Saccarosio non analgesico per i neonati

Nuovi dati suggeriscono che la somministrazione di saccarosio orale non influenza in modo significativo l’attivit? cerebrale neonatale o i circuiti nocicettivi spinali: contrariamente a quanto si ritiene quindi il saccarosio potrebbe non essere un’efficace sostanza analgesica. Nei neonati, pertanto, la capacit? del saccarosio di ridurre i punteggi dell’osservazione clinica dopo stimoli dolorifici non dovrebbe essere interpretata come un’azione analgesica. La conclusione di Rebeccah Slater del Nuffield department of anaesthetics, university of Oxford, e collaboratori, giunge al termine di un trial randomizzato in doppio cieco su 59 neonati assegnati a ricevere 0,5 mL di soluzione di saccarosio al 24% o 0,5 mL di acqua sterilizzata due minuti prima di essere sottoposti a puntura del tallone praticata per esigenze cliniche. Come outcome primario ? stata assunta l’attivit? cerebrale specifica per il dolore evocata dalla puntura del tallone, registrata tramite elettroencefalografia e identificata attraverso l’analisi delle componenti principali. Nell’analisi sono stati inclusi 20 bambini cha hanno ricevuto saccarosio e 24 acqua sterilizzata. L’attivit? cerebrale nocicettiva dopo lo stimolo doloroso non ha mostrato significative differenze tra i bambini pretrattati con saccarosio e quelli cui ? stata somministrata acqua. Per quanto riguarda gli outcome secondari, tra i due gruppi non sono emerse differenze in termini di entit? e latenza del riflesso nocicettivo spinale registrato a livello dei bicipiti femorali dell’arto stimolato, mentre il punteggio del dolore Pipp (Premature infant pain profile) ? risultato significativamente inferiore nei bambini del gruppo saccarosio (in media 5,8 contro 8,5) e un numero significativamente superiore di bambini non ha mostrato variazioni dell’espressione facciale dopo somministrazione di saccarosio (7 su 20 rispetto a 0 su 24).

Lancet, 2010; 376(9748):1225-32

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Epatite C: rischio epatocarcinoma da diabete

Il diabete mellito sembra dotato di un effetto favorente l’epatocarcinogenesi nei pazienti non cirrotici, portatori del virus dell’epatite C (Hcv) e trattati con interferone. Inoltre, in base ai risultati ottenuti da un team guidato da Yusuke Kawamura del dipartimento di Epatologia dell’ospedale Toranomon di Tokyo, l’ottenimento di una risposta virologica sostenuta indotta dall’interferone elimina l’influenza del diabete e riduce in modo marcato il tasso di epatocarcinogenesi in tali pazienti. Lo studio di coorte retrospettivo ha riguardato 2.058 soggetti non cirrotici positivi ad Hcv trattati con interferone per un periodo mediano di follow-up di 6,7 anni. I tassi cumulativi di carcinoma epatocellulare, endpoint primario dello studio, erano significativamente pi? alti nei pazienti diabetici (3,2% a 4 anni, 8,5% a 8 anni, 24,4% a 12 anni) rispetto ai non diabetici (1,3% a 4 anni, 2,2% a 8 anni, 5,6% a 12 anni). Nei pazienti che mostravano una risposta virologica sostenuta, il diabete non si ? segnalato per un effetto significativo sul tasso di epatocarcinogenesi. Al contrario, nei pazienti che non riuscivano a ottenere una risposta virologica sostenuta il tasso di epatocarcinogenesi risultava significativamente maggiore nei diabetici rispetto ai non diabetici. L’analisi multivariata ha identificato il mancato ottenimento di una risposta virologica sostenuta e il diabete come fattori di rischio indipendente per l’epatocarcinogenesi.

Am J Med, 2010; 123(10):951-6.e1

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I benefici della colonscopia sono sito-specifici

Nella provincia canadese di Manitoba, le colonscopie riducono la mortalit? per cancro colorettale (Crc) in modo statisticamente significativo ma il beneficio dell’esame non ? uniforme e dipende molto dalla localizzazione del tumore. La pubblicazione su Gastroenterology, a opera di Harminder Singh e collaboratori della university of Manitoba Ibd clinical and research centre di Winnipeg, riguarda uno studio effettuato su pi? di 50mila uomini e donne che si sono sottoposti a endoscopia gastrointestinale nel corso di un periodo di 20 anni. La mortalit? per Crc dopo l’effettuazione della colonscopia indice ? stata confrontata con quella della popolazione generale attraverso i rapporti standardizzati di mortalit?. Il lavoro canadese ha evidenziato che la colonscopia determina una riduzione del 29% nella mortalit? globale per Crc, del 47% nella mortalit? per Crc distale e nessuna riduzione di mortalit? per Crc del tratto prossimale del colon. Un ulteriore dato ? che il beneficio in termini di riduzione della mortalit? nei casi di Crc distale permane significativo nel corso di un follow-up di 10 anni.

Gastroenterology, 2010; 139(4):1128-37

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Reboxetina: messi in discussione i dati di efficacia

Un chiaro invito alla prudenza: un gruppo di ricercatori tedeschi afferma che reboxetina ? globalmente un antidepressivo inefficace e potenzialmente dannoso. L’evidenza pubblicata – scrivono – ? gravata dal publication bias e c’? urgente bisogno della pubblicazione obbligatoria dei dati emersi dalla ricerca. L’invito consegue ai risultati di una revisione sistematica e una metanalisi effettuate sugli studi randomizzati in doppio cieco che hanno valutato il trattamento acuto della depressione (sei o pi? settimane) con reboxetina in confronto a placebo o altri inibitori selettivi del reuptake della serotonina (Ssri). Gli autori – Dirk Eyding della Societ? oncologica tedesca di Berlino e collaboratori – hanno analizzato i dati di 13 trial sul trattamento in acuto controllati con placebo, Ssri o entrambi per un totale di 4.098 pazienti. Va sottolineato che i dati relativi al 74% dei pazienti arruolati nei vari studi non ? stato pubblicato. Non sono emerse significative differenze nei tassi di remissione tra reboxetina e placebo ma ? stata registrata una sostanziale eterogeneit? nella metanalisi degli otto trial che hanno indagato i tassi di risposta di reboxetina contro placebo. L’analisi di sensibilit? non ha dimostrato significative differenze nei tassi di risposta tra farmaco e placebo. Reboxetina ? invece risultata inferiore agli Ssri (fluoxetina, paroxetina e citalopram) nei tassi di remissione e risposta. Per quanto riguarda gli outcome di danno (tassi di pazienti con almeno un evento avverso e sospensione della terapia per eventi avversi), reboxetina ? risultata inferiore a placebo per entrambi e alla fluoxetina solo in relazione alle sospensioni. La conclusione ? duplice. I dati pubblicati hanno sovrastimato il beneficio del farmaco del 115% rispetto al placebo e del 23% rispetto ai Ssri, e sottostimato gli outcome relativi agli eventi avversi.

BMJ, 2010; 341: c4737

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Velocit? di filtrazione glomerulare ridotta indice di ictus

14 Gen 2011 Nefrologia

Un valore basale di eGfr (velocit? di filtrazione glomerulare stimata) inferiore a 60 ml/min/1,73 m2 si associa in maniera indipendente a ictus incidente: una pronta e appropriata implementazione delle strategie stabilite per la riduzione del rischio vascolare in pazienti con insufficienza renale pu? prevenire futuri eventi cerebrali. A tali conclusioni sono giunti Meng Lee dello Stroke Center della University of California, a Los Angeles, e collaboratori, dopo aver effettuato una revisione sistematica e una metanalisi su studi di coorte o trial clinici rispondenti a molteplici criteri di inclusione: i trial dovevano prevedere la raccolta prospettica dei dati con la stima di Gfr al basale, la valutazione dell’ictus incidente, un follow-up di almeno un anno, stime quantitative del rischio relativo (Rr) aggiustato in base alle variabili multiple e l’intervallo di confidenza al 95% per l’ictus associato a un’eGfr di 60-90 o <60 ml/min/1,73 m2. In totale le analisi sono state condotte su 284.672 partecipanti (follow-up 3,2-15 anni) in cui si sono verificati 7.863 eventi. Il rischio di ictus incidente ? aumentato fra i pazienti con eGfr <60 ml/min/1,73 m2 (Rr: 1,43) ma non tra quelli con eGfr compresa tra 60 e 90 ml/min/1,73 m2 (Rr: 1,07). ? stata osservata una significativa eterogeneit? delle stime fra i pazienti con un'eGfr <60 ml/min/1,73 m2. In questi casi l'analisi per sottogruppi ha evidenziato una significativa eterogeneit? negli Asiatici rispetto ai non-Asiatici (Rr: 1,96), ma anche fra i pazienti con valori di eGfr compresi tra 40 e 60 ml/min/1,73 m2 e i soggetti con una eGfr <40 ml/min/1,73 m2 (Rr: 1,28).
Bmj 2010; 341: c4249

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Recidiva di cancro ovarico, Ca125 non ha valore predittivo

4 Gen 2011 Oncologia

Il trattamento precoce della recidiva del cancro ovarico, praticato esclusivamente sulla base del riscontro di livelli aumentati di Ca125, non ? supportato da evidenze di beneficio sulla sopravvivenza: pertanto non ? provato il valore della misurazione di routine di Ca125 nel follow-up delle pazienti affette da cancro ovarico che ottengono una risposta completa dopo il trattamento di prima linea. ? piuttosto netto il verdetto ottenuto da Gordon J. S. Rustin del Mount Vernon Cancer centre di Northwood (Regno Unito) e collaboratori al termine di uno studio randomizzato effettuato su 529 pazienti in remissione completa dopo chemioterapia di prima linea a base di platino e con livelli normali di Ca125. I valori del marcatore tumorale sono stati misurati ogni tre mesi. Quando le concentrazioni di Ca125 erano almeno due volte maggiori del limite superiore della norma i pazienti venivano allocati a chemioterapia precoce (n=265) o ritardata (n=264). I pazienti e i centri erano informati della collocazione nel gruppo di trattamento precoce e la terapia veniva iniziata nel tempo pi? rapido possibile, entro 28 giorni dalla acquisizione del valore aumentato di Ca125. I pazienti assegnati al gruppo di trattamento ritardato continuavano a essere sottoposti a misurazioni mascherate del marker e la chemioterapia si instaurava al momento della recidiva clinica o sintomatica. Dopo un follow-up mediano di 56,9 mesi dalla randomizzazione e la registrazione di 370 decessi (186 nel gruppo in terapia precoce, 184 in terapia ritardata), non ? emersa alcuna evidenza di una differenza relativa alla sopravvivenza globale tra i due gruppi (hazard ratio, Hr: 0,98). La sopravvivenza mediana a partire dalla randomizzazione si ? attestata su 25,7 e 27,1 mesi, rispettivamente, per i pazienti in trattamento precoce e ritardato.

Lancet, 2010; 376(9747): 1155-63

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Osteopeniche over-70: esercizi a casa proteggono il femore

3 Gen 2011 Ortopedia

Eseguire esercizi fisici a domicilio seguendo un training su base volontaria appare in grado di assicurare effetti a lungo termine sull’equilibrio e sull’andatura e pu? avere un effetto protettivo per le donne anziane ad alto rischio di frattura di femore. I risultati conseguono a un follow-up di quattro anni e mezzo condotto su 160 donne osteopeniche con un’et? di 70-73 anni al basale all’interno di un trial randomizzato che prevedeva l’esecuzione di esercizi fisici. Gli autori finlandesi, guidati da Raija Korpelainen dell’Istituto universitario Diaconessa di Oulu, hanno riscontrato significative differenze tra i gruppi in favore delle donne che avevano praticato gli esercizi in termini di controllo posturale, velocit? di marcia e score Frenchay Activities Index. La densit? minerale ossea si riduceva in modo simile nei due gruppi. Il tasso di incidenza delle fratture durante il periodo di follow-up totale fra le donne che si erano esercitate rispetto al gruppo di controllo si ? attestato su 0,05 vs 0,08 per 1.000 anni persona (rapporto del tasso di incidenza di Poisson: 0,68). Non sono state osservate fratture di femore nel gruppo esercizio contro le cinque occorse invece tra i controlli. Una donna nel gruppo esercizio e otto in quello controllo sono decedute (rapporto del tasso di incidenza di Poisson: 0,11).

Arch Intern Med, 2010; 170(17):1548-56

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Lombalgia: vertebroplastica vs trattamento conservativo

2 Gen 2011 Ortopedia

La vertebroplastica percutanea (Vp) ? sicura ed efficace in un sottogruppo di pazienti con fratture acute vertebrali da compressione in seguito a osteoporosi e dolore persistente. Il sollievo dal dolore dopo Vp ? immediato, si mantiene per almeno un anno ed ? significativamente maggiore di quello ottenuto con il trattamento conservativo (Tc), e a un costo accettabile. Tutto ci? ? stato verificato in uno studio in aperto, prospettico e randomizzato, svolto da Caroline A. H. Klazen, del dipartimento di Radiologia dell’ospedale St. Elizabeth a Tilburg (Olanda), e collaboratori. I reparti di diagnostica per immagini di sei ospedali nei Paesi Bassi e in Belgio hanno reclutato, tra il 1? ottobre 2005 e il 30 giugno 2008, 431 pazienti eleggibili per l’assegnazione casuale a Vp o a Tc; tali soggetti erano di et? pari o superiore a 50 anni, presentavano fratture vertebrali da compressione alla radiografia della colonna vertebrale (perdita in altezza minima del 15%, frattura a livello di T5 o inferiore, edema osseo alla Rm) con lombalgia da non pi? di sei settimane e punteggio pari o superiore a 5 alla scala analogica visuale (Vas). L’outcome primario era costituito dal sollievo dal dolore a un mese e a un anno in base al punteggio Vas. Il 53% dei pazienti (229) ha avuto un sollievo spontaneo dal mal di schiena durante la valutazione, mentre 202 soggetti con algia persistente sono stati randomizzati al trattamento (101 con Vp, 101 mediante Tc). La Vp ha determinato un sollievo maggiore rispetto a Tc; la differenza nel punteggio medio Vas tra il basale e il follow-up a un mese ? risultato di -5,2 dopo Vp e -2,7 dopo Tc, mentre tra il basale e il follow-up a un anno era -5,7 dopo Vp e -3,7 dopo Tc. La differenza tra i due gruppi nella riduzione del punteggio medio Vas rispetto al basale ? stata di 2,6 a un mese e di 2,0 a un anno. In nessun caso sono stati segnalati eventi avversi o complicazioni gravi.

Lancet, 2010; 376(9746):1085-92

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Steatosi non alcoliche: esiste un legame tra fegato e pancreas

La steatosi epatica non alcolica (Nafld) ? correlata alla steatosi pancreatica non alcolica (Ps). Questa relazione sembra essere mediata dall’obesit?. Inoltre il grasso intralobulare pancreatico ? associato alla steatoepatite non alcolica (Nash). Sono le conclusioni di Erwin-Jan M. Geenen, del dipartimento di Gastroenterologia ed epatologia del Centro medico universitario di Amsterdam, e collaboratori, autori di uno studio condotto su materiali raccolti post-mortem di 80 pazienti, i cui dati clinici e istologici sono stati ricercati e riesaminati. Non sono stati inclusi nell’analisi soggetti con malattia epatica o pancreatica ma con storia di potus. Per attribuire un grado istologico di malattia al fegato si ? usato il Fatty liver disease activity score, mentre la valutazione della gravit? della Ps ? stata effettuata mediante Pancreatic lipomatosis score. Per analizzare le correlazioni si ? ricorso alla regressione logistica ordinale. Il grasso pancreatico, sia interlobulare sia totale, ? apparso correlato al punteggio di attivit? Nafld nei pazienti non in trattamento con farmaci steatogeni; quando veniva applicata una correzione per l’indice di massa corporea, per?, non si poteva riscontrare alcuna correlazione. Il grasso pancreatico totale si ? dimostrato un fattore predittivo significativo per la presenza di Nafld, mentre il grasso pancreatico intralobulare, ma non quello totale, ? risultato correlato alla Nash.

Pancreas, 2010 Sep 23. [Epub ahead of print]

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Tumori vescicali sfavorevoli e patologia prostatica benigna

Negli uomini l’et? influenza negativamente le caratteristiche cliniche dei tumori uroteliali della vescica: la percentuale di tumori sfavorevoli aumenta con l’et?. Variazioni degne di nota della differenziazione tumorale iniziano ad apparire a partire dall’et? di 50 anni e la storia naturale della neoplasia sembra differire in base alla presenza di ipertrofia/iperplasia prostatiche benigne. Si nota la tendenza a presentare un carcinoma con caratteristiche sfavorevoli negli uomini cui sono state diagnosticate ipertrofia/iperplasia prostatiche benigne. Queste informazioni scaturiscono da uno studio condotto da Nian-zhao Zhang, del dipartimento di Urologia dell’ospedale Qilu, presso l’universit? di Shandong a Jinan (Cina), e collaboratori, su 356 pazienti con nuova diagnosi di tumori uroteliali della vescica: in questo gruppo di tumori la percentuale di carcinomi aumentava in modo significativo con l’et? mentre sono state riscontrate differenze fra i tre gruppi d’et? nella distribuzione dei carcinomi di grado elevato. La percentuale di carcinomi di grado elevato aumentava in modo significativo insieme all’et? soprattutto nei casi di carcinoma non invasivo del comparto muscolare: le differenze risultavano significative fra il gruppo con et? =/< 50 anni e i gruppi di et? compresa tra 51 e 69 anni e =/> 70 anni. Un dato interessante ? che i pazienti con ipertrofia/iperplasia prostatiche benigne avevano una diagnosi pi? frequente di tumori scarsamente differenziati rispetto ai soggetti non portatori di patologia prostatica benigna: l’analisi di regressione logistica ha confermato le associazioni fra ipertrofia/iperplasia prostatiche benigne e carcinoma sfavorevole.

Urol Oncol, 2010 Sep 24. [Epub ahead of print]

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