Il grasso viscerale come fattore di rischio di ca prostatico

31 Ott 2011 Urologia

L’obesità definita dall’indice di massa corporea (Bmi) e circonferenza vita sembra associarsi al cancro prostatico, e in particolare, a un tumore di grado elevato al momento della biopsia. Il rapporto complesso che intercorre tra obesità e carcinoma prostatico richiede comunque ulteriori studi e approfondimenti. È questo il messaggio conclusivo di uno studio di coorte, prospettico e multicentrico italiano condotto da Cosimo De Nunzio del dipartimento di Urologia dell’università La Sapienza di Roma e collaboratori. Tra il 2008 e il 2011, in tre cliniche nazionali sono stati arruolati 668 pazienti per essere sottoposti a ecografia prostatica transrettale (Trus). Prima della biopsia, i pazienti sono stati sottoposti a esplorazione rettale e sono stati misurati il Psa, il Bmi e la circonferenza vita. I soggetti sono stati suddivisi in quattro gruppi a seconda del Bmi e della circonferenza vita. Su tutto il campione arruolato, il carcinoma prostatico è stato riscontrato in 246 soggetti (38%), di cui 136 a basso grado (Gleason score </=6) e 110 ad alto grado (Gleason score =/>7). In base ad analisi multivariate di regressione logistica è emerso che il Bmi e la circonferenza vita erano fattori predittivi significativi di diagnosi di tumore alla prostata e anche associati ad alto grado della scala Gleason. Inoltre, anche l’obesità con grasso viscerale (Bmi =/>30 kg/m2 e circonferenza vita =/>102 cm) è risultata associata in modo significativo a una diagnosi di carcinoma prostatico di alto grado.

Urol Oncol, 2011 Sep 16. [Epub ahead of print]

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Rischio fratture in menopausa da prolasso degli organi pelvici

30 Ott 2011 Ginecologia

Il prolasso degli organi pelvici (Pop) moderato/severo viene ora identificato come fattore di rischio per fratture di femore nelle donne in post-menopausa. Il rettocele moderato/severo comporta un rischio addizionale di fratture vertebrali e dell’avambraccio nelle donne che non assumono terapia ormonale. Il dato scaturisce da una ricerca di Lubna Pal della Yale school of Medicine, e collaboratori, effettuata sulle donne arruolate nell’ambito del Women’s health initiative estrogen plus progestin trial. Un Pop di grado moderato/severo è stato identificato nell’8% delle donne (n=1.192). Nel corso di un follow-up di 7,41 anni sono state osservate 2.156 fratture incidenti: il sito più comune delle fratture è risultato l’avambraccio (28,51%) seguito dal femore (9,51%). Dopo aver proceduto ad aggiustamento statistico, le analisi hanno confermato Pop (di qualsiasi tipo) come fattore di rischio indipendente per fratture incidenti di femore (hazard ratio, Hr: 1,83). In base alle analisi stratificate secondo il trattamento (terapia ormonale vs placebo) il rettocele moderato/severo è emerso come fattore predittivo indipendente di fratture vertebrali incidenti (Hr: 2,61) e fratture dell’avambraccio incidenti (Hr: 1,87) nel gruppo placebo.

Menopause, 2011; 18(9):967-973

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Nicturia: desmopressina efficace e sicura

29 Ott 2011 Urologia

Dalla Cina arriva una nuova conferma del fatto che la somministrazione di desmopressina costituisca un trattamento efficace e ben tollerato della nicturia. Un team di urologi dell’università Medica di Pechino, guidato da Huantao Zong, ha eseguito una ricerca sui principali archivi informatici di medicina (Medline, Embase, Isi, Cochrane) oltre che sul Chinese biological medical database, per selezionare, fra i trial controllati randomizzati (Rct) relativi a questo argomento, quelli ritenuti adatti a una revisione sistematica con meta-analisi. In tutto sono stati selezionati 5 studi (per un totale di 619 partecipanti) su cui è stata eseguita la meta-analisi, e 8 Rct a disegno incrociato, utilizzati per la revisione sistematica. Dall’analisi è emerso che la desmopressina può ridurre in modo significativo la frequenza degli svuotamenti vescicali notturni, il volume notturno delle urine e la diuresi notturna, determinando potenzialmente una durata più estesa del periodo del primo sonno e una migliore qualità del sonno stesso. Quanto agli effetti avversi della desmopressina, sono apparsi simili a quelli osservati nel gruppo placebo.

Int Urol Nephrol, 2011 Sep 7. [Epub ahead of print]

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Disfunzione erettile aumenta rischio cardiocerebrovascolare

28 Ott 2011 Cardiologia

La disfunzione erettile aumenta in modo significativo il rischio di patologia cardiovascolare, malattia coronarica, ictus e morte per tutte le cause; tale incremento è probabilmente indipendente dai convenzionali fattori di rischio cardiovascolare. È quanto si ricava dai risultati di una meta-analisi condotta da Jia-Yi Dong e collaboratori dell’università di Suzhou (Cina) su 12 studi di coorte prospettici, comprendenti un totale di 36.744 partecipanti. La ricerca dei trial da inserire nell’analisi è stata effettuata su PubMed, consultando l’archivio fino al gennaio del 2011; successivamente due autori, in modo indipendente, hanno estratto le informazioni su disegno e caratteristiche degli studi, misurazioni degli esiti e controlli per potenziali fattori confondenti. Al termine dell’analisi, globalmente i rischi relativi combinati per gli uomini con disfunzione erettile rispetto al gruppo di riferimento sono risultati pari a 1,48 per la patologia cardiovascolare, 1,46 per la malattia coronarica, 1,35 per l’ictus, e 1,19 per la morte per tutte le cause. L’analisi di sensibilità ristretta agli studi con controllo per fattori convenzionali di rischio cardiovascolare ha portato a risultati simili. Non si sono osservate evidenze di bias di pubblicazione.

J Am Coll Cardiol, 2011; 58(13):1378-85

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Sindrome di Down, rischio di anemia e carenze di ferro

27 Ott 2011 Pediatria

Nei bambini affetti da sindrome di Down, il rischio di anemia e di carenze di ferro non è maggiore rispetto alla popolazione generale. È però necessario monitorare con attenzione questi pazienti, in modo da intraprendere azioni mirate nel caso si riscontrino anomalie su questo fronte, considerando il peso che una carenza di ferro ha sullo sviluppo cognitivo. L’argomento è stato oggetto di uno studio condotto da un’équipe israeliana, coordinata da Alexander Tenenbaum, del dipartimento di Pediatria dell’Hadassah university Medical center di Gerusalemme. La ricerca trasversale ha coinvolto 149 soggetti con sindrome di Down ed età compresa tra 1 e 20 anni, frequentatori abituali di un centro medico multidisciplinare specializzato nella gestione di questo tipo di soggetti. L’intero campione è stato sottoposto a un’accurata valutazione dello stato fisico, nutrizionale e dei valori ematici. Tra tutti i pazienti, l’8,1% presentava una condizione di anemia. Tra i 38 bambini nei quali si è approfondita la presenza di ferro nel sangue, è emerso che in metà dei casi le carenze erano significative. Tramite analisi multivariate, si è visto che l’etnia araba e un basso peso rispetto all’età sono fattori che si associano in modo significativo all’anemia, mentre genere, altezza, disordini alimentari e malattie cardiache congenite non sono fattori di rischio di anemia.

Int J Pediatr, 2011;2011:813541

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Diabete 2, l’antiaggregante meglio in due somministrazioni

Nei soggetti con diabete di tipo 2 ad alto rischio, l’inibizione piastrinica esercitata dall’acido acetilsalicilico (Asa) è potenziata se lo stesso basso dosaggio viene somministrato due volte al giorno (bid) piuttosto che una sola volta al giorno (od); ulteriori studi dovranno confermare se questi risultati laboratoristici potranno migliorare gli outcome clinici dei pazienti. Sono le conclusioni di Gaila Spectre, dell’Ospedale universitario Karolinska di Stoccolma, e collaboratori, autori di uno studio randomizzato incrociato in cui sono stati confrontati – in 25 pazienti con diabete di tipo 2 e complicanze micro- e macrovascolari – tre diversi trattamenti (della durata di 2 settimane ciascuno) basati su 75 mg di Asa od, 75 mg di Asa bid o 320 mg di Asa od. Le risposte piastriniche sono state valutate mediante aggregometria a impedenza (Wba) e il test Impact-R su sangue intero, l’aggregometria a trasmissione di luce su sangue ricco di piastrine (Lta) e il dosaggio urinario dell’11-diidro-trombossano B2 (TxM). L’Asa 75 mg bid ha diminuito l’aggregazione piastrinica indotta dall’acido arachidonico (misurata mediante Wba) in modo maggiore rispetto all’Asa 75 mg od o 320 mg od. Le risposte Wba al collagene sono risultate similmente attenuate dall’Asa bid o ad alto dosaggio. L’Impact-R ha mostrato una migliore risposta all’Asa 75 mg bid rispetto al 75 mg od, ma non al 320 mg od. L’aggregazione indotta dall’acido arachidonico valutata mediante Lta è risultata <6,5% in tutti i casi, senza differenze tra i vari dosaggi di Asa. Il TxM si è ridotto dopo la somministrazione di 320 mg di Asa od, ma non di 75 mg bid. I reticolociti sono apparsi altamente correlati con il volume piastrinico medio. Entrambi i marker di turnover piastrinico sono risultati correlati all’aggregazione indotta da acido arachidonico (Wba), ma nessuno dei due ha permesso di identificare i pazienti che beneficiavano dal dosaggio bid in modo affidabile.

Thromb Haemost, 2011; 106(3):491-9

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Attenti ai fulmini!

Gli effetti delle scariche elettriche e i consigli per evitarli

 

L’autunno è la stagione ideale per adulti e bambini per organizzare escursioni nei boschi, scampagnate, gite in montagna o al lago ma è anche il periodo in cui più frequentemente si determinano temporali e fulmini.
I fulmini sono delle scariche elettriche che si verificano nell’atmosfera, ad alta intensità di corrente. Si originano nelle nuvole e solo nel 10% dei casi si scaricano al suolo, con potenziali effetti distruttivi su uomini e cose.
Per questo motivo, la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS), rielaborando le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità, ha ritenuto opportuno mettere a punto alcune regole di comportamento, finalizzate alle attività che coinvolgono maggiormente i bambini e gli adolescenti. “I danni più gravi sono determinati dalla fulminazione diretta, che può provocare anche la morte – sostiene il Dottor Milazzo Pediatra del del Direttivo SIPPS Sicilia. “Se la corrente passa per il cuore, si può determinare un arresto cardiaco; se passa per i centri respiratori, un arresto della respirazione. Danni minori possono consistere in paralisi, amnesie, perdita della coscienza, danni all’udito, danni indiretti, causati da incendi o crolli”.
Ecco come comportarsi in casa o all’aperto:
– Se ci si trova all’aperto: bisogna evitare di stare sotto un albero, oppure accanto ad oggetti appuntiti o metallici, nonché accanto a strutture che potrebbero crollare, quali pali, ecc. Nei campeggi, è raccomandabile rimanere al di fuori delle tende. È sempre meglio stare rannicchiati, piuttosto che distesi, o in piedi. Grotte e anfratti costituiscono condizioni di protezione.
– Se ci si trova in prossimità di fiumi o di laghi, è pericoloso stare sulla riva, e soprattutto fare il bagno poiché l’acqua conduce bene la corrente elettrica. Inoltre bisogna ricordare che l’acqua dolce, specie se a basse temperature, rappresenta un particolare pericolo per gli annegamenti.
– Se si naviga in barca, è preferibile attraccare, oppure andare al largo, poiché le zone interessate sono solitamente circoscritte. Bisognerebbe stare lontano dall’albero e cercare di creare un collegamento diretto tra l’albero ed il mare. A pericoli analoghi è esposto chi fa il bagno a mare, o soggiorna sulla riva.
– Se si sta in casa, si è abbastanza sicuri, purché si abbia un impianto elettrico a norma. È però sempre preferibile non fare il bagno, staccare dalle prese di corrente le apparecchiature elettroniche, informatiche e gli elettrodomestici non indispensabili in quei momenti, staccare il cavo dell’antenna tv, evitare di parlare al telefono fisso e non stare accanto ai camini.
– I mezzi di trasporto (auto, roulotte, treni, funivie) sono sicuri, in quanto si comportano da “gabbia di Faraday”, scaricando la corrente al suolo. Gli aerei solitamente volano al di sopra delle nubi temporalesche.
Consigli utili per evitare spiacevoli conseguenze, fra cui una per fortuna rara ma inquietante. Una ricerca pubblicata sul Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry ha evidenziato la possibilità che si verifichino casi di sindrome del motoneurone indotte proprio da un fulmine o da un shock elettrico di altra natura.
La sindrome del motoneurone è una malattia dall’eziologia sconosciuta, progressiva, che provoca una fatale degenerazione dei neuroni con paralisi totale. Attualmente non esiste alcuna cura. Gli autori descrivono 6 casi che coinvolgono pazienti di età compresa tra i 6 e i 67 anni, ognuno dei quali vittima di uno shock elettrico (380 volts) o di fulmine. Una donna in particolare, morta dopo 2 anni dall’inizio dei sintomi, era stata colpita dalla malattia dopo 18 anni anni dall’evento elettrico. Al contrario negli altri casi i sintomi erano comparsi dopo 10 giorni o 33 mesi dall’incidente. In tutti i pazienti la malattia ”ha avuto inizio dove si era verificato lo shock, ed è progredita lentamente, per coinvolgere tutti gli arti”.

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Pre e probiotici nella sindrome dell’intestino irritabile

Nel management della sindrome dell’intestino irritabile (Ibs) alcuni probiotici mostrano un considerevole potenziale. I benefici sono probabilmente specifici per i singoli ceppi. Gli studi preliminari suggeriscono che basse dosi di prebiotici possano migliorare i sintomi di Ibs, sebbene siano necessari robusti trial clinici per la conferma. Questo il verdetto di un’analisi delle più recenti review sistematiche e dei trial clinici condotta da Kevin Whelan, del King’s college di Londra. L’aumentato rischio di Ibs conseguente a gastroenterite e la coesistenza di disbiosi, elevata produzione di gas nel lume intestinale e attivazione immunologica, indicano che i microbiota gastrointestinali possono essere un target terapeutico nella Ibs. La maggior parte delle review sistematiche sostengono che i probiotici sono dotati di un impatto benefico sui sintomi globali di Ibs, dolore addominale e flatulenza. Comunque, trial recenti rivelano che diversi probiotici possono migliorare, non avere alcun effetto o addirittura peggiorare i sintomi, confermando l’ipotesi che i benefici sono probabilmente specifici per il ceppo e il sintomo. Non sono disponibili invece trial clinici recenti sui prebiotici nella Ibs, sebbene studi precedenti indichino un potenziale beneficio a dosi più basse.

Curr Opin Clin Nutr Metab Care, 2011 Sep 1. [Epub ahead of print]

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Legame tra carie dentali ed esposizione al fumo di tabacco

Nei bambini di 10-15 anni che frequentano ambienti in cui è presente fumo di tabacco si nota un’associazione con una più elevata prevalenza di carie nella dentatura decidua e permanente. Lo dimostra uno studio descrittivo trasversale – firmato da Smara Carbajosa Garcia e Carmen Llena Puy della Agencia valenciana de salud di Valencia (Spagna) – nel quale stati esaminati 380 bambini selezionati in modo casuale (ma secondo i criteri di inclusione) sottoponendoli a indagine clinica e invitandoli a rispondere a un questionario auto-somministrato per raccogliere le opinioni dei partecipanti sul fumo di tabacco e sull’intenzione di consumarlo in futuro. Sono stati inoltre ricavati gli indici Dmf-T e df-t (relativi all’estensione della carie), gli indici di placca e gengivali ed esplorata la frequenza di esposizione al fumo, a domicilio e non. I bambini che vivevano con parenti fumatori hanno mostrato una media di deterioramento dei denti pari a 1,9 + 2,34 contro 1,03 + 1,46 di chi non viveva con fumatori. La media degli indici df e DMF per i bambini esposti e non esposti al fumo di tabacco si è attestata rispettivamente su 0,27 + 0,78 (df) e 1,62 + 2,21 (DMF) e 0,10 + 0,47 (df) e 0,92 + 1,40 (DMF).

Rev Esp Salud Publica, 2011; 85(2):217-25

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Sinoviti e osteiti nell’artrite reumatoide in remissione

Nella maggior parte dei pazienti con artrite reumatoide in remissione clinica o a basso stato di attività si ha una progressione radiografica, indicativa di processi di infiammazione subclinica (quali sinovite e osteite)  identificabili nella maggior parte dei casi solo mediante Rm, tecnica maggiormente sensibile. L’accertamento di tale fenomeno può dunque spiegare la frequente progressione clinica della malattia in tali soggetti. Queste le conclusioni di una ricerca internazionale condotta da Frédérique Gandibakhch e collaboratori, basata sui dati provenienti dagli archivi di 6 coorti provenenti da 5 centri internazionali. Sono stati selezionati 213 soggetti con artrite reumatoide in remissione clinica in accordo al Disease Activity Score28C-reactive protein (Das28-Crp < 2,6) e 81 pazienti con patologia a basso livello di attività (2,6 =/< Das28-Crp < 3,2), tutti con disponibili dati di Rm, analizzati secondo il sistema del punteggio Omeract Ra Mri (Ramris). Il 70% dei pazienti studiati era di sesso femminile, con età media pari a 55 anni, durata di malatta di 2,3 anni, Das 28-Crp pari a 2,2, Sdai (Simplified disease activity index) pari a 3,9, Cdai (Clinical disease activity index) di 3,1, positività al fattore reumatoide/peptide ciclico citrullinato 57%/54%, e presenza di erosioni radiografiche nel 66%. Erano disponibili i dati Rm riguardanti il polso e l’area metacarpofalangea, rispettivamente, in 287 e in 241 pazienti. Un’attività infiammatoria si è osservata con Rm al polso o metacarpofalangea si è osservata nella maggior parte de i pazienti (sinoviti: 95%; edema ossea/osteiti: 35%). Il punteggio medio Ramris si è attestato a 6 per le sinoviti e a 0 per le osteiti. Entrambi i processi infiammatori non erano meno frequenti nei soggetti in remissione clinica (96%/35%, nell’ordine) rispetto a quelli con bassa attività di malattia (91%/36%). Si è notato invece un trend verso una minore frequenza di osteite nei soggetti con remissioni Sdai e Cdai. 

J Rhematol, 2011; 38(9):2039-44

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