Dieta ipoproteica ed ipocalorica ed esercizio di resistenza diminuiscono rischio

4 Mar 2007 Oncologia

Il consumo di una dieta a basso contenuto proteico e calorico e l’esercizio di resistenza sono connessi ad una diminuzione del rischio tumorale. Le diete occidentali, l’obesit? e gli stili di vita sedentari sono associati ad un aumento del rischio tumorale, ma i meccanismi alla base di questo fenomeno non sono chiari. L’esercizio fisico, la diminuzione dell’adiposit? corporea ed il consumo a lungo termine di una dieta ipoproteica ed ipocalorica sono associati ad una diminuzione del fattori di crescita e degli ormoni plasmatici che sono connessi ad un aumento del rischio tumorale. Un basso apporto proteico potrebbe avere ulteriori effetti protettivi in quanto ? associato ad una diminuzione dell’IGF-1 circolante a prescindere dalla massa grassa corporea. (Am J Clin Nutr. 2006; 84: 1456-62)

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Tumori siti sconosciuti: albumina sierica aiuta nella prognosi

3 Mar 2007 Oncologia

E’ stato sviluppato un efficace modello prognostico per la sopravvivenza di pazienti affetti da tumori il sito primario dei quali ? sconosciuto. Il presente studio presenta le prime indicazioni su linfopenia e bassi livelli sierici di albumina nei pazienti con tumori di sito primario sconosciuto. La presenza di metastasi epatiche e bassi livelli di albumina sierica rappresentano i pi? potenti fattori prognostici negativi in questi pazienti, ed il modello prognostico proposto si basa proprio su questi due elementi. Tale modello si ? dimostrato superiore in modo sostanziale rispetto al modello standard di Culine, che si basa sullo status funzionale e sui livelli sierici di LDH. (Cancer 2006; 107: 2698-705)

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Dieci biomarcatori contribuiscono moderatamente alla previsione degli eventi car

Dieci comuni biomarcatori contemporanei che hanno attirato l’attenzione quali possibili fattori predittivi di rischio cardiovascolare di fatto non aggiungono molto ai fattori di rischio tradizionali per la valutazione del rischio di eventi cardiovascolari futuri in soggetti sani. I marcatori in questione comprendono CRP, BNP, peptide natriuretico proatriale N-terminale, aldosterone, renina, fibrinogeno, D-dimero, inibitore dell’attivatore del plasminogeno di tipo I, omocisteina e rapporto urinario albumina/creatinina. Anche in combinazione, questi 10 biomarcatori presentano una capacit? predittiva solo modesta in aggiunta ai fattori di rischio cardiovascolare tradizionali per il singolo paziente, e pertanto non ? conveniente praticarne uno screening sull’intera popolazione. Queste conclusioni comunque non riguardano i soggetti gi? cardiopatici, e non escludono che questi biomarcatori possano essere utili in gruppi selezionati, come i pazienti a medio rischio. (N Engl J Med. 2006; 355: 2631-9 e 2615-7)

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Training cognitivo utile per le attivit? quotidiane degli anziani

E’ stato dimostrato che il declino nelle abilit? cognitive porta ad un aumento del rischio nelle difficolt? incontrate nello svolgimento delle attivit? strumentali quotidiane, ma non era finora chiaro se interventi volti a mantenere o favorire le abilit? cognitive negli anziani possano prevenire o ritardare queste difficolt? funzionali. Precedenti studi sugli anziani si erano concentrati su pazienti con deficit cognitivi o disabilit? funzionali, e pi? sui rimedi che sulla prevenzione. In base al presente studio, il training del ragionamento determina un minor declino funzionale nelle attivit? quotidiane. Dato il ritardo della correlazione fra declino cognitivo e deficit funzionali, la piena portata degli effetti di questo intervento sulla funzionalit? quotidiana impiega pi? di cinque anni per risultare osservabile in una popolazione altamente funzionale all’atto dell’arruolamento. La popolazione sta invecchiando, ed affrontare la limitazione delle opzioni per il mantenimento della funzionalit? cognitiva rappresenta una sfida: un approccio possibile potrebbe prevedere una combinazione di interventi farmacologici e sullo stile di vita onde andare incontro alle esigenze cognitive, funzionali ed affettive di soggetti con diverse comorbidit?. Tale approccio rifletterebbe la variazione degli stadi di rischio di declino dello status funzionale e cognitivo, e pertanto la variazione dei livelli di rischio di perdita dell’indipendenza, l’esito che determina i maggiori costi per individui, famiglie e societ?. (JAMA. 2006; 1296: 2805-14 e 2852-4)

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Sindrome metabolica: suggeriti estrogeni transdermici per le donne

Bench? sia gli estrogeni per via orale che quelli per via transdermica siano utili per le donne sintomatiche postmestruali con sindrome metabolica, la terapia transdermica ? comunque preferibile in quanto quella orale potrebbe peggiorare la resistenza all’insulina ed i parametri adipocitrochinici. La terapia transdermica non influenza significativamente l’insulinoresistenza, eccezion fatta per una diminuzione del rapporto glucosio/insulinoresistenza; inoltre questa terapia non determina variazioni nei livelli di leptina o resistina, mentre fa registrare un aumento dell’adiponectina ed un calo della grelina. Non sono stati osservati cambiamenti nei parametri lipidici. Bench? siano necessari studi a lungo termine prima di poter effettuare raccomandazioni, questi dati suggeriscono che gli estrogeni dovrebbero essere somministrati per via transdermica nelle donne obese con sindrome metabolica. (Fertil Steril 2006; 86: 1669-75)

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Omocisteina e folati connessi a performance cognitiva

27 Feb 2007 Neurologia

Omocisteina e folati hanno effetti differenti su diversi aspetti della funzionalit? cognitiva. Le correlazioni fra elevati livelli di omocisteina, folati e vitamina B12 e performance cognitiva negli anziani non dementi non era stata finora ben accertata. In base al presente studio, la vitamina B12 non risulta significativamente correlata ai risultati di alcun test cognitivo, mentre elevati livelli di omocisteina risultano associati alla capacit? di costruzione ed alla velocit? di processazione, ed i folati risultano connessi ai parametri correlati a memoria episodica e linguaggio, presentando pertanto associazioni indipendenti con aree specifiche della performance cognitiva. (Am J Clin Nutr 2006; 84: 1506-12)

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Sclerosi multipla: mononucleosi infettiva connessa al rischio

Un’anamnesi di mononucleosi infettiva pu? aumentare il rischio di sclerosi multipla. La mononucleosi infettiva ? causata dal virus di Epstein-Barr, ed era gi? stata associata al rischio di sclerosi multipla, ma finora poco era noto sulle caratteristiche di tale associazione. In base al presente studio, il rischio rimane pi? che raddoppiato per pi? di 30 anni di osservazione, ed uniformemente distribuito nelle varie fasce di et? e sesso. Questa assenza di variazioni nel rischio di sclerosi multipla pu? riflettere un cambiamento permanente nello status immunologico che conferisce un permanente aumento del rischio, ipotesi che necessita di ulteriore investigazione. (Arch Neurol. 2007; 64: 72-5)

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Elevati livelli di omocisteina materni connessi a schizofrenia

25 Feb 2007 Ginecologia

Elevati livelli di omocisteina nel terzo trimestre di gravidanza sono associati ad un aumento del rischio di sviluppo di schizofrenia nella prole. I dati del presente studio potrebbero avere importanti implicazioni per la comprensione delle cause di schizofrenia che influenzano il cervello nel periodo prenatale. Elevati livelli di omocisteina sono connessi ad anomalie nella funzionalit? placentare ed a complicazioni della gravidanza. L’omocisteina potrebbe avere degli effetti sulla struttura e funzionalit? del cervello, oppure portare a lievi danni nelle strutture vascolari della placenta che compromettano l’apporto di ossigeno al feto. Se il legame causale dovesse essere confermato, si potrebbe giungere alla prevenzione di alcuni casi di schizofrenia tramite misure relativamente semplici come l’integrazione dell’acido folico nella parte terminale della gravidanza. (Arch Gen Psychiatry 2007; 64: 31-9)

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Morbo di Parkinson: alterazioni autonomiche in assenza di ipotensione ortostatic

24 Feb 2007 Neurologia

Anche in assenza di ipotensione ortostatica, i pazienti con morbo di Parkinson possono presentare un danno quantificabile nel controllo autonomico cardiaco e vascolare. Un pronto rilevamento di anomalie del simpatico potrebbe determinare interventi terapeutici pi? precoci, riduzione dell’intolleranza ortostatica e miglioramento della qualit? della vita. Nei pazienti esaminati nel presente studio il difetto principale consisteva nell’assenza dell’incremento previsto della variabilit? a bassa frequenza della pressione, un indicatore della modulazione del tono vascolare da parte del simpatico, in risposta agli stimoli. Questi risultati forniscono ulteriori prove a supporto della teoria in base alla quale il morbo di Parkinson, oltre alla degenerazione centrale dei neuroni dopaminergici, sia caratterizzato anche da degenerazione periferica dei nervi autonomici coinvolti nella regolazione cardiovascolare. E’ possibile ipotizzare che anche in assenza di ipotensione ortostatica conclamata i dati del presente studio possano aiutare medici e pazienti ad identificare sintomi e segni precoci di intolleranza ortostatica, ed ad iniziare precocemente una terapia con farmaci, sali ed acqua. Ci? potrebbe ridurre l’intensit? dei sintomi di intolleranza ortostatica, riducendo pertanto anche il numero delle cadute, migliorando l’autosufficienza e la qualit? della vita dei pazienti. (Hypertension 2007; 49: 21-2 e 120-6)

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Asma: tossine onda rossa danneggiano funzionalit? polmonare

23 Feb 2007 Pneumologia

Le tossine aerosolizzate che derivano dai germogli nocivi delle alghe comunemente noti come “onda rossa” danneggiano significativamente la funzionalit? polmonare nei pazienti asmatici. Sono necessari ulteriori studi per determinare gli effetti a lungo termine dell’esposizione a queste tossine, ma fino ad allora, gli asmatici dovrebbero evitare i tratti di spiaggia affetti da onda rossa. Questo fenomeno pu? verificarsi in tutto il mondo: nel Golfo del Messico, ad esempio, avviene annualmente ed ? causato da microalghe marine chiamate Karenia brevis. Studi su animali avevano gi? dimostrato che le tossine dell’onda rossa possono causare broncocostrizione, ma il presente studio ? il primo a riportarne gli effetti sull’uomo. Per fortuna, si tratta di un fenomeno contenuto, e quindi ? sufficiente spostarsi anche di poco per trovare tratti di spiaggia che ne sono liberi. (Chest 2007; 131: 187-94)

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