa-bloccanti incrementano il tasso di espulsione dei calcoli ureterali distali: ci? accade presumibilmente tramite il rilassamento della muscolatura liscia ureterale. Di fatto, i pazienti con calcolosi ureterale che assumono alfa-bloccanti hanno probabilit? significativamente maggiori di liberarsene spontaneamente rispetto agli altri, riducendo la necessit? di procedure pi? invasive per la rimozione del calcolo. Nel presente studio ? stato calcolato che, per ogni quattro pazienti trattati con questa terapia medica, uno di essi avr? la possibilit? di espellere spontaneamente un calcolo che avrebbe altrimenti richiesto ulteriori procedure di rimozione. (J Urol 2007; 177: 983-7)

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L’efficacia dei bisfosfonati

20 Mag 2007 Ortopedia

Dai risultati dello studio REAL, che conferma l’efficacia dei bisfosfonati nel trattamento dell’osteoporosi, emerge la specifica capacit? del risedronato di ridurre il rischio di fratture al femore.
Questo ampio studio osservazionale retrospettivo, condotto in oltre 33.000 pazienti ultrasessantacinquenni, ha analizzato gli effetti di due farmaci (risedronato e alendronato) sull’incidenza di fratture non-vertebrali, in particolare quelle a carico del femore. Dai dati ottenuti ? emerso che i soggetti trattati con risedronato presentavano, rispetto a quelli che avevano assunto alendronato, una significativa e precoce riduzione dell’incidenza di fratture non-vertebrali: 19% e 18%, rispettivamente a 6 e 12 mesi. Inoltre, per quanto riguarda le fratture femorali, tale riduzione era pari al 46% gi? dopo 6 mesi di follow-up.

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Tumore prostatico di grado elevato: terapia aggressiva raddoppia sopravvivenza

19 Mag 2007 Oncologia

Rispetto all’approccio attendista conservativo, spesso raccomandato per gli uomini con tumore prostatico di grado elevato per via delle difficolt? del trattamento, la terapia radiante o la prostatectomia possono portare ad un significativo aumento della sopravvivenza. I pazienti con i tumori prostatici non metastatici pi? aggressivi (Gleason 8-10), se trattati aggressivamente, possono sopravvivere anche pi? di 14 anni, mentre in media quelli trattati in modo conservativo sopravvivono circa sette anni. Anche i tumori di grado elevato sono dunque potenzialmente curabili. Retrospettivamente, infatti, la differenza negli esiti a lungo termine fra i pazienti sottoposti a trattamento conservativo e quelli trattati con radioterapia e prostatectomia radicale ? considerevole. (J Urol 2007; 177: 911-5)

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Sindrome metabolica: utile la soia dopo la menopausa

Il consumo a breve termine di soia migliora il controllo glicemico ed il profilo lipidico nelle donne in et? postmenopausale con sindrome metabolica. I dati sugli effetti del consumo di soia nella sindrome metabolica umana erano finora scarsi: la soia potrebbe ridurre il rischio di sindrome metabolica tramite i suoi componenti benefici, ma le quantit? e la tipologia di queste componenti potrebbero variare fra i diversi tipi di prodotti a base di soia. In base al presente studio, la soia come rimpiazzo per la carne rossa nell’ambito di una dieta DASH ha effetti benefici su vari aspetti della sindrome metabolica, ed i semi di soia sono pi? efficaci delle proteine della soia. (Am J Clin Nutr. 2007; 85: 735-41)

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Tumori di testa e collo: nuovo strumento predice sopravvivenza

17 Mag 2007 Oncologia

Le statistiche sulla sopravvivenza ai tumori vengono di solito calcolate dal momento della diagnosi, ma per i pazienti che sono gi? sopravvissuti per un po’ di tempo, il parametro della sopravvivenza condizionale (CS), meno utilizzato, dipinge una pi? chiara immagine della prognosi. Tale calcolo ? stato effettuato per la prima volta per i pazienti con tumori di testa e collo, ed i dati derivanti spesso portano buone notizie per il paziente, in quanto la prognosi della maggior parte dei pazienti tende a migliorare dopo che sono sopravvissuti per un lungo periodo dalla prima volta che hanno ricevuto diagnosi e sono stati trattati. I dati di questo calcolo possono essere utilizzati come base per la stratificazione dei pazienti nel tempo, permettendo anche al paziente di comprendere che il proprio rischio di mortalit? cambia con il passare del tempo. Il medico inoltre pu? sfruttare questi dati per l’ottimizzazione della sorveglianza post-terapeutica. (Cancer. 2007; 109: 1331-43)

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Rinosinusite: abusati antibiotici e corticosteroidi

Recenti dati statistici suggeriscono che la rinosinusite, sia acuta che cronica, viene spesso sovratrattata con medicinali mal scelti. Gli antibiotici, ad esempio, vengono prescritti molto pi? spesso di quanto avrebbero indicato le circostanze in cui vi ? un’eziologia batterica. Anche i corticosteroidi vengono prescritti molto pi? spesso di quanto la letteratura suggerirebbe. Gli unici medicinali che vengono prescritti con la frequenza suggerita dalle attuali linee guida sono gli antistaminici. Finch? non si avranno riscontri oggettivi a supporto di una linea comportamentale precisa, comunque, le prescrizioni continueranno ad essere governate dall’esperienza clinica dei singoli medici. (Arch Otolaryngol Head Neck Surg 2007; 133: 260-5)

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Tumore mammario: trattamento adiuvante congiunto migliora gli esiti

15 Mag 2007 Oncologia

A seguito di un intervento chirurgico conservativo, le donne con tumore mammario tendono ad andare incontro ad esiti migliori se sottoposte a chemioterapia e radioterapia contemporaneamente piuttosto che sequenzialmente. Il trattamento congiunto porta infatti ad un miglioramento della sopravvivenza libera da recidive locoregionali a cinque anni. Il rischio di tossicit? a lungo termine associato a questa strategia ? per? ancora ignoto, ed alcuni farmaci comportano anche il rischio di leucemia secondaria. E’ dunque necessario un monitoraggio dei cambiamenti recentemente introdotti nel trattamento del tumore mammario in stadio precoce. (J Clin Oncol 2007; 25: 405-10)

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Nefropatie croniche: prevalenza ancora in aumento

Nel periodo 1999-2004 il 16,8 percento degli adulti erano affetti da nefropatie croniche negli USA, contro il 14,5 percento del periodo 1988-1994. La prevalenza di queste malattie risulta superiore nei soggetti con diabete, malattie cardiovascolari ed ipertensione. I dati del presente studio indicano che le nefropatie croniche rappresentano un problema sanitario in crescita, e trattamenti come il controllo dell’ipertensione nei primi stadi delle nefropatie croniche pu? prevenirne la progressione verso le nefropatie terminali, che a loro volta sono aumentate negli ultimi 30 anni, e verosimilmente continueranno ad aumentare fino al 2010. (MMWR Morb Mortal Wkly Rep. 2007; 56: 161-5)

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Elasticity Imaging:evoluzione della diagnostica ad ultrasuoni

13 Mag 2007 Oncologia

L’American Cancer Society stima che ogni anno negli Stati Uniti venga formulata la diagnosi di cancro della mammella in 212.920 donne. Lo screening mammografico nella maggior parte di questi casi rappresenta la via migliore per l’individuazione di un tumore in fase iniziale e facilmente curabile, anche se nelle pazienti ad alto rischio con seno denso le lesioni sono pi? facilmente individuabili mediante la Risonanza Magnetica (RM) o l’Esame Ecografico (US). Strumenti che permettono di ovviare, in questi casi, alla perdita di sensibilit? diagnostica della mammografia, ma con il limite di non distinguere in modo efficace le lesioni benigne da quelle maligne. Nella pratica clinica il risultato finale delle procedure diagnostiche delle lesioni mammarie si concretizza nell’esecuzione di un alto numero di biopsie e ci? avviene prevalentemente (80% dei casi) su lesioni benigne.

Una nuova tecnica ad ultrasuoni, che rappresenta l’evoluzione del routinario esame ecografico, potrebbe essere utile nel discriminare le lesioni benigne della mammella da quelle maligne e ridurre il numero di biopsie invasive. Questa procedura, denominata elasticity imaging, misura il grado di compressione dei tessuti in risposta alla pressione e poich? i tumori tendono ad avere una struttura tessutale pi? consistente e un grado di elasticit? differente rispetto alle lesioni benigne, il test potrebbe rappresentare un metodo sicuro e non invasivo per individuare le proliferazioni neoplastiche maligne della mammella.

Nel recente meeting annuale della Radiological Society of North America di Chicago i ricercatori del Northeastern Ohio Universities College of Medicine di Youngstown hanno presentato dei risultati preliminari, ripresi anche da Nature, sui test diagnostici di elasticity imaging correlata con esame ad US convenzionale effettuati su 166 lesioni della mammella identificate e classificate con procedura bioptica in 99 pazienti. Le dimensioni, misurate e confrontate con le due tecniche, hanno evidenziato che le lesioni benigne erano pi? piccole all’elasticity imagingrispetto all’esame US, mentre l’elasticity imaging caratterizzava con un immagine pi? grande le lesioni maligne. Le biopsie ecoguidate su 123 lesioni di 80 soggetti hanno mostrato che l’ elasticity imaging aveva correttamente evidenziato 17/17 lesioni maligne e 105/106 lesioni maligne con una sensibilit? del 100% e una specificit? del 99%.

I risultati ottenuti sulla mammella fanno presupporre che l’elasticity imaging possa avere future possibilit? di impiego anche in altri organi come il fegato, ma questo presuppone una ridefinizione completa del software finora utilizzato. Nell’immediato lo studio ha permesso l’avvio di un trial multicentrico internazionale che a partire dal gennaio 2007 avr? l’obiettivo di valutare la validit? di questa metodica. In conclusione, l’elasticity imaging, se terr? fede al le premesse, potrebbe essere una metodica non invasiva ed altamente specifica per l’identificazione di lesioni neoplastiche della mammella in grado di evitare alle donne pi? della met? delle biopsie che oggi vengono eseguite su lesioni benigne.

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Iperglicemia: una crisi globale

Il diabete mellito insieme a fumo, ipertensione arteriosa e dislipidemia rappresenta uno dei fattori di rischio pi? importante per malattie cardiovascolari e cerebrovascolari. Ha un peso significativo nel determinismo di queste patologie al punto che, ad esempio, ? noto che il soggetto diabetico ha un rischio quasi doppio rispetto al soggetto sano di sviluppare infarto miocardico e si ritiene che per questi pazienti il rischio ? sovrapponibile a quello di individui che hanno gi? avuto un primo infarto. Per tale motivo le misure di prevenzione della cardiopatia ischemica sono pi? rigide in questa popolazione e si ritiene che siano assimilabili ad una cosiddetta prevenzione secondaria anche in coloro che non hanno gi? avuto eventi cardiovascolari o cerebro vascolari.

Una recente ampia analisi di popolazione pubblicata sulla rivista Lancet ha evidenziato come, non soltanto una condizione di diabete conclamato, bens? anche una glicemia superiore a quella definita ottimale costituisce universalmente un importante elemento predisponente per mortalit? cardiovascolare e per ictus.

Sono stati innanzitutto determinati i valori definiti ottimali di glicemia nelle popolazioni sparse nei principali continenti in ben 52 nazioni differenti (vedi tabella 2, pag 1654, Media standardizzata per et? di glicemia plasmatica a digiuno in mmol/L per sesso e regione). E’ stato possibile calcolare che nel corso dell’anno 2001 a fronte di 960.000 morti totali nel mondo attribuibili a diabete mellito, oltre due milioni di morti sono state causate da livelli di glicemia superiori alla norma, ovvero che non raggiungono i valori di riferimento per essere considerati caratteristici del diabete.

Viene riportato sulla pubblicazione del Lancet che il 21% di tutte le morti per causa cardiovascolare ed il 13% di tutte le morti per ictus sono attribuibili ad una glicemia superiore a quella ottimale, la maggior parte delle prime ha interessato soggetti di et? superiore a 70 anni, con una maggiore frequenza in Asia meridionale, seguita da Europa ed Asia centrale. La maggior parte di decessi ascrivibili a diabete ? stata rilevata in Asia orientale e nella regione del Pacifico, invece, la gran parte di morti dovute a ictus correlato a glicemia superiore all’ottimale ? stata registrata in Asia meridionale, Medio oriente e Africa settentrionale.

L’evidenza che una su cinque morti per cardiopatia ischemica (21%) e una su otto (13%) per ictus nel mondo siano attribuibili a condizioni di glicemia superiori a quelle ottimali ha portato a considerare che tale situazione abbia un peso superiore a quello del fumo (12%), ma inferiore a ipercolesterolemia (45%) ed ipertensione arteriosa (47%) per le coronaropatie e superiore al fumo (8%), uguale ad ipercolesterolemia (13%) ed inferiore ad ipertensione arteriosa (54%) per l’ictus.

In considerazione del fatto che i livelli di glicemia nella popolazione mondiale, condizionati da fattori genetici, ma anche ambientali come soprattutto dieta ed aumento del peso corporeo, mostrano un costante trend in crescita, si pu? giustamente definire questa come una ?crisi globale?, come riportato nel commento sullo stesso numero della rivista a firma di Avendano e Mackenbach di Rotterdam. Essi sottolineano l’importanza di intensificare strategie di prevenzione nella popolazione generale rivolte al controllo e alla riduzione della glicemia, basate non soltanto su interventi di terapia farmacologica, ma soprattutto su programmi di correzion dello stile di vita. Questi interventi sul ?lifestyle? devono essere pi? precoci, in quanto risultano spesso molto efficaci, come ? anche riportato in alcuni studi citati, ove viene segnalato che tali misure prevengono la progressione verso il diabete conclamato almeno del 58% e ne ritardano di quasi 11 anni la comparsa in soggetti ad elevato rischio, come quelli con segni di alterata tolleranza glucidica.

Fonti

– Goodarz Danaei, Carlene M M Lawes, Stephen Vander Hoorn, Christopher J L Murray, Majid Ezzati.Global and regional mortality from ischaemic heart disease and stroke attributable to higher-than-optimum blood glucose concentration: comparative risk assessment. Lancet 2006; 368: 1651?59

– Mauricio Avendano, J P Mackenbach. Blood glucose levels: facing a global crisis. Lancet 2006;368: 1631,1632

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