Diabete tipo 1: necessario variare la dieta per ottimizzare la crescita nei giov

Di solito i bambini piccoli con diabete di tipo 1 tendono ad assumere quantit? adeguate di micronutrienti, ma carboidrati ed apporto energetico potrebbero essere troppo scarsi, probabilmente perch? il loro piano dietetico non tiene il passo con la loro et?. La dieta ? un componente importante nella gestione del diabete di tipo 1, e pu? essere essenziale per l’ottenimento di buoni esiti: lo scopo della gestione dietetica convenzionale nel diabete di tipo 1 consiste nel consumare una dieta ben bilanciata e nutrizionalmente adeguata con dosaggi insulinici adeguati rispetto all’apporto di carboidrati onde ottenere una glicemia pi? vicina alla norma possibile.

Data la rapida crescita in et? prescolare, i bambini con diabete di tipo 1 necessitano di uno stretto monitoraggio da parte di nutrizionisti esperti onde assicurare che i loro piani dietetici individualizzati vengano modificati in modo appropriato con la loro crescita. Sono necessarie ulteriori ricerche per esaminare il controllo glicemico di questi bambini da un punto di vista multifattoriale, che comprenda aderenza alla dieta, comportamento relativo all’insulina, livelli di attivit? e funzionalit? psicosociale della famiglia. (J Am Diet Assoc 2007; 107: 46-52)

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Ictus: immobilizzazione del polso non previene contratture

21 Feb 2007 Neurologia

Nei pazienti con emiplegia post-ictus, l’immobilizzazione con ferula del polso per quattro settimane non riduce lo sviluppo di contratture del polso. Il presente studio comunque non intendeva investigare i risultati di questo intervento negli adulti non sottoposti a riabilitazione, e non ? noto se i suoi risultati siano generalizzabili a questa popolazione di pazienti. I suoi dati comunque presentano nuove sfide per medici e terapisti che devono effettuare delle scelte sulla strategia di gestione delle contratture sui pazienti andati incontro ad ictus, e portano a suggerire l’abbandono dell’immobilizzazione del polso dopo l’ictus. (Stroke 2007; 38: 111-6)

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Fibrosi cistica: screening neonatale migliora gli esiti

20 Feb 2007 Pneumologia

I pazienti con fibrosi cistica identificati tramite screening neonatale presentano miglioramenti della crescita, riduzioni della morbidit? e minore necessit? di terapie a lungo termine rispetto a quelli che ricevono diagnosi pi? tardivamente su base clinica. Lo screening della fibrosi cistica sui neonati rappresenta un argomento controverso, dato che non era finora chiaro se questo approccio in ultima analisi migliorasse la funzionalit? polmonare, ma gli studi in materia non avevano tenuto conto fino ad oggi delle differenze nelle terapie somministrate ai soggetti diagnosticati tramite screening rispetto agli altri. In base al presente studio, lo screening neonatale della fibrosi cistica fornisce un’opportunit? di massimizzare il potenziale clinico di pazienti la cui sopravvivenza sarebbe potuta altrimenti essere limitata alla prima et? adulta. (Pediatrics 2007; 119: 19-28)

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Test PSA raccomandato negli uomini anziani con ematuria persistente

19 Feb 2007 Oncologia

Il tumore prostatico viene rilevato in un’elevata percentuale di uomini di et? compresa fra 50 e 79 anni con ematuria persistente, e pertanto questi soggetti dovrebbero essere automaticamente sottoposti a test del PSA. Probabilmente per? non vi ? alcuna connessione diretta fra ematuria e tumore prostatico, dato che comunque il tasso di rilevamento risulta pi? elevato nei soggetti con ematuria microscopica che in quelli con ematuria macroscopica. Secondo alcuni, il test del PSA dovrebbe essere applicato sia in presenza che in assenza dell’ematuria. Vanno dunque effettuati studi prospettici su popolazioni non selezionate per determinare se l’ematuria sia un fattore di rischio di tumore prostatico. (BJU Int 2006; 98: 1221-4)

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Neuropatia diabetica: C-peptide migliora forme iniziali

18 Feb 2007 Neurologia

Il C-peptide migliora la funzionalit? dei nervi sensoriali nei pazienti con diabete di tipo 1 con neuropatia diabetica in fase precoce. Contrariamente all’opinione prevalente, il C-peptide ? infatti un peptide bioattivo che i suoi effetti possono risultare molto importanti nella preservazione della funzionalit? microvascolare: i pazienti con deficit di C-peptide, pertanto, come quelli con diabete di tipo 1, dovrebbero ricevere un’integrazione di C-peptide sin dall’esordio della malattia. Il C-peptide potrebbe essere di beneficio non soltanto per la funzionalit? neurale, ma anche per il trattamento e la prevenzione di altre complicazioni a lungo termine del diabete di tipo 1: dati clinici e preclinici indicano che questa molecola ? utile nel migliorare anomalie sia funzionali che strutturali della nefropatia diabetica in questi pazienti. (Diabetes Care 2007; 30: 71-6)

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La probabilit? di morte raddoppia per ogni aumento di 10 volte dei livelli di tr

Ricercatori del Beth Israel Medical Center a New York hanno valutato la troponina I come predittrice di mortalit? in due popolazioni indipendenti.

Lo studio ? stato eseguito su 34.227 pazienti.

L?odds ratio di mortalit? come una funzione log10 di troponina ? risultato 2.08 ( derivazione ) e 2.07 ( validazione ).

I dati dello studio hanno indicato che la presenza di livelli rintracciabili di troponina I, al momento dell?ingresso nel Dipartimento di Emergenza, ? associata ad aumento della mortalit?.
Nelle due popolazioni clinicamente distinte esaminate, l?odds ( probabilit? ) di morte ? raddoppiato per ogni aumento di 10 volte dei valori di troponina.
Questo ? avvenuto al di sotto degli attuali cutoff diagnostici.

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Tumori: carnitina allevia affaticamento

17 Feb 2007 Oncologia

L’integrazione dell’L-carnitina a dosi fino a tre grammi al giorno ? sicura e ben tollerata nei pazienti oncologici, ed allevia l’affaticamento dovuto al tumore. In letteratura, i dosaggi della carnitina applicati nei vari studi variano ampiamente, ma gli autori hanno osservato che al di l? dei tre grammi al giorno i suoi effetti sull’affaticamento vanno incontro ad un plateau. Nei pazienti oncologici l’affaticamento pu? essere correlato a chemioterapia o radioterapia, o all’anemia da cause metaboliche, dato che questi pazienti non utilizzano in modo appropriato le risorse biologiche. La carnitina ? un micronutriente che si trova in carne e latticini che consente il trasporto degli acidi grassi a catena lunga nella cellula, dove questi ultimi vengono convertiti in energia. Alcuni chemioterapici inibiscono specificamente il riassorbimento della carnitina da parte del rene. In met? dei pazienti oncologici, la carnitina risulta carente. (J Pain Symptom Manage 2006; 32: 551-9)

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Elevati livelli acido urico connessi a lieve danno cognitivo negli anziani

16 Feb 2007 Neurologia
I soggetti anziani con livelli di acido urico ai confini superiori della norma hanno maggiori probabilit? di andare incontro a lievi danni cognitivi rispetto agli altri. Fra i possibili marcatori di declino cognitivo da invecchiamento, l’acido urico ? oggetto di controversie in quanto ha propriet? antiossidanti ma risulta aumentato in malattie che di solito portano a declino cognitivo. In base al presente studio, per?, anche a seguito di approssimazione per et?, sesso, razza, anni di educazione, ipertensione, diabete, fumo ed abuso o dipendenza da alcool, elevati livelli di acido urico nel siero rimangono associati ad un aumento del rischio di memoria operativa ed apprendimento e memoria verbali al di sotto della media. Ci? potrebbe giustificare uno studio sulla capacit? degli inibitori della xantina-ossidasi di migliorare la performance cognitiva negli anziani con elevati livelli di acido urico. (Neuropsychology 2007; 21: 136-40)

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GH inefficace e spesso dannoso quale terapia anti-invecchiamento

Il GH non ? efficace quale terapia anti-invecchiamento: i cambiamenti benefici che l’ormone produce nella composizione corporea sono infatti limitati, e gli effetti collaterali comuni. Il GH viene comunemente usato per questa applicazione, per la quale non ? mai stato esplicitamente approvato: diversi studi hanno indicato che esso pu? migliorare la composizione corporea, la BMD, i livelli di colesterolo ed evita anche la morte nel soggetti con deficit di questo ormone,ma la sicurezza e l’efficacia di questa pratica nei soggetti sani in cerca di una soluzione anti-invecchiamento non erano finora chiare. Il presente studio non supporta questa indicazione, ed in base ai dati attualmente disponibili il GH non pu? essere raccomandato per l’uso sui pazienti anziani. (Ann Intern Med 2007; 146: 104-15)

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Guerra agli estrogeni

Realizzato anche grazie al contributo scientifico di AstraZeneca

Come ogni anno, nella prima met? di dicembre a San Antonio in Texas, si danno appuntamento da tutto il mondo gli specialisti del tumore al seno. Un simposio monotematico, che dura quasi una settimana, perch? sul carcinoma mammario, per fortuna, ci sono sempre pi? informazioni da trasmettere e applicare.
Nella maggioranza dei casi la crescita del tumore ? estrogeno-dipendente e le pazienti sono in post-menopausa (fisiologica o chirurgica), motivo per cui interrompere la stimolazione estrogenica ? sicuramente uno degli approcci pi? efficaci.

Agire subito

La rivoluzione part? con il tamoxifene, antagonista parziale dei recettori per gli estrogeni, che per primo, e per diversi anni, ha guidato la svolta nel trattamento di questi tumori. A seguire gli inibitori non steroidei dell?aromatasi che, non agendo direttamente sui recettori, risultano un po? meglio tollerati. Anastrozolo, uno degli esponenti pi? giovani di questa famiglia si ? rapidamente conquistato una promozione: da seconda scelta nei carcinomi in fase avanzata, ad adiuvante nelle fasi precoci dei tumori invasivi. Ultimo riconoscimento: anche le donne in terapia da 2-3 anni con tamoxifene, possono ottenere benefici aggiuntivi, in termini di sopravvivenza passando al trattamento con anastrozolo. Merito della superiore efficacia di quest?ultimo e anche dei rispettivi meccanismi d?azione dei due farmaci che, essendo diversi, non causano resistenze crociate.

Non arrendersi

Dopo gli interventi di prima linea, il tumore pu? progredire o recidivare. In questi casi per avere maggiori probabilit? di successo occorre cambiare l?approccio farmacologico.
Uno dei migliori candidati ? fulvestrant, antagonista competitivo dei recettori per gli estrogeni, dotato di buona affinit? e privo di azione agonista, anche parziale. ? gi? commercializzato con indicazione al trattamento del carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico, ma tuttora oggetto di studi. In particolare, a San Antonio, sono stati presentati i risultati preliminari di EFECT (Evaluation of Faslodex vs Exemestane Clinical Trial), studio randomizzato in doppio cieco, condotto su donne in postmenopausa con tumore della mammella in fase avanzata o metastatica. Exemestane ? un inibitore steroideo irreversibile dell`aromatasi, formulato in compresse da assumere ogni giorno; fulvestrant invece si somministra per iniezione intramuscolare una volta al mese. Il 60% delle donne (693) incluse nel trial aveva gi? ricevuto 2 o pi? terapie endocrine e presentava metastasi viscerali. Entrambi i farmaci sono ben tollerati, tuttavia la singola somministrazione mensile migliora la qualit? di vita e la compliance delle pazienti. L?efficacia in termini di tempo libero da progressione ? risultata sovrapponibile nei due gruppi, ma la malattia ? progredita nell?87,4% delle donne del gruppo exemestane e nell?82,1% del gruppo fulvestrant. L?antagonista recettoriale ha indotto risposte pi? durature (13,5 mesi vs 9,8) e un tasso di beneficio clinico del 32,2% (l?insieme delle pazienti con remissione parziale o completa della malattia e di quelle con malattia stabile per almeno sei mesi durante il trattamento).

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