Carenza di B12 in terapia protratta con metformina

I pazienti diabetici trattati per lungo tempo con metformina hanno un rischio aumentato di andare incontro a una carenza di vitamina B12 (con aumento della concentrazione ematica di omocisteina) i cui livelli andrebbero pertanto costantemente monitorati nel corso della terapia. La raccomandazione emerge dai risultati di un trial olandese multicentrico randomizzato placebo-controllato, nel quale 360 pazienti con malattia di tipo 2 in terapia insulinica sono stati trattati con 850 mg di metformina o placebo tre volte al giorno per 4,3 anni. L’outcome primario era rappresentato dalla modificazione percentuale delle concentrazioni di vitamina B12, acido folico e omocisteina dal basale ai mesi 4, 17, 30, 43 e 52. Rispetto al placebo, il trattamento con metformina ? risultato associato a una riduzione media di concentrazione di vitamina B12 del 19% (P<0,001) e di acido folico del 5% (P=0,033), e a un aumento di omocisteinemia del 5% (P=0,091). Dopo correzione per indice di massa corporea e fumo, non si ? trovato alcun effetto significativo della metformina sulla concentrazione dell'acido folico. Il rischio assoluto di carenza di vitamina B12 (<150 pmol/l) al termine dello studio ? risultato di 7,2 punti percenutali maggiore nel gruppo metformina rispetto a quello placebo, con un numero necessario per nuocere (NNH) di 13,8 per 4,3 anni. Anche il rischio assoluto di un basso livello di vitamina B12 (150-220 pmol/l) alla fine del trial era di 11,2 punti percentuali superiore nei soggetti trattati con metformina rispetto al placebo, con un NNH di 8,9. I pazienti con carenza di vitamina B12 a fine studio avevano un livello medio di omocistenemia pari a 23,7 micromol/l, da raffrontare con i 18,1 micromol/l dei soggetti con bassi livelli di vitamina B12 (P=0,003) e i 14,9 micromol/l di quelli con normale concentrazione (>220 pmol/l) di vitamina B12 (P<0,001 in confronto a carenza B12; P=0,005 in confronto a basso livello B12). BMJ, 2010; 340:c2181

 550 total views

Prognosi della colite ischemica non post-operatoria

I pazienti affetti da colite ischemica (Ic) non post-operatoria con disfunzione renale sono caratterizzati da differenti profili clinici, ma il sesso maschile e la presenza di disfunzione renale aumentano il rischio di esiti avversi; sebbene la malattia sia spesso autolimitante, ? opportuno in questi casi prestare una particolare attenzione al paziente e adottare una terapia aggressiva. Queste informazioni sui fattori predittivi degli outcome sfavorevoli di Ic? non post-operatoria scaturiscono da un’analisi retrospettiva condotta da Tsung-Chun Lee, dell’Universit? nazionale di Taiwan a Taipei, e collaboratori, su 28 uomini e 52 donne (et? media: 66 anni) con diagnosi di Ic comprovata mediante biopsia, in assenza di pregressa chirurgia. Nove pazienti con valori di velocit? di filtrazione glomerulare inferiore a 30 mL al minuto per 1,73 m2, di cui sette in dialisi, sono stati classificati come affetti da disfunzione renale (gruppo disfunzione renale). Come outcome avversi sono stati considerati la necessit? di fare ricorso alla chirurgia e il decesso. In primo luogo sono emerse alcune differenze tra i pazienti con e senza disfunzione renale. Nei soggetti con deterioramento della funzione renale si sono infatti riscontrati pi? spesso diabete mellito (56% vs 16%) e prolungamento dei sintomi (6,8 vs 3,5 giorni), mentre i livelli di emoglobina sono risultati pi? bassi (11,1 vs 13,4 g/dL) e si ? notato un pi? frequente coinvolgimento del colon destro (56% vs 19%). In questi pazienti, inoltre, il ricovero in ospedale ? apparso in mediana pi? lungo rispetto ai casi senza disfunzione renale (15 vs 4 giorni). Tra i due gruppi, per?, non ? stata evidenziata una differenza significativa degli outcome avversi. Tuttavia, l’analisi univariata ha segnalato alcuni fattori predittivi di esito negativo, tra cui la disfunzione renale e il sesso. L’analisi multivariata ha infine confermato che il sesso maschile e la disfunzione renale comportano un rischio rispettivamente 9,5 volte e 8,5 volte maggiore di sviluppare esiti sfavorevoli.

Journal of Clinical Gastroenterology, 2010; 44:e96-e100

 602 total views

Rotavirus, dopo il vaccino crollo dei ricoveri in Usa

La vaccinazione dei bambini contro il rotavirus, introdotta negli Stati uniti nel 2006, ha comportato una drastica riduzione dei ricoveri in ospedale per gastroenterite acuta nel corso della stagione 2008. La buona notizia ? frutto di un’analisi condotta da Aaron Curns del National center for immunization and respiratory diseases di Atlanta (Stati uniti) e collaboratori, sui dati relativi alle dimissioni ospedaliere di 18 stati americani, pari a circa il 49% della popolazione statunitense: i ricoveri per gastroenterite acuta riguardano i bambini di et? inferiore a 5 anni, suddivisi in otto fasce d’et?, e sono stati confrontati con i dati sulle ospedalizzazioni per gastroenterite acuta del periodo 2000-2006, antecedente l’introduzione del vaccino. Si ? cos? verificato che, rispetto alla mediana delle stagioni 2000-2006, periodo in cui sono stati calcolati 101,1 ricoveri ogni 10.000 bambini, nel 2007 e nel 2008 si ? registrata una riduzione, nell’ordine, del 16% e del 45% dei tassi di ospedalizzazione per la malattia (85,5 e 55,5 ricoveri ogni 10.000 bambini, rispettivamente, nel 2007 e nel 2008). Il beneficio del vaccino Rv5 (costituito da cinque sierotipi di ceppo di rotavirus vivo), al quale la ricerca fa riferimento, si apprezza anche esaminando i tassi di ospedalizzazione per fascia d’et?. Sempre rispetto alla mediana 2000-2006, infatti, si ? rilevata una riduzione del 28% e del 50% dei ricoveri nei bambini, rispettivamente, di 0-2 mesi e 6-23 mesi. La riduzione, infine, si ? attestata sul 42% e sul 45% nei soggetti, rispettivamente, con un’et? di 3-5 mesi e di 24-59 mesi.

The Journal of Infectious Diseases, 2010; 201:1617-24

 1,866 total views

Nefropatici e depressi aumenta il rischio

Un episodio depressivo maggiore (Mde) si associa a un rischio superiore di prognosi sfavorevole nei pazienti affetti da nefropatia cronica (Ckd) non in trattamento dialitico, indipendentemente dalle comorbidit? e dalla gravit? della patologia renale. Lo hanno dimostrato Susan Hedayati, della sezione nefrologica del Va north Texas health care system di Dallas (Usa), e collaboratori, mediante uno studio prospettico di coorte, condotto su 267 pazienti esterni consecutivi con Ckd (stadio da 2 a 5) seguiti per un anno dopo il reclutamento. La diagnosi relativa al disturbo del tono dell’umore era effettuata in cieco secondo i criteri della quarta edizione del Dsm (Diagnostic and statistical manual of mental disorders). L’endpoint primario era costituito dalla sopravvivenza libera da eventi, intesa come l’insieme di morte, inizio della dialisi od ospedalizzazione. Gli esiti secondari comprendevano ciascuno di questi eventi in modo separato. 56 soggetti hanno avuto un Mde (21%) e 211 no (79%). Vi sono stati 127 eventi compositi, 116 ospedalizzazioni, 38 inizi di dialisi, e 18 decessi. Qualsiasi evento avveniva pi? spesso in pazienti con Mde rispetto a quelli senza (61% vs 44%, rispettivamente). Il tempo medio trascorso fino alla comparsa ?di un evento composito ? stato di 206,5 giorni per le persone con Mde contro i 273,3 giorni nelle altre. L’Hr aggiustata per evento composito nei pazienti con Mde ? risultata di 1,86. In particolare, la presenza di un Mde al basale si ? rivelato elemento predittivo indipendente di progressione verso la dialisi (Hr: 3,51) e ospedalizzazione (1,90).

JAMA, 2010; 303(19):1946-1953

 415 total views

Filtrato glomerulare e albuminuria: ecco i limiti

Valori di eGfr (velocit? stimata di filtrazione glomerulare) inferiori a 60 mL/min/1,73m2 e di Acr (rapporto albumina/creatinina nelle urine) >/= 1,1 mg/mmol (10 mg/g) sono elementi predittivi indipendenti di rischio di morte nella popolazione generale. Lo ha stabilito una metanalisi collaborativa, condotta dal Chronic kidney disease prognosis consortium, che fornisce dati quantitativi utili all’impiego di entrambi i parametri per valutare il rischio, la definizione e la stadiazione della malattia renale cronica. Il team di ricercatori ha raggruppato dati standardizzati relativi alla mortalit? per tutte le cause e cardiovascolare da studi condotti su almeno 1.000 partecipanti e contenenti informazioni sui valori basali di eGfr e sulle concentrazioni di albumina nelle urine. Per il calcolo delle hazard ratio (Hr) si sono usati modelli di rischio proporzionali di Cox. L’analisi ha incluso 105.782 partecipanti (730.577 persone/anno) compresi in 14 studi con misure dell’Acr e 1.128.310 soggetti (4.732.110 persone/anno) inclusi in sette studi con rilievo delle proteine nelle urine mediante strisce reattive. Nei trial con misura dell’Acr, il rischio di morte non ? apparso correlato all’eGfr con valori compresi tra 75 e 105 mL/min/1,73 m2, ma aumentava se i livelli erano pi? bassi. Rispetto?a un’eGfr ?pari a 95 mL/min/1,73 m2, le Hr per mortalit? da tutte le cause erano di 1,18 a 60 mL/min/1,73 m2, 1,57 a 45 mL/min/1,73 m2 e 3,14 a 15 mL/min/1,73 m2. L’Acr ? risultata associata al rischio di morte in modo lineare su scala logaritmica senza effetti soglia. Rispetto a un Acr di 0,6 mg/mmol, le Hr aggiustate per mortalit? da tutte le cause sono state 1,20 a ?1,1 mg/mmol, 1,63 a 3,4 ng/mmol e 2,22 a 33,9 mg/mmol. L’eGfr e l’Acr sono risultati associati in modo moltiplicativo al rischio di morte senza evidenze di interazione. Analoghi riscontri sono stati effettuati riguardo la mortalit? cardiovascolare e con gli studi svolti con le strisce reattive.

Lancet, 2010 May 17. [Epub ahead of print]

 705 total views

Specializzandi 83/91: tipologia dei danni risarcibili

La tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi comporta, conformemente ai principi pi? volte affermati dalla Corte di Giustizia, il diritto degli interessati al risarcimento dei danni, tra i quali devono comprendersi quelli conseguenti all’inidoneit? del diploma di specializzazione al riconoscimento negli altri stati membri, e al suo minor valore sul piano interno ai fini dei concorsi per l’accesso ai profili professionali, e la mancala percezione della remunerazione adeguata da parte del medico specializzando. (Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net)

 531 total views

FDA: aumentato rischio di danno muscolare con alti dosaggi di Zocor

Sulla base della revisione dei dati di uno studio clinico di ampie dimensioni e di dati di altre fonti, l?FDA ( Food and Drug Administration ) ha informato i medici e i pazienti riguardo a un aumentato rischio di danno muscolare per coloro che assumono il pi? alto dosaggio, approvato, di Simvastatina ( Zocor; in Italia anche Sinvacor, Sivastin ), 80 mg, rispetto ai pazienti trattati con dosaggi pi? bassi e probabilmente con altri farmaci della classe delle statine.

Lo studio sottoposto a revisione ? SEARCH ( Study of the Effectiveness of Additional Reductions in Cholesterol and Homocysteine ).
L?FDA sta anche compiendo una revisione di altri studi clinici, di studi osservazionali, segnalazioni di eventi avversi, e dati sull?uso prescrittivo della Simvastatina per meglio comprendere la relazione tra l?impiego di alti dosaggi di Simvastatina e il danno muscolare.

Il danno muscolare, anche noto come miopatia, ? un noto effetto indesiderato di tutte le statine, farmaci ipocolesterolemizzanti.
I pazienti con miopatia generalmente presentano dolore muscolare, dolorabilit? al tatto o debolezza, e un aumento della creatin-chinasi a livello plasmatico.
Pi? alta ? la dose utilizzata, maggiore ? il rischio di sviluppare miopatia.

Il rischio di miopatia ? anche aumentato quando la Simvastatina, soprattutto a pi? alte dosi, ? impiegata in associazione a certi farmaci [ controindicazioni assolute: Itraconazolo ( Sporanox ) , Ketoconazolo ( Nizoral ), Eritromicina ( Eritrocina ), Claritromicina ( Klacid ), Telitromicina ( Ketek ), inibitori della proteasi per infezione da HIV ].
La pi? grave forma di miopatia ? detta rabdomiolisi. Si presenta quando una proteina ( mioglobina ) ? rilasciata come conseguenza della distruzione delle miofibrille. La mioglobina pu? danneggiare i reni.
I pazienti con rabdomiolisi possono presentare urine scure o rosse, avvertire senso di affaticamento, in aggiunta ai sintomi muscolari.
Il danno ai reni da rabdomiolisi pu? essere cos? grave che i pazienti possono sviluppare insufficienza renale, con esito talora fatale.

I fattori di rischio noti alla base dello sviluppo di rabdomiolisi comprendono: et? maggiore di 65 anni, bassi livelli di ormone tiroideo ( ipotiroidismo ), e scarsa funzione renale.

La miopatia e la rabdomiolisi sono segnalati come possibili effetti indesiderati nella scheda tecnica della Simvastatina e di altre statine.

Lo studio SEARCH ha preso in esame nel corso di 6.7 anni il numero di eventi cardiovascolari maggiori ( infarto miocardico, rivascolarizzazione, e morte cardiovascolare ) in 6.031 pazienti che stavano assumendo 80 mg di Simvastatina rispetto a 6.033 pazienti che invece assumevano 20 mg di Simvastatina.
Tutti i pazienti nello studio avevano sofferto in precedenza di un infarto miocardico.

I risultati preliminari dello studio SEARCH hanno rivelato che pi? pazienti nel gruppo Simvastatina 80 mg hanno sviluppato miopatia, rispetto ai pazienti nel gruppo Simvastatina 20 mg [ 52 casi ( 0.9% ) contro 1 caso ( 0.02% ) ].
Le analisi preliminari dell?FDA dei dati primari hanno inoltre indicato che 11 pazienti ( 0.02% ) nel gruppo Simvastatina 80 mg hanno sviluppato rabdomiolisi, contro nessun paziente nel gruppo Simvastatina 20 mg.

Nel 2008, l?FDA aveva allertato il pubblico riguardo a un aumentato rischio di sviluppare rabdomiolisi quando i dosaggi maggiori di 20 mg di Simvastatina sono somministrati assieme all?Amiodarone ( Cordarone ).

Nel marzo 2010, l?FDA ha approvato una revisione della scheda tecnica della Simvastatina basata sui risultati ad interim di uno studio clinico in corso, HPS2 ( Heart Protection Study 2 ).
Si afferma che i pazienti di discendenza cinese non dovrebbero assumere Simvastatina 80 mg con dosi modificanti il colesterolo di prodotti a base di Niacina. Inoltre, viene raccomandata cautela quando tali pazienti sono trattati con Simvastatina 40 mg o meno in combinazione con dosi modificanti il colesterolo di prodotti contenenti Niacina.
I risultati ad interim di HPS2 hanno mostrato che l?incidenza di miopatia era pi? alta nei pazienti di discendenza cinese ( 0.43% ) rispetto ai pazienti di discendenza non cinese ( 0.03% ), che stavano assumendo 40 mg di Simvastatina pi? un farmaco modificante i livelli di colesterolo ( maggiore o uguale a 1 g/die ) di un prodotto contenente Niacina. Non ? noto se altri pazienti di discendenza asiatica fossero ad aumentato rischio di miopatia.

Inoltre, l?FDA ha avvisato i medici di evitare la prescrizione di dosi di Simvastatina superiori a 40 mg/die, quando i pazienti assumono Diltiazem ( in Italia: Dilzene, Tildiem ), a causa di un aumentato rischio di miopatia.

 429 total views

Fattore di rischio indipendente di malattia coronarica: iperomocisteinemia

Ricercatori dell?Oregon Evidence-based Practice Center a Portland negli Stati Uniti, si sono posti l?obiettivo di determinare se un elevato livello sierico di omocisteina fosse un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di malattia coronarica.

Sono stati individuati 26 studi.

La maggior parte degli studi ha trovato aumenti compresi tra il 20 e il 50% del rischio cardiovascolare per ciascun aumento di 5 micromol/L nel livello plasmatico di omocisteina.

La meta-analisi ha prodotto un risk ratio combinato per gli eventi coronarici di 1.18 per ciascun aumento di 5 micromol/L dell?omocisteinemia.

L?associazione tra omocisteina e malattia coronarica ? risultata simile quando l?analisi ? stata compiuta per sesso, durata del follow-up, esito, qualit? e disegno dello studio.

In conclusione, ciascun aumento di 5 micromol/L nel livello di omocisteina aumenta il rischio di eventi coronarici di circa il 20%, in modo indipendente dai tradizionali fattori di rischio della coronaropatia.

Humphrey LL et al, Mayo Clinic Proc 2008; 83: 1203-1212

 441 total views

Tumore al seno: l?assunzione alimentare di soia aumenta la sopravvivenza

I cibi che contengono soia sono ricchi di isoflavoni, che si pensa siano in grado di ridurre il rischio di tumore del seno, tuttavia l?effetto simil-estrogeno degli isoflavoni e la potenziale interazione tra isoflavoni e Tamoxifene ( Nolvadex ) hanno fatto sorgere dubbi sull?assunzione di cibi contenenti soia nelle pazienti con tumore del seno.

Un gruppo di Ricercatori del Vanderbilt Epidemiology Center, a Nashville negli Stati Uniti, ha valutato l?associazione tra assunzione alimentare di soia dopo diagnosi di cancro al seno e mortalit? per cancro e ricorrenza della malattia.

E? stato preso in esame lo Shanghai Breast Cancer Survival Study, un ampio studio di coorte che ha coinvolto 5.042 donne cinesi sopravvissute al carcinoma mammario. Le pazienti, di et? compresa tra 20 e 75 anni, avevano ricevuto la diagnosi nel periodo 2002-2006, sono state seguite fino a met? 2009.

Informazioni relative alla diagnosi e al trattamento del tumore, allo stile di vita dopo la diagnosi e alla progressione della malattia sono state raccolte circa 6 mesi dopo la diagnosi e sono state riviste in 3 colloqui di follow-up a 18, 36 e 60 mesi dalla diagnosi.

Per ottenere informazioni sulla sopravvivenza delle pazienti perse nel corso del follow-up ? stato utilizzato il database Shanghai Vital Statistics Registry e le cartelle cliniche sono state riviste per verificare le informazioni relative a malattia e trattamento.

Le principali misure di esito erano la mortalit? totale e la ricorrenza di tumore mammario o i decessi correlati.

? stata utilizzata un?analisi di regressione di Cox con aggiustamenti per predittori clinici noti e altri fattori legati allo stile di vita e l?assunzione alimentare di soia ? stata trattata come una variabile tempo-dipendente.

Nel corso di un follow-up mediano di 3.9 anni ( intervallo 0.5-6.2 anni ), sono stati osservati 444 decessi e 534 recidive o decessi legati al carcinoma mammario in 5.033 pazienti con tumore del seno sottoposti a trattamento chirurgico.

L?assunzione alimentare di soia, misurata come assunzione di proteine della soia o isoflavoni della soia, ? risultata inversamente associata a mortalit? e ricorrenza.

L?hazard ratio ( HR ) associato al pi? alto quartile di assunzione di proteine della soia ? stato 0.71 per la mortalit? totale e 0.68 per la ricorrenza rispetto al quartile pi? basso di assunzione.

I tassi di mortalit? multivariati e aggiustati a 4 anni sono risultati pari a 10.3% e 7.4% e i tassi di ricorrenza a 4 anni sono stati pari all?11.2% e all?8%, rispettivamente, per donne nel pi? basso e nel pi? alto quartile di assunzione di proteine della soia.

L?associazione inversa ? risultata evidente tra le donne con carcinoma mammario positivo o negativo per il recettore dell?estrogeno ed ? risultata presente sia nelle donne che facevano uso di Tamoxifene, sia in quelle che non utilizzavano il farmaco.

In conclusione, nelle donne con tumore alla mammella, il consumo di cibi contenenti soia ? risultato associato in modo significativo a una diminuzione del rischio di morte e ricorrenza della malattia.

Shu XO et al, JAMA 2009; 302: 2437-1443

 499 total views

Perdita improvvisa dell?udito con gli inibitori della fosfodiesterasi-5

L?FDA ( Food and Drug Administration ) ha approvato cambiamenti nelle schede tecniche dei farmaci per la disfunzione erettile nella classe che comprende Cialis ( Tadalafil ), Levitra ( Vardenafil ) e Viagra ( Sildenafil ), riguardo al potenziale rischio di improvvisa perdita dell?udito.

Inoltre, l?FDA ha richiesto gli stessi cambiamenti alla scheda tecnica di Revatio ( Sildenafil ).
Revatio trova impiego nel trattamento dell?ipertensione polmonare.

L?FDA ? stata indotta ad intervenire dopo che un piccolo numero di pazienti che avevano assunto gli inibitori della fosfodiesterasi-5 ( PDE-5 ) hanno riportato improvvisa perdita dell?udito, talvolta accompagnata da suoni nell?orecchio e da capogiri.

I pazienti che assumono Cialis, Levitra o Viagra e che vanno incontro ad improvvisa perdita dell?udito dovrebbero interrompere immediatamente l?assunzione del farmaco.

I pazienti che stanno impiegando Revatio dovrebbero continuare a prendere il farmaco, ma dovrebbero consultare il proprio medico curante.
La non sospensione del farmaco ? giustificata dalla gravit? dell?ipertensione polmonare, una condizione minacciante la vita.

Nell?aprile 2007, ? stato riportato sul Journal of Laryngology & Otology il caso di un uomo che stava assumendo Viagra e che ha perso improvvisamente l?udito. Ad oggi sono 29 le segnalazioni postmarketing di improvvisa perdita dell?udito, con o senza suoni nelle orecchie, vertigini o capogiri.
Nella maggior parte di casi, la perdita dell?udito interessa un solo orecchio, ed ? parziale o completa.
In un terzo dei pazienti, l?evento ? temporaneo.

Sebbene nessuna relazione causale sia stata dimostrata, la forte associazione tra l?impiego degli inibitori PDE-5 e l?improvvisa perdita dell?udito, ha indotto l?FDA ad intervenire.

Fonte: FDA, 2007

 558 total views

1 97 98 99 100 101 258

Search

+
Rispondi su Whatsapp
Serve aiuto?
Ciao! Possiamo aiutarti?