Anti-reflusso benefici per i bambini con otite media

24 Mag 2011 Pediatria

La terapia anti-reflusso migliora la qualit? di vita dei bambini che presentano otite media con effusione od otite media acuta ricorrente insieme a malattia da reflusso gastroesofageo (Gerd). Il miglioramento della qualit? di vita di questi bambini, con un’et? media di 19,5 mesi, ? stato osservato da un team del department of Otolaryngology della State university of New York-Downstate medical center, guidato da Edward D. McCoul, al termine di uno studio effettuato su 47 piccoli pazienti avviati a terapia anti-reflusso standard per due periodi consecutivi di 12 settimane. I dati del follow-up riguardanti 37 bambini hanno mostrato una variazione media della valutazione sulla qualit? di vita in 6 punti per l’otite media pari a 1,6 alla visita 2 e a 1,5 alla visita 3. Un miglioramento significativo dei punteggi ? stato registrato per il Gerd questionnaire-revised e il Gerd symptom questionnaire for young children alla visita 2 e per l’Infant gerd questionnaire-revised alla visita 3. La variazione media dei punteggi del Pediatric reflux finding score ? risultata pari a 6,4 alla visita 2 e a 8,0 alla visita 3. Inoltre, in seguito alla terapia anti-reflusso si ? notato un miglioramento significativo della funzione uditiva compromessa e dei danni da reflusso a livello della laringe, apprezzabili attraverso laringoscopia a fibre ottiche. L’esame del medico ha testimoniato un miglioramento clinico dell’otite media in 28 bambini su 37 (76%) alla visita 2 e in 6 bambini su 10 (60%) alla visita 3. Nove bambini (19,1%) hanno richiesto l’esecuzione di una miringotomia con drenaggio endotimpanico. Gli autori affermano, infine, che il controllo della Gerd pu? giocare un ruolo nella gestione dell’otite media ed evitare il ricorso alla timpanostomia.

Arch Otolaryngol Head Neck Surg, 2011; 137(1):35-41

 486 total views,  1 views today

Integrare vitamina D ? utile solo se?c’? carenza

22 Mag 2011 Pediatria

Se bambini e adolescenti presentano livelli di vitamina D nella norma ? improbabile che un’eventuale supplementazione arrechi loro qualche beneficio. Se invece si registrano carenze, gli apporti aggiuntivi potrebbero essere clinicamente utili, soprattutto ai fini della densit? minerale lombare e del contenuto totale di minerale osseo corporeo; questa indicazione richiede per? ulteriori conferme. Sono questi i punti salienti emersi da una revisione sistematica con metanalisi condotta da un team australiano di ricercatori guidato da Tania Winzenberg, del Menzies research institute, University of Tasmania, per la cui realizzazione sono stati considerati sei studi, per un totale di 343 partecipanti a cui era stato somministrato placebo e 541 che avevano ricevuto vitamina D per almeno 3 mesi. La supplementazione con vitamina D non ha determinato effetti statisticamente significativi sul contenuto totale di minerale osseo corporeo o sulla densit? minerale ossea di anca e avambraccio. ? stato evidenziato un modesto effetto sulla densit? minerale lombare (differenza media standardizzata: 0,15). Gli effetti sono risultati simili tra i partecipanti agli studi con alti livelli di vitamina D nel siero rispetto ai bassi livelli, sebbene sia stato osservato un trend di maggiore efficacia in termini di contenuto totale di minerale osseo corporeo nei soggetti con bassi livelli di vitamina D. Negli studi condotti su soggetti con deficienza vitaminica, gli effetti della supplementazione rispetto al basale si sono attestati su un aumento di 2,6 punti percentuali nel contenuto totale di minerale osseo corporeo e di 1,7 punti nella densit? minerale delle vertebre lombari.

BMJ, 2011; 342:c7254

 270 total views,  1 views today

Varicocele adolescente: chirurgia mininvasiva come cielo aperto

6 Apr 2011 Pediatria

Non vi ? una differenza statisticamente significativa negli esiti della varicocelectomia laparoscopica o a cielo aperto effettuate nei bambini e negli adolescenti, ma l’approccio mininvasivo ha il vantaggio di permettere il trattamento simultaneo del varicocele bilaterale. ? l’esito di una revisione della letteratura recente con metanalisi effettuata da Francesca Astra Borruto e collaboratori dell’universit? di Messina. Dopo la ricerca su Medline di articoli pubblicati negli ultimi 10 anni relativi a trial clinici controllati, randomizzati, multicentrici prospettici e retrospettivi sul trattamento del varicocele e sulla formazione e la recidiva dell’idrocele negli adolescenti, sono stati identificati 11 lavori adeguati per la metanalisi. Quest’ultima ha dimostrato che non vi ? una differenza statisticamente significativa tra chirurgia laparoscopica e in aperto sotto il profilo del tasso di recidiva e della frequenza di idrocele postoperatorio. Nel gruppo trattato in laparoscopia, l’incidenza di recidive ? risultata pi? elevata tra i pazienti sottoposti a legatura arteriosa rispetto a quelli in cui era stata effettuata una legatura arterovenosa. Inoltre, si ? riscontrato un tasso minore di idrocele postoperatorio nei pazienti andati incontro a iniezioni di un colorante prima della legatura laparoscopica.

J Pediatr Surg, 2010; 45(12):2464-9

 464 total views

Paracetamolo, infondata epatotossicit? pediatrica

31 Mar 2011 Pediatria

Negli studi condotti su popolazioni pediatriche definite, solo raramente sono stati riportati casi di epatotossicit? da paracetamolo al dosaggio terapeutico. I case report, tuttavia, suggeriscono che il fenomeno possa presentarsi, ma i dati sono insufficienti per supportare una relazione causale tra danno epatico e paracetamolo. Sono le conclusioni di una revisione sistematica della letteratura, condotta da Eric J. Lavonas e colleghi del Rocky mountain poison & drug center di Denver. Sono stati analizzati 62 studi, per un totale di 32.414 pazienti, che prevedevano la somministrazione di dosi terapeutiche di paracetamolo (=/<75 mg/kg/die per via orale o endovenosa o =/<100 mg/kg/die per via rettale) a una popolazione pediatrica definita per un periodo superiore alle 24 ore, e i case report di danno epatico dopo somministrazione di paracetamolo. Le conclusioni generali confermano la tollerabilit? pediatrica del farmaco: nessun bambino ha manifestato segni o sintomi di malattia epatica, non ? mai stato necessario ricorrere al trapianto o a un antidoto e non si ? registrato alcun decesso. In 10 bambini (0,031%) si sono verificati eventi avversi a livello epatico di entit? lieve o grave; i pi? alti valori di transaminasi riscontrati in questi pazienti sono stati di 600 UI/L, con un punteggio Naranjo pari a 2-3, identificativo cio? di "possibile" nesso causale tra paracetamolo ed epatotossicit?. Sono stati inoltre evidenziati 22 case report e in 9 di questi il Naranjo score (punteggio 5-6) ha suggerito una ?"probabile" associazione tra impiego del farmaco ed epatotossicit?. Pediatrics, 2010; 126(6):e1430-44

 547 total views,  2 views today

Otite media acuta sotto i due anni: meglio intervenire

28 Mar 2011 Pediatria

Nei bambini sotto i due anni di et? con otite media acuta (condizione in cui le raccomandazioni divergono tra una terapia antimicrobica immediata o un’attesa vigile), un trattamento di 10 giorni con amoxicillina/clavulanato riduce il tempo necessario per risolvere i sintomi, l’impatto sintomatologico globale e il tasso di segni persistenti di infezione acuta rilevabili all’esame otoscopico. Lo dimostra una ricerca effettuata da Alejandro Hoberman e collaboratori del dipartimento di Pediatria dell’universit? di Pittsburgh, i quali hanno assegnato in modo randomizzato 291 bambini di et? compresa tra 6 e 23 mesi, con otite media acuta diagnosticata secondo criteri stringenti, a ricevere amoxicillina-clavulanato o placebo per 10 giorni. Tra i soggetti in trattamento attivo, il 35% ha manifestato un’iniziale risoluzione dei sintomi entro il secondo giorno, il 61% entro il quarto, e l’80% entro il settimo; tra i bambini che hanno ricevuto il placebo, invece, un’iniziale risoluzione dei sintomi si ? avuta nel 28% entro il secondo giorno, nel 54% entro il quarto, e nel 74% entro il settimo. Per le risposte sostenute dei sintomi, i valori corrispondenti sono stati 20%, 41% e 67% con amoxicillina/clavulanato, e 14%, 36% e 53% con placebo. I punteggi medi dei sintomi lungo i primi sette giorni sono risultati pi? bassi nel gruppo trattato con gli antibiotici rispetto a quello placebo. Anche il tasso di fallimento clinico – inteso come persistenza di segni di infezione acuta all’esame otoscopico – ? risultato inferiore tra i soggetti in terapia con amoxicillina/clavulanato rispetto a quelli che ricevevano il placebo: 4% vs 23% allo visita in quarta o quinta giornata e 16% vs 51% alla visita in decima o dodicesima giornata. Da segnalare, infine, che diarrea e dermatite da pannolino sono state pi? frequenti nel gruppo trattato con il farmaco attivo.

N Engl J Med, 2011; 364(2):105-15

 358 total views,  1 views today

Rischio asma in et? infantile, scagionato paracetamolo

25 Gen 2011 Pediatria

Nei bambini con storia familiare di malattie allergiche, non emerge alcuna associazione tra l’impiego precoce di paracetamolo e il rischio successivo di malattia allergica dopo aggiustamento per le infezioni respiratorie o quando il ricorso al paracetamolo si era limitato al trattamento di infezioni non riguardanti il tratto respiratorio. Tali risultati, ottenuti nel Melbourne atopy cohort study da Adrian J. Lowe e collaboratori del Murdoch childrens research institute, presso il Royal children’s hospital di Parkville (Australia), suggeriscono che l’impiego precoce di paracetamolo non sia responsabile di un incremento del rischio di asma. L’indagine prospettica ha assunto come outcome primario l’asma infantile, accertato attraverso un apposito questionario all’et? di sei-sette anni. Nella coorte australiana, costituita da soggetti con una storia familiare di allergopatie, il paracetamolo ? stato utilizzato dal 51% dei bambini (295/575) entro le prime 12 settimane di vita e dal 97% (556/575) entro il secondo anno d’et?. L’80% del campione (n=495) ? stato seguito fino all’et? di sei e sette anni: a questa et? il 30% (n=148) della popolazione era affetta da asma corrente. ? stata evidenziata una debole associazione tra l’aumento della frequenza d’impiego di paracetamolo e l’incremento del rischio di asma in et? infantile (odds ratio non aggiustata: 1,18 per il raddoppio dei giorni d’impiego). Comunque, quest’ultima associazione ? essenzialmente scomparsa dopo aggiustamento per la frequenza delle infezioni respiratorie (odds ratio: 1,08). L’uso di paracetamolo per cause non respiratorie non ? risultato in associazione con l’asma (odds ratio non aggiustata: 0,95).

BMJ 2010; 341:c4616

 401 total views,  1 views today

La dieta nell’infanzia riduce il rischio di diabete di tipo 1

28 Dic 2010 Pediatria

Un intervento dietetico durante l’infanzia sembra in grado di promuovere effetti a lungo termine sui marker dell’autoimmunit? delle beta-cellule pancreatiche: tali marker possono riflettere un processo autoimmune che pu? determinare lo sviluppo di diabete di tipo 1. Lo segnala uno studio condotto da Mikael Knip, dell’universit? di Helsinki, e collaboratori, al termine di un trial randomizzato in doppio cieco effettuato su 230 bambini con suscettibilit? conferita da Hla al diabete di tipo 1 e almeno un familiare affetto dalla malattia. Quando la madre non poteva allattare durante i primi 6-8 mesi di vita, i bambini sono stati alimentati con una formula a base di caseina idrolizzata oppure una formula convenzionale basata sul latte vaccino (controlli). Durante un periodo di osservazione mediano di 10 anni i bambini sono stati sottoposti a una serie di misurazioni riguardanti gli autoanticorpi contro l’insulina, l’acido glutammico decarbossilasi, l’antigene 2 dell’insulinoma, il trasportatore 8 dello zinco e anticorpi contro le isole pancreatiche. I bambini sono stati monitorati fino al decimo anno d’et? per cogliere l’eventuale sviluppo di diabete di tipo 1. Il dato pi? importante riguarda il rapporto di rischio (Hr) non corretto per uno o pi? autoanticorpi che si rivela favorevole al gruppo idrolisato di caseina rispetto a quello controllo (0,54). Inoltre, l’Hr aggiustato per una differenza osservata nella durata dell’esposizione alle formule si ? attestata su 0,51, mentre il tasso di eventi avversi riportati era simile nei due gruppi. L’Hr non corretto e corretto per la positivit? per due o pi? autoanticorpi ? risultata, nel gruppo caseina rispetto al controllo, rispettivamente pari a 0,52 e 0,47.

N Engl J Med, 2010; 363(20):1900-8

 384 total views,  1 views today

Celiaci, dieta senza glutine mette a rischio le ossa

9 Nov 2010 Pediatria

Bambini e adolescenti celiaci che non aderiscono a una dieta senza glutine (Gfd) stretta sono esposti a un aumento del rischio di ridotta densit? minerale ossea (Bmd). Si raccomanda quindi di valutare la Bmd nei pazienti positivi agli anticorpi anti-endomisio (Ema). In pi?, i pazienti in Gfd stretta sono da considerare a rischio di ridotta Bmd a causa di un basso apporto di calcio e per la carenza di vitamina D. In questi soggetti pertanto dovrebbe essere incoraggiata una Gfd stretta con un apporto di calcio in linea con le raccomandazioni e supplementazione di vitamina D durante il periodo invernale e primaverile. Queste le indicazioni che scaturiscono da uno studio che ha previsto la misurazione di Bmd in 55 bambini e adolescenti in Gfd stretta con negativit? a Ema negli ultimi due anni e in 19 soggetti della stessa et? non sottoposti a Gfd stretta con positivit? a Ema durante lo studio. Nei pazienti sono stati determinati gli apporti energetici e di calcio, i livelli di Ema, anticorpi anti-transglutaminasi tissutale, calcio sierico, fosfati, 25-idrossi-vitamina D, paratormone intatto, albumina, urea e creatinina. I pazienti in Gfd stretta hanno mostrato valori di Bmd significativamente pi? alti rispetto ai soggetti che non avevano seguito una Gfd stretta (per la Bmd lombare p=0,01, per il corpo intero p=0,005). Nel gruppo che non seguiva strettamente una Gfd ? stato osservato un numero significativamente maggiore di pazienti con una Bmd del corpo intero inferiore a -1.0 (71% vs 38%). Infine, in entrambi i gruppi l’apporto di calcio e i livelli di vitamina D sono risultati inferiori ai target raccomandati. L’indagine ? stata condotta presso il Centro medico universitario di Ljubljana, Slovenia, da Stefan Blazina e collaboratori.

Bone, 2010 Jun 19. [Epub ahead of print]

 489 total views

Urolitiasi pediatrica, segni chiave spesso assenti

16 Dic 2009 Pediatria

Normalmente un dolore al fianco, ematuria e disuria sono considerati segni di urolitiasi nei bambini, ma una nuova ricerca, condotta alla Seconda universit? di Napoli, dimostra che in molti ragazzi con calcolosi renale si manifestano dolori atipici. Lo studio ? stato condotto su 100 pazienti di et? compresa tra 3 e 18 anni con dolore addominale ricorrente e urolitiasi e 270 controlli. Risultati: 53 pazienti non avevano storia di disuria o grossa ematuria e solo 35 avevano ematuria alla prima visita; 41 sono stati valutati per urolitiasi soltanto per una storia familiare di calcolosi renale associata a dolore addominale ricorrente. Da due a 28 mesi prima della diagnosi di urolitiasi, 37 pazienti erano stati sottoposti a ultrasuonografia che non aveva rivelato calcoli renali. 69% dei soggetti pi? giovani di 8 anni d’et? aveva dolore addominale centrale o diffuso. Sulla base dei riscontri dello studio, Cesare Polito, prima firma, conclude che “la possibilit? di urolitiasi dovrebbe essere sempre considerata nei bambini con dolore addominale ricorrente che hanno una storia familiare di urolitiasi e/o attacchi di dolore infrequenti, anche quando mancano disuria ed ematuria, e nei pi? giovani anche quando il dolore non ? laterale”. (A.Z.)

Pediatrics. 2009 Dec;124(6):e1088-94. Epub 2009 Nov 9.

 670 total views

Mononucleosi e affaticamento nell’adolescente

1 Ott 2009 Pediatria

La mononucleosi infettiva potrebbe essere un fattore di rischio di sindrome da affaticamento cronico negli adolescenti. Nei tre quarti degli adolescenti che soffrono di questo disturbo sono state documentate patologie infettive simili alla mononucleosi in precedenza, e circa la met? di questi soggetti presenta mononucleosi attiva all’atto dell’insorgenza dei sintomi. Sia il sesso femminile che gravi forme di affaticamento acuto sono state associate allo sviluppo dell’affaticamento cronico nell’adolescente, ma non l’uso di steroidi durante la fase acuta della malattia. Sono necessarie ora ulteriori ricerche per determinare altri fattori predittivi di persistenza dell’affaticamento dopo la mononucleosi infetttiva. (Pediatrics. 2009; 124: 189-93)

 742 total views

1 2 3 4

Search

+
Rispondi su Whatsapp
Serve aiuto?
Ciao! Possiamo aiutarti?