Limitata crescita fetale connessa a colon irritabile

La limitazione di crescita fetale ? un fattore di rischio per lo sviluppo della sindrome del colon irritabile. Si pensa che la nutrizione durante la vita fetale svolga un ruolo in un certo numero di malattie croniche, fra cui diabete, ipertensione e coronaropatie. I risultati del presente studio potrebbero suggerire una nuova classificazione dei pazienti in sottogruppi sulla base dell’et? alla comparsa dei sintomi, del sesso, della familiarit? del disturbo e del peso corporeo, onde migliorare la comprensione dei meccanismi fisiopatologici della sindrome del colon irritabile. Anche fra i gemelli, la sindrome ? molto pi? comune nelle coppie di peso inferiore.

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Corte di Cassazione

Le attivit? di fisioterapia, fisiokinesiterapia e massoterapia integrano, gi? prima dell’entrata in vigore del D.M. 21 gennaio 1994, gli estremi delle prestazioni paramediche rese alla persona nell’esercizio delle arti sanitarie soggette a vigilanza e sono, pertanto, esenti dall’IVA ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10,comma 1, n. 18, senza che, in contrario, spieghi influenza la circostanza che le prestazioni medesime siano fornite in assenza di prescrizione medica ovvero in mancanza, presso il contribuente, delle apparecchiature necessarie per le relative indagini.

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Consenso informato, questo sconosciuto

Il problema. Numerosi pazienti hanno una consapevolezza molto limitata delle implicazioni legali del firmare o non firmare i moduli di consenso informato prima di un intervento chirurgico, e tendono a non riconoscere questo strumento come pensato nel loro interesse. ? quanto emerge da uno studio pubblicato sul British Medical Journal.

Lo studio. I ricercatori del Department of Cancer Studies and Molecular Medicine dell?University of Leicester hanno sottoposto un questionario a 732 pazienti ricoverate nella struttura, nel reparto di Ostetricia e Ginecologia, e ivi sottoposte ad un intervento chirurgico. ? emerso che la consapevolezza delle implicazioni legali della firma del modulo di consenso informato ? molto scarsa (il 68 per cento ritiene che firmare sia un requisito legale, il 20 per cento delle pazienti ignora se pu? cambiare idea dopo la firma, il 16 per cento ritiene che firmare elimina qualsiasi diritto di risarcimento). Inoltre, circa la met? delle partecipanti allo studio (46 per cento) ritiene che la funzione del consenso informato sia ?proteggere gli ospedali? e il 68 per cento ritiene sia un mezzo usato dai medici per esercitare un ?controllo sui pazienti?.

Il commento. ?Sebbene non esista una diretta correlazione tra la consapevolezza dei propri diritti e la capacit? di esercitarli, una carenza di informazione tanto marcata sui limiti e lo scopo del consenso informato ? chiaramente un problema?, spiega Andrea Akkad, leader del team di ricercatori del Department of Cancer Studies and Molecular Medicine dell?University of Leicester. ?Le procedure di consenso informato attualmente in uso paiono inadeguate a veicolare l?espressione della libert? di scelta del paziente e il loro spessore medico ed etico ? molto discutibile?.

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Un Ddl per tutelare mamma e nascituro

Il Consiglio dei Ministri ha approvato, il 14 luglio 2006, il disegno di legge, presentato dal Ministro della salute Livia Turco, per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato. Il provvedimento considera anche altri aspetti: diffondere il parto senza dolore, inserendo l’anestesia epidurale tra i Livelli essenziali di assistenza; attivare nell’ambito del servizio 118 il trasporto del neonato in emergenza; incrementare l’attivit? dei consultori e promuovere l’allattamento al seno; superare le disparit? territoriali e sociali per l’accesso ai servizi di tutela materno infantile, con attenzione particolare alla popolazione immigrata.
”Il provvedimento – ha spiegato il Ministro Turco – ? nato dalla convinzione che la promozione della salute materno-infantile sia un obiettivo prioritario da perseguire a livello nazionale per i riflessi positivi che produce sulla qualit? della vita delle donne e dei loro bambini e, di conseguenza, sulla salute della popolazione complessiva?. Il decreto, ha poi proseguito il Ministro, nasce dalla consapevolezza delle molte criticit? da affrontare per realizzare una piena tutela della salute materno-infantile, quali la diminuzione drastica della natalit? (nel 1960 i nati erano circa un milione, nel 2005 sono passati a 569 mila), l’aumento dell’et? media della donna per la nascita del primo figlio, il limitato livello di informazione e le differenze territoriali e sociali d’accesso ai servizi che non permettono alla donna di vivere con piena consapevolezza la gravidanza, il parto e il puerperio. Tuttavia si pu? osservare come si sia giunti a questa conclusione anche sulla spinta dei dati relativi al ricorso al cesareo in Italia, molto pi? frequente rispetto alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanit?, che in Regioni quali Campania e Basilicata sfiorava il 60 per cento dei casi.

Intesa con le Regioni

Il Ddl – informa una nota del Ministero – prevede una specifica intesa con le Regioni per la realizzazione in modo concertato delle finalit? in esso indicate e demanda al Cipe, su proposta del Ministro della salute e d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, il compito di destinare le risorse necessarie al raggiungimento degli scopi. In particolare il disegno di legge, in coerenza con gli obiettivi fissati dal Progetto-obiettivo Materno Infantile e con il Piano sanitario nazionale 2006-2008, si propone di tutelare i diritti e la salute della gestante e del neonato promuovendo un’appropriata assistenza all’interno del percorso nascita da parte del Servizio Sanitario Nazionale, nell’ambito dei livelli essenziali d’assistenza, tramite l’integrazione dei servizi territoriali ed ospedalieri e la valorizzazione dei consultori. Per questo, il Ddl prevede diversi interventi, come quelli per promuovere la conoscenza delle modalit? di assistenza, delle pratiche socio-sanitarie e delle modalit? per il controllo del dolore nel travaglio-parto, comprese le tecniche che prevedono il ricorso ad anestesie locali avanzate e di tipo epidurale.

Agire sui fattori di rischio riconosciuti

Il provvedimento, infine, non si concentra esclusivamente sul momento del parto, ma punta a ridurre i fattori di rischio di malattia del nascituro, pre e post concezionali, attraverso appropriati interventi preventivi, nonch? a favorire il parto fisiologico e a promuovere l’appropriatezza degli interventi al fine di ridurre il ricorso al parto cesareo. Altre priorit?: promuovere l’allattamento al seno, secondo le raccomandazioni dell’Oms e dell’Unicef, e contrastare le disparit? territoriali e sociali d’accesso ai servizi per la tutela materno-infantile anche per la popolazione immigrata. Previste anche la dimissione precoce, protetta ed appropriata della partoriente e del neonato, nell’ambito dell’assistenza domiciliare integrata, e l’organizzazione dell’offerta sul territorio attraverso le Unit? territoriali di assistenza primaria e i centri regionali di assistenza al bambino.

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Terapia Anticoagulante Orale e Fibrillazione Atriale. Perch? gli eventi avversi

La psicologia delle decisioni ha dimostrato l’esistenza di una serie di strategie sistematiche (euristiche) che le persone utilizzano inconsapevolmente per risolvere problemi che si presentano in condizioni di incertezza. In campo medico tali strategie possono produrre in determinate circostanze delle decisioni sub-ottimali o indurre a errori sistematici di valutazione (bias). I medici, per fornire una stima riguardo al possibile accadimento di eventi futuri ai loro pazienti, spesso utilizzano la loro esperienza passata relativa a quegli eventi applicando una strategia basata sull?euristica della disponibilit?. Pertanto gli eventi che si sono verificati pi? spesso nella vita professionale di un medico o che lo hanno impressionato maggiormente saranno giudicati come pi? probabili anche se in realt? non lo sono.
Un?elegante studio apparso sul British Medical Journal ha dimostrato il ruolo che questi elementi di inferenza hanno nei processi decisionali medici analizzando gli effetti che eventi avversi associati a terapia anti-coagulante orale (TAO) determinano nelle modalit? di prescrizione a soggetti con fibrillazione atriale (FA). Nell?analisi sono stati discriminati gli episodi emorragici dovuti a sovra-esposizione terapeutica dagli episodi di stroke tromboembolico dovuti a sotto-esposizione a TAO e quindi sono stati confrontati i risultati delle quote di prescrizione di TAO relative ai 90 giorni precedenti e successivi all?evento avverso.
Dei 116.200 soggetti con FA non transitoria identificati in un periodo di otto anni ? stata selezionata una coorte di 3921 (3.4%) pazienti rivisti ed ospedalizzati per emorragie gastrointestinali (3478) o intracraniche (443) occorse durante TAO. Lo studio dei medici che hanno avuto pazienti con eventi avversi emorragici e che hanno trattato altri pazienti con FA 90 giorni prima e dopo l?evento avverso (esposizione), ha evidenziato una probabilit? di riduzione della quota di anticoagulante prescritto dopo esposizione del 21% (OR=0.79 IC 95% 0.62-1.00), senza ulteriori modifiche correlate al coinvolgendo del cardiologo o considerando altre variabili. Inoltre l?aumento del tempo intercorso tra l?esposizione all?episodio emorragico e il trattamento di un nuovo paziente condizionava l?atteggiamento prescrittivo del medico con una probabilit? di riduzione della TAO del 40% in soggetti trattati dopo un periodo di 6-9 mesi dall?esposizione.
L?analisi della coorte degli 8720 soggetti con stroke ischemico da insufficiente dosaggio della TAO ha permesso di identificare 704 medici che hanno trattato pazienti sia prima che dopo i 90 giorni dall?esposizione all?evento. Il confronto delle caratteristiche dei pazienti trattati prima e dopo l?evento ha mostrato, dopo l?esposizione, una riduzione dell?attitudine del medico a trattare con TAO i soggetti cardiopatici (p=0.04) ed epatopatici (p=0.02). Quasi tutti i soggetti, secondo i criteri dell?American College of Chest Physicians, erano ad alto rischio per stroke associato a FA prima e dopo l?evento (92.2% e 92.5%), ma avevano comunque una probabilit? analoga di ricevere la TAO (OR= 0.96 – IC95% 0.77 ? 1.19).
Questo ? il primo studio che valuta l?impatto di eventi avversi drammatici sulle modalit? di cura dei pazienti con FA sottoposti a TAO e frequentemente sottodosata. Il fatto che i medici sovrastimino i rischi della TAO ? una delle motivazioni comunemente addotte per giustificare questo comportamento che pu? essere influenzato da una maggiore esperienza terapeutica del medico.
I risultati dimostrano come i medici siano meno propensi a prescrivere TAO se uno dei loro pazienti ha avuto un evento emorragico maggiore correlabile alla terapia e come nella memoria del medico un evento ischemico sia meno ?importante? rispetto a quello emorragico nell?influenzare le modalit? d?uso successivo in altri pazienti.
In conclusione, nella percezione della valutazione del rischio emorragico e tromboembolico e della corretta strategia terapeutica nei pazienti con FA va posta attenzione al ruolo dei meccanismi mnesici caratteristici dell?euristica della disponibilit?, dove le informazioni che vengono recuperate dalla memoria non sono quelle con il potere informativo maggiore, ma sono spesso quelle pi? vivide e con i connotati emotivi pi? forti e non necessariamente pi? importanti per prendere una corretta decisione che deve comunque e sempre coniugarsi con il principio di non maleficenza del ?primum non nocere?.

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Obesit? & Sovrappeso: Acomplia approvato nell?Unione Europea

Sanofi-Aventis ha comunicato che la Commissone Europea ha concesso l?autorizzazione alla commercializzazione di Acomplia ( Rimonabant 20mg/die ) in tutti e 25 gli Stati membri.

Acomplia ? il capostipite di una classe di farmaci chiamati bloccanti CB1.

Acomplia ? indicato in aggiunta alla dieta e all?esercizio fisico nel trattamento dei pazienti obesi ( indice di massa corporea, BMI maggiore o uguale a 30kg/m2 ) o nei pazienti in sovrappeso ( BMI > 27kg/m2 ) con associati fattori di rischio, come diabete di tipo 2 e dislipidemia.

L?approvazione ? stata ottenuta grazie ai risultati del RIO Clinical Trial Programme, che ha coinvolto pi? di 6.600 pazienti nel mondo, 4.500 dei quali sono stati studiati fino a 2 anni.

I risultati del programma RIO hanno dimostrato che Acomplia 20mg una volta al giorno ha ridotto in modo significativo il peso corporeo e la circonferenza-vita, l?emoglobina glicosilata ( HbA1c ) ed il livello di trigliceridi, ed ha aumentato i livelli di colesterolo HDL.

Acomplia 20mg migliora diversi fattori di rischio cardiometabolici nei pazienti obesi ed in quelli in sovrappeso.
A trarre maggior beneficio saranno i pazienti con obesit? addominale affetti da diabete e con dislipidemia.

Il Rimonabant agisce bloccando in modo selettivo i recettori CB1 che si trovano nel cervello e negli organi periferici, tra cui il tessuto adiposo, il fegato, il tratto gastrointestinale e nell?apparato muscolare.
Il blocco del recettore CB1 ad opera del Rimonabant riduce l?iperattivit? del sistema degli endocannabinoidi.

La sicurezza di Acomplia 20mg ? stata valutata su 6.300 pazienti.
Negli studi controllati con placebo, la percentuale di sospensione della terapia dovuta a reazioni avverse ? stata del 15.7% per i pazienti trattati con Rimonabant.
I pi? comuni eventi avversi che hanno comportato l?interruzione della terapia sono stati: nausea, alterazioni dell?umore con disturbi depressivi, ansia e capogiri.

Acomplia non dovrebbe essere somministrato nei pazienti con disturbi epatici o renali, o nei pazienti con gravi malattie psichiatriche non controllate, come la depressione maggiore.

Fonte: Sanofi-Aventis, 2006

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Proteina C reattiva e altri fattori di rischio cardiovascolare.

27 Ott 2006 Cardiologia
La prevenzione del rischio cardiovascolare ? un tema che ha suscitato negli ultimi anni un grande interesse. L?efficacia degli interventi operati in questo campo ? stata anche determinata da una corretta individuazione dei principali fattori di rischio, da un?ampia sensibilizzazione della popolazione e da un grande impegno nel mettere in atto quelle misure riconosciute pi? idonee per ridurre il profilo di rischio individuale di ogni paziente.
Accanto ai principali e ben noti fattori di rischio tradizionali la ricerca si ? applicata nell?individuare altri elementi di rischio non tradizionali. Tale lavoro ha trovato forse uno stimolo ulteriore dalla constatazione dell?insorgenza di malattia cardiovascolare anche in soggetti giovani, ove appunto i tradizionali fattori di rischio, anche quando attentamente ricercati, non risultavano presenti e non erano quindi in gioco nel determinare la malattia. La ricerca si ? indirizzata prevalentemente al rilievo di sensibili marker di infiammazione (alla luce di un ipotetico meccanismo patogenetico flogistico alla base di alcune lesioni ostruttive vascolari), di disfunzione endoteliale, di esaltata trombogenesi (eccessiva formazione di fibrina, inadeguata fibrinolisi), di disvitaminosi, di infezione particolare. Un recente studio ? stato condotto per valutare il peso di 19 nuovi fattori di rischio cardiovascolare, per predire l?insorgenza di coronaropatia ostruttiva. Lo studio Atherosclerosis Risk in Communities (ARIC) si ? basato sui dati relativi all?osservazione di un?ampia popolazione studiata a partire dagli anni 1987-1989, comprendente ben 15.792 individui. In aggiunta ai fattori di rischio tradizionali e ben noti (et?, sesso, colesterolemia, ipertensione arteriosa, fumo, diabete) sono stati presi in considerazione altri indicatori di rischio gi? individuati e descritti, alcuni pi? noti come la Proteina C reattiva e l?omocisteina, altri meno noti come gli anticorpi anti-Chlamydia Pneumoniae, anti-Cytomegalovirus, anti-Herpes simplex virus, il dosaggio sierico di folati e vitamina B6, il D-dimero, il plasminogeno, l?antigene 1 inibitore dell?attivatore del plasminogeno, l?antigene attivatore del plasminogeno tissutale, la trombomodulina solubile, la molecola 1 di adesione intracellulare, la selectina E, la leptina plasmatica, l?interleuchina 6, la matrice metalloproteinasi 1, l?inibitore tessutale della metalloproteinasi 1.
I risultati hanno portato alla conclusione che la presenza di questi nuovi fattori di rischio non tradizionali non produce un sensibile incremento nella capacit? predittiva di malattia cardiovascolare in aggiunta ai tradizionali fattori, fatta eccezione in parte ed in misura modesta per la Proteina C reattiva. In conclusione, anche l?editoriale, pubblicato nello stesso numero della rivista, sottolinea la maggiore importanza dei fattori di rischio tradizionali, su cui devono essere concentrate le principali misure di prevenzione necessarie, non trascurando per? la necessit? di far progredire la ricerca verso altri indicatori di rischio, che potrebbero dimostrarsi in futuro pi? interessanti ed utili nella pratica clinica.

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Melanoma maligno: ruolo prognostico della survivina

26 Ott 2006 Oncologia
Elevati livelli di survivina in pazienti con melanoma metastatico che hanno ricevuto un vaccino antitumorale polivalente sono associati ad una riduzione della sopravvivenza. Allo stesso modo, una ridotta espressione di tale proteina ? correlata ad un significativo aumento della sopravvivenza stessa. La survivina e la livina sono due membri della famiglia proteica degli inibitori dell’apoptosi, e possono facilitare la progressione aggressiva del tumore e la resistenza alla terapia. Ulteriori studi potrebbero confermare il ruolo di questa proteina inibitrice dell’apoptosi quale potenziale marcatore molecolare surrogato di progressione metastatica dei melanomi.

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L?assunzione abbondante di caff? ha un effetto protettivo nei confronti della ci

Diversi report indicano che l?assunzione di caff? ? associata ad un pi? basso rischio di cirrosi.

Ricercatori del Kaiser Permanente Medical Care Program ad Oakland, negli USA, hanno studiato 125.580 membri multietnici dell?HMO ( Health Maintenance Organization ), che nel periodo 1978-1985 non presentavano malattia epatica.

Nel 2001, a 330 soggetti di questa coorte ? stata diagnosticata cirrosi epatica.

Il rischio relativo ( RR ) di cirrosi alcolica ( 199 soggetti ) per l?assunzione di caff?/die ( versus nessuna assunzione ) ? stato di 0.7 per meno di una tazza di caff?; 0.6 per 1-3 tazze ( p < 0.001 ) e 0.2 per 4 o pi? tazze ( p < 0.001 ). Per 131 soggetti con cirrosi non-alcolica, il rischio relativo ? stato 1.2 per meno di una tazza di caff?; 1.3 per 1-3 tazze e 0.7 per 4 o pi? tazze. L?assunzione di t? non ? risultata associata n? a cirrosi alcolica n? a cirrosi non-alcolica. All?analisi cross-sezionale, l?assunzione di caff? ? stata associata a pi? bassa prevalenza di alti livelli di aspartato-aminotransferasi e di alanina-aminotransferasi. I dati dello studio fanno ipotizzare l?esistenza di una sostanza contenuta nel caff? che protegge contro la cirrosi, soprattutto la cirrosi alcolica. Klatsky AL et al, Arch Intern Med 2006; 166: 1190-1195

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Problemi di memoria possono indicare insufficienza cerebrale

25 Ott 2006 Neurologia
Problemi cognitivi negli anziani potrebbero indicare cambiamenti neurodegenerativi di base, anche in presenza di risultati normali ai test neuropsicologici. I soggetti che lamentano significativi problemi di memoria ma risultano normali ai test della memoria infatti presentano una riduzione del tre percento nella densit? della materia grigia, ed i soggetti che ricevono una diagnosi di lieve danno cognitivo (MCI) ne hanno una appena del quattro percento. Questi dati suggeriscono che questi soggetti, precedentemente dimessi come sani, riescono di fatto a percepire dei cambiamenti dentro s? stessi e che quelli che credevamo test sensibili non sono in grado di rilevare questi lievi cambiamenti. Vi sono inoltre molti cambiamenti nella densit? della materia grigia che si presentano prima della perdita di volume cerebrale che tipicamente caratterizza la MCI ed il morbo di Alzheimer. All’orizzonte, inoltre, vi sono molti nuovi agenti neuroprotettivi che renderanno la diagnosi precoce pi? critica che mai. I soggetti anziani non depressi altrimenti sani che lamentano problemi cognitivi autopercepiti dovrebbero essere sottoposti ad un’attenta valutazione che comprenda sia una parte clinica che test psicologici.

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