Effetti benefici dell?olio d?oliva sui fattori di rischio cardiovascolari

28 Dic 2006 Cardiologia
L?olio vergine di oliva ? ricco di composti fenolici.
Studi clinici di ridotte dimensioni che hanno valutato l?effetto antiossidante dei composti fenolici negli uomini, che hanno assunto piccoli dosaggi giornalieri di olio di oliva nella vita reale, hanno fornito risultati discordanti.

Esiste scarsa informazione sull?effetto dei composti fenolici dell?olio d?oliva sui livelli plasmatici lipidici.

Ricercatori dell?EUROLIVE Study Group hanno valutato se il contenuto fenolico dell?olio d?oliva producesse benefici sui livelli plasmatici lipidici e riducesse il danno ossidativo a carico dei lipidi rispetto al contenuto dell?acido monoinsaturo.

Lo studio cross-over ha interessato 6 Centri di ricerca di 5 Paesi Europei ed ha visto la partecipazione di 200 volontari maschi sani.

I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a 3 sequenze di somministrazione giornaliera di 25ml di 3 tipi di olio d?oliva.
Gli oli differivano per il contenuto fenolico: basso ( 27mg/kg di olio d?oliva ), medio ( 164mg/kg ) o alto ( 366mg/kg ).

Gli oli venivano somministrati per 3 settimane, precedute da 2 settimane di washout.

Un aumento lineare dei livelli di colesterolo HDL ? stato osservato per l?olio d?oliva a basso, medio ed alto contenuto di polifenoli: cambiamento medio 0.025mmol/l, 0.032mmol/l e 0.045mmol/l, rispettivamente.

Il rapporto colesterolo totale/colesterolo HDL si ? ridotto linearmente con il contenuto fenolico dell?olio d?oliva.

I livelli dei trigliceridi si sono ridotti in media di 0.05mmol/l per tutti gli oli d?oliva.
E? stata osservata una diminuzione dei marker di stress ossidativo, linearmente con l?aumentare del contenuto fenolico.

I principali cambiamenti dei livelli di LDL ossidati sono stati: 1.21U/l, -1.48U/l e ?3.21U/l per l?olio d?oliva con contenuto di polifenoli basso, medio ed alto, rispettivamente.

Lo studio ha presentato alcune limitazioni:

– possibile interazione tra l?olio d?oliva ed altri componenti della dieta;

– mancata verifica da parte dei Ricercatori dell?assunzione con la dieta dell?olio d?oliva;

– periodi di assunzione dell?olio d?oliva brevi.

I risultati dello studio, tuttavia, hanno mostrato che il contenuto fenolico dell?olio d?oliva pu? fornire benefici sui livelli plasmatici lipidici e ridurre il danno ossidativo.

Covas MI et al, Ann Intern Med 2006; 145: 333-341

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Osteonecrosi della mandibola associata ai bifosfonati

I bifosfonati sono farmaci comunemente impiegati nell?osteoporosi nella malattia di Paget e nell?ipercalcemia associata a certi tumori, come mieloma multiplo e metastasi ossee da tumore mammario o tumore prostatico.

I bifosfonati inibiscono il riassorbimento osseo inibendo l?attivit? degli osteoclasti, sebbene siano state riportate altre azioni come l?inibizione dell?angiogenesi.

Nel corso degli ultimi anni ? emerso che i bifosfonati sono associati ad un evento avverso denominato osteonecrosi della mandibola.

I pazienti con osteonecrosi della mandibola da bifosfonati presentano alcuni dei seguenti segni e sintomi:

– irregolare ulcerazione delle mucose con esposizione ossea a livello della mandibola o della mascella;

– dolore o gonfiore della mandibola interessata;

– infezione spesso accompagnata da purulenza.

Non ? noto il meccanismo mediante il quale i bifosfonati causino l?osteonecrosi della mandibola.

Il trattamento dell?osteonecrosi della mandibola associata ai bifosfonati ? problematico: case report non hanno documentato alcuna risposta o una risposta limitata agli interventi chirurgici, al trattamento con antibiotici o all?ossigeno iperbarico.

I comuni fattori di rischio associati allo sviluppo dell?osteonecrosi della mandibola da bifosfonati comprendono:

– storia di assunzione di bifosfonati, soprattutto bifosfonati per via endovenosa; l?impiego contemporaneo di steroidi sembra contribuire al rischio;

– precedente storia di tumore ( es. mieloma multiplo o malattia metastatica alle ossa ), osteoporosi, malattia di Paget o altre indicazioni per il trattamento dei bifosfonati;

– storia di procedura dentale traumatica. La maggioranza dei casi si presenta dopo estrazione dentaria, sebbene anche altre procedure dentali traumatiche possono essere associate alla necrosi della mandibola. Un case report ha descritto l?osteonecrosi della mandibola da bifosfonati presentarsi 6 mesi dopo la sostituzione di 5 impianti dentali, con la conseguente perdita di tutti gli impianti;

– diverse segnalazioni hanno mostrato lo sviluppo spontaneo di osteonecrosi della mandibola da bifosfonati senza una precedente procedura dentale traumatica.

La maggioranza delle segnalazioni di osteonecrosi della mandibola ha riguardato pazienti che stavano assumendo bifosfonati per via endovenosa ( es. Zoledronato, Cometa; Pamidronato, Aredia ).
Tuttavia, in diverse pubblicazioni, anche i bifosfonati per os sono risultati associati allo sviluppo di osteonecrosi della mandibola.

Un FDA ODS Postmarketing Safety Review ha dichiarato che l?osteonecrosi della mandibola associata ai bifosfonati pu? essere un effetto di classe.

Le schede tecniche dei bifosfonati per os ( es. Alendronato, Fosamax; Risendronato, Actonel ) hanno riportato la possibile insorgenza di osteonecrosi della mandibola dopo impiego di questi farmaci.

Sembra prudente considerare che tutti i pazienti che assumono bifosfonati siano a rischio di osteonecrosi della mandibola, anche se la dimensione del rischio varia, probabilmente, in base al bifosfonato assunto, ai fattori di rischio del paziente ( impiego concomitante di farmaci, malattie, ecc ) e dalla storia di trattamento dentale.

Ad oggi ? noto che i pazienti pi? a rischio di osteonecrosi della mandibola sono quelli che assumono bifosfonati per via endovenosa ( Zoledronato, Cometa; Pamidronato, Aredia; Ibandronato, Boniva ).
Il Pamidronato e l?Ibandronato hanno anche formulazioni per os.

Fonte: American Association of Endodontists, 2006

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Nuovi trattamenti per il mal di schiena

Buone nuove dalla Central New Jersey per chi ? sofferente di lombosciatalgia causata da un disco erniato o “scivolato”: una nuova tecnologia non chirurgica sviluppata da un chirurgo canadese elimina la lombosciatalgia correggendo il problema all?origine.

Questo nuovo trattamento avrebbe una percentuale dell?86% di successo, molto superiore alle usuali percentuali che si hanno con gli interventi chirurgici, ed a prezzi molto contenuti. Ma cosa pi? importante, non richiede la somministrazione di farmaci o anestesia.

E? una procedura completamente indolore, infatti, molti pazienti dichiarano la scomparsa del dolore in ogni sessione di trattamento e di frequente si sentono cos? rilassati da addormentarsi durante i 20-minuti di sessione.

Il trattamento viene chiamato terapia di decompressione spinale: la Triton DTS terapia, rappresenta il sistema di decompressione spinale migliore attualmente disponibile con 25 anni di esperienza utilizzato in combinazione con un rivoluzionario sistema di applicazione disegnato per essere montato con rapidit?, per il massimo comfort del paziente. Questo sistema DTS, a differenza di altre tavole o macchinari di decompressione, d? la possibilit? di decomprimere sia i dischi erniati lombari che cervicali, in modo controllato e sperimentato, ponendo il paziente in posizione supina a faccia su o in gi?, posizioni di solito limitate in passato nel caso di altre macchine.

Questo sistema che fornisce un?energia precisa, consente di monitorare continuamente i progressi e di fare aggiustamenti al carico in base al controllo della muscolatura o al rilassamento del paziente. Ad ogni tirata di decompressione, la tavola di frizione libera supera le forze gravitazionali (come nel caso di astronauti nello spazio), e ritorna ad una posizione neutrale mediante un dispositivo di ritorno.

DTS prevede possibilt? di attacchi alla schiena ed al collo. La stimolazione galvanica della muscolatura ? usata dopo una prima sessione soft che serve a migliorare la circolazione locale verso il tessuto ed a rilassare i muscoli.

Durante la fase di riabilitazione viene anche usato lo Stabilizer Biofeedback per assicurare che i pazienti recuperano il controllo dei loro principali muscoli stabilizzanti nel fondo schiena.

Il trattamento DTS non solo fornisce un temporaneo sollievo dal dolore, ma pu? in molti casi risolverlo in modo permanente, perch? corregge il problema di un disco erniato o “scivolato”.

Il DTS consente al disco di ritornare a posto smettendo di pizzicare o irritare i nervi sensibili che circondano la spina dorsale.

Il modo di lavorare ? semplice. Applicando una forza moderata con angolatura determinata, mediante l?uso di una macchina specialmente disegnata ed un computer, il DTS esercita una trazione e decomprime le vertebre della spina dorsale in modo che il disco spostato ritorna nella sua normale posizione.

Dopo trattamenti ripetuti, il disco pu? guarire e cos? il dolore scompare. Il DTS utilizza un processo a tre fasi che rafforza e stabilizza la spina ed i muscoli lombari, riducendo la probabilit? che il problema si ripresenti.

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L?importanza di una buona postura

Va da s? che mantenerci in una posizione eretta, petto in fuori, spalle indietro e testa alta ci migliora l?aspetto, per? una buona postura non serve solo a questo, ma svolge un ruolo chiave nella salute della spina dorsale, aiutando per esempio a prevenire il mal di schiena ed anche a guarire in modo appropriato eventuali problemi fisici. Tutti i pazienti con patologie spinali dovrebbero fare attenzione alle posizioni assunte dal corpo cercando di mantenere nel corso della giornata una buona postura.
Il chiroterapeuta pu? aiutarci ad adottare la postura migliore, ed a migliorare di conseguenza la nostra salute.

Problemi causati da una cattiva postura
Una cattiva postura ? la norma nella nostra societ?: abitudini apprese da bambini sul banco di scuola e poi mantenute da adulti in ufficio che poi possono portare ad una serie di problemi pi? complessi: indebolimento dei muscoli della schiena, stiratura dei muscoli flessori e dell?anca e quelli posteriori della coscia , e spasmi dei muscoli superiori della spalla e del collo.

Questo stato di cose ? ulteriormente aggravato dall?ambiente moderno in cui viviamo: schermi TV e computer ci hanno abituato a tenere il capo inclinato in avanti e inoltre la tastiera del computer ed il mouse ci obbligano a tenere le spalle in una curvatura innaturale.

Possibili segni di sofferenza di mal di schiena dovuti alla postura includono:

? dolore dorsale che peggiora in certi momenti della giornata o della settimana.

? dolore che si irradia dal collo verso la parte superiore della schiena.

? dolore che svanisce passando dalla posizione seduta a quella eretta.

? dolore di schiena che viene e va per mesi.

? dolore comparso in occasione di un nuovo lavoro, nuova poltrona in ufficio, o nuova automobile.

E? facile non pensare alla postura, quando siamo in viaggio, al telefono, o svolgiamo le varie attivit? quotidiane ma questi momenti sono altrettanto importanti per fare attenzione alla postura e capire quando certe posizioni coincidono con episodi di mal di schiena.

Mentre stiamo in piedi e camminiamo tra le altre cose ? importante mantenere il capo diritto e non troppo inclinato in avanti, i piedi ben distanziati distribuendo il peso sulle punta delle dita, evitando di congiungere le ginocchia.

L?atto di sedersi richiede un incredibile quantit? di sforzo muscolare per mantenere il corpo eretto e data la quantit? di tempo che si passa seduti, una buona postura di seduta ? di vitale importanza.

Un errore molto comune ? la posizione ricurva sulla sedia dell?ufficio, una postura adottata da molti utilizzatori di computers, mentre siedono di fronte alla scrivania inclinati in avanti verso lo schermo del computer.

La posizione corretta ? quella di sedersi indietro sulla sedia utilizzando lo schienale. Se la schiena fa un angolo sbagliato, mentre si solleva qualcosa, piegarsi sulle ginocchia non servir? a proteggersi: un sollevamento o un trasporto improprio, specialmente mentre ci si gira pu? causare dei danni ai muscoli, alle giunture ed ai dischi. Uno dei pi? importanti consigli ? di piegarsi sulle anche e spingere il torace in avanti: cos? facendo le ginocchia si piegheranno in modo naturale ed il peso sar? sopportato dalle anche, e non dal fondo schiena!

E? duro per la schiena mantenere la stessa posizione per oltre venti, trenta minuti alla volta: posizioni statiche prolungate possono lentamente impoverire l?elasticit? dei tessuti: il movimento, sia esso un cambio di posizione, uno stirarsi, o una breve passeggiata, pu? aiutare a ricuperare l?elasticit? tissutale necessaria a proteggere le giunture e a ridurre il malessere associato

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Impatto del trattamento con farmaci nell?iperplasia prostatica benigna (BPH) sul

24 Dic 2006 Nefrologia
La componente sessuale dovrebbe esser tenuta in considerazione nella valutazione delle aspettative del paziente nonch? la scelta del farmaco visto che le opzioni di trattamento dell?iperplasia prostatica benigna hanno diversi effetti nell?ambito della sfera sessuale.

Impact of medical treatments for benign prostatic hyperplasia on sexual function
Giuliano F. BJU Int. 2006 Apr;97 Suppl 2:34-8
PubMed

I sintomi delle basse vie urinarie (LUTS) e la disfunzione sessuale nel soggetto maschio sono in aumento con l?et? e sono elementi fortemente collegati. Varie tipologie di trattamento per BPH e LUTS possono interferire con la sessualit?, con differenze tra classi di farmaci e tra farmaci all?interno della stessa classe.

Gli inibitori della 5 alfareduttasi, finasteride and dutasteride, sono associati ad un maggior rischio della disfunzione erettile (ED), della disfunzione eiaculatoria (EjD) e della diminuzione della libido rispetto al placebo.

Gli alfa1 bloccanti adrenergici (alfuzosina, doxazosina, tamsulosina, terazosina) mostrano una maggior incidenza di diminuzione della libido e la disfunzione erettile risulta molto simile a quella rilevata somministrando placebo; sono per? diversi rispetto all?eiaculazione; la tamsulozina ? associata ad una maggior incidenza di disfunzione eiaculatoria (10%) rispetto ad altri alfa1 bloccanti (0-1%) e a placebo (1%), il che non si pu? mettere in relazione con eiaculazione retrograda o maggior efficacia.

Uno studio randomizzato, con controllo placebo, cross-over su volontari sani ha dimostrato che la somministrazione giornaliera di 0.8 mg di tamsulozina ha diminuito significativamente il volume medio dell?eiaculato almeno nel 90% dei soggetti, e nel 35% ha azzerato l?eiaculazione.

Per contro, non si verificava assenza di eiaculazione nei soggetti trattati con alfuzosina 10 mg (dose giornaliera) o placebo.

I valori della concentrazione di sperma nelle urine, dopo eiaculazione, erano simili nei tre gruppi di trattamento confermando che la disfunzione eiaculatoria con la tamsulozina non era in relazione all?eiaculazione retrograda.

Si potrebbe mettere in relazione all?effetto periferico sulle vescicole seminali e/o sul vaso deferente.
Si potrebbe anche ipotizzare un effetto centrale, dal momento che la tamsulozina mostra grande affinit? ai recettori 5HT1A e D2, entrambi coinvolti nel processo di eiaculazione a livello centrale.

Per concludere, la componente sessuale dovrebbe esser tenuta in considerazione nella valutazione delle aspettative del paziente nonch? la scelta del farmaco visto che le opzioni di trattamento dell?iperplasia prostatica benigna hanno diversi effetti nell?ambito della sfera sessuale.

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UDCA nella dispepsia dopo la colecistectomia

Non esiste attualmente un trattamento ben definito per questo tipo di condizione.
Gli approcci sin qui tentati, sia nei pazienti con stomaco operato che con stomaco integro, sono sostanzialmente riconducibili a tre diversi razionali:

– farmaci in grado di legare i sali biliari

– farmaci in grado di ridurre il tempo di contatto del refluito con la mucosa gastrica

– farmaci in grado di ridurre la gastrolesivit? del refluito duodenale

Per quanto riguarda il primo tipo di approccio, sono stati impiegati in pa Risultati parziali sono stati ottenuti con il secondo tipo di approccio, basato sull?impiego di farmaci procinetici che, accelerando lo svuotamento gastrico riducono il tempo di contatto tra la mucosa gastrica e il refluito biliare.

E? per? evidente che la necessit? di un trattamento medico assai prolungato nel tempo tende a limitare la possibilit? di impiego di questi farmaci.
Un approccio radicalmente diverso consiste invece nella modificazione della composizione del refluito duodenale.

Nell?ipotesi che gli acidi biliari rivestano un ruolo di primo piano nella gastrite da reflusso, una alterazione della proporzione dei diversi acidi biliari (riduzione di quelli a maggior potere detergente) pu? significare minore potenziale lesivo del materiale refluito.

Con la somministrazione orale dell?acido ursodesossicolico (UDCA) ?l?acido biliare pi? idrofilico (quindi meno detergente)- si ottiene una significativa riduzione della quota degli acidi biliari pi? lesivi per le membrane cellulari (in particolare chenodesossicolico e desossicolico).

Questo approccio ? stato inizialmente testato in pazienti con dispepsia biliare da reflusso alcalino post-gastroresezione (8): la somministrazione di UDCA al dosaggio giornaliero di 1000 mg si associava ad una riduzione significativa, rispetto a quanto osservato con placebo, della sintomatologia dispeptico-dolorosa.
Successivamente, ? stata testata l?efficacia dell?UDCA a dosaggio relativamente basso (300 mg/die) in pazienti non precedentemente sottoposti a gastroresezione (9, 10).

Oltre ad osservare una significativa modificazione nella composizione del pool degli acidi biliari, in senso meno detergente, veniva osservata una netta riduzione della sintomatologia dispeptica e un significativo miglioramento del quadro endoscopico.

L?UDCA pu? pertanto essere utilmente impiegato nei pazienti che, , lamentano una sintomatologia dispeptico-dolorosa associata a gastrite da reflusso biliare. La modificazione in senso idrofilico della composizione della bile refluita si associa ad un significativo miglioramento clinico ed endoscopico.

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Effetti a lungo termine della degenerazione grassa del fegato non-alcoolica

Un nuovo studio ha trovato che i pazienti con degenerazione grassa del fegato non-alcoolica (NAFLD) avevano un rischio significativo di sviluppare una malattia epatica allo stadio finale ed una minore chance di sopravvivenza se avevano una steatosi epatica non-alcoolica (NASH), una forma di NAFLD che pu? portare a cirrosi.

Lo studio ha anche trovato che la maggior parte dei pazienti con NAFLD sviluppavano diabete o ridotta tolleranza al glucosio, che pu? portare a complicanze cardiovascolari.

Pazienti con NAFLD, una delle pi? comuni cause di epatopatia, spesso hanno valori elevati di enzimi epatici senza sintomi della malattia.

L?obesit? ? stata individuata come un rischio maggiore di NAFLD e da quando sta raggiungendo proporzioni epidemiche a livello mondiale, il numero di soggetti a rischio di sviluppare epatopatia cronica probabilmente aumenter? in futuro.

Studi condotti su NAFLD ad oggi hanno riguardato pochi pazienti o periodi di follow up relativamente brevi.

Questo studio ha coinvolto un numero maggiore di pazienti NAFLD con livelli originari elevati di enzimi epatici e li ha seguiti per oltre dieci anni.

Condotto da Stergios Kechagias, della Division of Internal Medicine at University Hospital in Link?ping, Svezia, lo studio ha coinvolto 212 pazienti tra il 1988 ed il 1993 che avevano enzimi epatici cronicamente elevati.

Tutti i pazienti erano sottoposti a biopsia epatica, e solo 129 che avevano conferma di fegato grasso senza eccessivo consumo d?alcool o altra patologia epatica partecipavano allo studio.

Un totale di 88 pazienti accettava il follow-up per una media di quasi 14 anni dalla diagnosi con NAFLD.
Di questi, 68 pazienti hanno ripetuto pi? volte le biopsie epatiche.

I risultati mostravano che la NAFLD era associata ad un rischio significativo di sviluppare epatopatie allo stadio finale e che la morte da cause epatiche e cardiovascolari era significativamente pi? comune nei 71 pazienti con NASH rispetto alla popolazione generale.

Inoltre, 78% dei pazienti con NAFLD avevano una diagnosi di diabete o ridotta tolleranza al glucosio al follow-up.

Affermano gli autori: “considerando la forte associazione tra insulino-resistenza e NAFLD ? ragionevole raccomandare a tutti i pazienti con NAFLD, modifiche dello stile di vita, che riducono realmente il rischio di sviluppare diabete di tipo 2, ed anche un deciso intervento dietetico pu? migliorare l?istologia epatica nei soggetti con NAFLD.”

In un editoriale dello stesso numero della rivista, Vlad Ratziu e Thierry Poynard della Universit? Pierre et Marie Curie and Assistance Publique-H?pitaux de Paris, sottolineano la diffusa falsa credenza per cui la NAFLD nelle sue varie forme ? largamente considerata una malattia lieve con buona prognosi.

Fanno notare che i pazienti con NAFLD di solito non si rivolgono agli epatologi ed il solo modo di diagnosticare accuratamente la malattia , la biopsia epatica, non ? uno strumento pratico di screening per popolazioni estese.

Ci? nonostatnte, NASH ? un?importante causa di epatopatia avanzata ed ? importante prevenirne la progressione a cirrosi perch? una volta che si verifica una insufficienza epatica in questi casi l?esito ? spesso fatale.

Questo studio ? importante non solo per il lungo periodo di follow-up, ma anche perch? gli autori sono stati in grado di identificare l?esito di differenti forme di NAFLD.

E’ da notare che, probabilmente per via del lungo follow-up, gli autori hanno potuto mostrare anche che pazienti non cirrotici sviluppavano ESLD [epatopatia allo stadio finale], confutando cos? l?idea che la NASH non-cirrotica sia benigna.

Lo studio, in linea con i dati precedentemente pubblicati , sottolinea la necessit? di studiare il rischio di un aumento di morte cardiovascolare in soggetti con NASH.

Gli autori concludono che trattare la NASH ? un “bisogno medico maggiore non soddisfatto” e che dovrebbero essere sviluppate le strategie per individuare i pazienti con fattori di rischio di epatopatia, tra cui l?obesit?, il diabete e la malattia cardiaca.

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UDCA migliora il turnover della bile nei pazienti con calcoli biliari

L?acido Ursodesossicolico (UDCA) previene in vitro il danno del muscolo della colecisti (GB) causato da colecistite acuta e riduce il rischio di dolore biliare e le complicazioni nei pazienti con calcoli biliari (GS).
Questi effetti potrebbero essere parzialmente spiegati in base ad un migliorato turnover della bile nella colecisti.

Short-term ursodeoxycholic acid treatment improves gallbladder bile turnover in gallstone patients: a randomized trial.
Guarino MP, Carotti S, Sarzano M, Alloni R, et al Neurogastroenterol Motil. 2005 Oct;17(5):680-6.
PubMed

L?acido Ursodesossicolico (UDCA) previene in vitro il danno del muscolo della colecisti (GB) causato da colecistite acuta e riduce il rischio di dolore biliare e le complicazioni nei pazienti con calcoli biliari (GS).
Questi effetti potrebbero essere parzialmente spiegati in base ad un migliorato turnover della bile nella colecisti.

L?obiettivo di questo lavoro era di valutare l?effetto di un trattamento a breve termine di UDCA sulla motilit? della GB e sul turnover biliare.

La valutazione ultrasonografica (US) dei volume della GB veniva eseguita in 16 pazienti con calcoli biliari (GS), nella fase postprandiale, per 90 minuti con un tempo di prelievo di 1 min, prima e dopo 30 giorni di UDCA (10 mg kg(-1) al giorno (-1)) o placebo, assegnati a random.

I dati US erano analizzati con strumenti statistici e computer fluido-dinamico (CFD) software Fluent(TM) per simulare il flusso biliare della colecisti.

Dopo la terapia, il volume a digiuno (FV) aumentava da 21.6 +/- 9 a 28.2 +/- 12 mL (p < 0.001) mentre la frazione di eiezione (EF) rimaneva immodificata (44.5 +/- 17% vs 45.1 +/- 20%; p: ns).
I volumi pre e post trattamento erano scarsamente correlati (0.02 < r < 0.35), a differenza che nei pazienti con placebo (r > 0.6). Il volume medio della GB era aumentato in 7 dei 10 pazienti con UDCA (range 7-67%).

L?analisi CFD supporta il dato di un flusso di bile migliore dopo il trattamento. Al di l? dei risultati sui parametri convenzionali US di motilit? della GB, l?analisi CFD mostra che UDCA migliora il turnover della bile nella colecisti in pazienti con calcoli biliari (GS).

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Il caff? riduce l?incidenza di cirrosi alcolica

Il caff? pu? aiutare a proteggere il fegato dei forti bevitori di alcol.

Uno studio di coorte di soggetti appartenenti al Kaiser Permanente, un HMO ( Health Maintenance Organization ), ha mostrato che coloro che assumono da 1 a 3 tazze di caff? al giorno presentavano una riduzione del 40% dei rischi di cirrosi alcolica rispetto a coloro che assumevano meno di una tazza ( p < 0.001 ). Questo effetto protettivo sembra essere dose-dipendente.
Le persone che bevono 4 tazze di caff? o pi? hanno una riduzione dell?80% nel rischio relativo di cirrosi alcolica ( p < 0.001 ). Nel sottogruppo dei pazienti con cirrosi non-alcolica, il caff? ha mostrato una debole relazione inversa con la cirrosi. L?assunzione di t? non ?, invece, risultata correlata al rischio di cirrosi alcolica o non-alcolica. Lo studio ha analizzato i dati di 129.580 iscritti al Kaiser Permanente che hanno risposto ad un questionario tra il 1978 ed il 1985. Nel 2001, 330 soggetti hanno sviluppato cirrosi alcolica e a 131 cirrosi non-alcolica. Il 65% dei pazienti con cirrosi alcolica ed il 54% dei pazienti con cirrosi non-alcolica erano uomini, ed in entrambi i gruppi circa la met? dei pazienti avevano 50 anni di et? o meno. Il rischio di cirrosi, sia alcolica che non-alcolica, ? aumentato con l?et?, il sesso maschile e l?obesit?. Fonte: Archives of Internal Medicine, 2006

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Il folato non sembra avere un ruolo protettivo nei confronti del tumore della pr

19 Dic 2006 Oncologia
E? stato ipotizzato che il folato sia inversamente associato al rischio di diversi tumori; tuttavia, esistono pochi dati riguardo all?effetto del folato sul tumore della prostata.

E? noto che la vitamina B6, la vitamina B12, la metionina e l?alcol possono influenzare il metabolismo correlato al folato.

Ricercatori del National Cancer Institute a Bethesda, negli Stati Uniti, e del National Public Health Institute ad Helsinki, in Finlandia, hanno verificato l?esistenza di associazioni tra fattori dietetici del metabolismo del carbonio 1 e rischio di carcinoma prostatico.

Per la ricerca sono stati utilizzati i dati dell?Alpha-Tocopherol Beta-Carotene Cancer Prevention Study.

La coorte esaminata era composta da 27.111 maschi fumatori, finnici, di et? compresa tra 50 e 69 anni.

A 1270 soggetti ? stato diagnosticato un tumore alla prostata tra il 1985 ed il 2002.

L?assunzione di vitamina B6 ? risultata inversamente associata al rischio di tumore alla prostata ( rischio relativo, RR, tra il pi? alto verso il pi? basso quintile = 0.88; p per trend = 0.045 ), mentre l?assunzione di vitamina B12 era associata ad un significativamente aumentato rischio ( RR = 1.36; p per trend = 0.01 ).

Nessuna associazione tra folato o assunzione di alcol e rischio di carcinoma prostatico ? stata osservata.

Gli Autori hanno dichiarato di non aver trovato alcuna convincente evidenza di un ruolo protettivo del metabolismo del carbonio 1 nei confronti del tumore della prostata, sebbene queste conclusioni riguardino solo i soggetti fumatori.

Weinstein SJ et al, Am J Clin Nutr 2006; 84: 929-935

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