I tassi di appendicectomia negativa in un centro di cura terziario ammontano al tre percento con l’uso di routine della TAC diagnostica, il che rappresenta un declino del 20 percento rispetto ai valori precedenti al suo uso di routine. In generale, il medico decide di procedere all’appendicectomia prima della TAC nel 12 percento dei casi: la decisione, nella maggior parte dei casi, ? dovuta alla presenza dei segni, sintomi e dati di laboratorio classici dell’appendicite acuta, compresa la presenza di peritonite. I clinici, dunque, sono in grado di selezionare accuratamente un gruppo di pazienti candidati alla chirurgia anche senza l’ausilio della TAC, ma ci? nonostante quest’ultima dovrebbe essere usata nella maggior parte dei pazienti con sospetta appendicite. (AiR Am J Roentgenol 2005; 184: 1802-8)
Per combattere l’osteoporosi, le donne hanno bisogno di trovare modi per assumere un maggior quantitativo di vitamina D al fine di aiutare le loro ossa a rafforzarsi, in particolare dopo la menopausa. E’ stato infatti dimostrato che pi? della met? delle donne con osteoporosi postmenopausale presentano bassi livelli di vitamina D, il che potrebbe rispecchiare un’insufficiente assorbimento del calcio. Secondo il Dr David Hosking, Medico Specialista della Division of Minerai Metabolism al Nottingham City Hospital, uno dei principali ricercatori dello studio presentato venerd? al Congresso annuale di Reumatologia (EULAR) che si tiene a Vienna, Austria. “La vitamina D ? fondamentale per l’assorbimento del calcio e per lo sviluppo di ossa forti e sane .] che sono, a loro volta, d’aiuto nella prevenzione delle fratture” ha spiegato il Dr Hosking. “I risultati di questo studio mostrano chiaramente che, indipendentemente dall’et?, regione geografica o latitudine, molte donne con osteoporosi non hanno un adeguato apporto di vitamina D.”La vitamina D ? fondamentale per l’assorbimento del calcio e per lo sviluppo di ossa forti e sane che sono, a loro volta, d’aiuto nella prevenzione delle fratture: i risultati del presente studio mostrano chiaramente che, indipendentemente dall’et?, regione geografica o latitudine, molte donne con osteoporosi non hanno un adeguato apporto di vitamina D. Ci? sfata la credenza comune che, quelle donne affette da osteoporosi che vivono in regioni pi? esposte al sole, non debbano preoccuparsi per la vitamina D, cos? come si crede che la luce del sole ne fornirebbe in quantit? sufficiente. Il tipo di abbigliamento, l’uso di protezioni solari e l’evitare l’esposizione al sole, in particolar modo dove il clima ? caldo, possono spiegare l’alta prevalenza di insufficienza di vitamina D osservata nel presente studio, indipendentemente dalla latitudine geografica. E’ di fondamentale importanza che le donne trovino modi per avere maggior apporto di vitamina D, in concomitanza alla terapia in corso per l’osteoporosi, per essere certe che stiano traendo pienamente i benefici dalla terapia, aumentando infine la robustezza dell’osso e la prevenzione contro le fratture.
I pazienti con diabete di tipo 2 in sovrappeso che ricevono una combinazione di terapie per la perdita di peso vanno incontro ad una significativa diminuzione del peso stesso ed al miglioramento del controllo del diabete dopo due anni. In base ai dati del presente studio, una perdita di peso di quattro-cinque chili due anni dopo l’inizio del trattamento, corrispondente approssimativamente al quattro percento del peso iniziale, ? gi? in grado di produrre miglioramenti clinicamente significativi sul diabete stesso. L’intervento proposto, che si compone di prodotti sostitutivi dei pasti, settimane intermittenti ripetute di dieta a basso contenuto calorico ed interventi farmacologici, risulta semplice da comprendere ed implementare per il paziente, e comporta una spesa molto contenuta. (Diabetes Care 2005; 28: 1311-5)
La vitamina B6 nella dieta protegge dal tumore colorettale, soprattutto nelle donne che bevono alcool. La vitamina B6 ha un ruolo cruciale nel metabolismo dell’l-carbonio, che coinvolge sintesi e metilazione del DNA. Aberrazioni in questi processi sono state implicate nella cancerogenesi colorettale. Un’interazione fra assunzione di vitamina B6 e consumo di alcool ? biologica mente plausibile. Questi dati potrebbero avere importanti implicazioni per la prevenzione dei tumori colorettali, in quanto molti soggetti consumano alcool e lo status della popolazione riguardante la vitamina B6 pu? essere migliorato in modo relativamente facile tramite modifiche della dieta, integrazioni vitaminiche e fortificazione. Sono pertanto necessarie ulteriori ricerche sulle interrelazioni fra vitamina B6 e consumo di alcool, e sul polimorfismo dei geni che codificano per gli enzimi coinvolti nel metabolismo dell’ 1-carbonio in relazione al rischio di tumore colorettale.
I pazienti con fibrillazione atriale hanno una possibilit? 20 volte maggiore di essere portatori di infezione da helicobacter pylori rispetto ai soggetti sani, e l’associazione ? ancor pi? forte nei pazienti con fibrillazione persistente piuttosto che parossistica. I pazienti con fibrillazione atriale presentano anche elevati livelli di proteina C-reattiva (CRP) rispetto ai soggetti sani, il che suggerisce che gli effetti del batterio su questa aritmia potrebbero essere mediati da una cascata infiammatoria. Bench? il meccanismo esatto sia sconosciuto, ? stato ipotizzato che esso possa essere correlato ad autoanticorpi che si sviluppano in alcuni pazienti con infezione da H. pylori. Questi anticorpi, che normalmente attaccano una pompa protonica che si trova sulle cellule gastriche, potrebbe invece iniziare ad attaccare una pompa di aspetto simile che si trova sulle cellule cardiache, scatenando in ultima analisi la fibrillazione atriale. Sono comunque necessario ulteriori dati da studi controllati per identificare il modo in cui H. pylori influenzi la patogenesi della fibrillazione atriale.
L’uso della RM al gadolinio e la valutazione del CA-125 sierico sono efficaci nel monitoraggio degli esiti della terapia del tumore ovarico. L’associazione di Questi due metodi consente anche di rilevare eventuali recidive: oggi nel monitoraggio di routine di Queste pazienti la rivalutazione chirurgica mediante laparotomia viene praticata solo raramente. Questa tecnica ? divenuta parte integrante della gestione delle pazienti con tumore ovarico nelle strutture in cui il presente studio ? stato svolto, e la metodica applicata risulta praticabile con Qualsiasi apparecchiatura RM a campo elevato. (Radiology 2005; 235: 918-26)
Chirurgia ed esercizio comportano gli stessi esiti per i pazienti con sindrome della cuffia rotatoria. Le basi anatomiche per tale patologia sono costituite da un’incoerenza fra le strutture nello spazio subacromiale. Le prove a supporto della superiorit? della decompressione subacromiale in rapporto alla fisioterapia con esercizio fisico non sono state finora convincenti. In base al presente studio, la chirurgia in questo campo non risulta superiore alla fisioterapia. Sono necessari ulteriori studi per qualificare le decisioni di scelta del trattamento, ed ? raccomandato che il campione venga stratificato in base ai livelli di disabilit?. (Ann Rheum Dis. 2005; 64: 760-4)
Nuove ricerche confermano che l’esposizione allo iodio radioattivo 131 nell’infanzia aumenta il rischio di tumore tiroideo, e suggeriscono che sia il deficit che l’integrazione dello iodio potrebbero risultare importanti ed indipendenti fattori modificanti per questo rischio. Una costante integrazione dello iodio in una popolazione con deficit di iodio pu? ridurre sostanzialmente il rischio di tumore tiroideo corre Iato a iodio radioattivo in caso di esposizione a questo elemento nell’infanzia, che pu? avvenire a seguito di incidenti radioattivi o durante procedure mediche diagnostiche e terapeutiche. Il presente studio fornisce informazioni nuove e provocatorie sul rischio di tumore tiroideo da radiazioni e sul ruolo modificante delle diete deficitarie in iodio stabile, nonch? sulla somministrazione di integratori di iodio anche mesi dopo che l’esposizione ? avvenuta. (l NatI Cancer Inst 2005; 97: 703-5 e 724-32)
Un numero importante di donne a basso reddito facenti parte di minoranze etniche con tumori mammari o ginecologici presentano depressione non trattata. La speranza ? che il presente studio incoraggi lo screening di routine della depressione, onde rilevare donne a basso reddito e depresse che altrimenti non verrebbero identificate. Naturalmente, in questo gruppo di pazienti i tassi di trattamento sono estremamente bassi: solo il 12 percento di queste pazienti infatti riceve un trattamento antidepressivo, e solo il cinque percento ? in contatto con assistenti sociali o partecipa a terapie di gruppo di supporto. Dato che si tratta di una popolazione a basso reddito, si suppone che la depressione possa essere associata a potenziali barriere economiche e informative relative ai tumori, e nel presente studio ci? ha trovato una schiacciante conferma. (J C/in Onco/2005; 23: 3052-60)
Lo stenting ureterale durante un trapianto renale a donatore vivente non dovrebbe costituire routine. Gli stent ureterali a doppia J vengono utilizzati spesso nella pratica urologica moderna, ma ci? nonostante la loro inserzione intraoperatoria di routine all’ureteroneocistostomia ? oggetto di grande dibattito. La controversia non sussiste soltanto negli studi retrospettivi, ma anche in quelli prospettici randomizzati. In base al presente studio, l’inserzione ureterale di routine dello stent non ha alcun impatto sul tassi di diastasi vescicoureterale o di ostruzione nel trapianto renale a donatore vivente, bench? sia siqnificativamente associato ad un aumento dell’incidenza delle infezioni del tratto urinario. Lo stenting dovrebbe essere limitato a pazienti con una vescica patologica e/o defunzionalizzata. (Ur%gy. 2005; 65: 867-71)