Tumore mammario postmenopausale: latticini diminuiscono il rischio
(Cancer Epidemiol Biomarker Prevent. 2005; 14: 2898-904)
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L?ictus ed il tromboembolismo sono le principali cause di morbilit?-mortalit? associate alla fibrillazione atriale.
Alla base c?? uno stato protrombotico o di ipercoagulabilit?, associato sia ad anomalie del flusso sanguigno ( stasi striale), sia a danni endoteliali e dell?endocardio.
Nel 2001 la Cochrane ha pubblicato una revisione sistematica sulla terapia anticoagulante ed antiaggregante nella fibrillazione atriale.
Da questa analisi ? emerso che l?impiego del Warfarin ( Coumadin ) nei soggetti con fibrillazione atriale ha evitato, rispetto al placebo, 6 ictus ogni 100 pazienti trattati.
Di contro, il rischio di emorragie maggiori dopo trattamento con Warfarin ? aumentato di 2.4 volte, sempre rispetto al placebo.
Gli studi che hanno valutato l?Acido Acetilsalicilico ( Aspirina ) non hanno portato ad alcun risultato definitivo.
Dal confronto tra Warfarin ed Aspirina ? risultato che il Warfarin permette di evitare 2 ictus ogni 100 soggetti trattati rispetto all?impiego dell?Aspirina, con un modestissimo aumento del rischio di emorragie maggiori.
Il trattamento con Warfarin a dosaggio aggiustato ha evitato 5 ictus per ogni 100 pazienti trattati, rispetto all?Aspirina associata a basse dosi di Warfarin. L?incidenza di emorragie maggiori ? risultata sostanzialmente sovrapponibile nei due bracci di trattamento.
I risultati della revisione hanno indicato che assumendo un rischio di base pari a 45 ictus per 1000 pazienti con fibrillazione atriale/anno, l?impiego del Warfarin ? in grado di prevenire 30 ictus , causando 6 eventi emorragici maggiori, mentre l?Aspirina pu? prevenire 17 ictus, senza aumentare il rischio emorragico.
Pertanto, i soggetti ad alto rischio di ictus ( inclusi gli anziani ) possono beneficiare del trattamento con Warfarin, mentre per i soggetti a basso rischio potrebbero essere utile l?assunzione di Aspirina, anche se le evidenze non sono conclusive.
Nonostante sia chiara l?evidenza di efficacia del Warfarin nella prevenzione dell?ictus nei pazienti con fibrillazione atriale, il farmaco ? poco utilizzato. Uno dei motivi dello scarso utilizzo del Warfarin ? la necessit? di uno stretto monitoraggio di valori di INR.
Allo stato attuale delle conoscenze ? considerato ottimale un range di INR compreso tra 2 e 3.
Fonte: Bollettino d?Informazione sui Farmaci, 2005
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L?obiettivo dello studio condotto da Ricercatori del Portal Hypertension Collaborative Group ? stato quello di verificare l?efficacia dei beta-bloccanti nel prevenire le varici.
Un totale di 213 pazienti con cirrosi ed ipertensione portale ( gradiente di pressione venosa epatica minima di 6 mmHg ) ? stato assegnato in modo random a ricevere Timololo ( Blocadren ) ( n = 108 ), un beta-bloccante non-selettivo, oppure placebo ( n = 105 ) .
L?end point primario era rappresentato dallo sviluppo di varici gastroesofagee o emorragie da varici.
Nel corso del periodo osservazionale di 54.9 mesi non ? stata osservata alcuna differenza significativa nell?end point primario tra i pazienti trattati con Timololo e quelli del gruppo placebo ( 39% versus 40%, rispettivamente; p = 0.89 ) e neppure riguardo all?incidenza di ascite, encefalopatia, trapianto di fegato o morte.
Gravi reazioni avverse sono risultate pi? comuni tra i pazienti del gruppo Timololo rispetto a quelli trattati con placebo ( 18% versus 6%; p = 0.006 ).
Le varici si sono sviluppate meno frequentemente tra i pazienti con un gradiente di pressione venosa epatica inferiore a 10mmHg ed in coloro il cui gradiente ? diminuito pi? del 10% ad 1 anno.
Lo sviluppo di varici ? stato invece pi? frequente tra coloro il cui gradiente ? aumentato pi? del 10% ad 1 anno.
Questo studio ha dimostrato che i beta-bloccanti non-selettivi sono inefficaci nel prevenire le varici nei pazienti, non selezionati, con cirrosi ed ipertensione portale.
Groszmann RJ et al, N Engl J Med 2005; 353: 2254-2261
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L?ormone della crescita ha un ruolo importante sulla funzionalit? ovarica e la carenza dell?ormone della crescita pu? rappresentare un addizionale fattore patogenetico nella sindrome dell?ovaio policistico.
Ricercatori danesi hanno esaminato l?effetto del Pioglitazone ( Actos ) sui livelli dell?ormone della crescita nelle donne affette da policistosi ovarica.
Hanno preso parte allo studio 30 pazienti con sindrome dell?ovaio policistico con resistenza all?insulina.
Queste pazienti sono state assegnate in modo casuale a ricevere per 16 settimane Pioglitazone ( 30mg/die ) o placebo.
Il trattamento con Pioglitazone ha aumentato in modo significativo i livelli di ormone della crescita stimolato da GHRH ( ormone rilasciante l?ormone della crescita ) e la secrezione dell?ormone della crescita pulsatile nelle 24 ore, probabilmente migliorando in modo diretto o indiretto la sensibilit? all?insulina.
Glintborg D et al, J Clin Endocrinol Metab 2005; 90: 5605-5612
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Elevate concentrazioni plasmatiche di proteina C reattiva sono anche correlate ad un aumento del rischio di eventi cerebrovascolari e di eventi cardiovascolari fatali e non fatali nei pazienti con ictus ischemico.
Queste osservazioni di carattere epidemiologico e clinico indicano che la determinazione delle concentrazioni plasmatiche di proteina C reattiva potrebbe essere utile come elemento aggiuntivo per la valutazione del rischio nella prevenzione primaria e secondaria di malattie cerebrovascolari e potrebbe avere un valore prognostico.
Uno studio coordinato dal Centro per la Medicina Cardiovascolare e Prevenzione della Malattia Cerebrovascolare di Sulmona ha valutato se la proteina C reattiva fosse un predittore indipendente di eventi cerebrovascolari negli individui a rischio e nei pazienti con ictus ischemico, e la sua utilit? prognostica dopo l?ictus.
La proteina C reattiva soddisfa la maggior parte dei requisiti come un nuovo predittore di rischio e predittore prognostico, ma diverse questioni attendono ulteriori conferme e chiarimenti prima che tale marcatore possa essere incluso nelle valutazioni di routine dei pazienti con ictus e nei soggetti a rischio di malattie cerebrovascolari.
Associazioni potenzialmente significative sono state stabilite tra le elevate concentrazioni plasmatiche di proteina C reattiva e l?aumento dell?efficacia delle terapie stabilite, con particolare riferimento alle terapia ipolipidemizzante con statine.
Allo stato attuale, non ci sono sufficienti evidenze per raccomandare la misurazione dei livelli plasmatici di proteina C reattiva nella valutazione di routine del rischio di malattie cerebrovascolari nella prevenzione primaria, poich? sono scarse le evidenze sul fatto che la rilevazione precoce, o un intervento di rilevamento, possa migliorare l?outcome.
Nella prevenzione secondaria dell?ictus, gli elevati livelli plasmatici di proteina C reattiva si aggiungono ai marcatori prognostici esistenti, ma restano da stabilire le opzioni terapeutiche specifiche.
Di Napoli M et al, Stroke 2005; 36: 1316-1329
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Il Tysabri ? un farmaco che ? stato sviluppato per la sclerosi multipla.
Nel corso di studi clinici 3 pazienti in trattamento con Natalizumab hanno sviluppato leucoencefalopatia multifocale progressiva. Due di questi pazienti sono morti.
Biogen Idec ed Elan Pharmaceuticals, le due societ? che commercializzavano il farmaco, lo hanno ritirato dal mercato per motivi precauzionali.
L?effetto del Natalizumab ? stato valutato anche nei pazienti con malattia di Crohn.
Nel primo studio ENACT-1, 905 pazienti sono stati assegnati in modo random a trattamento con Natalizumab oppure placebo, nell?arco di 10 settimane.
Non sono state osservate differenze tra i due gruppi riguardo alla risposta e alla remissione della malattia.
Nel secondo studio, ENACT-2, 339 pazienti, che avevano presentato una risposta nel primo studio, hanno ricevuto Natalizumab o placebo, ogni 4 settimane per 1 anno.
I pazienti trattati con l?anticorpo monoclonale hanno presentato una maggiore risposta sostenuta ( 61% versus 28% del placebo ) e remissione ( 44% versus 26% del placebo ).
Nel corso della fase di eastensione, un paziente trattato con Natalizumab ha sviluppato leucoencefalopatia multifocale progressiva ed ? morto.
Fonte: The New England Journal of Medicine, 2005
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Il Tysabri ? un farmaco che ? stato sviluppato per la sclerosi multipla.
Nel corso di studi clinici 3 pazienti in trattamento con Natalizumab hanno sviluppato leucoencefalopatia multifocale progressiva. Due di questi pazienti sono morti.
Biogen Idec ed Elan Pharmaceuticals, le due societ? che commercializzavano il farmaco, lo hanno ritirato dal mercato per motivi precauzionali.
L?effetto del Natalizumab ? stato valutato anche nei pazienti con malattia di Crohn.
Nel primo studio ENACT-1, 905 pazienti sono stati assegnati in modo random a trattamento con Natalizumab oppure placebo, nell?arco di 10 settimane.
Non sono state osservate differenze tra i due gruppi riguardo alla risposta e alla remissione della malattia.
Nel secondo studio, ENACT-2, 339 pazienti, che avevano presentato una risposta nel primo studio, hanno ricevuto Natalizumab o placebo, ogni 4 settimane per 1 anno.
I pazienti trattati con l?anticorpo monoclonale hanno presentato una maggiore risposta sostenuta ( 61% versus 28% del placebo ) e remissione ( 44% versus 26% del placebo ).
Nel corso della fase di eastensione, un paziente trattato con Natalizumab ha sviluppato leucoencefalopatia multifocale progressiva ed ? morto.
Fonte: The New England Journal of Medicine, 2005
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