Aumentano i casi di tumore correlato a infezioni

6 Ago 2012 Oncologia

Sono circa 2 milioni i casi di cancro causati ogni anno da agenti infettivi: per questo l’applicazione dei metodi esistenti di sanità pubblica per la prevenzione delle infezioni, come le vaccinazioni, il ricorso a metodi di iniezione più sicuri, l’uso di trattamenti antimicrobici, potrebbero determinare un impatto sostanziale sul futuro carico di cancro a livello mondiale. Ne è convinto il gruppo di Martyn Plummer, dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione (Francia), autore di una revisione e di un’analisi sintetica degli studi su virus, batteri e parassiti identificati come forti fattori di rischio per specifiche forme tumorali, fornendo così un update sul tema. Per gli agenti infettivi carcinogeni presi in considerazione gli studiosi hanno calcolato una frazione attribuibile di popolazione (Paf) del pianeta, utilizzando stime sull’incidenza di cancro nel 2008. Su 12,7 milioni di nuovi casi di cancro occorsi in quell’anno, il Paf per agenti infettivi è stato di 16,1%; ciò significa che circa 2 milioni di nuovi casi di cancro sono attribuibili a infezioni. Questa quota è più elevata nei Paesi meno sviluppati (22,9%) rispetto a quelli più avanzati (7,4%), passando dal 7,4% dell’Africa sub-Sahariana al 32,7% di Australia e Nuova Zelanda. Helicobacter pylori, virus dell’epatite B e C, e Papillomavirus umano sono risultati responsabili di 1,9 milioni di casi. Nelle donne il cancro della cervice uterina ha rappresentato circa la metà del carico di cancro correlato a infezione, mentre negli uomini, con i tumori dello stomaco ed epatici, la cifra corrispondente è salita oltre l’80%. Da notare, infine, che circa il 30% dei casi tumorali attribuibili a infezioni avviene in persone più giovani di 50 anni.

Lancet Oncol, 2012 May 8. [Epub ahead of print] 

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Depressione in sclerosi multipla pesa sui caregiver

Un gruppo di ricercatori di Milano ha analizzato la qualità di vita dei familiari dei pazienti con sclerosi multipla e in generale delle persone significative che sono loro vicine, ne condividono la vita e si fanno carico delle loro problematiche: ne è emerso un carico psicologico non collegato alla compromissione fisica ma ai sintomi depressivi. In forze presso l’Istituto neurologico Carlo Besta, l’Istituto europeo di oncologia e l’Azienda sanitaria locale, gli autori hanno condotto questo approfondimento nell’ambito dello studio Posmos, attraverso un sondaggio su un campione di 251 persone con sclerosi multipla residenti nell’area milanese. Nell’insieme sono state identificate 142 persone significative – dall’età media di 53,1 anni, per metà donne, nel 65% partner dei pazienti – e la loro condizione è stata confrontata con quella di 120 persone che hanno costituito il gruppo di controllo. Si è riscontrato che la condivisione della propria vita con le persone affette da sclerosi multipla si associa a un minor grado di vitalità, particolarmente nelle donne e nelle persone anziane, e a maggiori problemi di salute mentale. In particolare si è visto che uno stato depressivo del paziente si riflette sul peggioramento della qualità di vita e sulla depressione delle persone che stanno loro vicine, mentre un maggior grado di disabilità dei pazienti non esercita nessuna influenza aggiuntiva di questo tipo.

Eur J Neurol, 2012; 19(6):847-854

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Preparazione inadeguata a colonscopia: modello per prevenirla

Uno studio condotto all’Istituto clinico Humanitas di Milano ha permesso di identificare i fattori associati a una preparazione intestinale inadeguata per la colonscopia e ha portato alla costruzione di un accurato modello predittivo per identificare i soggetti che richiedono maggiori attenzioni. I ricercatori hanno analizzato 2.811 pazienti che erano stati sottoposti a colonscopia in 18 diversi centri medici, hanno raccolto dati clinici e demografici prima dell’esame e li hanno seguiti in uno studio prospettico. Un’analisi multivariata è servita per identificare i fattori associati a una preparazione inadeguata, che è stata riscontrata in un paziente su tre, ed è servita per mettere a punto il modello. I fattori associati a inadeguata preparazione intestinale sono stati: il sovrappeso (odds ratio 1,5), il genere maschile (1,2), un elevato indice di massa corporea (1,1), l’età avanzata (1,01), un precedente intervento chirurgico colorettale (1,6), cirrosi (5), malattia di Parkinson (3,2), diabete (1,8) e risultati positivi nel test di sangue occulto fecale (0,6). Considerando questi fattori, è stato possibile prevedere quali pazienti presentavano una pulizia intestinale inadeguata con una sensibilità del 60%, una specificità del 59%, un valore predittivo positivo del 49% e un valore predittivo negativo del 76%. Il modello ricavato potrebbe dunque essere utile per seguire con maggiore attenzione la preparazione alla colonscopia di alcuni soggetti, infatti, spiegano gli autori, «assumendo un’efficacia del 100% di un ipotetico regime indirizzato ai pazienti a rischio, la percentuale di preparazione inadeguata scenderebbe dal 33% al 13%».

Clin Gastroenterol Hepatol, 2012; 10(5):501-6

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Cancro alla prostata, Psa sconsigliato da esperti Usa

4 Ago 2012 Urologia

Lo Us Preventive Services Task Force ha ufficialmente bocciato il test del Psa per lo screening del cancro della prostata, come esame di routine negli uomini sani di mezza età. Una raccomandazione, destinata a sollevare polemiche, determinata, dicono le conclusioni della task force governativa statunitense, «dalle scarse evidenze che i benefici siano superiori ai rischi». Viene così esteso un provvedimento già preso per gli uomini di età superiore ai 75 anni. L’unica concessione riguarda casi individuali, laddove il clinico, riconosciuta l’evidenza, possa applicare la decisione del test al singolo paziente. La raccomandazione restrittiva ha suscitato l’immediata replica dell’American Urological Association che si è detta «oltraggiata» dal parere. «Gli uomini che sono in buona salute» aggiungono gli urologi statunitensi «e hanno più di 10-15 anni di aspettativa di vita dovrebbero poter scegliere di fare il test e non essere scoraggiati». E in Italia? «La scelta assolutista è criticabile» secondo Riccardo Valdagni, Direttore del Programma Prostata dell’Istituto dei Tumori di Milano, «se è vero che il Psa non può essere adottato come screening di popolazione a livello nazionale, lo stesso discorso non può essere trasferito in modo indiscutibile sul singolo. E questo» secondo Valdagni «vale fino a che non ci saranno conclusioni definitive in questo senso prodotte dai 3 studi randomizzati in corso». Il rischio, spiega il vicepresidente Siuro, è la sovradiagnosi e il conseguente eccesso di terapia «ma al paziente con una buona aspettativa di vita che desiderasse sottoporsi al test, se adeguatamente informato sui rischi, il test non va negato» conclude.

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Sigmoidoscopio flessibile efficace in screening del ca colorettale

3 Ago 2012 Oncologia

Lo screening del cancro colorettale effettuato mediante sigmoidoscopio flessibile è associato a una significativa riduzione di incidenza della neoplasia (a livello del colon sia prossimale che distale) e di mortalità (solo a livello del colon distale). È l’esito di un ampio studio nordamericano che ha coinvolto, dal 1993 al 2001, 154.900 persone tra uomini e donne, di età compresa tra 55 e 74 anni, assegnate in modo randomizzato allo screening con ripetizione dell’esame con sigmoidoscopio flessibile, a 3 o a 5 anni, oppure ad assistenza tradizionale. Su 77.445 partecipanti assegnati al gruppo intervento, l’83,5% è stato sottoposto a screening basale e il 54% a screening a 3 o a 5 anni. L’incidenza della neoplasia, dopo un follow-up medio di 11,9 anni, è stato di 11,9 casi per 10.000 persone-anno nel gruppo intervento rispetto a 15,2 casi nel gruppo cure standard, corrispondenti a una riduzione del 21%. Riduzioni significative di incidenza sono state osservate nel gruppo intervento rispetto al controllo sia in relazione al cancro colorettale distale (479 vs 699 casi) che prossimale (512 vs 595 casi). Si sono registrati 2,9 decessi per ca colorettale in 10,000 persone-anno nel gruppo intervento, contro 3,9 nei controlli, equivalenti a una diminuzione del 26%. In particolare, la mortalità da cancro colorettale distale si è ridotta del 50% (87 vs 175, rispettivamente), mentre quella prossimale non è rimasta influenzata dallo screening.

N Engl J Med, 2012 May 21. [Epub ahead of print]

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Diabete, controllo pressione non condiziona qualità di vita

Nei pazienti con diabete di tipo 2 un controllo intensivo della pressione arteriosa (<120 mmHg) – rispetto a un approccio standard (130-139 mmHg) – non produce un impatto clinicamente significativo, né in senso positivo né in senso negativo, sulla depressione o sulla qualità della vita relativa alla salute (Hrql) riferita dai soggetti. Sembra dunque smentita l’ipotesi che il perseguimento di un target più ambizioso di valori pressori nei soggetti diabetici di tipo 2 implichi una condizione di maggiore benessere. Quanto meno a giudicare dai risultati di una sperimentazione statunitense effettuata su 1.028 soggetti partecipanti al sottostudio Hrql del trial Accord (Action to control cardiovascular risk in diabetes) Bp, i quali avevano completato la visita iniziale e una o più delle valutazioni di Hrql a 12, 36, o 48 mesi. A più di 4 anni di follow-up non si sono notate differenze significative in 5 misure di Hrql su 6. I pazienti assegnati al controllo pressorio intensivo, rispetto al gruppo standard, hanno fatto registrare un peggioramento significativo dei punteggi al questionario sullo stato di salute “Medical outcomes Study 36-item short-form health survey”. Tali cambiamenti però non sono apparsi clinicamente significativi e i reperti si sono mantenuti lungo tutti i sottogruppi prespecificati.

Diabetes Care, 2012 May 14. [Epub ahead of print]

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Bpco grave, deficit cognitivi associati a severità

Nei pazienti affetti da grave Bpco può essere riconosciuto un decadimento cognitivo, ma la rilevanza clinica del deficit funzionale non è ben definita, anche se si può associare alla gravità della patologia respiratoria. Pertanto sarà opportuno che in futuro gli studi si concentrino sulle conseguenze di questi deficit sulla vita quotidiana dei pazienti, valutando se le soluzioni assistenziali basate su un alto livello di autocura non necessitino dell’introduzione di supporti speciali. Sono le considerazioni conclusive che un gruppo di studiosi danesi, guidati da Lone Schou dell’Ospedale universitario Frederiksberg di Copenhagen, hanno tratto al termine di una revisione sistematica di 15 studi condotti su un totale di 655 pazienti affetti da Bpco e 394 soggetti controllo. Come criteri di inclusione nella selezione erano stati previsti l’esecuzione di una batteria di test neuropsicologici e la valutazione della gravità della Bpco. Le funzioni cognitive sono risultate ridotte nel gruppo Bpco rispetto ai controlli sani, ma il livello di performance è apparso migliore rispetto a quello di pazienti con malattia di Alzheimer. Si è notata un’associazione significativa tra gravità della Bpco (valutata tramite test di funzione polmonare ed emogasanalisi) e deficit cognitivo, ma soltanto nei pazienti con grave Bpco.

Respir Med, 2012 May 11. [Epub ahead of print]

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Vaccino anti-meningococco sierogruppo B

Allo scopo di offrire un’ampia copertura contro diversi ceppi di meningococco invasivo di sierogruppo B è stato messo a punto un vaccino ricombinante bivalente lipoproteico, denominato “2086”, che si è dimostrato immunogeno, in grado di indurre una robusta attività battericida sierica complemento-mediata (hSba) contro la Neisseria meningitidis, e ben tollerato. La valutazione è stata effettuata su 511 adolescenti sani, dislocati in 25 centri in Australia, Polonia e Spagna. I criteri di esclusione sono stati: precedente meningite invasiva o vaccinazione con agente del sierogruppo B, note reazioni avverse o ipersensibilità al vaccino, comorbilità significative, terapie immunosoppressive in corso. I partecipanti sono stati randomizzati a uno schema vaccinale a dosi crescenti (60, 120 o 200 ug) oppure placebo a 0, 2 e 6 mesi. L’immunogenicità è stata misurata mediante hSba contro 8 diversi ceppi di meningococchi di sierogruppo B; un altro endpoint è stata la sieroconversione nei confronti di due ceppi indicatori (Pmb1745 e Pmb 17). Dei 511 partecipanti, 116 erano nel gruppo placebo, 21 in quello 60 ug, 191 in quello 120 ug, e 183 in quello 200 ug. Sono risultate sempre molto elevate le quote di sieroconversione al ceppo di riferimento in tutti e 3 i gruppi (tra 89,5 e 94% per Pmb1745 e tra 81 e 86,6% per Pmb17). La risposta battericida è stata robusta, così come testimoniato dall’elevata quota di soggetti che raggiungevano titoli hSBA elevati. La reazione locale più comune è stata un dolore da lieve a moderato nel sito di iniezione (più frequente con i dosaggi più alti). Anche eventi sistemici, quali fatica e cefalea, sono stati generalmente di grado lieve, come pure gli episodi febbrili.

Lancet Infect Dis, 2012 May 4. [Epub ahead of print]

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Menopausa precoce aumenta rischi a lungo termine

23 Lug 2012 Ginecologia

La menopausa che si verifica prima dell’età di 47 anni si associa a un aumento di mortalità, di fratture da fragilità e di osteoporosi all’età di 77 anni. Lo suggerisce uno studio osservazionale prospettico di popolazione condotto da Ola Svejme e collaboratori della università di Lund  e dell’ospedale universitario Skåne di Malmö, Svezia, su 390 donne che all’inizio dell’indagine avevano 48 anni d’età. Le donne, sottoposte al basale a misurazione della densità minerale ossea (Bmd) dell’avambraccio distale con assorbimetria a fotone singolo (Spa) e acquisizione dello status menopausale, sono state suddivise in un gruppo incorso in menopausa precoce (prima dei 47 anni) e in un gruppo con menopausa tardiva (almeno 47 anni). All’età di 77 anni si è proceduto a una nuova misurazione della Bmd dell’avambraccio mediante Spa e a misurazione della Bmd del femore prossimale e della colonna lombare attraverso assorbimetria a raggi X a doppia energia (Dxa). Per determinare la menopausa si è fatto riferimento al criterio dell’Organizzazione mondiale della sanità che prevede un minimo di 12 mesi di amenorrea continua. La prevalenza di osteoporosi è stata determinata utilizzando i dati Dxa. È così emerso che le donne del gruppo menopausa precoce avevano un rapporto di rischio pari a 1,83 per l’osteoporosi all’età di 77 anni, a 1,68 per le fratture da fragilità e un rischio di mortalità pari a 1,59.

Bjog. 2012 Apr 25. [Epub ahead of print]

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Gravidanza e post-partum non incrementano il Tev

23 Lug 2012 Ginecologia

Nelle donne gravide e nel post-partum, il tasso di eventi di tromboembolismo venoso (Tev) dopo ultrasonografia compressiva singola completa sembra collocarsi nel range di quanto è stato osservato negli studi su popolazioni effettuati su donne non gravide. Pertanto questo studio francese, firmato da Grégoire Le Gal dell’INSERM e Centre Hospitalier Universitaire de la Cavale Blanche di Brest e collaboratori dell’Edvige study group, suggerisce che un esito negativo dell’esame escluda in sicurezza la diagnosi di trombosi venosa profonda in questo setting. La ricerca ha preso in considerazione 226 donne in gravidanza o nel post-partum con sospetto di trombosi venosa profonda.  Tutte le donne con un risultato negativo dell’ultrasonografia singola prossimale e distale non hanno ricevuto la terapia anticoagulante e sono state seguite per un periodo di 3 mesi. Si è proceduto all’esclusione di 16 donne principalmente a causa di sospetto di embolismo polmonare. La trombosi venosa profonda è stata diagnosticata in 22 pazienti sulle 210 incluse nello studio (10,5%). Dieci donne hanno ricevuto una dose piena di anticoagulante nonostante l’esito negativo dell’esame durante il follow-up. Delle 177 donne in cui non era presente trombosi venosa e che non sono state trattate con una dose piena anticoagulante, in due casi (1,1%) si è avuto la conferma obiettiva di trombosi venosa profonda durante il follow-up.

Bmj 2012; 344 doi: 10.1136/bmj.e2635 (Published 24 April 2012)

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