La funzione renale ? un predittore di infarto miocardico negli anziani
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Fonte:
– Associated Press, 2005
– FDA, 2005
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Vulvite da contatto
Si tratta di una reazione cutanea di ipersensibilit? ritardata nei confronti di determinati allergeni. Si riscontra la presenza di eritema, microvescicole e papule eritemato-pruriginose, che, nelle forme pi? gravi, si associano ad edema e a vescicole pi? evidenti. Le lesioni cutanee possono persistere fino a 3 settimane. Nel lungo periodo, la cute pu? subire processi di ipercheratosi ed acantosi.
Vulvite irritativa
Si presenta immediatamente dopo il contatto con la sostanza irritante e si manifesta con bruciore, eritema ed edema, di norma senza vescicole. Le lesioni perdurano per minuti o ore, in funzione del tipo di sostanza e dalla durata dell?esposizione ad essa. La terapia consiste nell?eliminare la sostanza responsabile dell?infiammazione ed i sintomi possono essere attenuati grazie all?impiego di antistaminici e di steroidi topici. Qualora la lesione vulvare fosse soggetta ad infezione, ? possibile applicare creme antibiotiche. Gli steroidi sistemici vengono riservati al trattamento delle forme pi? gravi.
Vulvite da inclusione di smegma
Si tratta di un?affezione secondaria causata da una scarsa igiene locale e si presenta con accumuli di smegma, nelle pieghe del clitoride e nel solco tra le grandi labbra e le piccole labbra. Ne consegue arrossamento ed edema vulvare. La terapia consiste nella rimozione dello smegma e nell?impiego di soluzioni antisettiche per uso esterno.
Vulvite secondaria a scarsa aerazione perineale
La macerazione e l?infiammazione dei tessuti perineali sono caratteristiche di tale forma infiammatoria. Le cause vanno attribuite all?obesit?, alla presenza di adipe su cosce e glutei, all?uso di pantaloni molto stretti e a collant aderenti alla regione vulvoperineale, che impediscono l?aerazione del perineo. La macerazione della cute favorisce le infezioni. I sintomi avvertiti sono arrossamento vulvare, prurito, sensazione di fastidio, disuria. Esistono altre forme di vulvite.
Vulvite adesiva
E? un?affezione acquisita che si presenta, di norma, tra i 2 e i 6 anni di vita. L?agglutinazione delle piccole labbra ( anteriore, centrale, posteriore o completa ) pu? essere secondaria a processi infiammatori. L?adesione, spesso ma non necessariamente, si risolve con l?inizio della pubert?. Qualora l?adesione dovesse persistere in et? puberale, la causa va ricercata tra gli agenti irritanti, micotici, batterici o tra la scarsa igiene. In questo caso l?intervento chirurgico consente la separazione delle sinechie.
Vulvite batterica
La forma primitiva ? determinata da stafilococchi o da streptococchi, ma ? poco frequente. Pi? frequentemente una vulvite batterica ? secondaria a lesioni epidermiche causate da alterazioni vulvari di altra natura. Una terapia antibiotica pu? essere utile per allontanare la componente batterica, ma solo un intervento mirato sull?alterazione primitiva pu? evitare episodi di recidiva.
Ulcus vulvae acutum
E? una patologia che si presenta raramente e si manifesta con stati febbrili ad esordio brusco, brividi, malessere generale, cefalea ed ulcere dolorose dei genitali esterni. E? ancora sconosciuta la sua eziopatologia, anche se l?ipotesi infettiva sembra essere la pi? accreditata. Il quadro istologico ed i dati di laboratorio non sono specifici. La diagnosi differenziale deve includere ulcere infettive veneree ( sifilide, ulcera molle ) e non ( HSV, HZV, Tbc ) ed ulcere non infettive ( S. di Bechet, S. di Reiter, fistole ano-vaginali, malattie mieloproliferative ). La terapia ? basata prevalentemente sull?impiego di antibiotici sistemici, disinfettanti topici, antinfiammatori topici ( Ibuprofene isobutanolammonio; Edenil ).
De Sanctis V, Rivista Italiana di Medicina dell?Adolescenza 2005; 3: 25-31
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E? molto probabile che questi due tumori siano connessi attraverso un comune meccanismo patogenetico.
Ricercatori del Massachusetts General Hospital di Boston hanno valutato le possibili associazioni tra questi due tumori geneticamente correlati.
E? stato calcolato il rapporto di incidenza standardizzata ( SIR ) per il tumore della tiroide tra i pazienti sopravvissuti al melanoma cutaneo e per il melanoma cutaneo nei sopravvissuti al tumore della tiroide.
I dati sono stati ricavati dal database Surveillance Epidemiology and End Result ( SEER ) del National Cancer Institute.
Tra il 1973 ed il 2000 ci sono stati 73.274 casi di melanoma cutaneo e 27.138 casi di tumore alla tiroide.
I Ricercatori hanno riscontrato un aumento del rischio di tumore della tiroide di 2.17 volte dopo diagnosi di melanoma cutaneo.
Il rischio di tumore alla tiroide ? risultato pi? alto nei maschi e nei primi 3 anni dopo la diagnosi di melanoma cutaneo.
E? stato osservato anche un rischio di melanoma cutaneo tra i pazienti sopravvissuti al tumore della tiroide, tuttavia l?aumento ? stato di scarsa entit?.
I pazienti con tumore della tiroide, sottoposti a radioterapia, hanno presentato un aumento del rischio di successivo melanoma cutaneo del 57%.
Questo studio ha documentato l?esistenza di un forte di rischio unilaterale di tumore della tiroide dopo melanoma cutaneo.
Goggins W et al, Int J Cancer 2006; 118: 185-188
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I casi erano pazienti ( n = 560 ) di et? media 38 anni con una prima diagnosi di psoriasi ed una storia di manifestazioni cutanee di durata non superiore ai 2 anni.
Il gruppo controllo era rappresentato da pazienti con una nuova diagnosi di malattia cutanea, ma non affetti da psoriasi ( n = 690; et?: 36 anni ).
Il rischio di psoriasi era pi? alto negli ex-fumatori ( OR = 1,9 ) e nei fumatori correnti ( OR = 1,7 ) che nei non-fumatori.
Il fumare era strettamente associato a lesioni pustolose ( OR = 5,3 per i fumatori ).
La frequenza della psoriasi variava in modo significativo in relazione alla storia familiare nei pazienti di primo grado, all?indice BMI per il sovrappeso ( BMI 26-29 ) ( OR = 1,6 ) e per l?obesit? ( BMI maggiore o uguale 30 ) ( OR = 1,9 ) e per il punteggio di eventi di vita stressante ( OR = 2,2 per valore dell?indice maggiore o uguale a 115 ).
Naldi L et al, J Invest Dermatol 2005; 125: 61-67
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Tutte le pazienti con tumore alla mammella invasivo dovrebbero assumere il Tamoxifene ?
Il Tamoxifene trova giustificazione solo nelle donne i cui tumori esprimono il recettore per l’estrogeno ( ER ).
Tuttavia anche tra le donne con tumore alla mammella ER-positivi, solo il 40-50% trae beneficio dal trattamento con Tamoxifene.
Questo sta ad indicare che un’alta percentuale di tumori ER-positivi sono resistenti al Tamoxifene.
Il Tamoxifene non ? scevro da effetti indesiderati ed occasionalmente ? associato a grave tossicit?.
Il fatto che il Tamoxifene non ? efficace in tutti i tumori ER-positivi pu? trovare spiegazione nella biologia dei recettori per gli estrogeni e di altri recettori degli ormoni steroidei.
Il Tamoxifene non ? un “anti-estrogeno”, ma un SERM ( selective estrogen receptor modulator ).
I SERM presentano attivit? sia agoniste che antagoniste, in base al tipo di recettore per l’estrogeno, alfa o beta.
Inoltre il legame con ER ? influenzato dal co-attivatore e dal co-repressore.
E’ quindi possibile che il Tamoxifene possa agire come agonista in alcuni carcinomi mammari ormone-dipendenti.
Studi in vitro hanno dimostrato che linee cellulari tumorali, la cui crescita ? inizialmente inibita dal Tamoxifene e da altri SERM, sono stimolate a crescere dopo lunga esposizione a basse concentrazioni di Tamoxifene.
Qual ? il meccanismo molecolare alla base della diversit? d’azione del Tamoxifene ?
Lo studio di Shou et al ( J Natl Cancer Inst 2004; 96: 926-935 ) mostra che il Tamoxifene si comporta come un agonista a livello delle cellule tumorali mammarie , che esprimono alti livelli del co-attivatore AIB1 e di HER-2.
E’ dimostrato che i pazienti, i cui tumori iperesprimono HER-2, trattati con Tamoxifene hanno una maggiore incidenza di recidive e di mortalit? rispetto a coloro che non assumono questo farmaco.
Il Gefitinib ( Iressa ), un inibitore EGFR, che agisce inibendo HER-2, ? in grado di ripristinare l’attivit? antitumorale del Tamoxifene.
Recenti studi hanno indicato che gli inibitori dell’aromatasi potrebbero essere pi? efficaci del Tamoxifene nei confronti dei tumori alla mammella ormone-dipendenti.
Questi farmaci comprendono: Anastrozolo ( Arimidex ), Letrozolo ( Femara ), Exemestane ( Aromasin ).
Gli inibitori dell’aromatasi, che impediscono la trasformazione dei precursori ad estradiolo, non presentano la tipica tossicit? del Tamoxifene e di altri SERM ( trombosi, carcinoma dell’utero ), ma piuttosto quella della deplezione dell’estrogeno ( osteoporosi, fratture ossee ).
Hayes DF et al, J Natl Cancer Inst 2004; 96: 895 – 897
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Nel corso del periodo di follow-up di 30 anni, 128 uomini hanno sviluppato malattia di Parkinson ( 7.1/10.000 persone/anno ).
L?incidenza, aggiustata per et?, della malattia di Parkinson ? aumentata con l?assunzione di latte da 6.9/10.000 persone anno, negli uomini che non hanno consumato latte, a 14.9/10.000 persone anno negli uomini che hanno consumato pi? di 453.6g/die ( p = 0.017 ).
Dopo ulteriori aggiustamenti per la dieta ed altri fattori, c?? stato un aumento di 2.3 volte della malattia di Parkinson nel gruppo a pi? alta assunzione di latte ( pi? di 453.6g/die ) rispetto a coloro che non hanno consumato latte.
L?effetto del consumo di latte sull?insorgenza della malattia di Parkinson ? risultato indipendente dall?assunzione di calcio.
L?assunzione di calcio non ha una relazione apparente con il rischio di insorgenza della malattia di Parkinson.
Da quanto emerso dallo studio, l?assunzione di latte ? associata ad un aumento del rischio di sviluppare la malattia di Parkinson.
Park M et al, Neurology 2005; 64:1047-1051
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L’aracnodattilia ? una caratteristica scheletrica contraddistinta da dita affusolate che risultano sproporzionatamente allungate rispetto al palmo della mano. Si tratta di una condizione che ? comune a molte sindromi (ad esempio, la Sindrome di Marfan) ma che pu? essere anche isolata (e quindi non associata ad alcuna altra anomalia) e familiare.
L’artrogripposi ? una condizione che – proprio all’origine della denominazione di Sindrome di Marfan – venne descritta dal dr. Marfan nel secolo XIX e da lui prese il nome. In seguito, la migliore definizione della Sindrome di Marfan differenzi? quest’ultima (pur mantenendo il nome di Marfan) dall’artrogripposi multipla. Questa ? una condizione caratterizzata da contratture multiple con blocco articolare che origina e quindi si associa ad una riduzione della motilit? articolare in epoca prenatale.
Cause
Numerose sono le cause che possono provocare l’artrogripposo e queste comprendono:
un deficit neurologico sia centrale che periferico, con conseguente alterazione della funzione muscolare (contratture) e blocco a livello articolare; una miopatia, cio? una malattia prevalentemente a livello muscolare; una malformazione articolare e a livello scheletrico (in genere distrettuale). Alcune condizioni prenatali, quali una marcata riduzione del liquido amniotico o una gravidanza multipla, possono condizionare una costrizione importante del feto con conseguente alterazione dello sviluppo osteo-articolare e muscolo-tendineo e quindi artrogripposi. In presenza di artrogripposi ? necessario effettuare approfondimenti per valutare se non vi possano essere contemporaneamente anche altre malformazioni e quindi non si sia di fronte ad un problema pi? ampio (ad esempio, una sindrome come quella di Marfan). E’ quindi necessario controllare l’accrescimento staturale e ponderale, indagare ogni organo ed apparato e ricercare eventuali segni di ritardo mentale anche sfumato (valutazione dello sviluppo psicomotorio ed intellettivo).
Diagnosi
Una visita pediatrica approfondita, una valutazione dermatologica, un controllo ortopedico saranno le prime cose da fare. Da loro deriveranno gli ulteriori controlli da programmare. Un consulto presso un centro di genetica medica sar? quindi necessario per orientarsi nei confronti di un inquadramento diagnostico pi? preciso, per stabilire eventuali ulteriori indagini (ad esempio, genetiche), per delineare l’albero genealogico e quindi ricercare se altri appartenenti allo stesso nucleo familiare sono affetti dallo stesso problema e quindi per definire l’eventuale ereditariet? e il rischio riproduttivo futuro.
Terapia
La terapia ? correlata alla diagnosi e lo stesso si pu? dire della prognosi nel tempo. Relativamente all’esistenza di Centri specializzati nell’artrogripposi, si deve fare riferimento sempre alla diagnosi definitiva in quanto esistono Centri dedicati a specifiche sindromi e – nel caso di un’artrogripposi su base ortopedica o neuromuscolare, centri specializzati in ortopedia pediatrica o Istituti neurologico.
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