Rituximab vs ciclofosfamide nelle vasculiti gravi

Per oltre quarant’anni la ciclofosfamide e i glucocorticoidi hanno rappresentato le pietre angolari della terapia delle gravi vasculiti associate agli Anca (anticorpi citoplasmatici antineutrofili). Alcuni studi non controllati hanno indicato che rituximab possa essere efficace e pi? sicuro del regime basato sulla ciclofosfamide e recentemente il New england ? tornato sul tema pubblicando due lavori. Il primo, condotto da John H. Stone, del Massachusetts General Hospital (Boston) e collaboratori, ? un trial multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, in cui rituximab ? posto a confronto a ciclofosfamide per la remissione della vasculite Anca-associata senza uso di prednisone a sei mesi (endpoint primario). Sono stati coinvolti, in nove centri, 197 pazienti con granulomatosi di Wegener o poliangite microscopica. 63 soggetti del gruppo rituximab (64%) hanno raggiunto il primo endpoint contro i 52 del gruppo controllo (53%): un risultato che soddisfa il criterio di non inferiorit? (P<0,001). Il regime basato su rituximab ? apparso pi? efficace di quello con ciclofosfamide nell'indurre la remissione della patologia: 34 pazienti su 51 del gruppo rituximab (67%) rispetto ai 21 su 50 dei controlli (42%) hanno raggiunto l'endpoint primario. La terapia con rituximab, concludono gli autori, non ? apparsa inferiore al trattamento con ciclofosfamide nell'indurre la remissione della vasculite e pu? essere superiore in caso di malattia recidivante. L'altro trial, svolto da Rachel B. Jones, dell'Addenbrooke's Hospital di Cambridge e collaboratori, si ? focalizzato sulle vasculiti renali Anca-associate. Quarantaquattro pazienti di nuova diagnosi (et? media: 68 anni) sono stati divisi in due gruppi di trattamento: 33 (rituximab) e 11 (controllo/ciclofosfamide). venticinque pazienti rituximab (76%) e nove controlli (82%) hanno ottenuto la remissione; gravi eventi avversi sono occorsi in 14 pazienti rituximab (42%) e in quattro controlli (36%). Sei soggetti su 33 del gruppo rituximab (18%) e due degli 11 tra i controlli (18%) sono deceduti. Il regime basato su rituximab, ? la conclusione, non si ? dimostrato superiore allo standard endovenoso con ciclofosfamide nella terapia delle gravi vasculiti Anca-associati. I tassi di remissione/recidiva sono stati alti in entrambi i gruppi ma il regime basato su rituximab non ? risultato associato a diminuzioni di precoci eventi avversi gravi. N Engl J Med, 2010; 363:211-20
N Engl J Med, 2010; 363:221-32

 588 total views

Rivascolarizzazione funziona in ischemia ventricolare

25 Ago 2010 Cardiologia

La rivascolarizzazione miocardica migliora la sopravvivenza a lungo termine di pazienti con disfunzione ischemica ventricolare sinistra e con un ampio spettro di vitalit?. ? probabilmente la prima volta che questo dato viene dimostrato con uno studio randomizzato e non soltanto in relazione al breve termine. La ricerca, condotta da Stephen G. Sawada e collaboratori dell’Indiana University Medical Center di Indianapolis, ha previsto un’analisi di propensione come sostituto della randomizzazione per comparare la sopravvivenza dei pazienti rivascolarizzati e trattati medicalmente con disfunzione ischemica. Un’ecocardiografia con dobutamina ? stata eseguita in 274 soggetti con disfunzione ischemica ventricolare sinistra (frazione d’eiezione media: 32%) con il 32% dei pazienti aventi vitalit? in > o = 25% del miocardio. Le caratteristiche cliniche, angiografiche ed ecocardiografiche erano simili tra i due gruppi di trattamento, eccetto che per la malattia multivascolare, l’iperlipidemia e la percentuale di miocardio non vitale. Un punteggio di propensione, relativo alla probabilit? di essere sottoposto a rivascolarizzazione, ? stato tratto da ogni paziente dalle variabili basali. Dopo stratificazione in base a tale punteggio, non si sono riscontrate differenze tra i gruppi. I pazienti sono stati quindi seguiti per morte cardiaca, come outcome. La rivascolarizzazione ? stata effettuata in 130 pazienti, mentre 144 soggetti sono stati trattati farmacologicamente. Si sono avute 114 morti cardiache (42%) durante 4,5 anni di follow-up. Dopo aggiustamento per il punteggio di propensione, la sopravvivenza ? risultata migliore nel gruppo rivascolarizzazione (sopravvivenza media: 5,9 vs 3,3 anni, Hr: 0,42, p<0,0001). La terapia medica e strumentale ? stata simile durante il follow-up tra i due gruppi, tranne che per l'uso di beta-bloccanti, pi? comune nei pazienti rivascolarizzati. Dopo aggiustamento per l'impiego di beta-bloccanti e il punteggio di propensione, la sopravvivenza si ? mantenuta migliore nei pazienti rivascolarizzati (Hr: 0,47, p=0,0006). Am J Cardiol, 2010; 106(2):187-92

 489 total views

Condivisione sulla gestione delle neoplasie tiroidee

24 Ago 2010 Oncologia

L’Associazione medici endocrinologi (Ame) e l’Associazione italiana della tiroide (Ait) hanno divulgato un documento congiunto per orientare pratica clinica e management dei noduli tiroidei e del cancro della tiroide differenziato. Il Joint statement precisa in primo luogo che le donne in gravidanza con noduli tiroidei dovrebbero essere valutate in maniera simile alle donne non in gestazione: l’unico esame controindicato in gravidanza ? l’impiego diagnostico dei radionuclidi. La biopsia che prevede l’aspirazione con ago fine (FNAb) sotto guida ecografica dovrebbe essere eseguita sui noduli con risultati clinici o ecografici sospetti. La FNAb ? da ripetere in caso di noduli che presentino una crescita progressiva o in presenza di risultati ecografici sospetti. Una terapia parzialmente soppressiva con L-tiroxina (Lt4) va considerata nelle donne gravide che vivono in aeree che espongono al rischio di deficienza di iodio. Le lesioni follicolari richiedono uno stretto follow-up clinico ed ecografico ma in assenza di crescita del nodulo o di reperti ecografici sospetti, la chirurgia dovrebbe essere praticata dopo il parto. Enrico Papini e collaboratori, dell’ospedale Regina Apostolorum di Albano (Roma) e autori del documento Ame /Ait, ricordano inoltre che se un carcinoma tiroideo differenziato (Dtc) viene diagnosticato nel primo trimestre o nelle prime fasi del secondo, la chirurgia pu? essere offerta nel corso del secondo trimestre. Le pazienti che non mostrano evidenza di una malattia aggressiva – suggerisce ancora il documento – dovrebbero essere informate che la chirurgia praticata subito dopo il parto non cambia la prognosi. Nel caso in cui il Dtc sia scoperto durante le ultime fasi del secondo trimestre o nel terzo, la chirurgia dovrebbe essere riservata al periodo post-partum. Il trattamento per Dtc in gravidanza comprende la tiroidectomia totale seguita, nelle pazienti a rischio, da ablazione con iodio radioattivo (Rai). Quest’ultima terapia dovrebbe per? essere praticata dopo il parto. Per quanto riguarda il trattamento con Lt4, si consiglia di iniziare subito dopo la tiroidectomia. L’allattamento al seno dovrebbe essere interrotto sei-otto settimane prima del trattamento Rai che, a eccezione dei casi di malattia aggressiva, pu? essere posticipato fino a 12 mesi dopo la chirurgia. Un’ulteriore gravidanza andrebbe evitata per sei mesi nelle donne che sono state sottoposte a Rai per assicurare la stabilizzazione della funzione tiroidea, confermare la remissione del cancro tiroideo e ridurre il rischio di interruzione di gravidanza.

J Endocrinol Invest, 2010 Jul 13. [Epub ahead of print]

 524 total views

Meglio dieta intensa con HbA1C non controllato

Nei pazienti con diabete di tipo 2 che, nonostante una terapia ipoglicemica ottimizzata, hanno un valore di emoglobina glicosilata (HbA1C) insoddisfacente, un approccio dietetico intensivo migliora il controllo glicemico e le misure antropometriche. Lo ha dimostrato uno studio randomizzato controllato, condotto da Kirsten J. Coppell e collaboratori dell’Universit? di Otago, a Dunedin (Nuova Zelanda), su 93 pazienti con diabete di tipo 2, di et? inferiore a 70 anni e HbA1C sopra il 7% nonostante i trattamenti ottimali, oltre ad avere almeno due condizioni tra le seguenti: sovrappeso od obesit?, ipertensione e dislipidemia. L’intervento ? consistito in una consulenza alimentare intensiva individualizzata (in accordo alle raccomandazioni nutrizionali dell’Associazione europea per lo studio del diabete) per sei mesi; sia i partecipanti sia i controlli hanno proseguito con la propria abituale sorveglianza medica. L’outcome primario ? stata l’HbA1C; gli esiti secondari comprendevano misure di adiposit?, pressione arteriosa e profilo lipidico. Dopo aggiustamento per et?, sesso e misure al basale, la differenza di HbA1C tra il gruppo intervento e quello controllo a sei mesi (-0,4%) era statisticamente altamente significativa (P=0,007); lo stesso ? avvenuto per la riduzione del peso (-1,3 kg, P=0,032), dell’indice di massa corporea (-0,5, P=0,026), e della circonferenza vita (-1,6 cm, P=0,005). La diminuzione dei grassi saturi (-1,9% dell’energia totale, P=0,006) e l’aumento delle proteine (1,6% dell’energia totale, P=0,045) nel gruppo intervento hanno costituito le pi? evidenti differenze nell’apporto nutrizionale tra partecipanti e controlli.

BMJ 2010;341:c3337

 591 total views

Scompenso, meglio betabloccante non selettivo

22 Ago 2010 Cardiologia

Nei pazienti con scompenso cardiaco (Hf) si pu? ottenere una riduzione dell’iperventilazione, con un miglioramento dell’efficienza ventilatoria (Ve) durante l’esercizio, grazie a un bloccante beta1-beta2 non selettivo come carvedilolo e non con un beta-1 bloccante selettivo quale bisoprololo. ? quanto ha verificato Piergiuseppe Agostoni, del Centro cardiologico Monzino di Milano e della Division of respiratory and critical care della University of Washington a Seattle, insieme a collaboratori della stessa struttura milanese, del dipartimento di Scienze cardiovascolari e respiratorie dell’universit? La Sapienza di Roma e dell’Unit? di riabilitazione cardiaca della Fondazione Maugeri di Milano. L’obiettivo dei ricercatori era quello di valutare l’impatto di due beta-bloccanti, che solitamente migliorano la prognosi dell’Hf, sulla Ve; quest’ultima, infatti, ? frequentemente ridotta con l’iperventilazione durante l’esercizio nei pazienti Hf, venendosi a determinare un aumento della pendenza della retta di relazione Ve/anidride carbonica (Ve/VCO2), elemento predittivo indipendente per la prognosi. Sono stati analizzati 572 test consecutivi di sforzo massimale cardiopolmonare eseguiti da pazienti con Hf clinicamente stabile (classe NYHA I-III e frazione d’eiezione ventricolare

 467 total views

L?FDA ha avviato un?indagine dopo che 2 studi hanno mostrato una pi? alta incidenza di mortalit? cardiovascolare con Olmesartan

L?FDA ( Food and Drug Administration ) sta valutando i dati di due studi clinici nei quali i pazienti con diabete mellito di tipo 2 stavano assumendo Olmesartan ( Benicar; in Italia: Olmetec, Olpress, Plaunac ), un bloccante il recettore dell?angiotensina II; in entrambi gli studi ? stata riscontrata una pi? alta incidenza di mortalit? per cause cardiovascolari con il sartano rispetto al placebo.

La revisione dell?FDA ? in corso, e l?Agenzia regolatoria statunitense non ? ancora giunta ad una conclusione.

L?FDA attualmente ritiene che i benefici di Benicar nei pazienti con ipertensione continuino a essere superiori ai potenziali rischi.

Gli studi clinici di lunga durata, ROADMAP e ORIENT, hanno coinvolto pazienti con diabete mellito di tipo 2, che sono stati assegnati in modo casuale a Olmesartan o a placebo. E? stato invece osservato, in entrambi gli studi un aumento della mortalit? per cause cardiovascolari ( infarto miocardico, morte improvvisa, o ictus ) nei pazienti trattati con Olmesartan rispetto a quelli che avevano ricevuto placebo.

L?FDA raccomanda di seguire le raccomandazioni contenute nella scheda tecnica di Benicar.

Fonte: FDA, 2009

 381 total views

S. aureus resistente, efficaci contromisure

Molto raramente lo Staphylococcus aureus risulta resistente a linezolid. Miguel S?nchez Garc?a e collaboratori dell’hospital clinico San Carlos and universidad Complutense di Madrid, riportano ora un outbreak clinico sostenuto da S. aureus con resistenza a linezolid e meticillina (Lrsa) mediata dal gene cfr, associato a trasmissione nosocomiale e impiego estensivo di linezolid. I clinici spagnoli sono riusciti a bloccare il focolaio mediante la riduzione dell’impiego dell’antibiotico e adottando opportune misure per il controllo delle infezioni. L’outbreak si ? verificato nell’unit? di cure intensive dell’ospedale universitario in cui lavorano gli autori: tra il 13 e il 26 giugno 2008 sono stati identificati 12 pazienti con infezione da Lrsa. In sei casi il germe ha causato polmonite associata alla ventilazione e in tre casi batteriemia. I patogeni isolati erano suscettibili a trimetoprim/sulfametossazolo, glicopeptidi, tigeciclina e daptomicina. La procedura di genotipizzazione ha identificato un clone predominante insieme a ulteriori tre tipi. La resistenza a linezolid mediata dal gene cfr ? stata dimostrata in tutti gli isolati, mentre un solo caso di positivit? a Lrsa ? stato evidenziato nei potenziali carrier dello staff ospedaliero e nei campioni ambientali. Sei pazienti sono deceduti, di cui cinque in unit? di cure intensive, con una morte attribuita a Lrsa. In seguito, l’impiego di linezolid si ? ridotto da 202 dosi definite giornaliere (aprile 2008) a 25 (luglio 2008). Nel periodo compreso tra luglio 2008 e aprile 2010 non sono stati registrati nuovi casi nelle colture per la sorveglianza praticata a cadenza settimanale o nei campioni diagnostici.

JAMA, 2010; 303(22): 2260-4

 402 total views

Recupero dell’afasia subordinato alla gravit? dell’ictus

20 Ago 2010 Neurologia

Come per il recupero delle funzioni motorie, dopo l’ictus esiste una relazione altamente predittivo e proporzionale in natura tra il miglioramento dell’afasia e la compromissione iniziale. Lo suggerisce un’indagine effettuata da Ronald Lazar e collaboratori della Stroke division, al Columbia university medical center di New York, su 21 pazienti colpiti da ictus di cui ? stata valutata l’afasia mediante la Western aphasia battery (Wab) al momento del ricovero (Wab iniziale) e dopo 90 giorni (Wab a tre mesi). La relazione tra la differenza dei punteggi (ossia il DeltaWab, definito come score Wab a tre mesi meno score Wab iniziale) e Wab iniziale ? stata calcolata mediante analisi di regressione multipla. L’analisi ha evidenziato come il Wab iniziale sia altamente correlato al DeltaWab (R(2)=0,81): ? emersa, inoltre, una relazione proporzionale tra Wab iniziale e DeltaWab, tale che i pazienti riguadagnavano lo 0,73 del recupero potenziale massimo (Wab massimo – Wab iniziale). Gli autori concludono la loro indagine osservando che la comparabilit? del recupero dei deficit motori e del linguaggio suggerisce meccanismi comuni in atto nella riduzione dei deficit neurologici dopo l’ictus: questi meccanismi sono attivi in diversi domini funzionali e potrebbero costituire un target per l’intervento terapeutico.

Stroke, 2010 Jun 10. [Epub ahead of print]

 749 total views

Vit. B6 e metionina proteggono da ca polmone

19 Ago 2010 Oncologia

I livelli di vitamina B6 e metionina nel siero sono inversamente associati al rischio di cancro polmonare. ? quanto ha stabilito uno studio condotto in collaborazione da un elevato numero di dipartimenti di epidemiologia in tutta Europa, con l’obiettivo di verificare se i fattori correlati al metabolismo del carbonio-1 (ossia le vitamine B2, B6, B9 e B12 pi? la metionina e l’omocisteina), aiutando a mantenere l’integrit? del Dna e a regolare l’espressione genica, potessero influire sul rischio oncologico. A tale scopo gli studiosi si sono basati sui dati dello studio Epic (the European prospective investigation into cancer and nutrition) che aveva coinvolto 519.978 partecipanti di dieci nazioni tra il 1992 e il 2000 (di questi 385.747 avevano donato sangue). Tra questi, entro il 2006, vennero identificati 899 casi di tumore polmonare. Si selezionarono quindi 1.770 controlli, abbinati per et?, sesso, data di nascita e periodo di raccolta dei campioni di sangue. Infine, si misurarono i livelli sierici dei sei fattori del metabolismo del carbonio-1 e della cotinina. Nell’ambito dell’intera coorte Epic, i tassi di incidenza di cancro polmonare standardizzati per et? (della popolazione mondiale, 35-79 anni) sono risultati 6,6, 44,9 e 156,1 per 100.000 persone/anno rispettivamente negli uomini mai fumatori, nei pregressi fumatori e negli attuali fumatori. I valori corrispondenti, nelle donne, sono stati, rispettivamente, 7,1, 23,9 e 100,9. Si ? quindi riscontrato un diminuito rischio di cancro polmonare in caso di elevati livelli sierici di vitamina B6 (Or quarto vs primo quartile: 0,44) e di metionina (Or quarto vs primo quartile: 0,52). Riduzioni del valore di rischio simili e corrispondenti si sono viste nei soggetti mai fumatori, nei pregressi fumatori e negli attuali fumatori, indicando che i risultati non erano dovuti a effetti confondenti della condizione di fumatore. Un rischio neoplastico inferiore si ? notato anche con l’acido folico (B9), ma apparentemente solo nei fumatori pregressi e attuali.

JAMA, 2010; 303(23):2377-85

 451 total views

Isterectomia: ? ora di una svolta

18 Ago 2010 Ginecologia

I tempi sono maturi per ridurre l’impiego dell’isterectomia addominale in favore delle procedure mini-invasive. Training e supervisione sono essenziali prima di praticare l’isterectomia totale laparoscopica (al fine di minimizzare le complicazioni) o l’isterectomia per via vaginale (per una salpingo-ooforectomia bilaterale pianificata). Altrettanto importante, soprattutto per l’isterectomia laparoscopica totale, la condivisione delle tecniche utilizzate dai diversi chirurghi, dei risultati e delle complicazioni. A queste conclusioni giungono Massimo Candiani e Stefano Izzo, rispettivamente dell’ospedale San Raffaele e dell’ospedale San Paolo di Milano, al termine di una review sugli approcci laparascopico e vaginale in caso di isterectomia per patologie benigne. Recenti ricerche – scrivono i due clinici – hanno stabilito che l’isterectomia vaginale sembra essere il gold standard per la terapia delle patologie benigne e, quando possibile, dovrebbe essere preferita all’approccio addominale. Se il ricorso all’isterectomia vaginale non ? tecnicamente possibile, l’intervento laparoscopico ? pure preferibile a quello addominale. L’isterectomia laparoscopica non comporta vantaggi rispetto alla vaginale, perch? gravata da un pi? alto tasso di complicazioni (specialmente lesioni a carico della vescica e dell’uretere). Altri autori, per?, riferiscono che l’isterectomia laparoscopica comporta alcuni vantaggi: permette di praticare una salpingo-ooforectomia bilaterale in sicurezza, consente il trattamento di altre patologie durante la sessione chirurgica, determina una riduzione del sanguinamento intra-operatorio, del dolore pelvico dopo l’intervento e del tempo di permanenza in ospedale rispetto all’isterectomia vaginale. Inoltre, l’approccio laparoscopico, praticato da mani esperte, non risulta associato a un aumento del tasso di complicazioni maggiori.

Curr Opin Obstet Gynecol, 2010 Jun 10. [Epub ahead of print]

 566 total views

1 92 93 94 95 96 258

Search

+
Rispondi su Whatsapp
Serve aiuto?
Ciao! Possiamo aiutarti?