Nicturia: desmopressina efficace e sicura

29 Ott 2011 Urologia

Dalla Cina arriva una nuova conferma del fatto che la somministrazione di desmopressina costituisca un trattamento efficace e ben tollerato della nicturia. Un team di urologi dell’università Medica di Pechino, guidato da Huantao Zong, ha eseguito una ricerca sui principali archivi informatici di medicina (Medline, Embase, Isi, Cochrane) oltre che sul Chinese biological medical database, per selezionare, fra i trial controllati randomizzati (Rct) relativi a questo argomento, quelli ritenuti adatti a una revisione sistematica con meta-analisi. In tutto sono stati selezionati 5 studi (per un totale di 619 partecipanti) su cui è stata eseguita la meta-analisi, e 8 Rct a disegno incrociato, utilizzati per la revisione sistematica. Dall’analisi è emerso che la desmopressina può ridurre in modo significativo la frequenza degli svuotamenti vescicali notturni, il volume notturno delle urine e la diuresi notturna, determinando potenzialmente una durata più estesa del periodo del primo sonno e una migliore qualità del sonno stesso. Quanto agli effetti avversi della desmopressina, sono apparsi simili a quelli osservati nel gruppo placebo.

Int Urol Nephrol, 2011 Sep 7. [Epub ahead of print]

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Vescica iperattiva: sostanziale equivalenza tra antimuscarinici

21 Apr 2011 Urologia

La maggior parte degli antimuscarinici di attuale impiego sono farmaci di prima scelta equivalenti per il trattamento della vescica iperattiva (Oab), con l’eccezione di ossibutina orale =/> 10 mg/die che pu? avere un profilo di sicurezza pi? sfavorevole. ? l’esito di una network metanalisi realizzata da Thomas M. Kessler, dell’Horten centre for patient oriented research dell’universit? di Zurigo, e collaboratori, i quali, dopo aver passato in rassegna precedenti revisioni sistematiche e studi basati sul confronto di almeno un antimuscarinico con un placebo o un altro antimuscarinico per la terapia dell’Oab, hanno selezionato 69 trial, per un totale di 26.229 pazienti. L’approccio metanalitico a rete ha permesso all’?quipe di ricercatori di valutare insieme gli eventi avversi di tutti i farmaci impiegati mantenendo pienamente la randomizzazione, superando cos? un limite delle tradizionali metanalisi, cio? quello di non riuscire spesso a quantificare e confrontare eventi avversi tra diversi farmaci, dosaggi, formulazioni e vie di somministrazione. Mettendo a confronto i dosaggi iniziali abitualmente utilizzati, sono emersi nel complesso profili di sicurezza simili per darifenacina, fesoterodina, ossibutina transdermica, propiverina, solifenacina, tolterodina e trospio cloruro, ma non per l’ossibutina somministrata oralmente.

PLoS One, 2011; 6(2):e16718

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Deprivazione androgenica: pro e contro degli estrogeni

5 Apr 2011 Urologia

Nei pazienti con cancro della prostata in terapia di deprivazione androgenica, gli effetti collaterali degli agonisti dell’Lh-Rh (in primis, disfunzioni sessuali) possono essere ridotti somministrando estrogeni: per migliorarne l’impiego in quest’ambito clinico, Richard J. Wassersug, della Dalhousie university di Halifax (Canada), e collaboratori, hanno effettuato una revisione della letteratura sul ruolo di questi ormoni nella normale funzione sessuale maschile. ? appurato che recettori per gli estrogeni si trovano in vari tessuti coinvolti nel comportamento sessuale (alcune aree cerebrali, muscoli del pavimento pelvico) e che un recupero di interesse sessuale si ha con un loro apporto esogeno in soggetti in deprivazione androgenica o in chi assume alte dosi di antiandrogeni che causano un aumento del livelli endogeni di estrogeni. Questi ormoni possono anche aiutare a prevenire due fenomeni che frequentemente si manifestano durante il trattamento con agonisti dell’Lh-Rh: le “vampate” e la perdita di tessuto minerale osseo. D’altra parte, gli estrogeni possono causare ginecomastia e aumentano il rischio di cancro mammario; pertanto i pazienti con ca prostatico dovrebbero essere informati sui pro e i contro dell’estrogenoterapia prima di iniziare una terapia di deprivazione androgenica. Alla luce di questi dati, ? probabile che la somministrazione di estrogeni fornisca nell’uomo il massimo beneficio se iniziata contemporaneamente alla deprivazione androgenica. Inoltre, dato che gli estrogeni autoregolano i propri recettori, ? verosimile che una dose costante non produca una concentrazione sierica costante e che la loro efficacia possa essere ottimizzata con una somministrazione ciclica.

J Urol, 2010 Nov 11.

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Ca prostatico, Cochrane sugli inibitori della 5-alfa-reduttasi

21 Mar 2011 Urologia

L’impiego degli inibitori della 5-alfa-reduttasi (5-alfa-RIs), nell’ambito della chemioprevenzione del cancro della prostata, riduce effettivamente il rischio di incorrere in una diagnosi della malattia fra gli uomini che si sottopongono regolarmente allo screening ad hoc. Tuttavia, a fronte di un aumento delle disfunzioni erettili e sessuali, le informazioni sono inadeguate per valutare gli effetti di questa classe farmacologica sulla mortalit? per cancro prostatico o per tutte le cause. La revisione sistematica Cochrane che ha approfondito la questione ? stata condotta da Timothy J. Wilt e collaboratori del Minneapolis VA Center for Chronic Disease Outcomes Research su otto studi clinici della durata di almeno un anno che hanno analizzato l’effetto dei 5-alfa-RIs versus i controlli. Rispetto al placebo, i 5-alfa-RIs hanno prodotto una riduzione del 25% del rischio di tumori prostatici identificati per causa con una riduzione dell’1,4% del rischio assoluto. Un trial eseguito su pazienti con ipertrofia prostatica benigna ha mostrato come il rischio di cancro prostatico identificato per causa fosse significativamente pi? basso con l’impiego di dutasteride e la combinazione dutasteride pi? tamsulosina rispetto alla monoterapia con tamsulosina. Sei studi clinici versus placebo si sono focalizzati sulle diagnosi globali della neoplasia verificando una riduzione pari al 26% del rischio relativo a favore dei 5- alfa-RIs. Queste riduzioni sono state osservate in diverse categorie di et?, etnia e storia familiare di cancro prostatico. Uno studio placebo-controllato che ha arruolato pazienti ritenuti ad alto rischio non ha riportato riduzioni della malattia identificata per causa con l’agobiopsia ma ha evidenziato una riduzione del 23% del dato globale relativo al tumore incidente identificato tramite biopsia. Tali riduzioni sono state rilevate in tutti i sottogruppi di et?, storia familiare, livello di Psa e volume prostatico. Rispetto al placebo, infine, i 5-alfa-RIs sono caratterizzati da una maggiore incidenza di disfunzione erettile, riduzione della libido e ginecomastia.

BJU Int, 2010; 106(10):1444-51

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Bene la sorveglianza attiva prima della prostatectomia

1 Feb 2011 Urologia

Nei pazienti con cancro prostatico a basso rischio la prostatectomia radicale (Rp), eseguita dopo un periodo di sorveglianza attiva, non si associa ad outcome patologici avversi quando il confronto viene effettuato con la chirurgia effettuata entro sei mesi dalla diagnosi. L’indagine, firmata da Marc Dall’Era e collaboratori del Dipartimento di urologia dell’universit? della California a Davis, ha arruolato 33 uomini con segni di cancro prostatico inizialmente a basso rischio avviati a Rp dopo un periodo mediano di 18 mesi di sorveglianza attiva, mentre 278 pazienti con le stesse caratteristiche di malattia sono stati sottoposti immediatamente a chirurgia (prima di sei mesi dalla diagnosi). Nel gruppo in sorveglianza attiva i tassi dell’outcome primario, ovvero l’upgrading del Gleason score a >/=7, la categoria patologica pT3 e margini chirurgici positivi, non ? risultato differire in modo significativo rispetto al gruppo trattato con Rp immediata. Dopo analisi multivariata dei pazienti a basso rischio, aggiustata con le caratteristiche patologiche al basale, il gruppo in sorveglianza attiva seguita da Rp non ? risultato associato – rispetto alla Rp immediata – con l’upgrading dello score di Gleason (odds ratio, Or 0,35), la malattia non limitata all’organo (Or 1,67) o i margini chirurgici positivi dopo prostatectomia (Or 0,95).

BJU Int, 2010 Aug 26. [Epub ahead of print]

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Iperplasia prostatica benigna, Cochrane revisiona finasteride

21 Dic 2010 Urologia

Nei pazienti con iperplasia prostatica benigna (Bph) l’impiego di finasteride, rispetto a placebo ed altri farmaci di confronto, riduce i sintomi del tratto urinario inferiore a lungo termine, ma ? meno efficace rispetto alla doxazosina. Lo suggerisce una revisione Cochrane condotta da James Tacklind, del Veterans affairs medical center di Minneapolis, e collaboratori su studi randomizzati in cui l’inibitore dell’alfa-reduttasi era posto a confronto con placebo o farmaci attivi per un periodo di tempo di almeno sei mesi, considerando come outcome primario la variazione di quattro punti in una scala validata per i sintomi urinari. Rispetto al placebo, finasteride ha dimostrato di diminuire i disturbi a lungo termine riducendo il rischio di progressione di Bph, ma a breve termine, invece, non si sono osservati significativi miglioramenti sintomatologici. Sui sintomi a lungo termine finasteride ? risultata meno efficace di doxazosina o terazosina e comparabile a tamsulosina. Doxazosina e terazosina, inoltre, hanno mostrato maggiori probabilit? di risultare efficaci sul picco di flusso urinario e sulla nicturia. La terapia di combinazione con alfa-bloccanti (doxazosina, terazosina) ? apparsa migliore della monoterapia con finasteride sui sintomi a lungo termine, mentre i vantaggi a breve e lungo termine dell’associazione finasteride doxazosina sono risultati paragonabili a quelli della sola doxazosina: tale combinazione ha migliorato i sintomi rispetto alla monoterapia con l’alfa-bloccante solo nei pazienti con dimensioni prostatiche medie (da 25 a <40 mL) o grandi (=/> 40 mL) ma non in presenza di piccole dimensioni. Gli eventi avversi dovuti a finasteride sono stati rari ma, rispetto sia al placebo sia a doxazosina, hanno comportato un aumento del rischio di impotenza, disfunzione erettile, riduzione della libido e disordini dell’eiaculazione. In confronto a terazosina, invece, si sono ridotti i problemi eiaculatori come pure la comparsa di astenia, ipotensione posturale e vertigini.

Cochrane Database Syst Rev, 2010; 10:CD006015

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Infezioni urinarie femminili: nessuna differenza antibiotici

16 Dic 2010 Urologia

Non si osservano differenze tra le diverse classi di antibiotici usate nella donna per il trattamento sintomatico delle infezioni acute non complicate delle vie urinarie. Solo i fluorochinolonici dimostrano una maggiore efficacia rispetto ai beta-lattamici in relazione all’esito batteriologico a breve termine, anche se ci? ha forse un limitato significato clinico. Il trattamento individualizzato dovrebbe pertanto considerare la presumibile suscettibilit? dei patogeni, i possibili eventi avversi, l’eventuale sviluppo di resistenze e le preferenze della paziente. Sono le conclusioni di una revisione Cochrane di 21 trial clinici randomizzati controllati – per un totale di 6.016 donne – basati sul confronto tra antibatterici somministrati per la cura di cistiti per almeno tre giorni, fino a un massimo di dieci. Come outcome di interesse gli autori dello studio, guidati da Anca Zalmanovici Trestioreanu, del dipartimento di Medicina di famiglia del Centro medico Rabin di Petah Tikva (Israele), hanno considerato la cura sintomatica e batteriologica a breve e a lungo termine, lo sviluppo di resistenze, il numero di giorni trascorsi fino alla risoluzione dei sintomi, i giorni di lavoro persi, gli eventi avversi e le complicanze. Oltre al dato gi? citato, ? emerso che il trimetoprim/sulfametossazolo (Tmp/Smx) ha la stessa efficacia dei fluorochinolonici nel raggiungimento della cura sintomatica a breve e a lungo termine. I beta-lattamici, a loro volta, sono altrettanto efficaci del Tmp/Smx nella cura sintomatica a breve e lungo termine. I risultati della cura nel breve periodo ottenuti con nitrofurantoina sono analoghi a quelli del Tmp/Smx, lo stesso dicasi per la cura sintomatica long-term. Eruzioni cutanee (rash) si sono avute con maggiore frequenza in pazienti trattate con Tmp/Smx che con nitrofurantoina o fluorochinolonici e in quelle in terapia con beta-lattamici piuttosto che con fluorochinolonici. Scarsi i dati disponibili sulla comparsa di ceppi resistenti durante o dopo l’antibioticoterapia.

Cochrane Database Syst Rev, 2010; 10:CD007182

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Ipertrofia prostatica benigna, meglio la chirurgia

9 Ago 2010 Urologia

La chirurgia dell’ipertrofia prostatica benigna (Ipb) si rivela pi? efficace contro l’incontinenza e nell’alleviare i sintomi dell’ostruzione urinaria rispetto al trattamento farmacologico. Questo ? quanto si evince dai risultati di uno studio di comunit? condotto da Amy Krambeck e collaboratori della Mayo clinic di Rochester (Stati uniti). L’indagine, presentata in occasione del meeting annuale dell’American urological association, svoltosi a San Francisco, ? stata svolta su 2.184 uomini di et? compresa tra 40 e 79 anni affetti da ipertrofia prostatica, seguiti per 17 anni. I partecipanti hanno compilato annualmente un apposito questionario sui sintomi urinari e sulla gravit? dell’incontinenza prima e dopo aver ricevuto i differenti tipi di trattamento. La maggior parte dei pazienti non ha seguito alcuna terapia (72%), alcuni sono stati trattati con gli antagonisti dei recettori alfa-adrenergici (14%), altri con gli inibitori della 5-alfa-reduttasi (9%) mentre l’1% e il 4% sono stati rispettivamente avviati a chirurgia laser e a resezione transuretrale della prostata (Turp). Si ? visto che i pazienti sottoposti a Turp hanno beneficiato di una maggiore riduzione dei sintomi e dell’incontinenza rispetto ai soggetti sottoposti a tutti gli altri tipi di trattamento. ?Solo il gruppo Turp ha riportato un decremento dell’incontinenza? aggiunge Amy Krambeck. ?Si ? passati da un tasso di incontinenza pre-Turp pari al 64,5% al 41,9% dopo l’intervento?. Il positivo effetto della Turp sull’incontinenza raggiunge la significativit? quando viene confrontato con l’incremento del sintomo registrato nei pazienti in trattamento farmacologico e con la mancata riduzione del disturbo osservata dopo vaporizzazione laser.?

American Urological Association, San Francisco, 29 maggio 2010

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Incontinenza femminile, sling mediouretrali a confronto

7 Ago 2010 Urologia

Nel trattamento chirurgico dell’incontinenza urinaria femminile da stress, l’impiego di benderelle (slings) mediouretrali di tipo transotturatorio o retropubico determina, a un follow-up di 12 mesi, una globale equivalenza circa il successo del trattamento, una sostanziale somiglianza riguardo la soddisfazione delle pazienti sull’esito dell’intervento, mentre sussistono differenze relativamente alle possibili complicanze in fase perioperatoria. Lo hanno stabilito i ricercatori dell’Urinary incontinence treatment network sulla base di un lavoro coordinato da Holly Richter dell’Universit? dell’Alabama a Birmingham (Stati uniti). Il trial multicentrico, randomizzato, di equivalenza, ha previsto la valutazione degli outcome in base a criteri oggettivi (negativit? allo stress test, al pad test e nessun reintervento) e soggettivi (assenza di sintomi riferita dalla paziente, mancata segnalazione di episodi di perdite). Su 565 donne che hanno completato lo studio, si sono registrati tassi di successo oggettivo pari all’80,8% nel gruppo retropubico e a 77,7% in quello transotturatorio (3,0 punti percentuali di differenza), mentre quelli di tipo soggettivo si sono attestati sul 62,2% e 55,8%, rispettivamente (6,4 punti percentuali di differenza). La frequenza di disfunzioni minzionali che hanno richiesto la chirurgia ? stata del 2,7% nelle donne con benderelle retropubiche e dello 0% in quelle con sling transotturatorie, mentre i corrispettivi tassi di sintomatologia neurologica sono stati di 4,0% e 9,4%. Non si sono infine registrate differenze significative tra i due gruppi relativamente a incontinenza da urgenza postoperatoria, soddisfazione con i risultati della procedura e qualit? della vita. Secondo gli autori, le differenze riscontrate nelle complicanze associate alle due tecniche dovrebbero essere discusse con le pazienti che hanno intenzione di sottoporsi a chirurgia per incontinenza urinaria.?

N Engl J Med, 2010 May 18. [Epub ahead of print]

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Doxazosina, positivi i primi risultati per urolitiasi

15 Lug 2010 Urologia

Positivi i risultati preliminari dell’impiego di doxazosina come terapia medica espulsiva di calcoli ureterali distali: associata a diclofenac, l’alfa-bloccante in un trial clinico randomizzato ha dimostrato di migliorare l’efficienza di eliminazione degli aggregati, ridurre la frequenza delle coliche e far diminuire l’utilizzo di analgesici, il tutto senza provocare effetti collaterali. La sperimentazione ? stata condotta in Pakistan, all’Universit? Aga Khan di Karachi, da Ali Akbar Zehri e collaboratori della Sezione di Urologia. Sono stati inclusi nello studio 65 pazienti portatori di una concrezione sintomatica di 4-7 mm nell’uretere distale, suddivisi in due gruppi. Il primo (n=32), di controllo, ha ricevuto diclofenac sodico 50 mg per controllare il dolore, il secondo (n=33) ? stato trattato con doxazosina (2 mg al giorno somministrati la sera) insieme a diclofenac sodico 50 mg. Il trattamento ? proseguito fino all’espulsione del calcolo e, comunque, per 28 giorni al massimo. Precisato che i due gruppi erano sovrapponibili in termini demografici e clinici, ecco i risultati: i pazienti trattati con doxazosina hanno fatto registrare un tasso di espulsione del calcolo significativamente maggiore del gruppo controllo (70% vs 38%), oltre a un minore tempo trascorso prima dell’eliminazione della concrezione. Durante il periodo di trattamento, inoltre, gli autori affermano di avere osservato differenze significative tra i due gruppi in relazione al numero degli episodi dolorosi e degli analgesici impiegati. In nessun paziente si sono avuti eventi avversi correlati ai farmaci.

Urology, 2010; 75(6):1285-8

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