Fda revisiona sicurezza dei farmaci per ca prostatico

La Food and drug administration ha aggiornato l’etichetta di dutasteride e finasteride, farmaci inibitori dell’alfa reduttasi, a causa dell’aumentato rischio di tumore alla prostata di alto grado associato al loro uso. Il regolatorio ha scelto di aggiungere nuove informazioni in seguito alla revisione di dati di alcuni studi che avevano valutato la somministrazione quotidiana, rispetto al un placebo, per trattare l’iperplasia benigna o l’ingrossamento della prostata. I risultati mostravano una generale riduzione delle diagnosi di tumore prostatico, dovuto a un calo dell’incidenza di forme tumorali a basso rischio. Ma gli studi hanno dimostrato un’aumentata incidenza di tumore prostatico di alto grado, sebbene il rischio generale di sviluppare forme pi? aggressive del tumore fosse molto basso. ?Ci? che gli studi dimostrano ? che c’? un aumento di circa l’1% di diagnosi di tumori di alto grado? commenta Anthony D’Amico, direttore dell’Oncologia radiologica genitorurinaria del Brigham and Women’s Hospital di Boston ?anche se ? poco probabile che si sviluppino rispetto a quelli di basso grado?. Secondo gli esperti questi farmaci dovrebbero essere usati in uomini che hanno un’indicazione ulteriore oltre alla prevenzione del tumore prostatico. Sempre in tema di revisione del profilo di sicurezza, in seguito alla decisione della Francia di sospendere pioglitazone, l’Agenzia europea del farmaco ha fatto sapere che ha avviato una revisione nel marzo scorso per valutare il possibile aumento di rischio di tumore della vescica e che si pronuncer? quando saranno disponibili i dati.

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Tumore rettale, meno recidive con radioterapia prechirurgia

25 Giu 2011 Oncologia

Nel trattamento del cancro rettale resecabile, attraverso rimozione mesorettale totale, la radioterapia preoperatoria a breve termine aggiunta alla chirurgia dimezza la ricorrenza locale a 10 anni ma non c’? un vantaggio importante di sopravvivenza. ? quanto emerge dai risultati dello studio Tme, condotto dal Dutch Colorectal Cancer Group, coordinato da Cornelis J. H. van de Velde, del dipartimento di Chirurgia del Centro medico universitario di Leida (Olanda). Il trial ha coinvolto, tra il gennaio 1996 e il dicembre 1999, 1.861 pazienti con cancro rettale resecabile, assegnati in modo random all’intervento chirurgico (escissione mesorettale totale, Tme) oppure allo stesso intervento preceduto per? da radioterapia 5×5 Gy. La valutazione dei pazienti a distanza di dieci anni ha permesso di constatare che l’incidenza di ricorrenza locale ? stata del 5% nel gruppo radioterapia pi? chirurgia e dell’11% nei pazienti sottoposti soltanto all’intervento chirurgico. L’efficacia della radioterapia ? risultata maggiore con l’aumentare della distanza del bordo anale; nei soggetti sottoposti a radioterapia, inoltre, si ? avuta una ricorrenza globale inferiore e, se operati con margine di resezione circonferenziale negativo, una sopravvivenza cancro-specifica pi? elevata. La sopravvivenza generale, per?, non ha evidenziato differenze significative tra i due gruppi: nei pazienti con tumore mesorettale resecabile di stadio III e con margine di resezione negativo, la sopravvivenza a dieci anni ? stata del 50% nel gruppo che ha ricevuto radioterapia prima dell’intervento e del 40% nel gruppo sottoposto alla sola chirurgia.

Lancet Oncol, 2011; 12(6):575-82

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Mal di schiena cronico: scelta tra protesi discale e riabilitazione

24 Giu 2011 Ortopedia

Nei pazienti con mal di schiena cronico, la chirurgia con protesi discale determina un miglioramento significativamente maggiore dell’indice Oswestry per la disabilit? rispetto alla riabilitazione. Tuttavia, secondo lo studio condotto da Christian Hellum dell’Ospedale universitario dell’Oslo e collaboratori del Gruppo di studio norvegese sulla colonna vertebrale, tale miglioramento non supera in maniera chiara la differenza di 10 punti tra i gruppi, ritenuto il valore minimo per poter parlare di importante differenza clinica. L’indagine ha arruolato 173 pazienti con una storia di dolore lombare da almeno un anno, con uno score di almeno 30 punti all’indice di Oswestry e alterazioni degenerative a livello di una o due vertebre lombari; 86 di questi pazienti sono stati avviati in modo randomizzato alla chirurgia. A due anni la differenza media tra i due gruppi era pari a -8,4 punti a favore della chirurgia (intervallo di confidenza 95% compreso tra -13,2 e -3,6). Per quanto concerne gli outcome secondari prespecificati si sono registrate significative differenze a favore della chirurgia per il dolore lombare (media: -12,2), soddisfazione dei pazienti (63% vs 39%), componente fisica dello score SF-36 (media: 5,8), autoefficacia per il dolore (media: 1,0) e scala Prolo (media: 0,9). Nessuna differenza significativa ? emersa relativamente ad altri parametri tra i quali ritorno al lavoro, componente mentale dello score SF-36 ed EuroQol-5D. Gli autori evidenziano come le differenze dello score di Oswestry includano un ampio spettro di valori, comunque ben al di sotto di 10 punti: al momento della decisione terapeutica, quindi, si dovr? tenere conto sia dei rischi della chirurgia sia della sostanziale quota di miglioramento di cui beneficia una notevole percentuale di pazienti avviati a riabilitazione.

Bmj, 2011; 342:d2786

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Levotiroxina innalza il rischio di fratture nell’anziano

23 Giu 2011 Geriatria

Nei soggetti di et? superiore a settant’anni, l’uso corrente di levotiroxina si associa a un incremento significativo del rischio fratturativo, con una forte relazione dose-risposta. ? quindi necessario monitorare bene i dosaggi per evitare sovratrattamenti in questa categoria di pazienti. Questo il risultato di uno studio caso-controllo condotto da un team di esperti canadesi, capeggiato da Marci R. Turner, del dipartimento di Medicina dell’universit? di Toronto. La ricerca ha coinvolto 213.511 anziani che hanno assunto levotiroxina tra l’aprile 2002 e il marzo 2007, seguiti per un’eventuale frattura fino al marzo 2008. Come casi si sono considerati i soggetti che si sono recati in ospedale per qualunque tipo di frattura, ognuno dei quali ? stato affiancato anche da cinque controlli. Obiettivo dello studio era valutare la comparsa di una frattura (polso o avambraccio, spalla o parte superiore del braccio, vertebre toraciche e lombari, bacino, anca o femore, parte inferiore della gamba o caviglia) in relazione all’assunzione, in passato o al momento dello studio, di levotiroxina. Il rischio di frattura tra chi assumeva levotiroxina ? stato confrontato con quello di chi prendeva il farmaco negli anni precedenti la frattura. Tra i 213.511 soggetti che assumevano levotiroxina al momento della ricerca, si sono verificate 22.236 (10.4%) fratture durante un follow-up medio di 3,8 anni, di queste 18.108 (88%) hanno colpito donne. Rispetto a chi aveva usato levotiroxina in passato, l’uso corrente si ? associato in modo significativo a un rischio pi? alto di frattura (odds ratio aggiustato 1.88), nonostante l’aggiustamento per numerosi fattori di rischio. Tra gli utilizzatori correnti, dosi cumulative alte e medie (>0,093 mg/die e 0,044-0,093 mg/die) sono risultate essere associate a un rischio significativamente maggiore di fratture rispetto a dosi cumulative basse (<0,044 mg/die), rispettivamente di 3,45 e 2,62. BMJ, 2011; 342:d2238

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Vampate predittive di maggior spessore dell’intima

uovi dati suggeriscono che le donne che riportano vampate di calore per 6 o pi? giorni, nelle 2 settimane precedenti, possono avere uno spessore dell’intima media (Imt) carotidea maggiore rispetto alle donne che non presentano vampate di calore, e questo ? vero soprattutto nelle pazienti obese o in sovrappeso. La segnalazione ? frutto di un lavoro effettuato da un gruppo di ricercatori coordinato da Rebecca C. Thurston, professore di Psichiatria ed epidemiologia dell’universit? di Pittsburgh, su 432 donne di et? compresa tra 45 e 58 anni arruolate nello Study of women’s health across the nation (Swan) heart: l’indagine ha previsto, al basale e dopo 2 anni, l’esecuzione di un’ecografia carotidea, il dosaggio dell’estradiolo nel sangue e la verifica delle vampate di calore riportate nelle precedenti 2 settimane (nessuna, per 1-5 giorni, da 6 giorni in su). ? cos? emerso che, rispetto alle donne senza vampate, quelle che riportavano vampate per 6 giorni o pi? nelle 2 settimane precedenti avevano anche un maggiore spessore dell’intima media carotidea sia al basale (differenza media,: 0,02 mm), sia dopo il follow-up (0,02 mm). La presenza di vampate al basale e dopo 2 anni si associava a un valore pi? alto di Imt al follow-up rispetto alle donne che non avevano avuto vampate al basale e dopo 2 anni (differenza media: 0,03 mm). Tali associazioni tra vampate e Imt si sono mantenute anche dopo aggiustamento per l’estradiolo. ? stata inoltre osservata un?interazione tra vampate e obesit? al punto che, di fatto, la correlazione tra vampate e Imt ? stata osservata principalmente fra le donne obese o in sovrappeso. Le vampate di calore non sono risultate associate alla progressione di Imt.

Menopause, 2011; 18(4):352-8

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Arterie rigide se cala l?area ossea corticale

Indipendentemente dall’et? e da altri fattori di rischio, nelle donne la rigidit? delle arterie risulta inversamente correlata all’area ossea corticale. In questo momento, per?, i pathways di segnalazione e molecolari specifici per il sesso che regolano l’interazione tra osso e arterie centrali non sono ancora stati completamente chiariti. A tali conclusioni giungono Francesco Giallauria, dell’universit? Federico II di Napoli, e collaboratori dopo un’analisi trasversale dei dati di 321 uomini (et? media: 68 anni) e 312 donne (et? media: 65 anni), arruolate dal Baltimore longitudinal study of aging. La rigidit? delle arterie ? stata valutata attraverso la velocit? di propagazione dell’onda di polso (Pwv) carotideo-femorale e l’area ossea corticale trasversale (cCsa) ? stata misurata tramite tomografia computerizzata a livello della porzione media della tibia. L’et? ? risultata correlata in modo significativo con Pwv negli uomini e nelle donne. In queste ultime, ma non negli uomini, l’et? ? apparsa associata anche con cCsa. L’analisi di regressione lineare aggiustata in base all’et? ha evidenziato una significativa correlazione inversa tra Pwv e cCsa, ma solo nelle donne. Questa associazione si ? mantenuta significativa nelle donne dopo aggiustamento per et?, pressione arteriosa media, obesit?, menopausa, farmaci, consumo di alcol, attivit? fisica, funzione renale, calcio sierico e concentrazione totale di estradiolo.?

Am J Hypertens, 2011 May 5. [Epub ahead of print]

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Radiazione disciplinare del medico dall’albo

A un medico era stata inflitta la sanzione disciplinare della radiazione dall’albo, per avere, nell’esercizio della professione medica, indotto alcuni pazienti a subire atti sessuali, abusando delle condizioni di inferiorit? psichica nelle quali si trovavano al momento del fatto per lo stato di soggezione nel quale versa il paziente nei confronti del medico.
Si contestava che la Commissione centrale degli esercenti le professioni sanitarie avesse solo apparentemente motivato in ordine alla doglianza con la quale si era sostenuto che l’Ordine non aveva compiuto un’autonoma valutazione dei fatti accertati in sede penale ai fini del rispetto del principio di adeguatezza della sanzione disciplinare alla gravit? del fatto commesso, che esige lo stesso trattamento per identiche situazioni, cos? come postula un trattamento differenziato per situazioni diverse. La Commissione si sosteneva avesse? solo proclamato l’estrema gravit? del comportamento del sanitario, senza spiegare le ragioni della valutazione, tanto pi? necessaria in considerazione della circostanza per cui in un caso analogo era stata irrogata una sanzione meno grave.
La Suprema Corte, rigettando il ricorso del sanitario, ha osservato come la sentenza penale irrevocabile abbia efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceit? penale ed all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, mentre una volta ritenuto di estrema gravit? il comportamento del medico la Commissione non era comunque tenuta a spiegare perch?, in una diversa situazione solo “asseritamene analoga”, fosse stata in ipotesi applicata una sanzione meno grave.

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Ema favorevole a nuova terapia leucemia mieloide cronica

L’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha espresso parere favorevole per dasatinib, molecola innovativa di Bristol-Myers Squibb, impiegata nel trattamento dei pazienti adulti con leucemia mieloide cronica. Si tratta del primo nuovo trattamento per questa malattia approvato in Europa dal 2001, quando fu introdotto l’imatinib, che fino a oggi ha costituito la terapia standard. Il via libera dell’Ema si basa sui risultati dello studio internazionale chiamato Dasision, pubblicato sul New england journal of medicine, dove in pazienti con leucemia mieloide cronica Philadelphia positiva in fase cronica di nuova diagnosi (cio? i casi della malattia in cui ? presente un’anomalia nel cromosoma cosiddetto Philadelphia, che ha preso il nome dalla citt? in cui fu osservato per la prima volta), questo farmaco ha dimostrato un’efficacia superiore rispetto all’imatinib, nella risposta citogenetica completa, vale a dire quando non si evidenzia pi? la presenza.

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L’elastografia transitoria rileva la cirrosi nell’affezione epatica cronica

New York (Reuters Health) 09 marzo – FibroScan, una tecnica noninvasive di elastografia che misura la rigidit? epatica, rileva esattamente la cirrosi in pazienti con l’affezione epatica cronica, secondo un rapporto pubblicato su Gut di marzo. “questo saggio dovrebbe essere molto utile nella pratica clinica per il trattamento dei pazienti cirrotici,” ha detto il Dott. Victor de Ledinghen dell’Ospedale Haut Leveque, Bordeaux, Francia a Reuters Health, Il sistema FibroScan applica una vibrazione a bassa ampiezza e a bassa frequenza sul tessuto, che propaga un’onda elastica riflessa attraverso il fegato. La velocit? della propagazione, che aumenta con l’aumentare della durezza del tessuto, viene mediante ecografia ad impulsi. Recentemente, il Dott. de Ledinghen ed i colleghi hanno riportato che il FibroScan rileva la fibrosi del fegato e la cirrosi in pazienti confetti con HIV e HCV (vedi il rapporto Reuters Heath, “L’elastografia noninvasiva valuta la fibrosi epatica nei pazienti HIV/HVC ” 24-02-2006 13:16:48)
Nel presente studio, i ricercatori hanno studiato l’esattezza del sistema nella rilevazione della cirrosi in 711 paziente con l’affezione epatica cronica. La rigidit? epatica mediana era significativamente pi? alta in pazienti con cirrosi (31.1 kilopascals) che in pazienti con fibrosi grave(kPa 18.7), secondo quanto rapportato dagli autori. Sulla base delle distribuzioni di misura di rigidit?, i ricercatori hanno stabilito i livelli di limite di kPa 7.2 per fibrosi moderata, kPa 12.5 per fibrosi grave e kPa 17.6 per la cirrosi. “Con un valore di limite di kPa 17.6, dei valori di previsione negativi e positivi per la diagnosi della cirrosi erano 92% e 91%, rispettivamente,” scrive il team. Per i pazienti con fibrosi grave, i ricercatori inoltre hanno stabilito i limito per la presenza della fase 2/3 deile varici esogagee (kPa 27.5), di cirrosi del bambino BC (kPa 37.5), del carcinoma epatocellulare (kPa 53.7) e dell’emorragia Esofagea(kPa 62.7).
“I risultati del presente studio condotto prospettivamente in un grande gruppo di pazienti con l’affezione epatica cronica hanno mostrato che il elastografia transitoria ? una tecnica efficiente per la diagnosi della cirrosi e della relativa gravit?,” concludono i ricercatori. ” potrebbe essere effettuato uno studio longitudinale del gruppo che sia svolto per predire le complicazioni della cirrosi usando FibroScan in modo che indagi sulle complicazioni della cirrosi e chiuda il follow-up,”aggiungono.
“Il FibroScan ?, finora, il miglior metodo non-invasivo per la valutazione della fibrosi e della cirrosi epatica e per la valutazione della gravit? della cirrosi,” ha detto il Dott. de Ledinghen. “Attualmente, molti studi stanno continuando per altre affezioni epatiche: HCV in pazienti trapiantati, pazienti alcolizzati e cos? via. FibroScan ? potuto essere molto utile per il follow-up dei pazienti.”
Gut 2006;55:403-408.

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Da Siommms, commissione per linee guida su Vitamina D

in seguito a studi contraddittori sulle dosi di supplementazione della vitamina D nel trattamento e prevenzione dell’osteoporosi, la Societ? italiana dell’osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro (Siommms) avvia un’indagine per stilare linee guida per la popolazione italiana. In un comunicato la Societ? spiega che ?? stata messa in dubbio la necessit? dell’utilizzazione di quantit? elevate di vitamina D e questa informazione ha generato confusione non solo tra gli stessi operatori sanitari, ma soprattutto nel pubblico fruitore di tale terapia?. Con queste premesse, la Siommms ha deciso di avviare una revisione della letteratura e di creare una commissione per stilare delle linee guida adattabili alla popolazione italiana, dal momento che le indagini condotte in Italia hanno documentato una carenza di vitamina D talora pi? diffusa e severa di quella riscontrata in altri paesi dell’Europa o del nord America. Fino a che tale documento non verr? elaborato, la Siommms raccomanda che chiunque intende assumere la vitamina D, ne deve discutere direttamente con il proprio medico.

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