Fibrosi cistica e osteoporosi: bisfosfonati benefici nei giovani

12 Lug 2013 Pneumologia

Se calcio e calcifediolo non migliorano la densità minerale ossea (Bmd) nei giovani pazienti con fibrosi cistica (Fc) si può usare l’alendronato, un farmaco della classe dei bisfosfonati in grado di incrementare la Bmd in bambini e adolescenti malati di Fc. Ecco i risultati del primo studio randomizzato volto a verificare l’efficacia del trattamento anti osteoporosi nei giovani con Fc, pubblicato online su The Lancet Respiratory Medicine. «Il miglioramento delle cure ha aumentato l’aspettativa di vita dei malati di Fc evidenziando complicanze a lungo termine come l’osteoporosi e le fratture ossee» dice Maria Luisa Bianchi, ricercatrice del Centro malattie metaboliche ossee dell’Istituto Auxologico Italiano di Milano, nonché coordinatrice dello studio. I trattamenti calciovitaminici non sempre mantengono la normale densità ossea nei giovani con Fc, e i bisfosfonati, seppure raccomandati nei malati adulti, non erano mai stati finora testati in bambini e adolescenti. Così Bianchi e colleghi con la collaborazione di 10 centri italiani hanno arruolato 171 pazienti tra 5 e 30 anni con Fc e bassa Bmd in uno studio a due fasi. La prima era un trial osservazionale open-label di 12 mesi sugli effetti del trattamento con calcio e calcifediolo. La seconda fase era uno studio di altri 12 mesi in doppio cieco randomizzato, controllato con placebo e a gruppi paralleli, su efficacia e sicurezza di alendronato orale somministrato ai pazienti in cui la Bmd dopo la cura calciovitaminica era aumentata meno del 5 per cento. Calcio e calcifediolo hanno alzato la Bmd in un quarto dei casi, mentre l’alendronato lo ha fatto nel 16,3% dei malati refrattari all’altra terapia contro il 3,1% del gruppo placebo. Conclude Bianchi: «I bisfosfonati possono essere usati con prudenza nei giovani con FC, e solo quando calcio e vitamina D hanno fallito». In un editoriale di commento Jacquot Jacky dell’Istituto Nazionale francese di Salute e Ricerca Medica dice: “L’alta prevalenza di osteopenia suggerisce un’attenta valutazione della Bmd in bambini e adolescenti malati di FC, mirata a un trattamento precoce delle complicanze ossee. Servono comunque ulteriori studi per valutare gli effetti a lungo termine della terapia con bisfosfonati nei giovani pazienti».

Lancet resp med online June 2, 2013. doi.org/10.1016/S2213-2600(13)70064-X

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Bpco grave, deficit cognitivi associati a severità

Nei pazienti affetti da grave Bpco può essere riconosciuto un decadimento cognitivo, ma la rilevanza clinica del deficit funzionale non è ben definita, anche se si può associare alla gravità della patologia respiratoria. Pertanto sarà opportuno che in futuro gli studi si concentrino sulle conseguenze di questi deficit sulla vita quotidiana dei pazienti, valutando se le soluzioni assistenziali basate su un alto livello di autocura non necessitino dell’introduzione di supporti speciali. Sono le considerazioni conclusive che un gruppo di studiosi danesi, guidati da Lone Schou dell’Ospedale universitario Frederiksberg di Copenhagen, hanno tratto al termine di una revisione sistematica di 15 studi condotti su un totale di 655 pazienti affetti da Bpco e 394 soggetti controllo. Come criteri di inclusione nella selezione erano stati previsti l’esecuzione di una batteria di test neuropsicologici e la valutazione della gravità della Bpco. Le funzioni cognitive sono risultate ridotte nel gruppo Bpco rispetto ai controlli sani, ma il livello di performance è apparso migliore rispetto a quello di pazienti con malattia di Alzheimer. Si è notata un’associazione significativa tra gravità della Bpco (valutata tramite test di funzione polmonare ed emogasanalisi) e deficit cognitivo, ma soltanto nei pazienti con grave Bpco.

Respir Med, 2012 May 11. [Epub ahead of print]

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Dal 27-idrossicolesterolo forse l’origine della Bpco

20 Feb 2012 Pneumologia

La produzione di 27-idrossicolesterolo (27-Ohc) risulta aumentata nelle vie aeree dei pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) e potrebbe essere coinvolta nella patogenesi della malattia. La scoperta, e l’ipotesi, giungono dal gruppo di Takashi Kikuchi, dell’università di Wakayama (Giappone). In recenti studi il 27-Ohc si era dimostrato in grado di provocare infiammazione e apoptosi in vari tipi cellulari, e ora si voleva verificarne un eventuale coinvolgimento nella fibrosi. L’équipe ha raccolto tessuto polmonare da 6 controlli e da 6 pazienti con Bpco, e campioni di espettorato da 11 soggetti sani e da 15 pazienti con Bpco. L’espressione della sterolo 27-idrossilasi è stata indagata nei tessuti polmonari per via immunoistochimica, mentre la quantità di 27-Ohc nell’espettorato è stata quantificata mediante cromatografia liquida e spettrometria di massa. Inoltre, dato che la fibrosi peribronchiale nelle vie aeree periferiche è coinvolta nella limitazione funzionale della Bpco, sono stati studiati gli effetti pro-fibrotici in vitro del 27-Ohc. L’espressione della sterolo-27-idrossilasi è apparsa significativamente aumentata nei tessuti polmonari dei pazienti con Bpco rispetto ai controlli. Anche la quantità di 27-Ohc nell’espettorato è risultata significativamente aumentata nei pazienti con Bpco e il grado di produzione di 27-Ohc si è rivelata correlata in modo inverso con la funzione polmonare. Il 27-Ohc, infine, ha fatto aumentare la differenziazione di fibroblasti polmonari in miofibroblasti e la produzione di proteine della matrice extracellulare.

Chest, 2012 Jan 26. [Epub ahead of print]

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Danno acuto polmonare: antiossidanti e omega-3 da evitare

22 Dic 2011 Pneumologia

I pazienti con danno acuto polmonare non traggono benefici dalla supplementazione quotidiana di antiossidanti, acido gamma-linolenico e acidi grassi Omega-3 che, anzi, potrebbero essere addirittura dannosi. È il risultato dello studio Omega, un trial clinico multicentrico randomizzato in doppio cieco controllato con placebo, condotto in pazienti con danno acuto polmonare che avevano richiesto il ricorso alla ventilazione meccanica e alla nutrizione enterale. Il trial, svolto da Todd W. Rice, della Vanderbilt university school of Medicine di Nashville (Usa) e colleghi, ha confrontato un regime standard di nutrizione enterale con un regime che prevedeva l’aggiunta di acidi grassi polinsaturi n-3, acido gamma-linolenico e antiossidanti. Lo studio è stato interrotto anticipatamente: dopo 28 giorni, il regime nutrizionale addizionato, infatti, è risultato peggiore su tutti gli outcome misurati. I pazienti nel braccio di trattamento necessitavano per un maggior numero di giorni del ventilatore (+3,2 giorni) e di cure intensive (+2,7) oltre a presentare una mortalità maggiore a 60 giorni (25,1% vs 17,6% nei controlli).

JAMA. 2011 Oct 12; 306(14):1574-81

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La Bpco è associata alle malattie cardiovascolari

20 Ott 2011 Pneumologia

Si conferma anche nella popolazione italiana che i pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) presentano un’associazione accentuata di diagnosi di malattie cardiovascolari (Cvd). In particolare, la fascia d’età in cui la presenza simultanea di Bpco e Cvd appare massima è quella che va dai 35 ai 54 anni, mentre nei gruppi di età successivi si ha una significativa diminuzione. L’associazione con le Cvd si riscontra anche negli asmatici, ma in misura molto inferiore. Sono questi i dati salienti di un ampio studio retrospettivo trasversale coordinato da Mario Cazzola, dell’università Tor Vergata di Roma, e condotto sulla scorta delle informazioni contenute nell’archivio dati Health search – relativo a circa l’1,5% della popolazione totale italiana – creato e gestito da medici di famiglia appartenenti alla Simg (Società italiana di medicina generale). Alla fine del 2009, risultavano registrati nel database 690.489 individui di età superiore ai 34 anni (quelli di età inferiore sono stati esclusi perché con un rischio di Bpco non rilevante). Il 3,66% (n= 25.821) e il 5,76% (n=39.741) del totale aveva ricevuto, rispettivamente, una diagnosi di Bpco e asma secondo i criteri Icd-9-Cm. Nell’ambito delle varie Cvd, la Bpco è risultata significativamente associata a un’aumentata probabilità di diagnosi di ipertensione; un dato analogo si è rilevato tra gli asmatici, ma con minore intensità. Sia nel caso della Bpco sia in quello dell’asma, inoltre, non si sono rilevate differenze di genere relative all’associazione con tutte le Cvd, fatta eccezione per angina pectoris e coronaropatia, in cui l’odds ratio era superiore nelle donne rispetto agli uomini. Tra i pazienti con Bpco, infine, il cluster 35-44 anni ha determinato il più alto odds ratio per angina, coronaropatia, scompenso cardiaco e malattia cerebrovascolare, mentre tra i 45 e i 54 anni la correlazione più elevata è stata con l’infarto miocardico, acuto o pregresso. Respir Med, 2011 Aug 17. [Epub ahead of print]

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Il trattamento dell’embolia polmonare anche a domicilio

Interessante per i correlati clinico-organizzativi che ne possono derivare questo studio collaborativo internazionale che ha voluto verificare l’efficacia e la sicurezza del trattamento domiciliare di quelle forme di embolia polmonare (EP) che occorrono in pazienti classificabili come a basso rischio di morte secondo lo score PESI (Tab. 1). Sono stati coinvolti nello studio 19 Dipartimenti di Emergenza in Svizzera, Francia, Belgio e Stati Uniti, che hanno arruolato 344 pazienti con infarto ed embolia polmonare sintomatica, classificabili secondo il PESI come a basso rischio di morte (classi di rischio I o II), randomizzati ad una precoce dimissione (< 24 ore dopo la randomizzazione) o alla prosecuzione del ricovero ospedaliero, tutti comunque trattati con Enoxaparina per via sottocutanea (> 5 giorni) seguita da terapia anticoagulante orale (> 90 giorni). L’outcome primario era il tromboembolismo venoso sintomatico ricorrente entro 90 giorni; quello di sicurezza il sanguinamento maggiore entro 14 o 90 giorni e la mortalit? entro 90 giorni. ? stato usato un margine di non inferiorit? del 4% per una differenza tra gruppo di ricovero e quello del trattamento domiciliare. Tutti i pazienti arruolati sono stati inclusi nelle valutazioni, con l’eccezione di quelli persi al follow-up. Questi i risultati (Tab. 2)
1 solo?(0.6%) dei 171 pazienti trattati a domicilio ha sviluppato una tromboembolia venosa ricorrente entro 90 giorni rispetto a nessuno dei 168 pazienti ricoverati (95% limite di confidenza superiore [UCL] 2.7%, p = 0.011)
in entrambi i gruppi di trattamento solo uno (0.6%) dei pazienti ? morto entro 90 giorni (95% UCL 2.1%, p = 0.005)
un sanguinamento maggiore entro 14 giorni si ? verificato in due (1.2%) dei 171 pazienti trattati a domicilio vs nessuno del gruppo ospedalizzato (95% UCL 3.6%, p = 0.031)
anche a 90 giorni un sanguinamento maggiore si ? verificato in tre (1.8%) dei pazienti trattati a domicilio vs nessuno in quelli ospedalizzati (95% UCL 4.5%, p = 0.086)
la durata media del ricovero ? stata di 0.5 giorni (SD 1.0) per pazienti poi trattati precocemente a domicilio e di 3.9 giorni (SD 3.1) per i pazienti che avevano prolungato l’ospedalizzazione.
Gli AA concludono che sulla base di questo studio di non inferiorit? ? possibile optare per una rapida dimissione e per un trattamento domiciliare dell’embolia polmonare in quei pazienti che sono stati stratificati secondo il PESI come a basso rischio di morte.

Aujesky D et al. Outpatient versus inpatient treatment for patients with acute pulmonary embolism: an international, open-label, randomized, non-inferiority trial. The Lancet 2011; 378 (issue 9785): 41 – 48

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Distress respiratorio acuto: a 5 anni molte sequele fisiche

Debolezza persistente, limitazioni all’esercizio fisico, sequele fisiche e psicologiche, ridotta qualit? della vita, aumento dell’uso dei servizi sanitari e dei loro costi: sono queste le pi? importanti eredit? lasciate da un grave danno polmonare, come quello determinato da una sindrome da distress respiratorio acuto (Ards). Lo ha verificato un team dell’universit? di Toronto (Canada) guidato da Margaret S. Herridge, in uno studio condotto su 109 soggetti sopravvissuti a un’Ards e valutati dopo la dimissione ospedaliera dall’unit? di terapia intensiva a distanza di 3, 6 e 12 mesi, e di 2, 3, 4 e 5 anni. In ogni visita i pazienti venivano sottoposti a intervista e a una serie di esami: test di funzione polmonare, test del cammino in 6 minuti, ossimetria a riposo e sotto sforzo, imaging del torace, valutazione della qualit? di vita; infine, era riportato l’uso dei servizi sanitari. Dopo 5 anni, la funzione polmonare risultava normale o quasi normale, eppure un’ampia costellazione di altri problemi fisici e psicologici si era sviluppata o mantenuta costante nei pazienti e nei caregivers. La distanza percorsa in 6 minuti si attestava sul 76% di quella predetta e lo score della componente fisica sulla scala Medical outcome study 36-item short-form health survey era 41 (mentre il punteggio medio normale, corrispondente per sesso e per et?, era 50). In riferimento a tale punteggio, i pazienti pi? giovani presentavano un tasso maggiore di recupero rispetto ai pi? anziani, ma nessun gruppo tornava a 5 anni ai livelli normali predetti di funzione fisica. I pazienti con il pi? elevato numero di comorbilit?, infine, sono incorsi ai costi pi? elevati.

N Engl J Med, 2011; 364:1293-304

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Conseguenze della pneumopatia interstiziale nei fumatori

20 Apr 2011 Pneumologia

Nei fumatori, anomalie interstiziali nel polmone (presenti in circa 1 radiografia del torace su 12) sono associate a una ridotta capacit? polmonare totale e a una minore frequenza di enfisema. Il chiarimento sul punto arriva da uno studio, supportato dall’Nih, compiuto da George R. Washko, del Brigham and women’s hospital di Boston, e collaboratori, che hanno evidenziato anomalie polmonari in 2.416 (96%) scansioni Tc ad alta risoluzione su 2.508? effettuate in una coorte di fumatori. Anomalie interstiziali polmonari si sono rilevate in 194 (8%) dei 2.416 esami analizzati. In modelli statistici con correzione per covariabili rilevanti, le anomalie interstiziali sono risultate associate a una ridotta capacit? polmonare totale (-0,444 litri) e a una minore percentuale di enfisema. Rispetto ai soggetti senza anomalie interstiziali, quelli che mostravano tali alterazioni avevano una maggiore probabilit? di avere un deficit restrittivo polmonare (capacit? totale polmonare <80% del valore predetto; rapporto crociato, Or: 2,3) e con minore frequenza mostravano i criteri diagnostici per broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco; Or: 0,53). L'effetto delle anomalie interstiziali polmonari sulla capacit? polmonare totale e l'enfisema ? apparso dipendente dallo stato della Bpco. Le anomalie intestiziali del polmone, infine, sono risultate positivamente associate sia a una maggiore esposizione al tabacco sia al consumo attuale di sigarette. N Engl J Med, 2011; 364(10):897-906

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Bpco: eterogeneit? nell’aderenza alle linee guida

13 Apr 2011 Pneumologia

Nonostante siano state divulgate svariate linee guida cliniche, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) ? ancora sottodiagnosticata e trattata in modo inadeguato a livello di medicina primaria. Un gruppo di ricercatori guidati da Gregory D. Salinas, CE Outcomes, LLC Birmingham (Usa), ha indagato i motivi per cui l’aderenza alle linee guida non ? ottimale. Si conclude che l’aderenza alle raccomandazioni per la spirometria pu? essere predetta in base all’accordo con le stesse raccomandazioni, con l’auto-efficacia, con l’aspettativa percepita dell’outcome nel caso in cui le raccomandazioni fossero seguite, e infine con la disponibilit? di risorse. L’aderenza alle raccomandazioni per l’uso di broncodilatatori long-acting (Labd) ? predetta, invece, solo dall’accordo con le raccomandazioni e dall’auto-efficacia. Lo studio trasversale ha incluso 309 medici di famiglia e 191 internisti: globalmente il 23,6% dei medici ha riferito di aderire alle linee guida per la spirometria in oltre il 90% dei casi e il 25,8% ha detto di seguire le linee guida per l’uso di Labd nei pazienti con Bpco. In generale solo in alcuni casi i medici esprimevano familiarit? con le linee guida, pi? i medici internisti di quelli di medicina generale. L’aderenza alle linee guida per la spirometria si associava con l’accordo alle linee guida, con la fiducia nell’interpretazione dei dati, con l’ambivalenza delle aspettative sull’outcome e con la capacit? di incorporare la spirometria nel flusso delle prestazioni assistenziali. L’aderenza alle linee guida per l’impiego di Labd si associava invece con l’accordo con le linee guida e con la fiducia nella valutazione della risposta farmacologica. Gli autori, infine, osservano che la familiarit? con le linee guida da sola pu? avere un impatto limitato sull’outcome del paziente, mentre altre barriere, come una scarsa fiducia e una ridotta aspettativa circa l’outcome, hanno maggiori probabilit? di avere impatto sull’aderenza alle linee guida.

Int J Chron Obstruct Pulmon Dis, 2011; 6:171-9

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Una quota sostanziale di Bpco non ? causata dal fumo

15 Feb 2011 Pneumologia

In termini di salute pubblica, una quota sostanziale di casi di broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) ? attribuibile a fattori di rischio diversi dal fumo di sigaretta. Pertanto, secondo l’American thoracic society, per prevenire disabilit? e mortalit? correlate a Bpco si deve insistere sulla prevenzione e contrastare l’esposizione al fumo e ad altri fattori di rischio meno riconosciuti. La raccomandazione si fonda sul lavoro condotto da un sottocomitato ad hoc della American thoracic society environmental and occupational health assembly, focalizzato all’approfondimento delle conoscenze sulla Bpco non dovuta al fumo. Gli autori, del gruppo di studio, guidati da Mark Eisner, rilevano che la frazione della popolazione la cui malattia ? attribuibile al fumo varia dal 9,7% al 97,9% ma risulta inferiore all’80% nella maggior parte degli studi: il dato suggerisce che una quota sostanziale dell’impatto della malattia sia attribuibile a fattori di rischio diversi dal fumo. Sulla base della revisione della letteratura, effettuata dal sottocomitato, si ? concluso che specifiche sindromi genetiche e le esposizioni occupazionali siano causalmente associate allo sviluppo di Bpco. Il traffico e altri inquinanti ambientali outdoor, il fumo passivo, il fumo di biomassa e fattori dietetici risultano associati alla Bpco ma in questi casi non sono soddisfatti i criteri che stabiliscono l’esistenza di una relazione causale. L’asma cronico e la tubercolosi sono associati alla perdita irreversibile della funzione polmonare, ma non ? ancora chiaro se sussistono importanti differenze fenotipiche rispetto alla Bpco che si riscontra tipicamente in ambito clinico.

Am J Respir Crit Care Med, 2010; 182(5):693-718

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