Iperuricemia come marker di rischio nello scompenso cardiaco

Una analisi dei dati di laboratorio dei 1.152 ?pazienti con scompenso cardiaco, classe II/IV NYHA?e frazione di eiezione inferiore al 30%, arruolati dal 1992 al 1994 nel PRAISE Trial (The Prospective Randomized Amlodipine Survival Evaluation study), ha consentito a Wu e collaboratori di valutare il ruolo della iperuricemia e del suo trattamento quali predittori di rischio di morbilit? e mortalit? cardiovascolare. Le conclusioni dello studio (vedi figure accluse) indicano che
i pazienti in trattamento con allopurinolo e quelli dei quartili pi? alti di uricemia appartenevano al gruppo di pazienti con scompenso pi? grave, classe NYHA pi? elevata, maggior frequenza di insufficienza renale ed aumentato bisogno di diuretici
gli stessi gruppi avevano la pi? alta mortalit? totale (41,7 e 42,4 per 100 persone-anno, rispettivamente) ed un aumento di morbilit?/mortalit?? combinate (45,6 e 51,0 per 100 persone-anno, rispettivamente)
l’uso dell’allopurinolo ed il pi? alto quartile di uricemia erano anche predittori indipendenti di una aumentata mortalit? (HR 1,65, 95% CI 1,22-2,23, p=0,001 e HR 1,35, 95% CI 1,07-1,72, p=0,01, rispettivamente) e di un aumento di morbilit?/mortalit? combinate (quartile di uricemia 4 vs 1 = HR 1,32, 95% CI 1,06-1,66, p = 0,02; uso di allopurinolo = HR 1,48, 95% CI 1,11-1,99, p= 0,008).
Viene quindi riconfermato il ruolo dell’iperuricemia come predittore indipendente di mortalit? nei pazienti con grave disfunzione sistolica e questo vale anche in presenza?di terapia con allopurinolo.?

Wu AH et al. Am Heart J 2010; 160: 928

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Attivit? fisica e cancro della mammella post-menopausa

Sono ben conosciuti i benefici dell’attivit? fisica nelle malattie cardiovascolari, ma ormai sempre maggiori evidenze estendono questi benefici ad altri tipi di rischio, tra cui quello del ?cancro del seno nelle donne in menopausa. Tuttavia non ? chiaro il tipo, l’intensit?, la durata dell’attivit? necessarie e se l’associazione possa variare secondo i sottogruppi di cancro.
A questo riguardo gli Archives pubblicano una ricerca nell’ambito del Prospective Nurses Health Study volta a stabilire l’associazione dell’attivit? fisica specifica o generale col rischio di carcinoma della mammella, svolta per 20 anni, dal 1986 al 2006, con controlli ogni 2-4 anni. Durante i 20 anni di follow-up sono stati documentati circa 4.800 casi di carcinoma mammario in pi? di 95.000 donne in menopausa. Le pazienti che camminavano meno di un’ora la settimana correvano un maggior rischio di cancro rispetto a quelle che camminavano attivamente per almeno un’ora al giorno (p?

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Epidemiologia del dolore negli ultimi due anni di vita

? comparso sul numero del 2 novembre degli Annals of Internal Medicine un interessante e complesso studio, condotto nell’ambito dell’HRS (Health and Retirement Study), che valuta a mezzo di interviste periodiche e successivi approfondimenti lo stato di salute e la qualit? di vita dei pensionati statunitensi.
Nei due anni precedenti la morte (avvenuta successivamente per malattie cardiovascolari, cancro, morte improvvisa, fragilit? o altre cause) la prevalenza di dolore definito “moderato” o “severo” sale dal 30,7% fino al 46,7% nell’ultimo mese di vita fra i 4.073 partecipanti allo studio deceduti nei due anni considerati. La prevalenza di “dolore” fra tutti i 16.693 partecipanti all’HRS era intorno al 24%: il dolore clinicamente significativo presenta una impennata negli ultimi 4 mesi. Il sintomo dolore viene riferito in percentuale diversa fra i differenti gruppi etnici e classi sociali. Non vi ? differenza statisticamente significativa riferita alle diverse cause di morte; solo la presenza di patologia osteoarticolare (definita come “artrite”) correla statisticamente con il sintomo ed il 60% dei portatori di “artrite” riporta un dolore moderato o severo nell’ultimo mese di vita. Lo studio ha dei limiti: non approfondisce le cause del sintomo “dolore” o la presenza di terapia specifica efficace ed inoltre non ? stata eseguita una valutazione prospettica dei pazienti che lamentavano dolore ma solo una intervista puntuale; tuttavia ? evidente che la sofferenza cresce in ogni categoria di persone negli ultimi due anni di vita, si impenna significativamente negli ultimi 4 mesi ed ? generata da patologie comuni che non si ritiene abbiano un impatto diretto sulla sopravvivenza ma condizionano invece fortemente la qualit? di vita. I clinici debbono pertanto considerare con attenzione il trattamento del dolore – di ogni dolore – nei pazienti con malattie croniche, come pure nelle persone con malattie chiaramente terminali.?

Smith AK et al. The epidemiology of pain during the last 2 years of life.? Ann Intern Med 2010; 153: 563-569

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L’aspirina protegge dal rischio di cancro del colon

? nota tanto l’efficacia di dosi elevate (superiori a 500 mg/die) di ASA nel ridurre l’incidenza del cancro colo-rettale mediata dalla sua azione inibitoria sulla COX-2? (Baron JA et al. A randomized trial of aspirin to prevent colorectal adenomas. N Engl J Med 2003; 348: 891-899. Sandler RS et al. A randomized trial of aspirin to prevent colorectal adenomas in patients with previous colorectal cancer. N Engl J Med 2003; 348: 883-890. Benamouzig R et al. Daily soluble aspirin and prevention of colorectal adenoma recurrence: one-year results of the APACC trial. Gastroenterology 2003; 125: 328-336. Logan RFA et al. Aspirin and folic acid for the prevention of recurrent colorectal adenomas. Gastroenterology 2008; 134: 29-38. Cole BF et al. Aspirin for chemoprevention of colorectal adenomas: meta-analysis of the randomised trials. J Natl Cancer Inst 2009; 101: 256-266), quanto la potenziale limitazione di tale pratica terapeutica legata ai possibili effetti collaterali che ne possono derivare.
Per verificare se lo stesso effetto sia possibile anche?con la somministrazione di una posologia ridotta del farmaco (75-300 mg/die) sono stati rivalutati i risultati di 4 grandi studi clinici randomizzati (Thrombosis Prevention Trial, Swedish Aspirin Low Dose Trial, UK-TIA Aspirin Trial e Dutch TIA Aspirin Trial) che erano stati impostati per verificare l’efficacia dell’ASA in prevenzione primaria o secondaria. I dati raccolti sono stati numerosi e molto articolati; quelli di maggior interesse per risolvere il quesito che ci si era posto sono i seguenti
la somministrazione di ASA per un periodo mediano di 18 anni riduce il rischio di comparsa del tumore del colon (HR 0,76, CI 95% 0,60-0,96, p = 0,02 ) e di mortalit? ad esso correlata (HR 0,65, CI 95% 0,48-0,88, p = 0,005)
l’effetto protettivo si esplica a livello del colon prossimale ma non del colon distale
tale vantaggio non si riscontra neppure per il tumore del retto
il beneficio protettivo non ? maggiore per dosi di ASA superiori ai 75 mg/die.
Rothwell PM et al. Long-term effect of aspirin on colorectal cancer incidence and mortality: 20-year follow-up of five randomised trials. The Lancet 2010; 376: 1741

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Vaccino per l’herpes zoster efficace e sicuro

Tra i soggetti di et? superiore a 60 anni residenti in comunit? e immunocompetenti, il vaccino contro l’herpes zoster riduce l’incidenza della malattia. Il rischio diminuisce in tutte le fasce d’et? e anche nelle persone con malattie croniche. Sono questi i positivi dati “sul campo” (non, cio?, ottenuti in condizioni ideali) ricavati da oltre 75mila persone vaccinate in California del Sud, messe a confronto con oltre 227mila soggetti non vaccinati. I risultati dello studio retrospettivo di coorte, effettuato da Hung Fu Tseng del dipartimento di Ricerca e valutazione del Kaiser permanente di Pasadena, dimostrano che non ci sono sostanziali pericoli di sviluppo di malattia negli anziani vaccinati. Infatti, i casi di herpes zoster tra gli individui vaccinati sono stati 828 su 130.415 persone-anno (6,4 per 1.000 persone-anno), mentre nei non vaccinati sono stati 4.606 su 355.659 persone-anno (13,0 per 1.000 persone-anno). A un’analisi aggiustata, la vaccinazione ? risultata associata a un ridotto rischio di herpes zoster (rapporto di rischio, Hr: 0,45); tale riduzione si ? manifestata in tutte le classi di et? e in tutti i pazienti con malattie croniche. Anche i casi di herpes zoster oftalmico o le ospedalizzazioni per questa patologia sono apparse meno frequenti nei soggetti vaccinati.

JAMA 2011;305(2):160-6

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Scoperti due geni correlati a coronaropatia e infarto miocardico

Esistono fattori genetici che predispongono in modo distinto allo sviluppo dell’aterosclerosi coronarica cos? come altri si limitano a favorire la comparsa di un infarto miocardico se si ? gi? in presenza di aterosclerosi coronarica. La scoperta ? frutto di un’ampia ricerca internazionale alla quale hanno partecipato Nicola Martinelli e Domenico Girelli dell’universit? di Verona. Dal punto di vista metodologico, l’indagine si ? basata sull’effettuazione di due studi di associazione dell’intero genoma con fenotipizzazione angiografica coronarica. In particolare, per individuare i loci che potessero specificamente predisporre a malattia coronarica angiografica, si sono confrontati soggetti portatori di tale disturbo (n=12.393) con persone sane (controlli, n=7.383); allo scopo di identificare i loci promotori di infarto miocardico, invece, si sono paragonati pazienti con malattia coronarica e infarto miocardico (n=5.783) con soggetti coronaropatici ma non infartuati (n=3.644). Grazie al raffronto tra coronaropatici vs controlli si ? giunti all’identificazione di un nuovo locus, l’Adamts7, mentre il confronto tra coronaropatici con o senza infarto ha portato a individuare una nuova associazione al locus AB0. Tale associazione ? stata attribuita alla carenza dell’enzima glicotransferasi che codifica per il fenotipo 0 del gruppo sanguigno AB0, gi? considerato elemento di protezione contro l’infarto miocardico. La correlazione a specifici fenotipi coronaropatici potrebbe modificare il modo in cui i nuovi loci vengano applicati nella valutazione del rischio individuale e utilizzati nello sviluppo di nuove terapie per le coronaropatie.?

Lancet, 2011 Jan 14. [Epub ahead of print]

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Colonscopia riduce il rischio di tumore colorettale

Negli over-49 anni, la colonscopia eventualmente seguita da polipectomia riduce il rischio di cancro colorettale (Crc) in modo marcato; in particolare, oltre a una forte riduzione del rischio nel colon discendente, si registra anche una significativa diminuzione del rischio nei tumori del colon ascendente (pi? del 50%). Il dato emerge da una ricerca tedesca, condotta dall’?quipe di Hermann Brenner, del Centro tedesco di ricerca sul cancro presso l’universit? di Heidelberg, nella quale sono stati coinvolti 1.688 pazienti con Crc e 1.932 controlli, tutti di et? non inferiore a cinquant’anni. In questi soggetti sono stati valutati i fattori di rischio e quelli preventivi di Crc, con particolare riguardo all’anamnesi, ai risultati di precedenti colonscopie e ai dati medici, autoriferiti o ripresi da cartelle cliniche. Il rapporto crociato (odds ratio, Or) di Crc associato a colonscopia ? stato stimato nei dieci anni precedenti, dopo aggiustamento in base a sesso, et?, scolarit?, partecipazione a programmi di screening, familiarit? per Crc, abitudine al fumo, indice di massa corporeo e assunzione di Fans o terapia ormonale sostitutiva. ? emerso che la colonscopia nei dieci anni precedenti ? associata a una riduzione del rischio di Crc del 77%. In particolare, le Or si sono attestate su 0,23 per tutti i tipi di Crc, su 0,44 per il Crc ascendente e su 0,16 per il tratto discendente del colon. Questa massiccia riduzione ha interessato tutti gli stadi del tumore e ogni et?, con l’eccezione del Crc ascendente nei soggetti con un’et? compresa tra i 50 e i 59 anni. La riduzione del rischio, inoltre, ? aumentata nel corso degli anni e ha coinvolto sia il colon ascendente che quello discendente.

Ann Intern Med, 2011; 154(1):22-30

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Doppia terapia antiaggregante, strategia tedesca

30 Mag 2011 Cardiologia

Dopo impianto di stent coronarico, la risposta dei pazienti alla doppia terapia antiaggregante con acido acetilsalicilico (Asa) e clopidogrel, spesso compromessa da un’eccessiva variabilit?, pu? migliorare in modo significativo utilizzando un approccio personalizzato “test and treat”. La strategia – messa a punto da Horst Neubauer e colleghi dell’universit? della Ruhr a Bochum (Germania) – consiste nella misurazione della funzione piastrinica 48 ore dopo l’intervento, mediante aggregometria del sangue intero; ci? permette di identificare i soggetti poco responsivi ai due antiaggreganti, per i quali si procede a un graduale innalzamento delle dosi, secondo un piano strutturato. In questo modo si elimina totalmente la scarsa risposta all’Asa e si riduce drammaticamente la bassa risposta al clopidogrel, fino a contenerla in un quota pari al 5,6% dei pazienti. Lo dimostrano i dati della sperimentazione effettuata dal team tedesco su 504 pazienti sottoposti a impianto di stent coronarico per sindrome coronarica acuta o malattia coronarica stabile; il 30,8% di questi era poco responsivo al clopidogrel, il 19,4% all’Asa e l’8,5% alla doppia terapia. Un aggiustamento da 100 a 300 mg/die dell’Asa ha portato a un trattamento efficace nel 94,6% dei soggetti poco responsivi all’Asa, mentre il restante 5,4% ha richiesto dosi da 500 mg/die. Il passaggio di clopidogrel da 75 a 150 mg/die ha portato a un trattamento efficace in circa il 69,0% dei soggetti prima poco responsivi al farmaco. Un ulteriore 12,7% ha mostrato un’adeguata aggregazione dopo switch da clopidogrel a ticlopidina.

BMC Med, 2011; 9(1):3

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Nuovi dubbi sull’aspartame. Se ne occuper? l’Efsa

Un nuovo studio dell’Istituto Ramazzini di Bologna ribadisce la tesi di una possibile cancerogenicit? dell’aspartame e il dolcificante artificiale diventa oggetto di un’interrogazione parlamentare presentata alla Commissione europea. E l’Autorit? europea per la sicurezza alimentare (Efsa) dovr? occuparsi di valutarne la sicurezza, dopo che si era gi? espressa a favore dell’aspartame con due pareri, nel 2006 e nel 2009. ?Il risultato dello studio? spiega il professor Paolo Stacchini, responsabile del reparto sicurezza chimica nelle filiere alimentari dell’Istituto superiore di sanit? (Iss) ?non ? una novit? in assoluto. Non troppo tempo fa diverse ricerche, sempre dell’Istituto Ramazzini, condotte su animali in laboratorio, avevano rilevato evidenze di cancerogenicit? in alcuni casi?. Il gruppo Additivi dell’Authority aveva verificato l’attendibilit? delle ricerche, concludendo che ?non si evidenziavano problemi tali da dover rivedere l’attuale impiego dell’aspartame? e il Joint expert committee on food additives (Jecfa) di Fao/Oms, organismo omologo al gruppo Additivi era giunto ad analoghe conclusioni. A tranquillizzare sulla sicurezza dell’aspartame anche Assobibe, l’Associazione dei produttori italiani di bevande analcoliche, che afferma ?l’aspartame ? un ingrediente alimentare tra i pi? controllati tra quelli oggi in uso, approvato da pi? di 100 agenzie di regolamentazione in tutto il mondo, utilizzato in pi? di 100 paesi, da pi? di 30 anni per circa 6000 alimenti e bevande?.

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Aumento di mortalit? nei traumatizzati?trattati con warfarin

L’impiego di warfarin nei pazienti traumatizzati ? una strategia comune la cui prevalenza ? aumentata di anno in anno a partire dal 2002, ma il suo uso si ? rivelato un potente marker del rischio di mortalit?. Il dato emerge da un’analisi della National trauma databank, negli Stati Uniti, anche dopo aggiustamento per le comorbidit?. Lesly A. Dossett, del Vanderbilt university medical center di Nashville, e collaboratori giungono a queste conclusioni dopo aver effettuato un’analisi retrospettiva dei dati di 1.230.422 pazienti ricoverati in 402 centri di traumatologia, di cui 36.270 in trattamento con warfarin prima del trauma. La terapia con l’anticoagulante fra tutti i pazienti ? passata dal 2,3% del 2002 al 4,0% nel 2006 mentre nei pazienti con un’et? superiore a 65 anni l’uso ? aumentato dal 7,3% del 2002 al 12,8% del 2006. L’indagine ha evidenziato che il 9,3% dei pazienti che facevano uso di warfarin sono deceduti a fronte del 4,8% dei soggetti che non assumevano il farmaco, per un rapporto crociato (odds ratio, Or) pari a 2,02. Anche dopo aggiustamento per importanti variabili, l’uso di warfarin ? risultato associato a un aumento della mortalit? fra tutti i pazienti (Or: 1,72) e fra i pazienti anziani con un’et? uguale o superiore a 65 anni (Or: 1,38).

Arch Surg, 2011 Jan 17. [Epub ahead of print]

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